CAPITOLO QUINTO: PRIMO INTERLUDIO

LUCE.

Estratto dalle Cronache di Avalon.

Ventesimo anno prima del secondo avvento.

La diga di cemento armato si ergeva a poche miglia da lì, stagliandosi verso il cielo fin quasi a coprirlo. Orribile a vedersi, incombeva sul villaggio ricordando ai suoi abitanti che le loro vite erano nelle sue mani e che avrebbe potuto prenderle in qualsiasi momento. Reis la guardava con frustrazione, sapendo di non potersi opporre a quel potere. Così, quando l’immensa struttura collassò, squarciata da enormi crepe rigurgitanti fiumane d’acqua, non poté far altro che socchiudere gli occhi, radunare il suo cosmo e portare le braccia avanti, palmi aperti verso la furia montante, per generare una barriera con cui affrontare la mareggiata. Consapevole di non poterla arrestare del tutto, avrebbe quantomeno potuto limitare i danni, cercando di salvare il maggior numero di persone.

Impaurite e tremanti, le sentì radunarsi dietro di lei, piangere e implorare il perdono divino, e Reis fu certa di sentire anche la voce di sua madre e suo padre in quel cumulo di anime tristi, sebbene non fosse in grado di distinguerle, né loro potessero vederla. Sospirò, riportando lo sguardo sulle braccia tese avanti a sé, concentrate nel generare un cuneo di luce che permetteva alla gigantesca marea di defluire ai lati della barriera, lasciando intatto il villaggio che si apriva alle sue spalle.

Posso farcela! Disse a se stessa, per quanto la pressione sulle sue gracili braccia stesse aumentando a dismisura. Stavolta ce la farò! Aggiunse, stringendo i denti, mentre le vene le si ingrossavano e dalle ferite aperte sulle mani e sul volto iniziava a zampillare il sangue per lo sforzo eccessivo.

Una nuova ondata, ancor più fragorosa della precedente, si schiantò sul suo cuneo difensivo, mandandolo in frantumi e investendo in pieno la ragazza e gli abitanti del villaggio, risucchiandoli in un torbido vortice di desolazione. Travolta dalla piena, sommersa dalle onde dei ricordi, Reis si sentì intrappolata, avvinghiata ad alghe da cui non riusciva a liberarsi, percependone la forza per intero. La afferravano, per quanto lottasse, la strattonavano, la trascinavano nelle fangose profondità del passato, togliendole ogni via di fuga. Perché ogni volta che ci provava, ogni volta in cui invocava aiuto, la sua bocca si riempiva di acqua e fango, il suo respiro strozzato risuonava macabro su un fondale di morti, liberando solo una bolla. Un’ultima bolla che, al momento di esplodere in superficie, avrebbe segnato la sua nuova morte.

Mi… dispiace. Bisbigliò anche quella volta. Non vi ho salvato!

"Quante volte ancora volete farmi morire?!" –Esclamò la bambina, aprendo gli occhi e cercando di recuperare il controllo del proprio battito cardiaco, aumentato a dismisura dopo l’ultima ondata.

"Quante sarà necessario per impedire che ciò avvenga realmente!" –Commentò calma la voce del suo istruttore, seduto davanti a lei, con la schiena appoggiata ad un albero di mele.

"E quando sarò pronta?"

"Quando riuscirai a superare indenne i traumi del passato!" –Si limitò a rispondere il suo maestro, alzandosi da terra e facendole cenno di seguirlo lungo il sentiero che, tra l’erba, saliva lungo il pendio dell’isola, passando in mezzo a folti meleti.

Reis adorava correre tra gli alberi, arrampicarsi sui rami e aiutare le sacerdotesse a cogliere le mele, molto più che stare china negli orti a strappare erbe o a preparare decotti o infusi. La parte pratica del suo addestramento, quella prettamente fisica, era quella che preferiva e che le aveva permesso di essere una bambina in splendida forma, molto più bella e in salute delle sue coetanee, e gran parte del merito andava all’ambiente in cui aveva vissuto fin da quando aveva due anni.

"Ricordi il tuo villaggio nel Galles? L’alluvione che lo spazzò via? Sono passati otto anni da allora ma è ancora nella tua mente. Lo rivedi, quel momento nefasto, ogni volta in cui chiudi gli occhi, ogni volta in cui ti addormenti; lo percepisco. Se non sei ancora crollata, se sei ancora in grado di alzarti e correre, lo devi al cosmo che pulsa dentro te, lo stesso cosmo che ti ha salvato quando eri ancora una bambina. Non sottovalutarne la forza, ma non sopravvalutare la tua resistenza. Il tuo involucro è quello di un essere umano!"

