CAPITOLO TRENTATREESIMO: UN UOMO D'AZIONE.

Sirio si trovò di fronte un uomo dai lunghi capelli rosa, che ricadevano sullo schienale di un’elegante armatura da battaglia, ornata da un pregiato mantello di seta. Studiandola meglio, il Cavaliere notò quanto fosse ricca di fregi e intarsi, splendente come gli era apparsa la corazza del Drago la prima volta in cui l’aveva indossata.

"Si può dire che per me sia altrettanto! Del resto ogni volta in cui scendo in battaglia è come fosse la prima volta! Fresco di forze, potente, con l’armatura tirata a lucido, rappresento una giovinezza guerriera che nessun’altra Divinità può sfoderare, e la rapidità con cui ho tolto di mezzo quella feccia di Lethe lo dimostra! Io sono Polemos! Io sono la guerra, e come tale non ho età. Io semplicemente esisto, compagno fedele di ogni epoca dell'uomo, amante silenzioso mai pago e mai domo ma sempre pronto a soddisfare l’istinto più bieco!" –Parlò costui, con tono raffinato e superbo.

"Polemos? Non ho mai sentito parlare di te! Sei un compagno di Lethe? O un suo rivale?! Parla! Hai qualcosa a che fare con quest’attacco alla colonia…?" –Ma Sirio non riuscì a terminare la frase, venendo atterrato di colpo da un calcio poderoso, sferratogli da una figura piombata su di lui.

"Bada a come parli, moccioso!" –Ringhiò un ragazzo dai capelli biondi, il corpo rivestito da una squamata corazza dorata e marrone. Osservandola di sfuggita, Sirio notò l’originale coprispalla, a forma di testa di capra, con aguzze corna sporgenti, l’elmo simile al muso di una fiera maestosa e una lunga coda serpentiforme –"Ti fai maleducato vanto di non conoscerlo, ma presto sarà il supremo Comandante delle Armate delle Tenebre e allora non solo lo conoscerai, ma rabbrividirai nell’udirne il nome! Egli è Lord Polemos, mio mentore e futuro governatore del pianeta in nome di…"

"Basta così, Chimera! Apprezzo il buon uso della dialettica che fai, ma ti rammento che non è per disquisire con il Dragone che fin qua siamo giunti!" –Intervenne allora il Signore della Guerra, cui il giovane biondino prestò subito ascolto, inchinandosi e invocando il suo perdono. –"Va’a prendere ciò per cui siamo venuti! Diamo un senso a questa missione e poi rientriamo! Voglio esserci quando lei tornerà!"

"Sì, Lord Comandante! Eseguo!" –Annuì, scattando verso le profondità della colonia.

"A… Aspetta!!!" –Annaspò Sirio, ancora disteso a terra, afferrandogli un piede e frenandone la corsa. –"Chi sei?"

"Non mi riconosci?! L’armatura che indosso non rende giusto tributo alla bestia dalle triplici fattezze?! Io sono il leone, la capra e il serpente! Io sono Chimaira!"

"Chi… mera…" –Mormorò Sirio, ricordando antichi insegnamenti del Vecchio Maestro che riguardavano tale mostro. –"Non sapevo vi fosse un guerriero con questo simbolo… A quale armata appartieni?" –Aggiunse, rimettendosi infine in piedi.

"A nessuna! Io servo solo il mio maestro!" –Sibilò questi, fissandolo con occhi di brace, mentre la guizzante coda della sua armatura si attorcigliava attorno ad un calcagno del Cavaliere di Atena, strattonandolo bruscamente e sbattendolo poi a terra. Una volta, due volte, tre volte. Una triplice ferita, come era nel suo stile, prima di gettarlo contro la parete rocciosa e osservarla, compiaciuto, mentre franava su di lui.

"Ti sei divertito abbastanza, ma non è lui l’oggetto della tua vendetta!" –Intervenne allora Polemos, cui Chimera rispose con un cenno d’assenso, prima di sfrecciar via, proprio mentre il cosmo del drago ruggiva, disintegrando sassi e rocce e liberando Sirio.

