CAPITOLO VENTITREESIMO: TRA LUCE E OMBRA.

"Gradisci un’altra tazza?" –Chiese il Cavaliere d’Oro, con voce melliflua, indicando la teiera ancora bollente al non troppo inatteso ospite.

"Sto bene così." –Rispose Dohko, che aveva appena terminato l’infuso di erbe preparato da Virgo. Un’antica ricetta indiana, a sentir quest’ultimo, utile per rilassare i muscoli e ripristinare l’equilibrio psicofisico dell’uomo.

"Un vero peccato. Credevo che un uomo come te, dedito alla vita contemplativa, avrebbe apprezzato una sana tisana ayurvedica! Non sono diffuse in Cina?!" –Commentò il Custode della Porta Eterna, terminando di sorseggiare la propria.

Erano seduti ad un tavolino dai gambi bassi, in una piccola sala della Sesta Casa, intima e adatta alla conversazione che avevano iniziato da poco, da quando il Cavaliere di Virgo, rientrando dalla Biblioteca del Grande Tempio, aveva trovato il parigrado ad attenderlo, bisognoso di esprimergli i propri timori sulla guerra in corso.

"Non ho notizie da Atena da quando sono partiti. Cosa starà accadendo sulla Luna?" –Chiese il Maestro di Sirio, che più volte aveva sforzato il cosmo nel tentativo di raggiungere la Dea e i Cavalieri dello Zodiaco, senza riuscirvi. –"Quel che accade nel Reame Splendente risulta celato ai miei poteri!"

"Per questo sei venuto alla Sesta Casa, per chiedermi di mettermi in contatto con Atena?"

"Per questo motivo, sì. E anche per un altro." –Aggiunse Libra, con tono esitante.

"Un altro?" –Si rabbuiò Virgo, senza darlo a vedere.

"Sono preoccupato per te. Temo che il tuo animo possa uscire scosso dagli eventi degli ultimi giorni. La ricomparsa di Ana, il cui ricordo è stato sfruttato per spezzare il tuo spirito, l’apparizione di un’ombra improvvisa qua nel cuore del Santuario e infine questa penosa giornata segnata dalla morte di un tuo discepolo, per mano dell’ultima ancora viva. Ricordo ancora il giorno in cui Sirio e Demetrios si scontrarono ai Cinque Picchi! Due dei miei allievi più cari forzati a un combattimento necessario alla maturazione di entrambi, ma tremendamente doloroso. Quanto piansi quel giorno! Solo in un’altra occasione versai così tante lacrime! Perciò capisco il tuo turbamento; chiunque, nella stessa situazione, sarebbe già crollato!"

"Ti ringrazio per la tua stima, Maestro di Cina. E per la tua premura. Ti confermi un amico sincero, oltre che un valido combattente."

"E con gli amici sai bene che puoi parlare. Anche se le confidenze più si addicono ai salotti delle dame o ai banchetti olimpici, prima di essere Cavalieri siamo pur sempre esseri umani!"

"È vero. Lo siamo!" –Sospirò Virgo. –"Che strano non ricordarlo mai!"

Per qualche momento nessuno dei due parlò, lasciando che un velo di silenzio calasse tra loro, riflettendo ognuno sulle parole dell’altro. Poi il Custode della Sesta Casa si alzò, accendendo alcune candele e bastoncini di quello che a Libra sembrò incenso, che presto inondò la stanza con il suo odore pungente, facendo arrossare gli occhi del Cavaliere di Cina.

"Temo di non poterti essere d’aiuto, Dohko. Neppure i miei poteri possono superare la barriera che Selene ha eretto a difesa del suo regno, scudi difensivi pari a quelli che celano il Santuario di Atena e l’Olimpo. E quanto al resto… cosa mai potrei dirti in aggiunta a quello che già sai? Soffro. Terribilmente soffro. Il destino di Tirtha mi pesa sul collo come una spada di Damocle, combattuto tra il volerla salvare e il dovere, che mi impone di punirla per ciò che ha fatto! Punirla con la pena capitale!"