"Sei un uomo buono!" –Esclamò improvvisamente la piccola, fermandosi al limitare del sentiero e lasciando andare la mano dell’uomo. –"Saresti un buon padre, sai, maestro?"

"Se fossi tuo padre ti sculaccerei per la tua impertinenza!" –Commentò questi, alzando l’indice destro.

"Perdonatemi, maestro!" –Chinò il capo la bambina, prima che alcune sacerdotesse la chiamassero, affinché le aiutasse con la raccolta delle mele.

Avalon la guardò allontanarsi e correre scalza tra l’erba, felice, come dovrebbe essere una bambina di dieci anni. E non succube del peso del mondo. Sospirò, chiedendosi se fosse giusto prenderne la vita, così, come fosse un bene di sua proprietà, e addestrarla per un solo unico scopo di guerra.

"Questo è ciò che i Talismani hanno deciso! Non crucciarti per il suo destino, ma sii fiero per ciò che diverrà!" –Lo raggiunse allora una voce, mentre l’anziana sagoma del Primo Saggio gli si avvicinò. –"Antalya non avrebbe potuto affidare la Spada di Luce a un essere umano indegno della sua fiducia! Se lo ha fatto è perché…."

"So perché lo ha fatto! Percepisco anch’io il cosmo di luce che alberga nell’animo di Reis!" –Precisò Avalon. –"Pur tuttavia non ha ancora vinto il trauma della sua infanzia, l’alluvione in cui morirono i suoi genitori! Tutte le simulazioni mentali effettuate lo dimostrano: per quanto eccella in ogni altra materia, esercizio o difficoltà, non è mai riuscita a superare quella prova! A liberarsi di quel retaggio! Dovrà avere la mente sgombra da ogni preoccupazione per poter brandire al meglio il Talismano che le è stato assegnato!"

"E come pensi di prepararla al riguardo?"

"Chiederò ad un amico di occuparsene!" –Commentò Avalon, voltandosi verso il mare di nebbia che circondava l’isola. Lo fendette con lo sguardo, cercando l’alto colle che si ergeva sull’altra sponda del lago, laddove riluceva pallido, al sole di mezzogiorno, quel che restava di un antico luogo rituale. Una rozza torre che gli abitanti della vicina cittadina chiamavano Tor, senza sapere che proprio quella costruzione era il portale per penetrare i segreti del colle stesso. Era il varco per scendere all’inferno.

***

Estratto dalle Cronache di Avalon.

Sedicesimo anno prima del secondo avvento

"Mi congratulo con voi! Avete portato a termine un complesso percorso di formazione, umana e guerriera! Sia io che Andrei siamo fieri dei risultati da voi ottenuti!" –Esclamò fiero il Signore dell’Isola Sacra, ergendosi ai piedi del Pozzo Sacro sulla cima di Avalon.

Di fronte a lui, in rispettoso silenzio, stavano inginocchiati i tre Cavalieri delle Stelle che per primi avevano risvegliato i Talismani dentro di loro.

"Oggi siete soltanto tre, ma un giorno sarete sette, quando gli altri prescelti prenderanno coscienza del cosmo che alberga dentro di loro! Sette come il più sacro dei numeri in tutte le cosmogonie del mondo! Sette furono le meraviglie del Mondo Antico, sette i savi greci, sette gli Apkallu mesopotamici, sette i chakra o punti di forza nell’induismo, sette le colonne che reggono le volte dei sette mari, sette le stelle dell’Orsa Maggiore da cui Midgard trasse i suoi difensori, sette i colori di Bifrost, la via che conduce a un altro mondo, sette i circuiti del labirinto che secondo la tribù amerindia dei Tohono O’odham è scavato nel sacro monte Baboquivari. E infine sette sono i piani che livellano i pendii del Tor, la nostra montagna sacra!" –Aggiunse, muovendo appena la mano di lato, in modo da aprire il velo di nebbia che avvolgeva l’isola e mostrare ai Cavalieri delle Stelle la cima della collina di Glastonbury, ove i resti di un’antica torre rilucevano sotto il sole al tramonto. –"Ed è là che andrete! Per adempiere all’ultima prova, che decreterà se siete degni o meno della fiducia che i Sette Saggi hanno riposto in voi! Sono certo che riuscirete, non ho motivo di diffidare della loro scelta!"

