CAPITOLO NONO: CONTESE DIVINE.

Su consiglio di Balder, Odino aveva convocato un’assemblea di tutti gli Dei e dei loro alleati presenti ad Asgard nella sala centrale del Valhalla, per informare sui fatti correnti e per organizzare la linea di difesa.

Vista l’importanza dell’evento, che non si verificava da secoli, in tutte le stanze e i corridoi della roccaforte vi era grande agitazione, con guerrieri che facevano il loro ingresso, armati di tutto punto e intenti a discutere tra loro, messaggeri che correvano e servitori che si affaccendavano frenetici, affinché ogni ospite ricevesse la massima attenzione. All’esterno, affissi alle finestre o ai balconi, sventolavano lunghi stendardi con i colori e i simboli delle Divinità accorse.

L’immensa Sala della Vittoria era stata riempita di tavoli, disposti uno accanto all’altro seguendo le linee delle mura, in modo da creare il perimetro di un rettangolo e far sì che ognuno potesse vedere ogni altro ospite presente, senza rivolgergli le spalle. Sui tavoli risaltavano semplici composizioni floreali, mentre donne vestite come soldati servivano vassoi di carne, che il cuoco Andhrimnir aveva cucinato in fretta, accompagnati a boccali di birra e idromele.

Orion, entrando assieme a Mizar e ad Artax, non fu troppo sorpreso al riguardo, ben conoscendo le mansioni che spettavano alle ardite amazzoni all’interno del Valhalla.

"Lieta di incontrarti, Campione di Odino!" –Gli si rivolse una delle donne, l’unica che non si affaccendava per la sala, limitandosi a coordinare le attività delle compagne. –"Ero certa che saresti stato presente!"

Bellissima e affascinante, con un fisico scolpito da anni di addestramenti, la Regina delle Valchirie gli si fece incontro, rivestita dalla sua corazza da battaglia, con l’elmo tenuto sotto il braccio e lo splendido viso libero di essere ammirato.

"Sono lieto anch’io di trovarti qua, Brunilde, seppure l’occasione non manchi di generare inquietudine!" –Esclamò Orion, fissando quegli intensi occhi neri che era solito contemplare nelle loro chiacchierate notturne. In quei momenti, smessi i panni dell’Einheri e della Valchiria, avevano potuto parlare di loro stessi, riconoscendo, con un sorriso, che ben poco allora sarebbe rimasto, essendo entrambi devoti ai loro ideali. Motivo questo che li aveva portati a morte.

"Sono certa che il nostro Signore Odino saprà guidarci alla vittoria anche stavolta!"

Senza dare troppa attenzione al sorriso ammirato con cui gli si rivolse, Orion prese posto vicino a Thor, Mime, Mizar e Artax, già seduti, e agli altri Einherjar, alcuni dei quali avevano vestito in precedenza una delle sette armature di Asgard.

Guardandosi attorno l’uccisore di Fafnir vide molte facce conosciute, di Divinità che aveva avuto occasione di incontrare e di guerrieri con cui si era scontrato durante il quotidiano addestramento nel campo di Idavoll, a cui erano sottoposti tutti i campioni di Odino per tenersi pronti per l’ultima battaglia. Ma vi erano anche molti che non aveva mai visto prima d’allora, che ai molteplici banchetti organizzati da Frigg non si erano mai presentati, preferendo condurre una vita appartata.

Fino ad ora! Si disse il campione di Asgard, ritenendo che, di fronte alla minaccia che bussava alle loro porte, avrebbero dovuto fare fronte comune, mettendo da parte ogni diversità o rivalità.

Tra i presenti, Orion notò Tyr, il monco, figlio di Odino e Nume tutelare della Guerra, abile combattente e maestro di armi, sia pur con un carattere burbero e facilmente irascibile, intento a conversare con un uomo con cui non aveva mai avuto modo di parlare, ma che riconobbe dalla tenuta da arciere e dalle frecce d’argento che sporgevano dalla faretra. Ullr, l’abile Dio Cacciatore.

Poco distante, un Ase dall’aspetto ben diverso dai fisici statuari e vichinghi dei suoi pari, più basso e un po’ robusto, con gote paffute che parevano arrossarsi quando sorrideva, era intento a conversare con una dama elegante, dai mossi capelli dorati, che gli carezzava le mani. Bragi, Dio saggio e profondo conoscitore della poesia e dell’arte, e la sua sposa Idunn, che lo ascoltava sgranocchiando una mela.