"Dov’è andato quell’impudente?"

"Lascialo perdere! Non che Chimera rifiuterebbe uno scontro con te, non è uomo da tirarsi indietro quando si tratta di combattere! Ma immagino preferisca conservare le forze per affrontare il discendente di colui che domò la triplice bestia millenni addietro, l’amico cui sei così tanto devoto, Sirio Dragone!"

"Come mi conosci? E cosa vuoi?!"

"Conosco tutti voi, Cavalieri dello Zodiaco, perché vi ho studiato, osservandovi ammirato e imparando molte cose, sulla vostra personalità, sui vostri poteri, sulle vostre debolezze! Del resto, conoscere il nemico è fondamentale in una guerra, ne convieni? Ah ah ah!" –Rise l’ambizioso comandante, prima di atterrare Sirio con una sfera di energia, che il ragazzo non vide neppure come e quando era stata generata. –"In quanto a ciò che voglio, lo scoprirai presto. Se sarai ancora vivo quando Chimera tornerà, ipotesi che dipende solo ed esclusivamente da te!"

"Che vuoi dire?!"

"Ciò che ho appena detto! Siediti, se vuoi, e aspetta con me che tutto sia finito. Non ci vorrà molto, te lo assicuro, Chimera è solito andare per le spicce, e se non interferirai potrai tornare dalla tua amata Fiore di Luna ai Cinque Picchi! Hai la mia parola d’onore!"

"Fiore di… Maledetto, cosa sai su di lei? Se le hai fatto qualcosa, non ti perdonerò!" –Avvampò Sirio, lanciandosi avanti, avvolto nella sua luminescente aura cosmica. Ma per quanto veloci fossero i suoi affondi, Polemos riusciva sempre ad evitarli, riusciva sempre a muoversi ad una velocità più alta, scansandosi, allontanandosi, girando intorno al ragazzo, senza mai smettere di sogghignare.

"Cosa avrei dovuto farle? È una ragazza, non un guerriero, e sono questi ultimi i miei avversari! Te l’ho detto, so tutto su di voi, perciò te lo ripeto. Siediti e aspetta!"

A quelle parole Sirio rimase di sasso, continuando a fissare Polemos per qualche interminabile secondo, finché, appurato che il Dio non avesse intenzioni offensive, non rilassò i muscoli irrigiditi, abbassando infine le braccia, strappando un cenno d’approvazione al suo misterioso interlocutore.

"Molto bene, vedo che hai capito! La perspicacia non ti fa difetto!"

In tutta risposta Sirio sfrecciò avanti, rapido come una cometa, riuscendo anche a muovere il braccio e chiudere le dita a pugno, mirando al cuore dell’avversario.

"Ah! Errore!" –Sibilò questi, scuotendo la testa con grave disappunto e muovendo il braccio destro ad ancor più elevata velocità. –"Non presti ascolto alle mie parole! Oltre che cieco, le battaglie ti hanno reso pure sordo?" –Ironizzò il Dio, mentre il pugno di Sirio si schiantava sul palmo della sua mano, avvolto in un’accesa luce color amaranto. –"Eppure ero stato chiaro, non vuoi forse ritornare dalla donna che ami?!"

"Certo che lo desidero, più di ogni altra cosa!"

"Non sembrerebbe." –Commentò Polemos, chiudendo le dita sul pugno del Cavaliere e lasciando esplodere una violenta scarica di energia, che scaraventò Sirio indietro, di nuovo contro una parete di roccia. Di nuovo schiantandosi dentro la parete stessa.

Quando riuscì a rimettersi in piedi, il ragazzo notò con orrore che il guanto protettivo della corazza del Drago era andato in frantumi, disintegrato da un’energia rovente che gli aveva ustionato persino le dita.

"Se avessi voluto mozzarti la mano avrei potuto farlo." –Chiarì Polemos. –"Anzi potrei farlo! Posso farlo in qualsiasi momento, così come posso abbatterti, vincerti, schiantarti a terra fino a triturare ogni singola ossa del tuo corpo di Cavaliere, se è questo che desideri! Perché mi sembra proprio che tu stia anelando lo scontro!"

