CAPITOLO UNDICESIMO: LA STREGA DELLE TEMPESTE.

Polemos non fu affatto sorpreso quando vide le forze alleate all’Egitto intervenire in aiuto di Amon Ra. Quel che lo colpì fu la moltitudine di guerrieri giunti, la diversità delle loro corazze e quindi della loro provenienza.

C’erano quattro Cavalieri che indossavano armature dalle forme aerodinamiche, due dei quali impugnavano una spada luminosa e un lungo scettro dorato, che il Lord Comandante etichettò subito come seguaci di Avalon, portatori dei Talismani. Dietro di loro un centinaio di soldati dalle uniformi simili tra loro, anche se non fu sicuro che fossero realmente soldati. A vederne i volti, la statura, l’aspetto fisico in generale, parevano più officianti, strenui fedeli di qualche divinità solare, come testimoniato dall’enorme sole dalle sembianze umane disegnato sulle loro vesti sgargianti, di colori caldi e luminosi. Polemos sorrise alla vista di quel simbolo, che pretendeva di dare volto umano ad una potente entità come il Signore del Sole, qualunque culto lo evocasse. Fu distratto da una serie di scontri in corso ai margini del rozzo cerchio ove l’Esercito delle Tenebre era ammassato, obbligato a sollevare lo sguardo e ad osservare un uomo atletico, rivestito da una corazza dorata, sfrecciare in mezzo ai suoi soldati e falciarne la vita con un reticolato di vivida luce, mentre, poco oltre, un ragazzetto dai capelli blu camminava a pochi passi dal suolo emettendo vampe di calore con cui incenerì una muraglia di golem.

Umpf! Quanta sfrontatezza! Si disse, incamminandosi in quella direzione, lasciando Chimera, alle sue spalle, a fronteggiare la Dea Gatta e il Dio Falco, appena giunto in suo aiuto. Non ebbe modo però di fare nemmeno tre passi che un muro di fuoco sorse di fronte a lui, espandendosi ai lati e divenendo presto una gabbia di vivide fiamme.

"Chi osa sbarrarmi il passo?" –Tuonò, muovendo il braccio destro per annientare quelle lingue di fuoco con un’onda di energia, ma accorgendosi di poterle piegare ma non spegnere completamente. –"Fiamme di puro cosmo! Di un livello ben superiore ai trucchetti della Leonessa d’Egitto!" –Rifletté, mentre, oltre la barriera infuocata, un’imperiosa figura apparve.

Alto, robusto, con corti capelli scuri e occhi neri, fissi su di lui, indossava una maestosa armatura di colore vermiglio e pareva che le fiamme stessero danzando attorno a lui, come cuccioli felici di vedere il loro padrone.

"E così devi considerarmi, il Signore del Fuoco!" –Esordì con voce maschile. –"Il mio nome è Andrei e sono il tuo avversario!"

"Credi di esserne in grado?!" –Sogghignò Polemos, nient’affatto turbato, mentre l’Angelo puntava un dito verso di lui, cingendolo d’assedio con vampe sempre più intense e alte, che giunsero a lambire le sue ricche vesti decorate, strappandogli un moto di stizza e di rabbia.

"Quale affronto!!!" –Abbaiò, liberando un’esplosione di energia che annientò le fiamme e la sabbia attorno, lasciandolo solo al centro di un piccolo cratere e obbligando persino Andrei ad incrociare le braccia davanti al volto per resistere alla pressione di quell’onda improvvisa. –"Piegati, sì, piegati a me!!! Quella è la posizione cui devono prostrarsi i guerrieri inferiori!" –Aggiunse, mentre un’enorme forza psichica premeva sulla schiena dell’Angelo di Fuoco, spingendolo al suolo.