"Vi accompagnerò io!" –Esclamò allora Andrei, facendosi avanti, per una volta privo della scarlatta armatura e rivestito soltanto da una rustica tunica.

"Reis, tu andrai per prima!" –Precisò Avalon, prima di mettersi a sedere, in posizione meditativa, accanto al Pozzo Sacro.

La ragazza annuì, alzandosi in piedi e incamminandosi dietro al Signore del Fuoco, senza timore. Per quanto il suo mentore avesse parlato a tutti, era certa che le sue parole fossero dirette a lei in particolare. Fossero il desiderio di un uomo di vedere la figlia sbocciare, liberando il cosmo di luce albergante dentro di lei.

In silenzio, Reis percorse il sentiero che si inerpicava attorno al colle sacro, curvando per sette livelli fino alla sommità, giungendovi quando ormai il sole era tramontato e solo alcune torce rischiaravano l’ingresso ai resti della tozza torre. Era la prima volta che gli dedicava più di un fugace sguardo e fu sorpresa nel ritrovarsi a compiangerlo, quel monolite solitario, ultimo resto di una struttura che le ere del mondo avevano eroso. Ma tu ancora ti ergi, impavida bandiera di solitudine! Perché?

La risposta le fu chiara dopo pochi passi, quando, entrando al suo interno, si ritrovò in una cella stretta, priva di aperture, mentre Andrei si fermava proprio sulla soglia, non osando violarne la sacralità. Senza dire alcunché, le porse i propri auguri con un cenno del capo, prima che il portone si richiudesse, lasciandola sola e nel buio più completo. Inspirando profondamente, Reis si impose di non avere paura, cercando di capire cosa avrebbe dovuto fare. Socchiuse le palpebre, nel tentativo di strappare una sia pur debole vittoria all’oscurità, ma non riuscì comunque a vedere alcunché, non essendoci davvero niente da vedere.

Solo da sentire.

D’un tratto possenti correnti d’aria si sollevarono, scarmigliandole le vesti e i capelli, correnti che, dovette ammettere con stupore, provenivano da sotto di lei. Dal terreno. No, adesso non c’è più! Non vi era più traccia del suolo sotto i suoi piedi, vi era solo un vuoto ampio ove la ragazza stava precipitando, cullata dallo sbuffare di venti caldi. Possibile? Si disse, ricordando antiche leggende gallesi su forze potenti che dimoravano nella cavità della collina. Che il ventre del Tor sia davvero la porta per l’Inferno?

Più precipitava e più gli sbuffi aumentavano di intensità, divenendo correnti birichine che spiravano da ogni direzione, schiacciandola, comprimendola, torcendole braccia e gambe in pose innaturali, al punto da far scricchiolare ogni osso del suo corpo. Decisa a reagire, Reis espanse il proprio cosmo, sempre di più, per generare una bolla di energia che potesse ripararla dalle fastidiose lame di vento. Ma per riuscirvi, per stabilizzare la discesa agli inferi, dovette bruciare la propria energia interiore come mai aveva fatto prima, poiché sentiva che ancora non bastava, che i risultati ottenuti finora erano insufficienti, e non l’avrebbero salvata. Il controllo dei cinque sensi, la perspicacia offerta dal sesto, persino la padronanza del settimo senso, che faceva di lei un Cavaliere di livello superiore, ancora non bastavano. E allora ricordò le parole di Avalon, le parole con cui l’aveva salutata poc’anzi.


"C’è sempre un oltre cui ambire. In tutte le cose."

Eccolo. Quello era il suo confine da superare.

"Aaahhh!!!" –Reis bruciò ogni stilla di cosmo, generando onde di luce che annientarono le correnti d’aria e frenarono la sua caduta, o così le parve poiché poco dopo si ritrovò con i piedi su qualcosa di solido.

Voltando lo sguardo attorno capì di essere su un suolo di roccia dura, al centro di una grande caverna sotterranea. La luminosità era scarsa e sembrava provenire dal ruscellare stanco di un fiumiciattolo che scorreva a pochi passi da lei. Per il resto non c’era altro, solo un sepolcrale silenzio.

"Ben fatto, ragazza! Proprio ben fatto!" –Parlò una squillante voce all’improvviso, facendo trasalire il Cavaliere delle Stelle, che spostò lo sguardo in ogni direzione per individuarne la provenienza. –"Del resto, se tu non avessi risvegliato l’Ottavo Senso saresti morta! Perché ai vivi non è certo permesso rimanere in Annwn!"