"Eppure… è andata davvero così?!"

"Come?!"

"È solo un pensiero fugace, non prenderlo per verità di fede. Eppure… ore addietro, quando la rabbia di Tirtha è esplosa contro Pavit, per un momento, per un solo fugace momento, mi è parso di percepire due cosmi di tenebra, proprio qua, alla Sesta Casa!"

"Alla Sesta Casa?!" –Virgo trattenne una risata, senza mascherare lo sbigottimento. –"Mio buon amico, se qualcun altro avesse varcato i confini della magione che presiedo non credi me ne sarei accorto? O temi forse che i miei occhi, sia pur chiusi, non vedano più bene come un tempo?"

"Non era quello che intendevo, perdonami se ti ho mortificato! Ma l’ansia del presente obnubila i miei pensieri!" –Si affrettò subito a scusarsi Dohko, alzandosi in piedi e muovendosi verso di lui, salvo poi barcollare e cadere di lato, stordito da una foschia imprevista attorno alla sua mente.

"Non mi hai mortificato, affatto. Hai soltanto detto quello che pensi. Permettimi di ricambiare la confidenza!" –Commentò allora Virgo, mentre il compagno faticava nel risollevarsi, senza capire perché si sentisse così debole e fiacco. –"In verità sei andato molto vicino al cuore della questione, pur senza comprenderla a pieno. Lascia allora che ti illumini!" –Aggiunse, sfiorando il mento di Dohko e sollevandoglielo poi con forza, in modo da obbligarlo a guardarlo in faccia. –"Io sono l’ombra!"

"Co… cosa?!" –Balbettò il parigrado, non comprendendo le sue parole.

Fu in quel momento che Virgo aprì gli occhi, rivelando scarlatte pupille intrise di tenebra, mentre un’immensa e sanguinaria aura da battaglia investiva il Cavaliere di Libra, sollevandolo da terra e scaraventandolo indietro, contro un muro interno del Palazzo della Vergine. Stordito, ricadde su un fianco, l’armatura che cozzava contro il marmo del pavimento. Tentò di rimettersi in piedi ma gli parve di scivolare, di non essere in grado di fare leva sulle gambe e alzarsi, mentre l’immagine sfuocata del Custode della Porta Eterna si avvicinava, avvolta in tetre demoniache fiamme.

"Sforzati pure quanto vuoi, ma ormai sei una marionetta nelle mie mani! L’infuso che hai bevuto era saturo di aconito, in quantità così massiccia da uccidere un uomo in pochi minuti! Purtroppo nel tuo caso c’è un fastidioso ma. Sei un Cavaliere, temprato al dolore e alla resistenza, e i pochi minuti potrebbero diventare lunghi, una vera agonia che terminerebbe con la tua disperata richiesta di ucciderti! Considerati fortunato, perché hai un buon amico come me, che ti risparmierà questo calvario. Uccidendoti subito!" –Spiegò l’uomo dai capelli biondi, mostrandogli un fusto di pianta erbacea dai petali di un acceso color violetto, sventolandola sotto il suo naso, di modo che potesse respirarne il velenoso effluvio.

"Akoniton, nata dalla bava di Cerbero dopo che Eracle l’ebbe domato! Una saliva altamente tossica da generare, fecondando il terreno, una pianta così letale! Nota fin dal Mondo Antico, è stata chiamata in molti nomi, arsenico vegetale, strozzalupo, Elmo di Giove. Io la chiamo… erba fiamma!" –E gliela strusciò sul volto, gustandosi le pustole che apparivano ovunque la poggiasse, il fuoco che incendiava la pelle e faceva strillare il Cavaliere di Libra. –"Un amico ne aveva allestito una piantagione sull’Isola della Regina Nera e dato che a lui non serve più ho pensato di appropriarmene!" –Sogghignò, chinandosi sul Cavaliere e avvolgendolo in un rogo di vampe mortifere, che superarono ogni sua difesa, raggiungendo la carne sotto l’armatura.