Andrei tentò di resistere, di opporsi a quella morsa invisibile che tentava di torcergli le sue ginocchia, di renderlo gobbo e schiavo del Lord Comandante, ma capì presto quanta fatica ciò gli costasse. Ricordò allora un vecchio insegnamento di suo fratello, ai tempi in cui erano soliti allenarsi assieme, lui per imparare qualche trucco mentale, al cui studio poco tempo amava dedicare, l’altro per irrobustire il suo fisico, all’apparenza più gracile del muscoloso Angelo di Fuoco.

"Se non puoi vincere un potere, unisciti ad esso. Se non puoi contrastare l’impeto di un fiume, fatti trascinare dallo stesso."

E aveva ragione. Si disse Andrei, abbandonando ogni difesa e lasciando che la morsa mentale lo piegasse a terra, sprofondandolo molti metri dentro la sabbia, di fronte allo sguardo soddisfatto e divertito del Demone della Guerra. Solo dopo qualche secondo di vanitosa compiacenza, quest’ultimo notò che il terreno attorno a sé stava iniziando a bollire, mentre volute di fumo parevano nascere dalla sabbia, e la stessa sabbia, constatò stranito, sembrava liquefarsi, fondendosi in una poltiglia incandescente simile a magma. E lui stava proprio al centro di quel lago di lava, ove grosse bolle gorgogliavano pigre, esplodendogli vicino e schizzando le sue regali vesti.

Concentrò i sensi, per trasferirsi poco oltre, ma si accorse di non riuscire a muoversi, inchiodato da quel campo di forza esteso quanto il lago di magma, una gabbia che gli permise di comprendere quel che era accaduto. Torse le labbra in un ghigno perverso, proprio mentre centinaia di sagome, lontanamente umane, parevano plasmarsi dalla massa lavica, avanzando verso di lui, con le braccia protese, pronte a stringerlo in un ardente e mortifero abbraccio.

"Andate via, spettri di fuoco!!! Non osate sfiorare le mie vesti!" –Strillò, più infastidito che allarmato, aprendo il palmo e scatenando onde di energia, annientando man mano le varie figure deformi, girando di continuo su se stesso, per fronteggiare l’attacco da ogni direzione.


"Ah ah ah! Ti preoccupi dei tuoi begli abiti, Lord Comandante, e non della tua vita? Hai una strana concezione di ciò che è importante!" –Commentò allora una voce maschile, che pareva provenire da una di quelle sagome, senza che Polemos riuscisse a comprendere da quale. –"Ma cosa dovevo aspettarmi, in fondo, da un Demone della Guerra, di certo non il rispetto per la vita, che continuamente calpesti con questo scalcinato esercito che ti segue! Più per terrore che non per fedeltà!"

"La fedeltà dell’Armata delle Tenebre agli Dei Ancestrali è indubbia!" –Rispose piccato Polemos, spaziando con lo sguardo tra le varie figure di magma, cercando di individuare il suo potente avversario.

"Un legame basato sul terrore non sarà mai forte quanto la fede di chi lotta per un ideale, per qualcosa in cui davvero crede e che sa apporterà felicità e giustizia a questo mondo malato!" –Spiegò la voce di Andrei, che il Demone sentì a pochi passi dal suo viso, un alito di fuoco in grado di solleticargli le vesti.

"Idiozie!!!" –Ringhiò questi, aprendo le braccia e generando una nuova detonazione di energia, con cui annientò tutte le sagome di magma e lo stesso lago che lo attorniava, osservandolo evaporare in una sola vampata. Quando il vapore si disperse, e Polemos poté tirare un sospiro di sollievo, vide che l’uomo dall’armatura vermiglia era di nuovo di fronte a sé, ove l’aveva schiacciato a terra la prima volta, ancora in forze e deciso a continuare il loro scontro.

***

La devastante esplosione del cosmo di Polemos attirò l’attenzione di Jonathan, intento, assieme a Reis, a combattere contro alcuni giganteschi guerrieri dall’armatura integrale, che la compagna etichettò come Lestrigoni.