"Annwn?! L’oltretomba?" –Mormorò Reis. –"Sono davvero all’inferno?"

"Che c’è, non ti piace? Non è di tuo gusto? È strano che tu lo pensi, del resto sei tu che così lo stai immaginando!" –Aggiunse la voce, mentre una fulgida polvere di stelle iniziava a cadere sulla riva del torrente, depositandosi su una roccia sull’altra sponda. Là, su quel masso, apparve poco dopo un’evanescente figura, dai contorni indistinti, tanto che Reis ebbe bisogno di avvicinarsi per poterla osservare bene.

Sorrideva, l’uomo seduto sulla roccia, inzuppando i piedi nudi nell’acqua del rio e divertendosi a schizzettare la ragazza, che stordita si chiedeva chi fosse quel bizzarro personaggio.

"Già conosci la risposta alla tua domanda! Se questo è Annwn, io non posso che esserne il sovrano! Arawn, per servirti!" –Esclamò l’uomo, balzando in piedi e accennando un inchino tra mille sorrisi.

"Il signore dell’Altro Mondo celtico…"

"Già già, è uno dei miei tanti titoli, ma tu puoi chiamarmi soltanto Arawn! Come io ti chiamerò Reis, è questo il tuo nome non è vero, graziosa bambina?"

"Non sono una bambina! Ho tredici anni, sono una ragazza ormai!" –Rispose lei, con tono infastidito.

"Ouch! Una vera adulta! E allora dimmi, dall’alto della saggezza accumulata in così tanti anni di vita, sai cosa facciamo adesso? Non lo sai? Oh, eppure è molto semplice! Giochiamo!" –Rise Arawn, facendo una capriola e ruzzolando all’indietro, senza mai cadere a terra, limitandosi a rotolare a mezz’aria. –"Sono sempre solo in queste terre oscure, nessuno viene mai a trovarmi, nessuno di vivo, intendo, e non voglio perdere l’occasione per divertirmi un po’!"

"Non sono qua per giocare, Arawn! Devo adempiere alla mia missione di Cavaliere!" –Esclamò Reis, capendo di aver perso anche fin troppo tempo con quel buffone che tutto sembrava fuorché un potente e intimorente sovrano infernale.

"Uh uh! Un buon proposito il tuo, ma temo che dovrai posticiparlo! Non è buona educazione rifiutare l’invito di un re! La tua mamma non te lo ha insegnato?" –Ghignò Arawn, mentre Reis si voltava a fissarlo con sguardo duro. –"Suvvia, mettiti comoda! Non ci vorrà molto!" –E schioccò le dita, con cui fece sollevare un masso dal suolo per permettere alla ragazza di sedervisi. –"Beh, in verità potrebbe essere un gioco molto veloce! Tutto dipende, come dire, da quanto sarai abile… a sopravvivere!" –Aggiunse sibilando e mostrando a Reis la sua bianca dentatura, una sfilza di lame di luce che sembrarono trafiggerle il cuore.

La ragazza si mosse svelta per andarsene ma si accorse di non riuscire a muoversi, bloccata a sedere dalla presa mentale del suo interlocutore, che aveva appena fatto comparire un libro nella sua mano. Un robusto tomo di carta ingiallita che presentò come Mabinogion.

"Questo, cara mia, è uno dei Preiddeu Annwfn, i tesori dell'Annwn, più prezioso persino della mia muta di levrieri da caccia! E sai cosa rende magico questo testo? Il fatto che chiunque, compresa tu, litigiosa e bellicosa bambina dagli occhi verdi, è costretto a fare tutto quel che c’è scritto! Senza possibilità alcuna di opporsi!"

"Che cosa? È assurdo! Perché dovrei farlo?"

"Perché?! Ah ah ah! Come perché? Non è ovvio?!" –Sghignazzò Arawn, chinando il volto e allungando il collo fino a portarsi di fronte allo sguardo preoccupato di Reis. –"Perché io lo comando! Ah ah ah! E ora balla, bambina! Balla per me!" –E le gambe di Reis iniziarono a muoversi e a battere il ritmo, pur senza molta grazia, costringendo il corpo della ragazza a prodigarsi in piroette e estrosi giri di vita, di fronte allo sguardo divertito del signore dell’Oltretomba.

"Tutto questo è stupido! Smettila!!!" –Gridò con rabbia il Cavaliere di Luce.