"Non l’ho mai voluto!!! Ma tu e i tuoi scagnozzi avete attaccato quest’oasi di pace ed è mio dovere difenderla, in nome di un amico cui sono fedele!"

"Oh già, il Grande Mur dell’Ariete! Era suo il cosmo che si è spento mezz’ora fa?" –Ridacchiò il Dio, suscitando la collera di Sirio, che espanse il cosmo, preparandosi per scagliare il proprio colpo segreto. Ma quando fece per muovere il braccio destro si accorse che Polemos era già di fronte a lui, il dito indice a sfiorargli il pettorale dell’Armatura Divina proprio all’altezza del cuore. Laddove era celato l’artiglio del drago.

"Io non lo farei!" –Sussurrò, mentre una minacciosa aura amaranto andava sempre più espandendosi dal polpastrello del dito, surriscaldando la corazza e generando in Sirio subitaneo terrore.

Paralizzato da quella repentina presa di posizione, il Cavaliere esitò per un momento, dando modo a Polemos di travolgerlo da vicino con una violenta esplosione energetica che, quella volta, non lo scagliò contro la montagna, ma lo inchiodò sul posto, esponendolo in prima linea all’onda d’urto nemica. Travolto da indescrivibile potenza, Sirio gridò, le braccia spalancate e inermi, i lunghi capelli neri che svolazzavano randagi all’indietro, incendiandosi in più punti, l’Armatura Divina che ardeva, scricchiolava, fremeva e infine si ricopriva di crepe. Urlò con tutto il fiato che ebbe in gola, sentendo il corpo schiacciarsi, sottoposto a sfibrante pressione, finché il Dio non ridusse l’intensità del proprio assalto, lasciando che il ragazzo si accasciasse a terra, crollando esausto sulle ginocchia.

Solo allora gli sfiorò il mento con un dito, lo stesso che aveva usato per prostrarlo, pizzicandogli la pelle con lo stesso calore.

"È bastato un dito per sfatare tante leggende! Come eroe leggendario non vali poi molto!" –Sussurrò, premendo sulla bazza del ragazzo e forzandolo a guardarlo in faccia. –"Pensa cosa potrei fare adesso!"

"Che… cosa vuoi?!" –Rantolò Sirio, incapace di reagire.

"Niente." –Commentò sibillino Polemos, lasciando la presa e allontanandosi di qualche passo, dando le spalle allo stupefatto e stranito Cavaliere di Atena. –"Dovresti averlo capito ormai! Io non amo perdere tempo! Le distrazioni, le inutili divagazioni, i giochi e gli intrighi li lascio ai burocrati, ai giullari, ai leccapiedi di corte, preferendo andare subito al cuore di un problema! Per questo sono intervenuto, quando ho capito che Lethe e Horkos non sarebbero stati in grado di portare a termine la missione! Come sono solito affermare, se vuoi che una cosa sia fatta bene devi farla tu stesso, non affidarla ad altri, tanto più a scadenti galoppini figli di una di nuovo defunta Divinità!"

"Perché attaccare la colonia di Mu? Cosa vi ha fatto questo popolo pacifico?!"

"Punto primo: questo non è un popolo pacifico. Nessun popolo lo è. Forse non sai che sono stati proprio questi muriani, o come si chiamano, a creare le corazze che indossate, permettendo ad Atena di combattere tutte le Guerre Sacre e a così tanti giovani di morire inseguendo fatui sogni di pace. Punto secondo: non è niente di personale, ma stiamo solo cercando informazioni utili. Non appena Chimera le avrà trovate, ce ne andremo!"


"E io dovrei rimanere ad aspettare? Restare a guardarvi distruggere, uccidere, inquinare questa colonia perduta?!" –Avvampò Sirio, rimettendosi a fatica in piedi.

"La risposta corretta dovrebbe essere un sì, ragazzo. Dovresti aver capito che non puoi fermarmi!"