Dohko gridò, il corpo trafitto da aghi di fiamma, il respiro che si faceva sempre più affannoso. Tentò di allungare una mano verso l’antico compagno, di articolare parole, per chiedergli perché lo stesse torturando, perché avesse tradito Atena, ma gli uscirono solo suoni confusi, che strapparono una risata al Cavaliere di Virgo.

"Conosci l’ayurveda, Dohko? È un sistema di medicina tradizionale indiana, che utilizza metodi naturali per prevenire malattie e curare la salute dell’uomo, al fine di allungargli la vita. Trovo sia un’affascinante quanto ingegnosa fonte di sapere, cui spesse volte mi sono abbeverato. E, credimi quando te lo dico, ma io sono in giro da molto tempo!" –Parlò, con voce calma e divertita.

"Secondo l’ayurveda esistono tre energie vitali, chiamate Dosha, che pervadono il nostro corpo, la cui salute dipende dall’equilibrio raggiunto da queste sfere. Basta una carenza in una delle tre per indebolire l’intero organismo. La prima energia è nota come Vata ed è il principio di movimento, legata a tutto ciò che nel corpo umano si muove." –Disse il Custode della Sesta Casa, sfiorando con il fiore gli arti di Libra e strappandogli, ad ogni lieve tocco, grida e spasmi violenti. –"L’apparato respiratorio…" –Proseguì, mentre Dohko parve boccheggiare, incapace di inspirare aria dal naso, tingendosi presto di un pallore mortale. –"Il sistema nervoso…" –Aggiunse, giocherellando con il suo orecchio e riempiendoglielo di aconito, al punto da bruciarglielo e liquefarlo, proprio mentre i nervi facciali del Cavaliere si ispessivano, divenendo mostruosamente violacei, quasi fossero sul punto di esplodere. –"E il sistema di circolazione sanguigna!" –Concluse, alzandosi in piedi e osservando la pelle dell’uomo gonfiarsi, come se qualcosa al suo interno premesse per uscire, causandogli dolori lancinanti e spingendolo a rigettare più volte.

"La seconda energia invece è chiamata Pitta ed è il Dosha della trasformazione." –Riprese a parlare Virgo, mentre Dohko, trascinandosi nel suo stesso vomito, tentava di implorarlo a smettere, senza riuscire neppure a parlare. –"Per trasformazione si intende sia la digestione fisica di un alimento, che quella mentale, l’elaborazione delle emozioni. Tu, per esempio, cosa provi, al momento?"

"V… Virgo!!!" –Rantolò il Custode della Settima Casa. –"Ferma… ti…"

"Virgo non è uno stato d’animo, Cavaliere! Soltanto il ricettacolo di questa mia nuova esistenza! Ah ah ah!" –Sghignazzò il feroce guerriero, prima di illustrare il terzo Dosha. –"Kapha, l’energia della coesione, proprio dei liquidi corporei. Lubrifica e mantiene il corpo solido e uniforme. Ma cosa accadrebbe se il Kapha fosse spezzato? Anche il corpo umano lo sarebbe? Scopriamolo!!!" –Esclamò esaltato, afferrando il parigrado per il collo e sollevandolo fino a sbatterlo contro il muro, avvolto in un turbinio di fiamme oscure. –"Fammi vedere… se non ricordo male, hai delle mani molto curate, non è vero?" –Sibilò, torcendogli il braccio destro e rivelando le falangi mozzate. Tre, come le dita che gli aveva reciso con un sol colpo di spada infuocata durante lo scontro ai Templi dell’Ira.

"T… tu?!" –Lo riconobbe infine Dohko, gli occhi stracolmi di orrore.