"Davvero? Beh, se non vuoi ballare, vattene! Che c’è? Non sai dov’è l’uscita?!" –Ironizzò Arawn, mentre Reis stringeva i denti, non riuscendo a opporsi al potere mentale che l’aveva resa suo burattino. –"Uff, quanto sei noiosa!" –E l’uomo schioccò le dita, liberandola dall’asservimento. –"In tutta onestà, sei un caso disperato! Mai visto una donna ballare peggio di te! Hai la sensualità di una scopa di saggina! Alla tua età, in una corte medievale, avresti già ricevuto i rudimenti per diventare un’ottima dama e non una… una… beh, quel che sei!"

"Non voglio essere una dama di corte! È roba da femmine deboli!" –Bofonchiò Reis.

"E cosa vuoi essere?"

"Un guerriero!" –Rispose fiera.

"E perché?"

Quell’interrogativo sembrò impensierirla per un momento, lasciandola in silenzio e forzandola a chiedersi davvero cosa volesse. Per sé.

"Ok, cambio domanda!" –Ironizzò Arawn, alzando le braccia al cielo.

"Smettila di farmi domande, voglio andarmene!"

"Non puoi!"

"E perché?"

"Non è ovvio? Perché io te lo vieto!" –Rise Arawn, aprendo il Mabinogion e bloccando la ragazza sul posto. –"Sei orfana, in fondo, dove vorresti andare? Non hai una casa o una famiglia che ti aspetti, nessun focolare cui fare ritorno!"

"Voglio tornare ad Avalon, dal mio maestro e dai miei compagni!"

"Da quei druidi vecchi e bavosi? Una compagnia ben poco divertente! Nemmeno salutano quando, morti e decrepiti, discendono nelle mie profondità! Ma se ne senti la mancanza, sarò gentile e vi farò riunire!" –Esclamò Arawn, sfiorando il libro, mentre dalle pagine ingiallite sorgevano alcune fulgide evanescenze che presto assunsero la sagoma dei druidi e delle Sacerdotesse dell’isola sacra. Reis sussultò riconoscendone i volti, stanchi ma sapienti, carichi di una gentilezza che non le avevano mai fatto mancare in quegli anni. Li vide voltarsi verso di lei, cercare di sorriderle, sforzarsi di non farla preoccupare, e poi li vede contorcere, avvilupparsi su loro stessi e ardere, consumandosi intensamente nell’arco di brevi istanti.

"Cosa stai facendo? Che hai fatto?!"

"Li ho portati da te! Non mi avevi detto che ti mancavano?"


"Ma li stai uccidendo!!!"

"È naturale! Sono vivi, non hanno risvegliato l’ottavo livello della conoscenza, per cui non possono rimanere in Annwn. Se non da morti!" –Rise Arawn, continuando ad evocare sagome di persone a Reis note. –"Non approvi? Poco importa! Non hai certo modo di impedirmelo!"

"Lo credi tu!" –Avvampò la ragazza, bruciando il proprio cosmo, adesso per una ragione ben precisa. Difendere coloro che l’avevano accolta nella loro casa, dandole persino un nome, e verso cui provava infinita riconoscenza. –"Ardi, cosmo di luce!!!" –Gridò, mentre le sue vesti andavano in cenere e la sua morbida pelle veniva ricoperta da una scintillante corazza dalle forme aerodinamiche. –"Pagherai per la tua malvagità, Arawn!!!" –Urlò, lanciandosi contro di lui, il pugno carico di energia cosmica.

"Uhm… Può darsi!" –Commentò il re degli inferi, portandosi una mano davanti alla bocca, incapace di trattenere uno sbadiglio. –"O forse no!" –Aggiunse, fissando con sguardo malizioso il Cavaliere delle Stelle. –"Mabynnogyon!"

La corsa di Reis si interruppe bruscamente, con il braccio piegato e pronto a colpire ma senza poterlo portare del tutto avanti. Frustrata, la ragazza tentò di bruciare ancora il cosmo, ma venne spinta indietro da una mossa violenta di Arawn che le sbatté letteralmente il libro in faccia, scaraventandola contro una parete della caverna.

"Tut tut! Non sottovalutare il potere delle parole, ragazza! Sono come pugnali, a volte, e possono penetrare in profondità! Tornando a noi… dove eravamo rimasti? Ah sì, non vuoi essere la mia ballerina! Poco male, il mondo dell’arte non subirà una grave perdita, ma cos’altro potresti essere?!"