"Non temere per il tuo istruttore! Saprà cavarsela certamente!" –Lo rassicurò quest’ultima, affondando la Spada di Luce nel ventre di uno dei giganti e infondendovi tutto il suo cosmo, fino a distruggerlo. –"Concentrati piuttosto su questo scontro! Resistente è la difesa di questi silenti ma rozzi combattenti!"

"Sono le loro armature ad esserlo! L’hai notato? Guarda il loro grado di lavorazione! Non hanno niente a che invidiare alle corazze dei Cavalieri di Atena o di Zeus!"

Reis annuì, evitando la carica di un paio di Lestrigoni e balzando indietro, mentre il ragazzo dai capelli biondi sfrecciava avanti, liberando lampi di luce dalla cima dello Scettro d’Oro. I giganti non parvero però impressionati, quasi l’elmo che copriva loro il volto per intero fosse in grado di schermarli anche dai riverberi di luce, continuando la loro carica e travolgendo Jonathan, sbattendolo a terra, facendogli persino perdere la presa sul Talismano.

Il Cavaliere di Luce fece per intervenire ma una pioggia di folgori cadde davanti a lei, fermandole il passo, mentre un vento uggioso la travolse, sollevandola di qualche metro e roteandola in aria, sì da mostrarle colei che l’aveva appena scelta come sua prossima avversaria. Una vecchia dal viso pustoloso, ricoperta di un logoro mantello grigio.

"Giovane e bella!" –Le disse, sputacchiando. –"Solo per questo morirai! Strega delle Tempeste!!!" –Aggiunse, puntandole contro il bastone nodoso che reggeva in mano. A quel gesto Reis iniziò a roteare sempre più velocemente, mentre nuove folgori si abbattevano su di lei, elettrizzando l’armatura e obbligandola a lasciar cadere la Spada di Luce, tra le grida selvagge che si trovò a emettere. Un secondo gesto e la ragazza venne spinta lontano, diretta verso una piramide che sorgeva poco distante. –"Quello sarà il tuo monumento funerario! Igh igh!" –Scaracchiò la vecchia, prima di notare un lampo dorato sfrecciare nel deserto di fronte a lei, coprendo in breve la distanza con la piramide e balzare in alto, giusto in tempo per afferrare Reis prima che si schiantasse contro la costruzione.

"Ouch…" –Mormorò la ragazza, frastornata. –"Ioria?!"

"Stai bene?" –Si preoccupò subito il Cavaliere d’Oro, ricevendo un confuso cenno d’assenso. Quindi la depositò a terra, dicendole di riposarsi qualche istante. –"Il tempo di occuparmi di quella megera!"

"Fa’attenzione!" –Gli disse lei, trattenendolo per un braccio. –"Ho un brutto presentimento! Credo che quest’armata abbia altre frecce al loro arco, non solo la quantità di guerrieri!"

"Terrò conto delle tue parole! Grazie!" –Aggiunse, sfrecciando via, diretto verso la sua nuova nemica, che intanto scalpitava sul terreno, lamentando l’ingerenza di quel Cavaliere.

"Non potevi lasciarla morire, eh? Dovevi per forza comportarti da Principe Azzurro?!" –Ringhiò, sfoderando pochi denti marci e bavosi. –"Sono gli uomini come te che rovinano il mondo, sempre pronti ad apparire splendidi e virtuosi di fronte alle loro donzelle! L’amore è il cancro del mondo!"

"Vuoi continuare a proferire idiozie o intendi batterti a duello, donna?"

"Non sono una donna, non soltanto, almeno!" –Tuonò subito lei, espandendo il proprio cosmo, che la avvolse come nubi tempestose, cariche di pioggia e lampi. –"Io sono Beira della Cailleach, Nefaria dello Zodiaco Oscuro e Regina dell’Inverno!"