"E tu dovresti sapere che la boria in battaglia non aiuta! Molti nemici ci hanno sottovalutato ma siamo sempre riusciti a far cambiare loro idea!"

"Sì, sì, lo so! Tutti a credervi Cavalieri di Bronzo e invece avete fatto carriera in fretta, superando i beneamati Cavalieri d’Oro e scardinando una tripartizione gerarchica vecchia di millenni! Storia ben nota, ormai! Come ti ho detto, vi ho osservato! Ma tu, invece, non sai niente di me, altrimenti non tenteresti neppure di attaccarmi perché sapresti che nessuna tecnica è efficace contro Polemos!"

"Anche Orion diceva parole simili, eppure lo abbiamo sconfitto!" –Tuonò Sirio, espandendo il proprio cosmo color verde acqua.

"Orion non era la personificazione della guerra!" –Si limitò a rispondere il Dio, mentre il Cavaliere scattava avanti, liberando il Colpo segreto del Drago Nascente. –"E tu non lo sei della scaltrezza!" –Ironizzò, mentre l’assalto luminoso gli sfrecciava accanto, sollevandogli il mantello e poi perdendosi nel cielo lontano.

"Co… come ha fatto? L’ha evitato semplicemente spostandosi? Eppure era un colpo alla velocità della luce!" –Mormorò l’allievo di Libra.

"Colpo che, come ti ho detto, già conoscevo! E ora, a meno che tu non voglia tirar fuori il tuo vetusto repertorio di tecniche, comprendente Excalibur, Drago Volante, Cento Draghi e quel colpo suicida detto Pienezza del Dragone, ti consiglio di rinunciare. Ne dimentico qualcuno? Ah sì, il Fuoco del Dragone, che non può certo dirsi una tecnica da battaglia e le Acque della Cascata, che potrebbero allarmare un apprendista ma certo non il demone della guerra!"

"Conoscere le mie tecniche non significa essere in grado di evitarle! Soprattutto se sono doni divini in grado di scindere le stelle!" –Replicò Sirio, sollevando il braccio al cielo e scagliando un rapido e preciso fendente di energia verso l’avversario, che di nuovo lo schivò spostandosi a destra.

Irritato, il Cavaliere di Atena ripeté l’assalto, muovendo l’arto in direzioni diverse in modo da generare decine e decine di piani energetici, che Polemos seppe scansare uno dopo l’altro, fintantoché ne ebbe voglia. Poi, stanco per quel gioco infantile, mosse a sua volta il braccio destro, fermando l’ultimo attacco con un equivalente fendente di energia.

"Co… cosa? Come puoi contrastare Excalibur?!"

"Non è che una lama di puro cosmo, in fondo! Possono averla anche forgiata i druidi più sapienti ma non è la lama ad essere protagonista di leggende, quanto chi la impugna!" –Precisò il Dio, spingendolo indietro e aprendogli un taglio sulla corazza al centro dell’avambraccio. –"Ci sono molte spade famose che spesso associamo a eroi storici o mitologici, ma credimi, nessun’arma è in grado di impensierirmi, poiché già tutte le ho provate! Tutte le ho smussate! Le vuoi conoscere? Eccole! Nell’ordine, Durlindana, Caladbolg, Claíomh Solais!" –Esclamò, sollevando un braccio al cielo mentre migliaia di strali lucenti piovevano su Sirio, mitragliandolo sulla schiena, sull’elmo e sul petto. –"Ne dimentico qualcuna? Ah sì, Fragarach! Gramr (del tuo amico Orion)! Tizona!!! Come ti ho detto, sono solo spade! Ma tagliano! Oh, se tagliano!" –Ironizzò, le labbra torte in un sorriso furbetto.

"Come puoi controllarle tutte?!" –Sgranò gli occhi Sirio, agitando lo scudo nel disperato tentativo di difendersi.