"Sorpresa!" –Ridacchiò il crudele carnefice, chiudendogli il pugno a forza e spaccandogli anche le altre dita, maciullandole fino a farne poltiglia nella sua mano, godendo delle grida, degli strepiti, dell’avvampare vano del fievole cosmo del moribondo avversario. Gli piegò il braccio dietro la schiena e poi glielo schiantò, inebriandosi del rumore secco delle ossa rotte, del disgregarsi di corazze per troppo tempo ritenute indistruttibili. –"Ma niente nella vita lo è mai! Persino il muro più robusto può crollare! Persino il monte più alto può essere livellato dall’alito fetido di un gigante! Tutto, in fondo, ha una fine!" –Concluse, avvolgendo il Cavaliere in un globo di vampe nere e schiantandolo contro il muro interno, sfondandolo e osservando la carcassa dorata ruzzolare verso il centro del palazzo, poco distante da dove Pavit era morto. –"E questa è la tua! I piatti della Bilancia sbattono per suonare l’ultimo requiem dell’antico guerriero!"

Dohko, dopo aver compreso la vera identità del suo torturatore, tentò di reagire, di sollevarsi usando il gomito ancora funzionante, ma venne schiacciato a terra dalla mole del nemico, che era appena balzato su di lui, sprofondandolo nel pavimento con un deciso colpo di tacco.

"Aaah! Oggi è un giorno meraviglioso per morire, non credi, Libra? Non essere avido, in fondo hai vissuto per più di due secoli e mezzo! Di tempo per farti un giro sul pianeta ne hai avuto! Ah ah ah! Ringraziami, presto ritroverai Shin, il tuo vecchio amico, e anche il di lui discepolo! Non credo manchi molto alla sua morte!"

"Mu… Mur?! Che vuoi dire? Cosa… hai fatto?!"

"Io?! Assolutamente niente. Potrei mai?!" –Sghignazzò l’uomo, espandendo il cosmo scarlatto, avvolgendolo sul palmo della mano destra. Una ad una chiuse le dita, partendo dal pollice, con una calma pericolosa, accompagnando ogni singolo movimento con una nuova violenta vampa di fuoco che piegò Dohko a terra. –"Prima la Vergine d’Oro, quindi i suoi discepoli. Adesso tu e poi Mur. Rimane solo Ioria, il mignolino birichino. Spezzato lui, sarà la fine dell’alta casta!"

"Io… non te lo permetterò!!!" –Ringhiò il Cavaliere di Libra, inorridendo a tale infausta prospettiva, che avrebbe compromesso l’andamento della guerra in corso. Si rialzò con tutte le forze che ancora gli restavano, ardendo nel suo cosmo verde smeraldo. –"Non infangherai il nome dei Cavalieri d’Oro, farabutto!"

"Temo sia un po’ tardi per questo campanilismo di facciata! La bava di Cerbero non lascia scampo!" –Sogghignò l’oscuro rivale, avvolto da un rogo di vampe infernali. –"Avresti dovuto pensarci prima di farti ingannare!"

"Zitto, bestia! Muori e chiedi perdono a Virgo per aver disonorato questo tempio! Colpo dei Cento Draghi!!!" –Gridò Libra, portando, con gran fatica, entrambe le braccia avanti e liberando i maestosi animali di Cina.

"Patetico!" –Commentò l’uomo dalla fattezze del Cavaliere della Vergine, volgendogli contro un palmo della mano e lasciando che l’improvvisato attacco vi si schiantasse, esaurendosi poco dopo, incendiato, quasi annientato, dalle fiamme mortifere che lo rivestivano. Le stesse fiamme che prostrarono Dohko in ginocchio, carbonizzando le sue ultime speranze. –"Sei sempre stato una spina nel fianco, fin da quando eri una prugna viola, e il ringiovanimento non t’ha giovato! È un vero piacere occuparmi personalmente di te! Non ci sono Sirio e Cristal quest’oggi, per tentare l’Urlo di Atena insieme, nevvero? Non ci sono Ermes e Artemide ad unire il loro cosmo al tuo, sorretti dalla stessa giusta causa! Nessuna scappatoia, solo morte!"