"Ed io invece sono Ioria del Leone, Cavaliere d’Oro di Atena e Custode…"

"Cosa vuoi che mi importi chi sei? Sei il mio avversario e ciò mi basta!" –Lo interruppe bruscamente la donna, puntandogli contro il bastone nodoso e liberando la furia della tempesta. Un istante dopo Ioria si trovò investito da piogge torrenziali, sospinte da un furioso vento come poche volte aveva percepito, mentre ovunque attorno a sé schiantavano saette carbonizzanti.

Il Cavaliere d’Oro, dai sensi attenti, subito si mosse, per non essere raggiunto da quegli artigli di folgore che parevano dilaniare il terreno in profondità, fulmini oscuri che gli ricordarono quelli di un vecchio nemico affrontato anni addietro. Un nemico che, alla fine, non si era rivelato tale.

Con quel pensiero nel cuore, e con la promessa che gli aveva fatto, Ioria scartò di lato, evitando la pioggia di fulmini e preparandosi a contrattaccare. Il pugno destro fu avvolto da dorata energia, una sfera attorniata da luminose saette, che il ragazzo lanciò subito verso l’avversaria.

"Per il Sacro Leo!!!" –Tuonò, mentre il globo di luce sfrecciava nella tempesta, schivando folgori avverse e venti contrari, fino a piombare sulla Cailleach.

"Igh igh igh!" –Si limitò a sputacchiare quest’ultima, sollevando il bastone di legno e infilzando con esso la sfera dorata, lasciandola esplodere di fronte a sé.

Ioria fu costretto a sollevare un braccio, per ripararsi dall’onda di ritorno, che annientò la bufera attorno a lui, sollevando sabbia e scintille. Quando abbassò l’arto, vide che la vecchia era ancora al suo posto, sghignazzando divertita contro le scarse capacità del giovane che era stata costretta ad affrontare.

"Almeno il Lord Comandante e Chimera hanno tra le mani ben più succulente prede! A me cosa è toccato? Un gattino spelacchiato che non sa combattere?!"

"Come osi infangare in questo modo il nome dei combattenti di Atena, vecchia?!" –Esclamò fiero il Cavaliere di Leo, avanzando verso la nemica.

"Infango e rinfango!" –Sputacchiò. –"Io sarò anche vecchia ma tu sei un idiota! Come puoi pretendere di colpirmi con un attacco che si basa sul fulmine, quando è proprio quello l’elemento che io domino? Non hai ascoltato quel che t’ho detto poc’anzi, quella presentazione d’effetto che voi Cavalieri così tanto amate! Sono Beira della Cailleach, giovane ignorante, e sospetto tu non sappia chi erano né l’una né l’altra!"

"Co… come?!" –Mormorò Ioria, non comprendendo le parole di quell’anziana ma vigorosa combattente, che scosse la testa indispettita, limitandosi a puntargli contro il bastone nodoso, da cui una guizzante saetta scaturì all’istante, obbligando il giovane uomo a gettarsi di lato.

"Vedi?! Il fulmine è il mio elemento, il cielo in tempesta il mio spazio ideale, poiché, dei dodici membri dello Zodiaco Oscuro, io sono colei che controlla le forze della natura nel loro aspetto più puro e distruttivo! Come l’antica Cailleach, la grande Beira, di cui ho scelto il nome, al fine di onorarla, io sono la Strega delle Tempeste, sovrana dell’inverno! Comprendi, adesso, giovane atletico ma sciocco?"

"Chiariscimi una cosa, Cailleach! Hai fatto riferimento a uno Zodiaco Oscuro… Che cosa intendi?!"