"Perché tutte mi appartengono! Siano spade, lance o dardi, siano tecniche fisiche o spirituali, io tutte le conosco, le so vedere, capire, contrastare! E, se voglio, anche replicare! Perciò rinuncia, Dragone! Non hai speranza alcuna contro di me! Nessuno di voi Cavalieri dello Zodiaco l’avrebbe!" –Chiosò il Nume, muovendo il bracciodi lato e scagliando un ultimo poderoso fendente che si abbatté sulla spalla di Sirio, frantumandone la protezione e piegandolo a terra.

È… incredibile… Quest’uomo è fortissimo! Anzi no, non è un uomo… Non c’è niente di umano in lui, nel suo muoversi, nel suo guerreggiare! Egli è un Dio a tutti gli effetti! Come Nettuno, Ade e Ares, e forse persino più di loro! Rifletté Sirio, piegato sulle ginocchia, la mano destra poggiata sulla spalla sanguinante, nel tentativo di fermare l’emorragia. È stato così difficile aver ragione di quegli antichi demoni! Persino in cinque abbiamo faticato! Come posso affrontarne uno da solo? Pegasus, amici, vorrei che fossimo insieme!

"Come puoi farlo?! Elevandoti al suo stesso livello e divenendo un Dio a tua volta, ragazzo mio!" –Parlò allora una voce direttamente al cuore del Cavaliere.

"Questo cosmo… Maestro!!! Dove siete?"

"Lontano, Sirio, lontano dalle fresche acque che per due secoli mi hanno dato conforto e sicurezza! E temo che non ci vedremo più!"

"Maestro che cosa è successo? Perché questo tono funebre?!"

"Sirio, ascoltami bene! Polemos è avversario insidioso, grazie al suo rango divino e alla sua completa conoscenza di ogni arte o tecnica bellica, per questo l’unico modo per affrontarlo è superarlo in potenza! Il Nono Senso, ragazzo, già alberga dentro di te, lo hai sfiorato più volte durante le battaglie precedenti! Devi solo riuscire a controllarlo, a dominare l’esplosione energetica dentro di te senza lasciarti sopraffare! Innalzati, Drago d’Oriente, e illumina il mondo con lo splendore delle tue scaglie di giada!" –Mormorò Dohko, la cui voce andava facendosi sempre più fievole.

"Maestro, non lasciatemi! C’è ancora così tanto che desidero sapere, tanto che desidero apprendere!!!"

"Ti ho insegnato tutto quel che sapevo, Sirio, e sei diventato il Cavaliere che io non sono mai stato ma che ho sempre sognato di addestrare! Sei stato l’allievo migliore che abbia mai avuto ed è stato un onore essere il tuo maestro! Addio, amico mio, io ti sosterrò da lontano, sempre al tuo fianco nella lotta contro l’oscurità!" –Concluse Libra, prima che il suo cosmo svanisse, dissolvendosi in un mare di ricordi.

"Ma… estro…" –Pianse Sirio, conscio di quel che era accaduto. –"Dohko…"

Al pensiero di lui, della sua tragica fine, il Cavaliere strinse i pugni, chiudendoli entrambi, anche quello ferito dal calore cosmico di Polemos, percependo per la prima volta una nuova fiamma baluginare dentro sé. Una fiamma amica, che aveva vegliato su di lui per tanti anni, osservandolo divenire Cavaliere e uomo.

"Brucia il tuo cosmo, Sirio! Risveglia il Nono Senso e controllalo! Raggiungi quel livello, il livello degli Dei, e domina l’esplosione energetica dentro di te! Atena non se ne avrà a male. Non stavolta!"

Ricordò le ultime parole di Libra, e adesso le comprese. Adesso che sentiva fluire dentro sé l’ultima stilla di cosmo del Cavaliere d’Oro, assieme alla sua saggezza, alla sua pazienza e alla sua mai venuta meno fiducia nel domani.

"Per voi maestro! Per voi tenterò ancora!!!" –Esclamò il ragazzo, rialzandosi, avvolto in una luminescente aura di color verde acqua.

"Quale energia!" –Commentò allora il Demone della Guerra, esaminando interessato il mutamento in atto nel suo cosmo, un espandersi vasto e vigoroso, fino ai limiti estremi dell’universo. –"E forse oltre!" –Aggiunse, comprendendo quel che il Cavaliere stava per fare.