Dall’altro lato del tavolo, non lontani dal trono, sedevano insieme due figli di Odino: Vidharr, l’Ase silenzioso, dai lunghi capelli castani che gli scendevano sul mantello bianco che copriva la sua corazza, e Balder, avvolto di luce propria. Ai lati del trono, posizionato in modo da fissare l’ampia finestra rivolta a sud, Frigg, Signora degli Asi e consorte di Odino, a sinistra, e Freyr, a destra, erano in silente attesa.

Orion sorrise, non potendo fare a meno di notare come in astuzia Odino non fosse di certo inferiore a Loki, avendo scelto bene il suo consigliere, uno dei Vani, antichi avversari degli Asi, per lanciare un messaggio di fratellanza a tutte le stirpi divine.

Vi erano inoltre rappresentanti dei nani, dei giganti di Jötunheimr e degli Ulfhednir, un gruppo di guerrieri fedelissimi soltanto a Odino, riconoscibili dalle vesti di lupo, una casta chiusa in una devozione integralista, i cui membri traevano la propria forza dall’estasi derivante dal rapporto intimistico che avevano con il loro animale totemico, il lupo. Orion mosse la testa, in segno di saluto, incrociando lo sguardo di Luxor, un tempo Cavaliere di Asgard della stella Alioth, e adesso membro di quella casta, di cui era entrato a far parte poco dopo essere asceso al Valhalla.

Non vi erano però rappresentanti degli elfi, il beato popolo magico che molti consideravano ormai scomparso nella leggenda, non avendoli incontrati per millenni. E di questo Orion si dispiacque, ben sapendo quale contributo avrebbero potuto dare alla causa di Odino, in termini numerici e logistici.

Un ululato improvviso terrorizzò molti dei presenti, non essendovi avvezzi, ma Orion e gli altri Einherjar, imperturbabili, si alzarono in piedi, proprio mentre il Signore degli Asi e Padre adottivo di tutti i guerrieri entrava nella Sala della Vittoria. Alto e imponente, fiero nella sua armatura da battaglia, con la spada Balmunk affissa alla cintura, Odino squadrò in un attimo tutti i partecipanti con l’unico occhio rimastogli, mentre ai suoi fianchi camminavano famelici Geri e Freki, due lupi dall’aspetto truce che gli erano stati donati dagli Ulfhednir.

Se fosse contento o deluso dalla partecipazione che incontrò, il Dio non lo diede a vedere, limitandosi a raggiungere lo scranno, senza perdersi in molti cerimoniali.

"La situazione è grave!" –Esordì. –"E non vi è motivo di nasconderlo! Quel che tutti temevamo, quel che ci era stato profetizzato agli albori del mondo da una veggente che considerammo pazza, e che per questo mandammo al rogo, si è infine avverato! La scure della profezia si è abbattuta su di noi, incapaci di migliorarci nel tempo e di mettere da parte il male, per il bene!"

"Mio Signore! Loki…" –Lo interruppe allora Tyr, attirandosi alcuni sguardi di disapprovazione. –"Pagherà!"

"Non è soltanto Loki il problema! Perché egli, e l’ho capito tardi, dannatamente tardi, è figlio nostro, della nostra cultura, che ha partorito, oltre ai canti e alle tante vittorie, anche demoni e ombre! Fossimo stati diversi, fossimo stati migliori, forse oggi non saremmo qua, a un passo dalla fine, ad armarci per l’ultima guerra, a lottare non per un pezzo di terra o per un mero capriccio divino, ma per la nostra stessa esistenza!"

A quelle parole nessuno osò fiatare, nemmeno Tyr o i nani, che difficilmente si zittivano, e Orion credette che qualcuno sarebbe capitolato, crollando nello sconforto.

