CAPITOLO TREDICESIMO: IL POPOLO LIBERO.

Toru ascoltava attento quel che il giovane dallo sguardo fiero gli stava raccontando, tirando di tanto in tanto un’occhiata di sbieco alle massicce teste di drago che ornavano i coprispalla della sua corazza. Belle, realizzate magnificamente, ma al tempo stesso inquietanti, parevano ricordargli i feroci animali che stavano martellando le pareti esterne delle Conchiglie in cui il suo popolo dimorava.

Eppure Tara diceva che di quel ragazzo dagli occhi neri potevano fidarsi. Mentre sospesa in cielo stava infondendo il proprio cosmo alla barriera, per aiutare la Alii a mantenere la protezione sull’intero Avaiki, lo aveva visto affrontare la terribile piovra che aveva avvelenato Maru e Toru e sconfiggerla. Ma altri nemici avevano invaso il regno sottomarino dove gli Areoi vivevano da secoli, troppo forti perché potessero sconfiggerli da soli.

"Ecco perché siamo giunti fin qua! Per prestarvi aiuto, Comandante Toru! Questa guerra non riguarda un regno soltanto ma l’intero equilibrio del mondo, che potrebbe mutare verso l’oscurità più totale qualora perdessimo!" –Stava spiegando in quel momento Ascanio, mentre Tara, poco distante, terminava di curare le ferite di Maru e di Kohu.

Aveva un metodo piuttosto bizzarro per medicare i compagni, analizzò il Cavaliere della Natura, utilizzando la propria armatura allo scopo. Era una corazza coprente ma interamente rivestita di spine erettili, di varie dimensioni; persino le mani erano artigliate e questo le permetteva di stringere il braccio di un compagno, trafiggendolo con tali aculei, sfruttandoli per assorbire le sostanze tossiche, che venivano trasferite all’interno della sua corazza.

"Tara…" –Mormorò Maru del Narvalo, riprendendo le forze e ringraziando l’amata per quell’ulteriore prova d’affetto, preoccupandosi al qual tempo per le sue condizioni. Ma lei si limitò a fargli un cenno di noncuranza, obbligando tutti a concentrarsi sul vero pericolo rappresentato dai Forcidi.

"Ce ne sono almeno quattro! Percepisco chiaramente le loro aure offensive!" –Esclamò Ascanio, volgendo lo sguardo verso la grande Conchiglia Madre, verso cui i cosmi ostili si stavano dirigendo. –"Troveranno i miei compagni a sbarrar loro il cammino! Non devono raggiungere la Perla dei Mari!"

"Tu… sai?!" –Toru lo guardò con occhi esterrefatti, non ritenendo possibile che qualcuno fosse a conoscenza di quel segreto, il cuore del loro regno sommerso.

Ascanio annuì, dicendo che un amico comune gliene aveva parlato.

"Chi?" –Chiesero subito gli Areoi.

"Qualcuno che ha molto a cuore la sorte della vostra terra e che ha contribuito a mantenerla isolata dai pericoli del mondo!" –Chiosò il glorioso Comandante dei Cavalieri delle Stelle, prima di incitare Toru e Maru a seguirlo.

Fu allora che gli attacchi delle bestie ripresero con maggior violenza, battendo e percuotendo l’enorme guscio protettivo, scuotendolo fino in profondità, come se fossero incitati da un’oscura presenza, invisibile, impalpabile ma reale. Anche Ascanio la percepì, guardandosi attorno con timore, mentre una gigantesca ombra nera pareva circondare la Conchiglia Meridionale, oscurando il blu cobalto del mare.

"Non mi piace!" –Mormorò Toru, che aveva sentito la stessa cosa. –"Nessun pesce o animale può muoversi così silenziosamente da non essere avvertito dai miei sensi acuti! Riesco a percepire un tonfo in acqua a miglia di distanza, eppure… quell’ombra… si sposta in silenzio, come se fosse mescolata con le correnti stesse…"

"Ce ne occuperemo dopo! Adesso dobbiamo pensare ai Forcidi!" –Lo incitò Ascanio, dirigendosi verso la parte settentrionale della Conchiglia, dove si trovava il ponte che la collegava alla Conchiglia Madre e dove già qualcuno stava combattendo.

***

Tisifone si era avvicinata troppo.

Incurante delle scariche energetiche che la Sacerdotessa di Atena gli aveva appena rivolto, il nemico l’aveva afferrata per un piede, roteandola a mezz’aria e sbattendola poi a terra, dove avrebbe voluto colpirla di nuovo, non fosse stato per l’intervento della compagna, che era scattata su di lui, raggiungendolo con un calcio al petto.

Il guerriero dalla corazza squamata non cadde, limitandosi a barcollare all’indietro, svelto a muovere una gamba per recuperare appoggio nel terreno, perdendo però la presa sul Cavaliere d’Argento.

"È un tipo poco loquace, ma a cui piace molto combattere, mi par di capire!" –Commentò Titis, atterrando accanto alla compagna.

Stavano dirigendosi verso la Conchiglia Madre quando, sul ponte di collegamento tra i due emisferi, avevano incrociato quel violento personaggio, intento a picchiare e a squarciare gli abitanti dell’Avaiki. Inorridite, le donne si erano subito lanciate alla carica, per fermarlo, ma finora non erano riuscite a portare a segno neanche un colpo.

Era strano, si disse Tisifone, osservando l’avversario. Il cosmo che emanava era molto ridotto, forse persino inferiore a quello di un Cavaliere d’Argento. Eppure la sua forza fisica era notevole, in grado di impegnarle entrambe in uno scontro diretto, e ancor più notevole era la sua resistenza, come se non avvertisse nemmeno le scariche energetiche che finora gli aveva rivolto contro.