"Polemos!!!" –Lo chiamò Sirio, mentre una colonna di energia cosmica sorgeva attorno a lui, inglobandolo poco dopo. –"Hai detto che conosci ogni tecnica e colpo segreto! Ti do atto di questa verità! Ma tu dovrai darmi atto che conoscere non significa riuscire ad evitarla! Non quando il Drago ruggisce in un boato di stelle!!! Atena, perdonami se puoi, ma devo farlo!!! Pienezza del Dragone!!!" –Gridò il ragazzo, dirigendo un impetuoso torrente di energia allo stato puro contro l’avversario, che lo osservò ammirato e persino un po’ stupito.

"Meraviglioso…" –Giudicò Polemos, plaudendo il modo in cui il Cavaliere di Atena era riuscito a controllare un potenziale energetico così distruttivo e instabile come il suo massimo colpo segreto. Un risultato frutto di anni di addestramento e migliorie che lo aveva portato, al pari dei suoi amici, a controllare l’ultimo stadio della conoscenza. –"La capacità di trascendere l’umano e divenire un Dio." –Annuì il Demone della Guerra, espandendo il proprio cosmo, il più vasto che Sirio avesse mai percepito, persino superiore a quello delle massime Divinità che aveva incontrato. Ma anziché usarlo per contrastare l’assalto nemico, non ottenendo altro risultato che generare una devastante esplosione che avrebbe annientato non solo loro due ma l’intera catena montuosa che li attorniava, Polemos sfruttò la Eskatos Dunamis per creare un corridoio di energia, all’interno del quale la Pienezza del Dragone confluì, quasi scivolò, venendo presto indirizzata verso un nuovo obiettivo.

"Ma cosa…?!" –Mormorò Sirio, osservando il fiume energetico verde e amaranto incurvarsi lentamente, fino a virare verso il fianco della montagna. Troppo tardi comprese quel che Polemos aveva in mente, quando già la massa di energia esplose, riducendo in frantumi l’intero rilievo.

Una pioggia di rocce, sassi, neve e ghiaccio si abbatté su Sirio, con un impeto e una rapidità immani da non permettergli di allontanarsi, indebolito e fiaccato dallo scontro e dall’enorme concentrazione necessaria a stabilizzare il proprio colpo massimo. Ebbe solo il tempo di voltarsi verso Polemos e osservarlo annuire compiaciuto, mentre quel che restava di Dhaulagiri franava su di lui, seppellendolo.

"Onore a te, Cavaliere del Dragone! Ti sei dimostrato degno di rappresentare una delle sacre bestie dell’Oriente! Saggezza e forza non ti mancano, né la capacità di utilizzare entrambe con equilibrio!" –Commentò il Dio ancestrale, voltandogli le spalle, attirato dall’avvicinarsi frenetico di passi svelti. –"Ma non sempre la moderazione è la via per la vittoria. A volte lo è per l’estinzione."

"Mio Signore!!!" –La voce schietta di Chimera lo raggiunse in quel momento, mentre il giovane guerriero sbucava fuori dall’altro versante della distrutta montagna, portando un grosso fagotto con sé. –"Abbiamo ciò per cui siamo venuti!"

Polemos non ebbe bisogno di ulteriori informazioni, sorridendo compiaciuto prima di allontanarsi e dare un ultimo ordine al suo servitore.

"Molto bene! Distruggi il resto! In guerra non esistono testimoni!"

Chimera annuì con una morbosa luce di soddisfazione negli occhi. Si voltò verso il sentiero che conduceva alle profonde caverne dove tuttora i combattimenti erano in atto e sogghignò. Le Amphilogie non erano riuscite a prendere possesso dell’intera colonia, a causa di un’imprevista ondata di orgoglio che aveva invaso i discendenti di Mu, spingendoli a lottare fino alla fine per difendere la loro terra. Ma a Chimera non importava, né delle prime né dei secondi, poiché quel che a loro serviva già lo stringeva sotto braccio, nonostante i gemiti doloranti della donna.