"Pur tuttavia con i se e con i ma, con i rimorsi e con i rimpianti non si vince una guerra né si costruisce un futuro!" –Riprese Odino, alzando il tono di voce, che parve destare tutti nuovamente, portandoli di fronte alla cruda realtà. –"Vincere o morire, questa è l’alternativa che abbiamo oggi! Nessun’altra! Abbiamo fatto quello che ritenevamo giusto, abbiamo vissuto come ci siamo sentiti di vivere, e nessuno può giudicarci per questo, perché nessuno ha saputo fare di meglio e creare un mondo senza odio, guerre o ombra! Le società ideali le lascio ai sognatori, ai canti di cui il nostro Bragi ci ha deliziato in molte veglie, ma la nostra è fatta di lance e spade che si sollevano contro il nemico, di cosmi che si infiammano, di scudi che si frantumano e di sangue che scorre! Nostro o del nemico, di qualcuno sarà! Ma sarà il sangue che laverà via questo mondo destinato a sparire per sempre! A voi la scelta, popoli dei nove mondi, di scomparire o di lottare per opporsi al fato!"

"Che speranze abbiamo?" –Chiese allora Tyr. E a quella domanda Odino rise, come nessuno lo aveva visto fare da tempo, chiuso com’era stato nei suoi pensieri, nella ricerca di una strada per evitare la fine.

"Le speranze di chi crede che la tardiva decisione di un mondo prossimo all’estinzione possa vincere una profezia di millenni!" –Declamò, e tutti si fissarono, con espressioni diverse, di stupore, di terrore, di dolore, ma anche di orgoglio e di forza. –"Io andrò!" –Aggiunse infine, zittendo il chiacchiericcio nascente. –"Ho già fatto bardare Sleipnir e con esso fronteggerò il fato!"

"E noi saremo con te!" –Ringhiò allora Tyr, sfoderando la spada e puntandola verso il soffitto, presto imitato da molti altri.

"Mio Signore!" –Intervenne allora Orion. –"Gli Einherjar sono pronti a fare la loro parte! Generazioni di eroi sono cresciute in vista di questo momento, addestrandosi ogni giorno nel cortile di Asgard e ristorandosi ogni sera ai banchetti di Andhrimnir, ove tutte le ferite venivano rimarginate e le membra ricomposte! Fin da quando siamo ascesi al cielo degli eroi e le Valchirie ci hanno condotto nel Valhalla, la nostra seconda vita ha avuto un solo scopo finale e non ci tireremo indietro adesso!"

"Ben detto, ragazzo!" –Bofonchiò Tyr. –"Corpo di un gigante, ben detto!"

Un susseguirsi di voci seguì le parole di Orion, dove molti sollevarono le armi, giurando o rinnovando fedeltà a Odino. Lo fecero gli Ulfhednir, alzandosi e fissando il Dio in silenzio, senza bisogno di aggiungere altro alla loro incondizionata devozione. Lo fecero i giganti, battendo i pugni e i piedi sul pavimento, al punto da far tremare le travi e il soffitto della Sala della Vittoria. Lo fecero gli altri Dei, persino il placido Bragi e la sua consorte, e lo fecero i nani.

"Le nostre fornaci lavorano già a pieno ritmo! Se i giganti ci aiuteranno potremo trasportare armi per tutti in un arco di tempo brevissimo! Armi come queste, vedete, di pregiata fattura e di robusta qualità!" –Esclamò un rappresentante del popolo di Svartálfaheimr, mostrando fiero un’ascia dalla lama affilata.

Per ultimo parlò Freyr, sebbene Odino non avesse bisogno di ulteriori prove della sua fedeltà.

"A nome dei Vani, confermo che le nostre schiere prenderanno parte all’ultima guerra, in onore al giuramento dell’otre che i nostri capi stipularono millenni or sono!"

Quella dichiarazione spense in parte l’entusiasmo collettivo. Sebbene infatti il Dio dell’Abbondanza fosse uno dei più amati e rispettati nell’intera Ásaheimr, al punto che molti lo consideravano un Ase a tutti gli effetti ormai, il ricordare l’antica contesa con i Vani sembrò ai più fuori luogo. Persino Orion sbatté gli occhi, stranito.

Fu ancora una volta Tyr a farsi avanti per primo, con tono garbato ma volutamente ironico.

"Apprezziamo le tue parole, Dio della Prosperità, ma mi chiedo con quali schiere tu voglia scendere in campo!"

"Con queste!!!" –Tuonò allora una voce, mentre una porta si spalancava e una trentina di guerrieri entrava a passo fermo, fino a portarsi al centro della sala, di fronte a Odino. Li guidava un uomo alto, dall’aspetto anziano, con lunghi capelli biancastri e una barba dello stesso colore, folta al punto da mescolarsi con la chioma stessa. –"E con gli altri mille guerrieri che mi sono permesso di far accampare nel cortile, oh possente Wotan!"