"Sirio e Cristal fermeranno i tuoi propositi di dominio, Flegias!!!" –Gridò infine il Cavaliere d’Oro, fissandolo con disprezzo e disgusto. –"Non sarai mai re di niente! Non impererai mai su…"

"La tua voce mi ha stufato!" –Sibilò il Rosso Fuoco, infilando una mano nella bocca di Dohko e stipandogli ben bene il fiore d’aconito in gola, tra gli spasimi e i mugugni del Cavaliere, che sentì le viscere andare a fuoco. Quindi gli afferrò la lingua, strappandogliela con violenza e osservandola poi con perverso gusto, indeciso se tenerla o meno come souvenir della battaglia. –"Aconitum napellum incendĕ!" –Invocò, e dalla gola di Libra sortirono fiamme ruggenti, che devastarono il suo corpo internamente. Drogato, pestato, arso vivo, il Cavaliere d’Oro non resistette più, crollando sul marmo avvelenato e dirigendo a Sirio il suo ultimo pensiero.

"Così passo l’immortale Maestro di Cina! Onore e gloria a lui, e tutti quei discorsi che si dedicano al morto! Tieniteli pure, io mi tengo la vittoria!" –Sogghignò Flegias.

Adesso ne era rimasto soltanto uno.

***

Phoenix fu stupito nel vedere Serian di Orione di fronte a sé, il leggendario guerriero dal fiero sguardo con cui si era scontrato un anno addietro, in un turbinoso duello fisico e ideologico. Inizialmente pensò quasi che Discordia lo avesse risvegliato dal sonno eterno per averlo al suo fianco nella conquista della Luna, ma poi, osservando meglio, notò l’aura evanescente, i contorni sfumati, prossimi a dissolversi, e capì che stava dialogando con uno spirito.

"Cavaliere di Phoenix! Finalmente ci rivediamo e noto con piacere che la tua fiamma ancora non è stata spenta, che le ali dell’uccello infuocato ancora ti sostengono nel tuo volo verso la vittoria! Di ciò mi rallegro!" –Parlò l’antico Cavaliere di Atena, prima di spostare lo sguardo verso la Dea cui era stato unito da un legame a doppio filo. Amore e odio, riconoscenza e disperazione. –"Abbiamo poco tempo, solo quello con cui le illusioni generate dal tuo colpo segreto tratterranno la sua furia! Perché è questo che Eris vede, o meglio, crede di vedere: i Cavalieri Ombra miei compagni che, per punirla di averli condannati ad un secondo inferno, dirigono su di lei la loro vendetta! Ascoltami, è necessario che tu vinca la Signora della Contesa, e puoi farlo, usando le sue stesse armi!"

"Che… cosa intendi, Cavaliere di Orione?!"

"Eris o Discordia come ama farsi chiamare non è immune dallo spirito di contesa che lei stessa ha liberato nel corso di millenni! Per quanto ami gloriarsi dei suoi distruttivi risultati, del caos scatenato ovunque ella passeggi, il suo cuore è in tumulto perenne, il suo animo è a pezzi, e su questo devi far leva per sconfiggerla! È una Dea che non ha mai saputo essere donna, che non ha mai saputo amare, a differenza di Era o Afrodite, e che al tempo stesso non ha mai ricevuto affetto. Nessuno l’ha mai venerata, i popoli l’hanno sempre rifuggita, spesso maledetta per l’odio che istigava in loro! Persino il sanguigno Ares ha avuto ben più seguaci di lei! Motivo questo che l’ha resa invidiosa degli Olimpi, della loro beatitudine e dell’amore che riuscivano a ricevere dagli uomini, soprattutto Atena, la Vergine guerriera. Discordia me lo disse, lo scorso anno, ammettendo di aver risvegliato noi Cavalieri di Atena solo ed esclusivamente per fare un torto a lei, per farla soffrire, certa che avrebbe penato nel vedere suoi seguaci lottare davanti ai suoi occhi inermi. E noi abbiamo contribuito a farle del male… alla Dea che avevamo giurato di difendere!" –Sospirò Serian, di fronte allo sguardo attento di Phoenix.