Bruciò il proprio cosmo, prima di balzare in alto, piegando le gambe in modo da avvicinare le ginocchia al petto, e poi puntò verso il suolo, affondandovi dentro con forza dirompente, imprimendovi l’ardente fiamma del suo cosmo.

"Zoccolo della capra infernale, scatena la tua temibile collera!!!"

Un attimo dopo il suolo tremò, espandendosi a raggiera tutto attorno alla Montagna Bianca e per molti chilometri attorno. Quel che la Pienezza del Dragone non aveva abbattuto, crollò adesso, sospinto da una furia assassina che fece strage di ogni difesa. Uomini, donne, bambini, combattenti di ambo le fazioni, tutti vennero sommersi dal roboante inferno che piovve su di loro, di fronte al divertito sguardo di Chimera, fiero e solerte nell’eseguire gli ordini del Lord Comandante.

Sì, adesso poteva definirlo tale. Dopo il successo della loro missione, dopo il recupero della chiave per distruggere i Cavalieri di Atena, dell’Olimpo e di chiunque avesse avuto abbastanza fegato, o follia, da osare sfidarli. E lei ne sarebbe stata soddisfatta.

Oh sì! Mormorò il guerriero, mettendosi in spalla il fagotto e seguendo il Demone della Guerra verso la loro dimora. Lei sarebbe proprio stata fiera di loro!

***

Per un tempo che non seppe definire credette di essere morto.

Non sentiva più niente, né riusciva a percepire alcunché, al di là della tenebra infinita in cui era immerso. Poi, lentamente, iniziò a muovere le dita, faticando nel piegarle ma capendo di essere vivo, e che i ruvidi granuli che gli raschiavano la pelle erano terriccio. Allora ricordò il combattimento, l’esplosione dei loro cosmi e il crollo della montagna.

La colonia di Mu... Mormorò Sirio, temendo il peggio per il popolo nascosto che, di certo, aveva conosciuto il suo stesso destino. O forse peggio, si disse, ringraziando la protezione dell’Armatura Divina che, sia pur deteriorata, gli aveva permesso di non morire. Devo… uscire da qui sotto… verificare se ci sono superstiti, feriti, aiutarli… Rifletté, iniziando a bruciare il proprio cosmo, sebbene il solo tentare gli strappasse dolori atroci, ai muscoli, alle ossa, nonché violente fitte alla testa.

Il suo corpo era al limite, e forse lo aveva persino già superato. Riuscire a controllare l’intensa fiamma della Pienezza del Dragone, dominare quel potere considerato prerogativa degli Dei lo aveva sfinito e, se non fosse stato per il tepore del cosmo di Libra, che gli aveva donato le ultime energie, ne sarebbe stato sopraffatto.

D’un tratto gli sembrò che il peso dei massi franati sulla sua schiena diminuisse. O forse sono io che a poco a poco sto morendo? Rantolò Sirio, faticando a respirare in quell’oscura e desolata prigionia sommersa. Poi la sensazione si fece più evidente, la zavorra che lo schiacciava a terra parve davvero farsi più leggera e, d’un tratto, vide persino un raggio di luce. Debole e lontano, ma preciso e pungente.

Pochi attimi più tardi lo raggiunse una voce amica, una voce che temeva di non poter udire di nuovo. Una voce che lo incitava a rialzarsi, finalmente libero.

"Sirio!!! Stai bene? Ti ho trovato per miracolo… il tuo cosmo è al lumicino, appena percettibile…" –Esclamò il Grande Mur, aiutandolo a uscire dai detriti della valanga.

"Mur… sto bene, e tu? Credevo di averti perduto!" –Rispose Sirio, notando preoccupato l’aspetto malmesso del Custode della Prima Casa. Ferito, con la corazza scheggiata in più punti e grumi di sangue che la ricoprivano, aveva persino tagli aperti sul volto e ciuffi sparsi dei suoi lunghi capelli viola gli erano stati strappati via. –"E la tua gente? Che ne è della colonia perduta?!"