"Njörðr, Dio del Vento e della Navigazione!" –Esclamò Odino, accennando un sorriso al padre di Freyr. –"La tua presenza è come brezza lieve che rinfranca dalla calura, mio vecchio amico!"

"Non avrai dubitato di me, voglio sperare?!" –Borbottò Njörðr, fissando il Signore degli Asi di sbieco per qualche secondo, prima di scoppiare in una fragorosa risata. –"Saremmo arrivati prima, ma abbiamo avuto qualche problema a Valgrind! Due tue guardie non volevano farci passare dalla porta principale! Stavo quasi per tagliar loro la testa dalla rabbia!" –Ironizzò il Dio, al cui fianco una splendida fanciulla, Freya, sorella di Freyr, sorrideva composta. Anch’ella non aveva esitato un istante a mettersi in marcia, decisa ad offrire il suo aiuto, ristoratore o consolatore che fosse, agli eserciti del nord.

Fu in quel momento, di ritrovata serenità, che il corno di Heimdall risuonò tre volte.

Lo udirono tutti, ovunque in Asgard, e tutti tremarono, consci del suo significato.

Ragnarök era iniziato.

"Forte soffia Heimdall nel corno che sporge!" –Commentò Odino, chiudendo leggermente l’occhio e vedendo là, la Sentinella dall’acuta vista, ergersi solitaria su Bifrost, di fronte alle schiere avverse, mentre il destino del mondo si compiva al suono del possente Gjallarhorn. –"Prendete posizione!" –Gridò infine, mentre tutte le cinquecentoquaranta porte del Valhalla si aprivano.

Prima ancora che terminasse di parlare, Tyr stava già correndo fuori, seguito dagli Ulfhednir, da Ullr, dai nani, dagli Jötnar e da migliaia di altri Dei e guerrieri di Asgard. Rimasero solo Freyr, Balder e Orion nella Sala della Vittoria, assieme a Frigg e a Odino, che doveva assegnare loro i compiti più delicati.

"Bifrost sta crollando! La Veggente l’aveva predetto e io non le ho creduto! Persino la mia sposa, poche ore fa, l’aveva visto, crollando sfinita a terra, sopraffatta da un’emozione senza paragoni!" –Commentò, sfiorando le spalle della Signora degli Dei, che non riuscì a trattenere un sospiro al ricordo di quel che aveva provato in quel momento, non molto diverso da allora, in cui vedeva vivide di fronte a sé le fiamme dei figli di Muspell divorare il Ponte Arcobaleno.

"Io e Freyr ne abbiamo parlato a lungo e forse il buon vecchio Tyr non approverebbe! Direbbe che stiamo solo sprecando tempo e forze, gettando i nostri guerrieri migliori in braccio alla morte! Ma questo è quello che ti chiedo di fare, Orion, perché se ho ragione potrebbe essere l’unica speranza di vincere questa guerra!" –Affermò Odino, fissando il Principe degli Einherjar. –"Se Atena ha ricevuto il mio messaggio e se i Cavalieri sono giunti a Midgard, e se la mia Celebrante è stata degna dell’onore di cui l’ho investita, sono certo che i rinforzi verranno, ma da strade meno convenzionali che non il crollato Ponte degli Dei! Ci sono troppe ipotesi in queste frasi, lo so, ma persino nella grammatica dobbiamo riporre fiducia in quest’ora di disperazione!"

"La vostra parola è legge, mio Signore!" –Affermò allora Orion, prima che il nume riprendesse a parlare, chiedendo al guerriero di scegliere cinque compagni e inviarne uno per ogni mondo, ad eccezione di Midgard, ovviamente, e del Niflheimr e di Helheimr.

"I Cavalieri di Atena avranno bisogno di una guida, di qualcuno che li conduca all’Albero Cosmico e li aiuti ad orientarsi in mondi in cui mai sono stati e che possono rivelarsi pericolosi per chi non li conosce! Non c’è bisogno però che qualcuno scenda negli inferi, perché, essendo i due mondi collegati, chi vi giungerà dovrà uscire per forza dalla più profonda radice del frassino, dove li attenderà Freyr!"