"Umpf, cosa mai vorrà dire, secondo te? è lo Zodiaco che soppianterà quello attuale, dopo che Lord Caos avrà rifondato il mondo, ponendo fine a questo ridicolo ciclo cosmico! Dodici segni, come adesso, ma oscuri! Dodici segni che i pochi uomini che sopravvivranno all’avvento dell’ombra, quegli scaltri che agli Antichi Dei si prostreranno, vedranno nel cielo ogni volta in cui ardiranno alzar lo sguardo, rimanendone terrificati, poiché anziché lo splendore delle stelle attuali, anziché i bei segni che or ora ornano il firmamento, vedranno creature mostruose e abominevoli! La Cailleach, il Golem di Sangue, il Wendigo e molti altri soppianteranno i segni dello Zodiaco, destinati a cadere nell’oblio assieme ai Cavalieri che li rappresentano! E, da quel che so, tu sei uno dei tre rimasti! Uccidendoti, renderò onore al Maestro del Caos che questi dodici nuovi segni ha scelto personalmente!"

"Quale orrore!" –Commentò Ioria con disgusto. –"Privare i popoli del mondo di un antico retaggio culturale, per imporre un nuovo ordine che non terrà conto di tradizioni durate secoli, di speranza che gli uomini hanno trovato nel rimirar le stelle e nel leggerne il significato! Non posso permetterlo! Io ti fermerò, strega!" –Imperò il Cavaliere d’Oro, scattando avanti e muovendo il braccio destro in modo da generare un reticolato di luce così fitta che andò chiudendosi attorno all’avversaria.

"Ceann na Cailleach!" –Si limitò a commentare quest’ultima, aprendo le braccia di lato, mentre un enorme volto spigoloso e maligno, composto di puro cosmo, appariva davanti a lei, sfrecciando rapido verso Ioria, spazzando via la gabbia di luce e abbattendosi con foga contro il Cavaliere. –"Immagino tu non sia mai stato in Irlanda, bel giovane atletico!" –Aggiunse, osservando Ioria schiantarsi al suolo poco lontano. –"Altrimenti conosceresti la leggenda sulle scogliere di Moher, altrimenti dette Scogliere della Rovina? La tua rovina! Igh igh igh! Le erte propaggini meridionali di queste falesie vengono chiamate Testa di Strega, per la somiglianza con il volto della Cailleach, che a queste terre era legata! Per compiere riti che di certo il tuo buonismo non comprenderebbe! Igh igh igh!" –Sputacchiò, liberando una nuova tempesta di saette oscure, che si abbatté sul già provato corpo del Cavaliere d’Oro.

Disteso al suolo, Ioria strinse i denti per il dolore, ancora stordito per la botta ricevuta in pieno petto. L’armatura d’oro lo aveva protetto, per fortuna, l’armatura che solo il giorno prima era stata quasi distrutta dalla violenza di Flegias, o Anhar, o qualunque altro nome avesse scelto per sé quel demone infernale. Ma poi un amico era intervenuto in suo aiuto.

"Mur…" –Mormorò il giovane, ricordando la sorpresa sul suo volto quando, quella mattina, mentre stava scendendo la scalinata del Grande Tempio per unirsi all’assemblea convocata da Atena, aveva raggiunto la Prima Casa, trovando il Cavaliere di Ariete al lavoro.

Stanco, sudato, con le mani che a tratti tremavano per il nervosismo e l’incertezza per la sorte della madre rapita, Mur lo aveva comunque guardato con un sorriso, fiero del proprio lavoro.

"Ho pensato potesse esserti utile!" –Aveva esordito, mostrando al parigrado le vestigia del Leone, rimesse per l’ennesima volta a nuovo. Certo, la fretta e la stanchezza non avevano permesso al riparatore di armature di ottenere un risultato perfetto, come dieci anni addietro nello Jamir, rifletté amaramente, notando qualche scheggiatura che ne deturpava le piastre dorate, ma era ben più di quanto Ioria avesse potuto desiderare in quel momento.


"Ti ringrazio, Cavaliere!" –Gli aveva detto, espandendo il cosmo ed entrando in sintonia con la corazza, che subito ruggì, scomponendosi e aderendo al suo fisico perfetto. E permettendo a Ioria di comprendere quel che era davvero avvenuto, quel che dava forza al Leone d’Oro da anni ormai, senza che egli se ne fosse mai reso realmente conto. –"Mur ma… il tuo cosmo… posso sentirlo!"