A quelle parole il Cavaliere di Ariete non rispose, assumendo un’espressione greve, carica di colpa per il proprio fallimento. Strinse i pugni, dando le spalle a Sirio e incamminandosi in silenzio laddove un tempo esisteva il sentiero che conduceva al cuore della Montagna Bianca. Adesso non c’era più niente, solo un nuovo rozzo rilievo formato dal terreno crollato e ammucchiatosi caoticamente, sommergendo tutto quel che Dhaulagiri celava. Antichi segreti andati per sempre perduti.

"Mi… dispiace… Avrei voluto fare di più, aiutarti…"

"Non dolertene, Cavaliere! Hai dato il massimo, come sempre, affrontando un avversario insidioso che neppure la forza di dodici Cavalieri d’Oro avrebbe potuto contrastare! Ti ringrazio, amico mio!" –Si sforzò di sorridere Mur, la voce per la prima volta incrinata da un così acuto dolore da rendere difficile persino parlare. –"Mia è stata la colpa! Io li ho condotti qua, vittima di un incantesimo che non sono stato in grado di percepire, di un’ombra che mi ha obnubilato la mente, spingendomi a vedere solo i miei timori, senza accorgermi del resto del mondo! Avrei dovuto saperlo, ma per una volta l’ho rimosso, i doveri di un Cavaliere, il suo sacro compito, esulano da faccende personali!"

"Salvare gli altri è il dovere di un Cavaliere! E sono sicuro che Atena capirebbe, persino approverebbe, lo spirito che ti ha guidato fin qua!" –Cercò di consolarlo Sirio, senza riuscirvi troppo.

Fu allora che uno scricchiolio sommesso li raggiunse, spingendoli a voltarsi verso il caotico ammasso di rocce, terriccio e grumi di neve, osservandolo muoversi ancora, scivolare verso il basso, rotolare via, mentre qualcosa di indefinitamente grosso, persino di enorme, sorgeva dal cumulo di macerie.

"Ma… cosa?!" –Borbottò Sirio, sollevando le braccia in posizione difensiva, temendo un qualche nuovo trucco di Polemos e Chimera.

"Non è possibile!!!" –Esclamò allora Mur, con un guizzo di sorpresa e felicità nel tono. –"Gli abitanti di Mu…" –Osservò, indicando il campo difensivo che adesso baluginava di fronte a loro, un muro quasi trasparente dietro il quale un centinaio di sagome umane, ferite e malconce, sorridevano loro di rimando.

I due Cavalieri di Atena corsero loro incontro, mentre questi si accasciavano, sudando e tremando per l’enorme sforzo sostenuto. Il primo tentativo di coordinare i loro poteri mentali per proteggere le loro famiglie, e il futuro della colonia, dalla furia involontaria della Montagna Bianca.

"Mu… Mur…" –Rantolò un giovane, che l’Ariete riconobbe come il nipote di Rasha. –"Abbiamo… cercato di fare il possibile… Non siamo guerrieri, molti di noi non ce l’hanno fatta. Lo sforzo mentale li ha sopraffatti!"

Il Custode del Primo Tempio annuì, osservando i volti stanchi dei sopravvissuti, leggendo nei loro occhi la stanchezza per la prova sostenuta, la tristezza per la perdita degli amici e dei propri congiunti, e anche l’incertezza sul loro futuro, sul destino di quell’antica comunità adesso spazzata via. Prima che Mur potesse confortarli, il nipote di Rasha gli afferrò una mano, costringendolo a guardarlo negli occhi.

"Mi… dispiace… L’hanno presa!" –Poi svenne.

Solo allora, passando in rassegna coloro che erano riusciti a salvarsi, il Cavaliere di Ariete notò che sua madre non era tra loro.

Ripensò alle parole di Rasha, a quel che aveva tentato di dirgli, al segreto ultimo sulla forgiatura delle armature, e infine capì qual era stato lo scopo di quell’assalto. E le parole di Sirio poco dopo confermarono i suoi dubbi.

"Dobbiamo rientrare ad Atene!" –Convennero allora i due Cavalieri. –"Atena deve essere informata all’istante!"