"So già chi saranno i quattro a scendere lungo Yggdrasill, e il quinto sarò io!" –Esclamò Orion con voce decisa.

"Dovete partire adesso! Le fronde del frassino già tremano! Mai scricchiolii così sinistri sono giunti fino ad Asgard, accompagnati ad un vento freddo che mina ogni certezza! Dovete trovare i Cavalieri di Atena prima che Loki e i suoi seguaci abbattano l’Albero Cosmico! E per far questo anche Freyr vi darà una mano!"

"Condurrò le truppe dei Vani nel Niflheimr, la radice più bassa dell’Albero Cosmico, e là tenteremo di fermare l’avanzata dei Giganti di Brina, di cui Huginn e Muninn ci hanno informato! Quanto resisteremo non so dirlo ma cercheremo di darvi più tempo possibile!" –Esclamò risoluto il Dio dell’Abbondanza, prima di accomiatarsi e lasciare la Sala della Vittoria, seguito da Orion.

"Nulla in cielo e terra è più libero dal terrore, lo sai vero mio sposo?" –Parlò allora Frigg, rimasta fino a quel momento seduta al tavolo. Senza nascondere un singhiozzo, la Signora degli Dei si alzò. –"Tutte le visioni che ho, tutte le immagini che si accavallano nella mia mente, sono tinte di sangue, dolore e morte! E poi… al di là della fine… una fiamma immensa, che arderà il mondo!"

"Madre, non temete! Sapremo proteggervi!" –Esclamò Balder, abbracciandola.

"Ne sono certa! Ma chi proteggerà te?!" –Mormorò lei.

"Io lo farò! E tutti gli Dei e i guerrieri al mio comando!" –Tuonò Odino, senza voltarsi a guardare la moglie e il figlio. –"Rifugiati a Fensalir e porta Idunn, Freya e tutte le donne con te! Avranno bisogno di qualcuno che sappia confortarle e chi meglio della Dea che al mio fianco tutte le guerre del mondo ha visto passare potrebbe farlo? Addio, sposa adorata! Addio Signora degli Asi!" –Non aggiunse altro e se ne andò, uscendo dalla Sala della Vittoria e andando incontro ai suoi guerrieri, che lo attendevano per andare in guerra.

***

La discesa di Odino sul campo di battaglia non passò certo inosservata, né ad Asgard né all’uomo che stava osservando gli eventi nelle acque del Pozzo Sacro.

Immerso nel millenario silenzio che permeava la cima dell’alto colle, il Signore dell’Isola Sacra scrutava con attenzione fin dove la Vista gli permetteva di arrivare.

In questo modo vide le cinquecentoquaranta porte del Valhalla aprirsi e gli Einherjar uscirne, bardati delle loro splendide armature. Vide gli Ulfhednir avanzare per primi, devoti alla causa fino alla morte, seguiti dai Giganti, dai nani, dagli Asi e dai Vani. Incredibile, si disse con un sorriso, quante stirpi diverse una guerra contro un nemico comune può unire! E si augurò che quelle alleanze perdurassero in futuro, poiché tutte le razze, e tutti i mondi, ne avrebbero guadagnato.

Vide la via dai mille colori sgretolarsi sotto il passo distruttore dei figli di Muspell e l’esercito del Dio dell’Inganno avanzare, spingendo indietro l’avanguardia di Asgard.

Vide Heimdall ergersi impavido, pur se ferito, pur con le Valchirie che cadevano al suo fianco, per difendere il mondo che amava.

Vide Odino armarsi, della sua scintillante Veste Divina, sfoderare la spada Balmunk e partire al galoppo su Sleipnir, infiammando l’animo dei suoi campioni, che subito lo seguirono. Tutti tranne cinque.

Vide Orion, Mime, Artax, Mizar e Thor discendere il tronco dell’Albero Cosmico, il cui fremito pareva ormai inarrestabile, quasi percepisse in prima persona il freddo da cui i mondi sarebbero stati presto avvolti.

Vide tutto ciò, e forse anche di più, immutabile nella sua espressione, ai più celata, persino ai suoi fratelli.

D’un tratto si chiese se Odino avesse compreso il vero significato di Ragnarök, quel che la Volva aveva annunciato millenni addietro e che gli Asi e i loro popoli avevano scambiato erroneamente per una profezia, a cui prestare orecchio ma non troppo, speranzosi sempre, in fondo al cuore, che gli eventi potessero verificarsi in maniera diversa.