"Come sai, Ioria, per riparare un’armatura è necessaria una gran quantità di sangue, tanto maggiore quanto i danni sono profondi, e la tua, amico mio, era messa proprio male! Cerca di stare attento, la prossima volta, perché potrei non essere in grado di…" –Aveva mormorato, prima di accasciarsi a terra, di fronte allo sguardo preoccupato del compagno, che lo aveva afferrato giusto in tempo, aiutandolo poi a stendersi su una branda poco distante.

"Non avresti dovuto rischiare tanto!" –Lo aveva rimproverato Ioria, commosso per quel rinnovato gesto di fiducia.

"Avresti fatto altrettanto per me!" –Aveva chiuso così la conversazione il Cavaliere d’Ariete.

Ed era vero. Ioria avrebbe dato la vita per lui, come per Virgo. Non solo erano i suoi parigrado, gli ultimi rappresentanti di una casta che era stata tradita, vilipesa e sterminata anzitempo, ma erano anche i suoi amici, al cui fianco aveva condiviso più di una sola esistenza. Loro erano i Cavalieri d’Oro, i massimi fedeli della Dea, coloro che da secoli, millenni addirittura, costituivano l’ultimo baluardo a protezione di colei che lottava per l’umanità. E lui era il fratello di Micene, il figlio del valoroso Agamennone del Leone, uno dei più grandi Custodi Dorati della generazione precedente, discendente di una stirpe che, dai tempi di Solone, aveva sempre servito Atene e la sua Dea. Come poteva lui essere da meno? Si disse, rialzandosi, rivestito di un’intensa aura dorata.

"Mur!!! Virgo!!! Fratello!!! Questo colpo è per voi!!! Per il Sacro Leo!!!" –Ruggì il Leone d’Oro, liberando una poderosa sfera di luce, che sfrecciò verso la Cailleach, incurante della tempesta che tentava inutilmente di frenarne l’avanzata.

Ma anche quella volta la Strega delle Tempeste sollevò il suo bastone nodoso, infilzando il globo dorato e ridacchiando mentre esso esplodeva, con un boato che attirò l’attenzione di altri contendenti.

Ioria… Mormorò Reis, costretta nel frattempo a fronteggiare nuovi avversari. Non morire. Abbiamo una vita da vivere assieme, quando tutto questo finirà. E la vivremo. In qualunque modo.

Quando la luce scemò di intensità, Ioria vide con orrore la sua nemica ancora in piedi, il mantello ormai bruciacchiato scivolare via nel vento, il volto terribilmente butterato e liso. Ma, sopra ogni altra cosa, vide finalmente la sua armatura, giungendo a capire come aveva potuto sopravvivere ogni volta ai suoi assalti, pur potenti che fossero.

Nera come la notte, percorsa da violacee striature che indicavano di certo i punti di congiunzione delle placche metalliche, la corazza aveva forme sgraziate e irregolari, simile, nel suo aspetto complessivo, ai cenci di uno straccione, quasi volesse costituire davvero la veste della vecchia. Ma proprio le striature viola erano percorse da scariche di energia dorata, che andavano estinguendosi sempre di più, fino a spegnersi di fronte allo sguardo attento del Cavaliere d’Oro.

"Ecco perché hai lasciato esplodere i miei fulmini! Ecco come li hai fatti tuoi! La tua corazza possiede il potere di assorbirli, come fosse un parafulmine!"