"Sbagliai, quel giorno, ad accettare la sua offerta per una nuova vita! Come sbagliai ad unirmi a lei, credendo che quella notte di passione potesse sublimare la solitudine di un’esistenza vissuta senza amore e intrisa solo di guerre e morte! Fu la paura dell’oblio dell’oltretomba, il timore di essere dimenticato, a spingermi a quel gesto di cui adesso mi vergogno! E lo capii troppo tardi, folgorato dalla lucentezza del cosmo di Pegasus, che mi ricordò quello dei miei compagni, dei Cavalieri che ti hanno preceduto, di tutti i combattenti che hanno lottato per Atena e per i suoi ideali fin da quando il mondo è stato creato! Rialzati, Phoenix! Afferra la mano del passato, la forza silente degli eroi che dal cielo stellato ti osservano, Cavaliere della Speranza, e lotta! Lotta ancora!" –Affermò l’antico avversario, allungando un braccio verso il Cavaliere della Fenice, che lo afferrò con decisione, gli occhi bagnati di lacrime, prima di sollevarsi, avvolto nel suo cosmo amaranto.

"Serian, io… ti ringrazio! No, non ti dirò altro, saranno i miei gesti a parlare!" –Scosse la testa Phoenix, mentre l’aura luminosa del Cavaliere di Orione si faceva sempre più evanescente, fino a dissolversi del tutto. –"Addio, altro me stesso!" –E chiuse il pugno, lasciando che una spirale di fuoco turbinasse attorno al suo braccio. –"Discordiaaa!!!" –Gridò, attirando di nuovo l’attenzione della Dea, sul cui volto comparve un’improvvisa espressione smarrita. Non aggiunse altro e scattò avanti, mentre tutto attorno a sé si aprivano ali scarlatte. –"Che la fiamma di Bennu sia con me!!! Ali della Fenice!!!"

Un turbine di energia infuocata travolse la Signora della Contesa, sradicandola da terra e scaraventandola in alto, ustionandole la Veste Divina e distruggendo persino il tridente che stringeva in mano, fino a farla ruzzolare a terra, la vaporosa chioma scompigliata e macchiata di sangue.

"Vile, pagherai questo affronto!!!" –Ringhiò la Dea, rialzandosi prontamente, salvo accorgersi che Phoenix era già di fronte a lei, il pugno pronto a colpire. Non riuscì a scansarsi del tutto, solo quel tanto che le permise di essere sfiorata dalla ruvida mano del ragazzo, che si fermò davanti alla sua fronte, generandole un lieve pizzicore.

Discordia sogghignò, avvampando nel suo cosmo divino e spingendo il Cavaliere indietro con un’onda di energia che Phoenix neppure contrastò, aspettandosela, lasciandosi invece trascinare, allontanandosi così da lei.

"Ben fatto, ragazzo! Non vi è vergogna nella resa di fronte a un nemico incommensurabilmente superiore a te! L’aver trattenuto il pugno ti consentirà una morte rapida, anziché una drammatica agonia! Morte che avverrà sotto la nera pioggia di strali che già ti hanno piegato! Melas…"

D’un tratto la Dea gridò disperata, portandosi le mani alla testa, inarcando il busto in malo modo, trafitta da una scossa di dolore che le invase il corpo intero, espandendosi come una folgore dal sistema nervoso. Urlò più volte, strappandosi i capelli, gli occhi iniettati di sangue per quell’improvvisa scarica di sofferenza.