"Io… so già chi sono!" –Esclamò Reis, rimettendosi in piedi a fatica. –"Sono il Cavaliere di Luce e questa è la mia lama!" –Aggiunse, alzando un braccio al cielo e evocando il Talismano da lei custodito. –"Spada di Luce!!!" –E scattò avanti, brandendo l’arma e liberando migliaia di fendenti energetici, che saturarono in fretta la cavità sotterranea, dirigendosi verso Arawn, aggredendolo come fauci da ogni direzione.

"Mabynnogyon!" –Tuonò di nuovo il sovrano infero, fermando l’assalto di Reis, paralizzandolo in un preciso momento del tempo cosmico e disperdendolo poi con un semplice movimento del braccio. –"Sei migliorata! Ma non è abbastanza!" –Le disse, prostrandola a terra con il suo potere mentale, mentre la forma del Mabinogion aumentava a dismisura, sprofondandola al suolo.

Schiacciata da tale devastante potere, Reis sentì in bocca il sapore della sconfitta, nella forma dei grumi di terra che le cascavano sul viso. Ansimò, decisa a resistere, riversando tutta la sua forza nelle braccia sollevate sopra di sé, per cercare di frenare la pressione dell’antico tomo. Tossì, respirando a fatica, la bocca impastata, la trachea che non riusciva a filtrare aria. Si sentì soffocare, ricordando di essersi già sentita così. Quel giorno.

"Non… può succedere di nuovo!" –Rifletté, ripensando a coloro che aveva perso. Coloro che, troppo giovane e inesperta, non aveva potuto salvare. –"Non accadrà di nuovo! Ho giurato a me stessa che finché sarò viva nessun amico morirà perché io non ho saputo difenderlo! Onorerò coloro che mi hanno dato una nuova vita, una nuova luce!" –Esclamò, lasciando avvampare il suo cosmo, lasciandolo libero di espandersi come una supernova, rischiarando la caverna, le viscere del Tor, il tramonto di Avalon.

"Era quello che volevo sentire!" –Commentò Arawn appagato, mentre Reis, impugnata la spada, la sollevava in alto, lacerando il Mabinogion con mille strali di luce, prima di balzare fuori e lanciarsi verso di lui. –"Flashing sword!!!"

I dardi sfolgoranti trapassarono la figura del re infero, dilaniandone le forme fino a smembrarla. Solo all’ultimo istante, esaurita la carica dell’attacco, Reis notò che Arawn sorrideva.

Avrebbe voluto chiedergli spiegazioni ma si accorse di non riuscire più ad esercitare alcun controllo sul suo corpo, mentre il paesaggio attorno a sé sembrava mutare, il sovrano infero scomparire e la caverna dissolversi in una volta stellata. Riconoscendo l’odore di brughiera, Reis si voltò, capendo di essere tornata a casa, sulla cima del Tor, e trovò Avalon di fronte a sé, le mani giunte, in chiaro segno di attesa.

"Hai superato il trauma della tua infanzia, ragazza! Adesso sei pronta per affrontare il mondo, con tutti i suoi pericoli!"

"Se permettete, maestro mio, vorrei chiamarmi Reis di Lighthouse, in onore vostro e dei druidi che hanno visto in me la luce del domani!" –Esclamò il Cavaliere, inginocchiandosi.

Avalon le sorrise, facendole cenno di alzarsi e di seguirlo lungo gli erbosi pendii del Tor, i capelli solleticati dal vento della notte. Reis non l’aveva notato prima, ma il suo mentore stringeva qualcosa in mano, un piccolo oggetto d’oro. Forse un anello? Si chiese, sforzandosi di non essere troppo curiosa, ben sapendo quanto egli non amasse che gli venissero poste domande.

"È accaduto qualcosa di spiacevole, Reis!" –Le confessò infine, sulle rive silenti del lago. –"Un amico ci ha lasciato! E presto dovremo agire, scendendo personalmente in campo!"

"Avete una missione da affidarmi, maestro?"

"A te e ai tuoi compagni! Ognuno avrà un obiettivo preciso! Ma ti spiegherò tutto domattina, questa notte pensa solo a goderti il meritato riposo, fiera dei tuoi risultati!"


"Devo preparare qualcosa?"

"Non credo avrai bisogno di niente, in quella terra lontana! Vestiti leggeri e forse un cappello per ripararti il volto dal sole!" –Sorrise Avalon, aprendo infine il velo di nebbia per tornare sull’isola.

"Dove dobbiamo andare? In Grecia?!"

"Più a sud! In Egitto!"

Estratto dalle Cronache di Avalon.

Sedicesimo anno prima del secondo avvento

Fine.