"Sono colpita, pensavo in quell’aitante corpo non vi fosse spazio per il cervello! Ammira le vesti di cui il Gran Maestro del Caos mi ha fatto dono, ispirandosi a quelle di un figlio bastardo di Ares, Cicno, il Brigante di Anime, in grado di assorbire l’energia cosmica degli avversari, nutrendosene! Uguale dono ha fatto a me, la copia vivente di Beira, sua antica alleata in una contesa che devastò i campi di Britannia! Igh igh igh!" –Ghignò la Cailleach, scatarrando copiosamente, prima di puntare di nuovo il bastone verso il ragazzo. –"Se adesso hai capito, saprai per certo che non puoi vincermi! Non ne hai modo, tu che possiedi attacchi basati soltanto sul fulmine! Per quanto tu possa provare, i tuoi colpi non mi feriranno mai! I miei, al contrario…" –Aggiunse, aprendo le braccia e ricreando quella rozza faccia di strega. –"Ceann na Cailleach!" –E nuovamente Ioria venne travolto dalla possanza delle scogliere di Moher, sbattuto a terra, perdendo persino l’elmo dorato.

Ha ragione! Mormorò, affannando nel rialzarsi. Non sono certo l’avversario più adatto a fronteggiarla! Ci vorrebbe qualcuno con poteri diversi! Ma chi? Ed espandendo i sensi percepì tutti gli altri scontri in atto nella piana che separava il Nilo dall’ingresso della piramide di Karnak. Jonathan stava affrontando i Lestrigoni, Reis era alle prese con altri guerrieri, la fiamma di Sin degli Accadi ardeva continua contro i Golem di Sangue, mentre Andrei teneva impegnato Polemos e Horus e la Dea Gatta facevano altrettanto con il temibile Chimera. Nessuno sarebbe potuto intervenire in suo aiuto. Né nessuno interverrà! Si disse, chiudendo le dita a pugno. Un Cavaliere d’Oro di Atena non ha bisogno di aiuto per affrontare una vecchia rachitica!

Rialzando lo sguardo, Ioria cercò la Cailleach, intenta a gloriarsi del suo successo, già convinta di meritarsi un posto nel nuovo cielo che avvolgerà il pianeta dopo la vittoria di Caos. Rabbioso per quella prospettiva, il Cavaliere piantò un pugno nel terreno, liberando le zanne dorate sotto forma di molteplici colonne di fulmini che si alzarono tutt’attorno alla nemica, la quale, per niente intimorita, si limitò a lasciarle strusciare contro la propria corazza, quasi nutrendosi della loro foga. Quindi, quando fu sazia, fissò Ioria con perfidia, liberando il proprio violento cosmo.

"Strega delle tempeste!!!" –Sputacchiò, avvolta dalle intemperie, che presto si abbatterono sul Cavaliere d’Oro, per quanto questi tentasse di divincolarsi, raggiungendolo, sollevandolo, stritolandolo in folgori oscure, che bruciacchiarono la propria corazza, giungendo persino a scheggiarla in più punti, prima di schiantarlo al suolo, in un cratere di sabbia e sangue.

"Ouch!" –Rantolò il giovane, faticando nel muovere le dita della mano. –"Il suo fulmine è ben più distruttivo del mio!"

"Questo perché tu non a quello l’hai votato! Non alla distruzione!" –Parlò allora una voce al suo cosmo, stupendo lo stesso Ioria, che non la udiva da tempo. –"Bensì a proteggere gli altri, a questo è sempre servito il tuo fulmine! Mira questo regno per esempio, non è qua che combattesti la tua prima battaglia, giovane Leone, per difenderlo dall’ombra nascente?!"

"Sì! A fianco di mio fratello!" –Ricordò il Cavaliere, con gli occhi umidi al sol pensiero che quella strega potesse inquinare il luogo in cui Micene aveva combattuto e trionfato sul demoniaco Seth. Il luogo della loro prima e unica battaglia assieme.

"Come vincesti quel giorno, ugualmente vincerai quest’oggi, poiché non esiste sconfitta per il Leone dalle zanne d’oro, il Leone che cela nel cuore l’arma più potente di tutte!" –Continuò la voce, permettendo infine a Ioria di associarvi un volto, quello di un uomo alto e snello, dai morbidi capelli chiari e dal naso prospiciente.