Ma il Signore dell’Isola Sacra, che la speranza aveva abbandonato tempo addietro, di fronte ad un cinico senso di realtà, sapeva che nessuno, nemmeno lui, avrebbe potuto cambiare l’ordine degli eventi, e quel frammento di futuro che la prima Sacerdotessa di Avalon aveva mostrato loro si sarebbe in ogni modo avverato.

Ho tentato di spiegarglielo per anni, a Odino e a Zeus. Il Ragnarök non è solo distruzione. È molto di più! Definirlo la fine del mondo sarebbe riduttivo, poiché nell’universo niente si crea dal nulla né niente si distrugge completamente, ma tutto perdura. Tutto permane, sia pur in forme mutate. È il mutamento la marea costante dell’esistenza. È la condizione che accomuna uomini e Dei e che li rende uguali di fronte all’assoluto. Ed è l’altra faccia dell’eternità.

Sospirò, muovendo la mano sopra le acque del pozzo e ponendo fine alle visioni, ma non ai pensieri, che continuarono ad aggredirlo, ammassandosi nella sua mente.

Discese il piccolo rialzo del terreno dove sorgeva il pozzo sacro e si ritrovò al centro della radura, circondato da monoliti di pietra eretti all’alba dei tempi. Quasi sorrise, chiedendosi se i sette saggi avessero davvero creduto che Avalon sarebbe perdurata fino a quel momento, e con essa sarebbero perdurati i loro insegnamenti, i loro scritti e i loro moniti.

Egli è l’alfa e l’omega, il primo e l’ultimo, il principio e la fine di tutte le cose. E noi… noi siamo soltanto parte del mutamento, strumenti del cosmo asserviti al mantenimento dello stesso, in funzione ultima dell’eternità.

Fu in quel momento che una fiammata di luce esplose poco distante, ai margini della radura, rischiarando la foschia che sempre ammantava l’Isola Sacra, per celarla agli indiscreti sguardi degli uomini e delle loro moderne tecnologie. Avalon voltò lo sguardo in quella direzione, avendo riconosciuto il cosmo del suo vecchio amico, e non fu affatto sorpreso di vederlo oltrepassare il cerchio mistico rivestito dalla sua fiammeggiante armatura di mithril.

"Concedimi di andare!" –Esordì, fermandosi a pochi passi dal Signore dell’Isola Sacra.

"Perché sollevi questioni di cui già conosci la risposta?" –Mormorò questi, accennando un sorriso. –"Mio buon amico, Andrei, Signore del Fuoco!"

"Non posso rimanere inerme ad osservare il mondo scivolare verso il crepuscolo! Ad Asgard si stanno decidendo i destini di un universo intero e non voglio lasciare alle forze di Atena e Odino l’onere di affrontare Loki e il distruttore!"

"Non mi dici niente di nuovo…"

"Eppure ti ostini a non lasciarmi andare! Perché? Cosa ci siamo preparati a fare, per tutto questo tempo, se adesso lasciamo che siano altri ad occuparsi di spegnere l’incendio di guerra che divampa nel mondo?" –Incalzò Andrei.

"È giusto che ognuno faccia la propria parte e che tutti siano pronti a fronteggiare l’ultima ombra! Io lo sono, tu lo sei, ma se anche altri lo siano questo non so dirlo! I destini di un mondo intero gravano sulle nostre spalle e non ho intenzione di sprecare ciò che abbiamo fatto finora, e ciò che i nostri avi ci hanno lasciato, per la tua incapacità nel frenare l’indole guerriera che ti è propria!"

"Non è sete di guerra che muove i miei passi, ma volontà di entrare in azione, porgendo aiuto a chi ho caro!"

"Jonathan se la caverà!" –Commentò Avalon, intuendo che il compagno fosse in pena per il suo allievo. L’ultimo, in ordine cronologico, dei tanti Cavalieri o appartenenti a ordini sacri che aveva allenato nel corso della vita, compresi alcuni Cavalieri di Atena. –"Reis è con lui! E Alexer veglia su entrambi!"


"Alexer è ad Asgard? Bene, sono più sollevato adesso! Dei Quattro egli è il più giudizioso!"