Quando riuscì a recuperare il controllo di sé, normalizzando l’affannato respiro, vide Phoenix, con un sorriso pago sul volto, sfrecciare verso di lei, avvolto nel suo fiammeggiante cosmo amaranto. E comprese che era stato quel bastardo di un orfanello a generare in lei così tanta pena. Quel bastardo di un Cavaliere devoto alla Vergine Dea che lei tanto detestava, e che Discordia parve notare alle spalle di Phoenix, sorreggerlo e vegliare su di lui in battaglia.

"Atenaaa!!! Ancora ti fai beffe di me?! Tu e la tua stirpe siate dannati!!!" –Ringhiò la Signora della Contesa, espandendo il cosmo e frenando l’avanzata della fenice di fuoco. –"Avete avuto tutto! Era il potere e il trono olimpico, Afrodite l’amore e la bellezza, tu la sapienza in guerra e il rispetto dei tuoi guerrieri! A me non avete lasciato niente! Niente, solo il disprezzo delle genti per la verità che la mia presenza faceva emergere, i primordiali istinti bellici celati nell’animo di ognuno e che il vostro moralismo reprimeva soltanto! Mi avete tolto ogni possibilità di trionfo, confinandomi nella miseria! Ti odio, vi odio!!!" –Avvampò la Dea, mentre una tempesta di folgori nere stramazzava Phoenix al suolo, scheggiando in più punti la sua corazza.

"Ci… ci siamo! Ci siamo quasi… il suo sistema nervoso sta per crollare… Se riuscissi a raggiungerla un’altra volta… un’ultima volta…" –Rantolò, affannando nel rimettersi in piedi e accorgendosi che la maligna Divinità stava lanciandosi verso di lui, il volto distorto da un folle piacere o da un disperato dolore taciuto per secoli. Quali che fossero le ragioni della sua isteria, Phoenix non rimase ad aspettarla, balzando indietro con un’agile capriola e atterrando su una sola mano, che piegò, sfruttandola per darsi una spinta verso l’alto, sostenuto dalle ali della corazza. –"A te, Discordia! Il colpo che stravolge la mente! Fantasma diabolico!!!"

Anziché fuggire, la Dea aprì le braccia, ridendo follemente, andando incontro al suo nemico, mentre un terzo sottile foro si apriva al centro della sua fronte, facendo scivolare qualche goccia di Ichor sul viso stravolto dalle emozioni. Emozioni che, quell’ultimo colpo, incrementarono ulteriormente, scavando nel passato di Eris con precisione clinica, ben sapendo adesso cosa cercare. Le sue origini, l’origine di quell’odio che aveva sempre mostrato verso gli Dei suoi pari e gli esseri umani, un odio che nascondeva soltanto un infinito rammarico.

"Ti vedo, Atena!!!" –Ringhiò, volgendo lo sguardo verso Phoenix, che strabuzzò gli occhi confuso. –"Oh sì, ti vedo che ammiri candida l’operato dei guerrieri, i tuoi boia, senza mai sporcarti le mani! Oh, certo, sei l’ipocrita per eccellenza, mascheri dietro parole di pace le guerre e i sacrifici che hai imposto all’umanità! Tu, ancor più di me, dovresti essere definita Madre del Dolore! Tu sei la vera Signora dei Mali! E allora, poiché così è, ti faccio un dono! Accettalo, ne sei degna ben più di me! Eccolo!" –Aggiunse, lasciando che il suo cosmo divino generasse un pomo dorato, porgendolo avanti a sé, sul palmo della mano destra.