"Tu sei… Ceo del Lampo Nero!"

"Nemici un tempo, ma così vicini! Come solo con mio fratello Iperione riuscii mai ad essere! Uniti dalla stessa fede, dallo stesso desiderio di dare un futuro al nostro popolo, desiderio che poi affidai a te, Cavaliere del Leone! Ricordalo, ricorda la promessa che ti strappammo quel giorno, nel Labirinto di Crono, e abbatti il tuo nemico, solo così potrai difendere chi hai davvero caro!"

"Io… Ceo… Voglio farlo! Ma non ho armi per ferirlo…"

"Non ti servono armi, soltanto le tue sfolgoranti zanne!" –Chiosò la voce del Titano, prima di scomparire.

Annaspando, Ioria mosse la testa nella sabbia, roteandola verso la mano destra, nel cui palmo un improvviso lucore lampeggiava, emanando scintille di vittoria. Sorrise, il Cavaliere di Leo, e anche pianse, memore del dono che Ceo gli aveva fatto un tempo, un dono che era venuto il momento di rinverdire.

Mettendo da parte il dolore, il giovane si rialzò, incamminandosi fuori dal cratere e trovandosi di nuovo faccia a faccia con Beira, che lo guardò per la prima volta stupita, convinta di aver già conquistato il suo spazio nel cielo.

"Sei duro a morire, ragazzo? Ti capisco, anche la Regina dell’Inverno lo fu! E altrettanto sarò io!" –Aggiunse, sibillina, prima di evocare nuovamente le intemperie del mondo.

"Fulmine!!!" –Gridò allora Ioria, bruciando il cosmo al massimo, in uno scintillio che accecò la stessa Cailleach e molti altri amici e nemici, intenti a lottare poco distante. –"Che ricevetti in dono da un antico virtuoso nemico, fai breccia nel suo cuore, per proteggere questa Terra che amo!!! Rifulgi, Keraunos!!!" –Tuonò, portando avanti il braccio destro, nel cui palmo risplendeva un’abbacinante sfera di luce, più fulgida di qualsiasi attacco scagliato prima. Una sfera attorniata da una corona di folgori d’oro che parevano danzare gloriose, mentre questa sfrecciava nella tempesta, piombando sulla strega.

Titubante, la Nefaria sollevò di nuovo il bastone nodoso, su cui il globo si infranse, esplodendo, ma quella detonazione così potente la investì in pieno, abbattendosi su di lei con una furia che neppure le Streghe delle Tempeste potevano evocare. La corazza nera andò in frantumi, dilaniata, squartata da quei fulmini dorati che parevano non stancarsi mai, non esaurirsi mai, infiniti come la speranza nel futuro di chi li dirigeva. E dopo la corazza le dilaniarono anche il corpo, vecchio e debole, lasciando solo un pallido scheletro.

"Co… come hai fatto?!" –Sputacchiò la megera, crollando esanime al suolo, il sangue che le imbrattava il corpo ossuto e le impastava la bocca. –"La mia armatura… creata appositamente per me, dal Gran Maestro del Caos… poteva assorbire i fulmini… perché?!"

"Aveva quel potere, te ne do atto, ma ogni manufatto ha un sigillo! Ogni incantesimo ha un limite! Dovresti ben saperlo, tu che ti vantavi di controllare le forze della natura, che la natura pretende equilibrio! Troppo hai sfruttato quel potere, troppo ne hai abusato, e di fronte alla sconfinata potenza del Keraunos originario la tua corazza non ha retto, andando in sovraccarico! Questo, il tuo adorato Maestro del Caos, non te lo aveva detto?"

A quelle parole, un’ombra passò sugli occhi stanchi della Cailleach, un’ombra che le inculcò il sospetto di essere stata ingannata, proprio come era accaduto alla prima Beira molti secoli addietro.

Con quella temibile consapevolezza, infine morì.