"È anche per questo motivo che non posso permetterti di andare, Andrei! Con Febo e Marins in Asia Centrale, Matthew che ancora deve completare il suo addestramento e Ascanio impegnato in missione per conto di Zeus, non posso inviare altre truppe in giro per il mondo! Non adesso che l’ombra è così vicina!"

"Febo e Marins… stanno dunque cercando?!" –Mormorò Andrei, rabbrividendo.

"Il luogo in cui tutto ebbe origine!" –Si limitò a commentare Avalon. –"L’ombra dell’ultima guerra si allunga inesorabile su tutti noi e il tempo, che ci è sembrato tanto, adesso sembra non bastare più, adesso che siamo giunti alla fine del viaggio, alla fine del nostro ciclo! Il mutamento che ci attende, nel quale tutte le nostre vite e le nostre conoscenze saranno messe in gioco, sarà una prova così intensa che non so se riusciremo a superarla!"

"Faremo tutto ciò che è in nostro potere!" –Strinse i pugni Andrei. –"Anche se questo vorrà dire frenare questa foga di scendere in battaglia che mi domina da tempo ormai! È frustrante, lo ammetto! Ma so che le tue parole sono giuste e un’azione avventata potrebbe produrre più danni dei seppur buoni intenti iniziali!"

"Cosa faremmo, amico mio, se ti perdessimo adesso, se tu fossi ferito? Già sono in pena ogni minuto per il destino di Reis e Jonathan, e vorrei pregare gli Dei affinché veglino su di loro, e sui Talismani che portano con sé, la cui perdita sprofonderebbe il mondo nelle tenebre! Ma quali Divinità dovrei pregare se esse non sono altro che un unico Dio? E che proprio quell’unico, principio di tutte le cose, porterà la fine?"

"Le preghiere lasciale ai druidi e alle Sacerdotesse! E preparati a scendere in battaglia con me! Preparati a morire con me, fratello!" –Esclamò Andrei, prima di avvolgersi in una vampa di vivido fuoco e schizzare nel cielo. Pochi secondi dopo era di nuovo sul lago Titicaca, al Tempio di Isla del Sol da lui presieduto.

Avalon sorrise, rinfrancato dalla visita di uno dei suoi più vecchi amici. Uno di coloro con cui aveva dato vita alla confraternita dei Quattro. La gilda dell’equilibrio.

Un frusciare di passi attirò nuovamente la sua attenzione, mentre l’anziana ma elegante sagoma del Primo Saggio spuntava dal sentiero che proveniva dalla loro residenza, la lunga barba bianca che squarciava il velo di nebbie.

"Matthew si sta ancora allenando! Dovrà impegnarsi parecchio per colmare la distanza che lo separa dai suoi compagni!" –Esclamò, con voce pacata. –"Non credo sia pronto per uno scontro diretto! Non sa controllare la propria energia, forse perché ha poca fiducia in se stesso e non crede fino in fondo in ciò che fa!"

"Lo so! È ancora giovane e la sua mente è stanca e confusa! Per questo dovremo fare attenzione, e guidarlo con costanza ma prudenza lungo la via migliore!"

"Per lui o per noi?!"

"Vorrei poter rispondere per entrambi!" –Sospirò Avalon. –"Ma spesso i desideri individuali devono essere messi da parte per fare ciò che è realmente giusto! Cos’è una vita, in fondo, a paragone con miliardi di esistenze?!"

"Cinico ma saggio!" –Commentò l’Antico, abbandonandosi ad un sorriso. –"Ti ho insegnato bene!"

"Se quel che ho visto nel Pozzo Sacro corrisponde al vero, e se la Vista non mi inganna, è questione di settimane, forse di giorni, affinché la configurazione astrale venga ricreata e il varco tra i mondi si riapra…"

"E in quel momento…"

"In quel momento Andrei avrà pieno diritto di sfoderare la sua spada di fuoco, e mi raccomando che sia ben affilata!" –Esclamò serio Avalon, prima di incamminarsi con l’Antico lungo il sentiero. –"Lo hai udito anche tu, non è vero? Il corno di Heimdall, il Gjallarhorn… non ha dato inizio soltanto al Crepuscolo degli Dei del Nord, ma al Crepuscolo dell’intera umanità! L’ultima guerra è ufficialmente iniziata!"