Phoenix capì che Serian aveva detto il vero e che il Fantasma Diabolico aveva spezzato il bellicoso, ma ancora razionale, spirito della Dea nemica, lasciando che tutto l’odio covato si riversasse fuori. Osservandola adesso, pareva una delle Erinni, gli occhi iniettati di sangue, lo sguardo pazzo e al tempo stesso gioioso, una tempesta di fulmini neri che danzavano attorno a lei. Ma in fondo a tutto, un baluginio lontano e mai ammesso, il Cavaliere parve vedere un’accorata richiesta, forse una speranza. Lo vide nel braccio teso che Discordia stava offrendo ad Atena, come se l’antica rivale fosse di fronte a lei, e lo vide in quel dono, in quel frutto della contesa, che di Eris era l’essenza.

"Prendilo, Atena!" –Ripeté, quasi implorando la Dea. Al chè Phoenix annuì.

Eris sorrise, un atto per la prima volta sincero, e lasciò che la mela d’oro fluttuasse di fronte a sé, per poi liberare una violenta scarica di energia che afferrò la Dea stessa, strattonandola avanti, fino a che il pomo non gli si attaccò al petto, sprofondando nel suo cuore.

Discordia urlò, sbraitò istericamente, tentando invano di afferrare l’intangibile frutto, non ottenendo altro risultato se non strapparsi le vesti, graffiarsi la pelle, affondando gli artigli tra sangue e viscere umane. Il suo strillare scagliò persino Phoenix indietro, obbligandolo a sollevare un braccio per pararsi il volto dalla scoordinata pioggia di fulmini neri che stava bersagliando il Cerchio di Urano. Ma questa andò lentamente scemando, mentre Eris si accasciava esausta a terra, il corpo straziato da artigliate violente che si era autoinflitta. Del pomo d’oro non vi erano tracce, e Phoenix sapeva che non era mai esistito, se non nella mente di Discordia.

Con un balzo fu su di lei, mentre l’esausta Dea sollevava lo sguardo vitreo, senza che fosse chiaro chi o cosa stesse davvero guardando. Il Cavaliere della Fenice infiammò al massimo il proprio cosmo, concentrandolo attorno al pugno e muovendolo verso il petto dell’avversaria, che proprio in quel momento proruppe in un’ultima isterica risata, gli occhi arrossati ormai colmi di lacrime.

"Che in un’altra vita tu possa trovare serenità!" –Mormorò il giovane, affondando il pugno di fuoco nel corpo di Eris, che incendiò all’istante, sotto le note di una selvaggia ilarità. Quindi le strappò il cuore, osservandolo ardere nel suo pugno e consumarsi poco dopo, senza provare il benché minimo rimpianto.

"Molti nemici ho affrontato e persino contro quelli più ostili non ho provato piacere nell’ucciderli, poiché sapevo, dai loro racconti, dalle confessioni che il Fantasma Diabolico era riuscito a tirare fuori dai loro cuori martoriati, che in fondo non erano malvagi. Non nell’accezione che la semantica vorrebbe dargli. Virgo, Gemini, Alcor, Kanon, Ippolita erano solo infelici. Persino Hrymr, e il suo desiderio di vendetta, dovuto alla barbara fine della sua stirpe, ero riuscito a capirlo. Ma tu, come Deimos prima di te, non meriti alcuna pietà né comprensione! In te non c’è niente di buono, poiché soltanto tu hai scelto chi essere! La Dea dell’Odio! E come tale sarai ricordata! Addio, Signora della Contesa!" –Esclamò, mentre il fuoco della fenice divorava quel lembo del Cerchio di Urano ove si era consumato lo scontro.

Quindi, dando le spalle al declinante rogo divino, Phoenix cercò i cosmi dei suoi compagni. Li aveva sentiti accendersi durante la battaglia, anche quello di Andromeda, che invece avrebbe dovuto rimanere al sicuro a palazzo, e si chiese se le truppe di Ares non avessero già superato i nove cerchi. Concentrando i sensi, invece capì che il fratello era ben più vicino e che forse c’era ancora speranza di vittoria. Conscio che Pegasus avrebbe capito, il ragazzo cercò la via verso i cerchi interni, mentre la lancia di Nike si apriva infine strada nel petto di Ares.