Alto e robusto, ben piazzato su solide gambe, l’uomo indossava una corazza azzurra, formata da tante piastre sovrapposte in modo da ricreare una pelle squamata. Persino l’elmo era collegato al pettorale, da piastre flessibili che gli permettevano di roteare la testa, riparandola al tempo stesso, lasciando fuori solo due occhi di colore dorato. Quando gli avevano chiesto chi fosse, egli aveva borbottato solo una parola strana, che la donna non aveva compreso.

Afanc. O qualcosa di simile. Poi le aveva caricate, sbattendone una a terra con una spallata e muovendo il pugno verso il volto scoperto dell’altra.

"Dobbiamo trovare una breccia nelle sue difese! Gli attacchi a distanza non servono!" –Propose Tisifone, scattando avanti, le unghie affilate pronte per affondare nel nemico, il cosmo violetto che la attorniava, liberando guizzanti saette ad ogni movimento. Tentò un assalto diretto, mirando al viso del guerriero, ma questi spostò la testa di lato, afferrandole il braccio con presa robusta, ma lei, che si aspettava tale mossa, era già pronta per roteare di lato, colpendolo dietro la gamba destra con una raffica di calci. Così tanti che l’uomo dovette piegarla, trattenendo una smorfia di fastidio.

Tisifone approfittò di quel momento per sgusciare fuori dalla sua stretta, portandosi dietro di lui e calando l’artigliata mano destra sulla sua schiena.

"Cobra incantatore!!!" –Gridò, spingendo a terra il nemico, sotto una raffica di scariche energetiche.

"Ce l’hai fatta!!!" –Esclamò Titis, alla vista dell’uomo prostrato. Ma non appena questi sollevò la testa, fissandola con sguardo bramoso, capì di essersi soltanto illusa. –"Attenta, Tisifone! Scappa!!!" –Le gridò, ma il guerriero fu più rapido, voltandosi di scatto e colpendola a gamba tesa al ventre, facendola piegare in avanti. Un secondo calcio la scaraventò indietro, contro il parapetto di roccia e sabbia del ponte, distruggendolo e facendola crollare a terra.

"Sottile trama corallina!!!" –Gridò allora la fedelissima di Nettuno, sfiorando il suolo con una mano e ricoprendolo di un manto colorato, che andò espandendosi in direzione del nemico, intrappolandogli le gambe all’istante.

Osservando con curiosità quella strana tecnica, il nemico incrociò lo sguardo di Titis, prorompendo poi in una risata profonda.

"Vorresti fermarmi con dei coralli?" –Parlò infine. –"Credi che bastino per trattenere un afanc, terrore delle acque lacustri?! Ahr ahr ahr! Sei bionda e stupida, ragazza!" –La derise, iniziando a muovere le gambe, con foga sempre maggiore, distruggendo la gabbia colorata creata da Titis, senza neppure usare il proprio cosmo.

"Incredibile! La tua forza fisica è spaventosa!"

"E la presa delle mie braccia lo è altrettanto!" –Ghignarono i due occhi dorati, incamminandosi verso di lei, che subito cercò di divincolarsi, scattando di lato. Ma il Forcide la inseguì, bloccandola mentre balzava verso l’altro lato del ponte e sbattendola a terra, montando rapido su di lei e immobilizzandola con il suo corpo robusto. Una mano le afferrò il collo, torcendoglielo, mentre già nell’altra crescevano grezzi artigli pronti a squarciarla, come avevano dilaniato gli abitanti dell’Avaiki.

"Sei… un mostro!!!" –Gridò allora Titis, espandendo il proprio cosmo, come mai aveva fatto prima, e generando un’onda di energia che sollevò l’Afanc, scagliandolo in aria di qualche metro, prima che riuscisse a stabilizzarsi e ad atterrare al suolo a piedi uniti. Ansimando, la graziosa sirenetta si rialzò, mentre anche Tisifone, dall’altro lato del ponte, faceva altrettanto, entrambe avvolte nei loro cosmi caldi.

"Insieme, Titis!!!" –Scattò avanti la Sacerdotessa di Atena, liberando folgori di energia che saettarono verso l’uomo, sfregiandogli l’armatura, graffiandola in più punti, ma mai danneggiandola seriamente. Dei colpi portati a casaccio dalla bionda nemmeno se ne curò, dandole le spalle proprio mentre Tisifone balzava su di lui. La afferrò per entrambe le braccia, sbattendola a terra, mentre gli artigli si conficcavano nella sua gamba destra, strappandole un grido di rabbia dolorante.

"E adesso…."

"E adesso muori, invasore!!!" –Tuonò una massiccia voce maschile, mentre la spaventosa sagoma di un grosso pesce, dai denti affilati e sanguigni, si abbatteva su di lui, scagliandolo indietro. –"Fauci dello Squalo Bianco!!!"

Afanc venne travolto, schiantandosi a terra poco distante, le placche della corazza danneggiate, quasi sbranate, da quei precisi fendenti di energia. A fatica si rialzò, il sangue che colava lungo il proprio corpo, trovandosi di forte un uomo massiccio, dai lineamenti tipici delle isole della Polinesia, la cui corazza raffigurava uno squalo bianco.

Alla vista di tutto quel sangue, Toru deglutì a fatica, sforzandosi di rimanere concentrato sul nemico, proprio mentre questi gli si lanciava contro, tentando di abbatterlo con una spallata. L’Areoi scartò di lato, caricando il pugno destro di energia cosmica e portandolo avanti, colpendo ad un fianco l’avversario che stava intanto voltandosi verso di lui. Di nuovo le fauci del predatore dei mari si chiusero sulla sua pelle, strappandogliela in più punti, assieme ad organi interni, prostrandolo a terra, debole e ansante. Avrebbe voluto tentare un ultimo colpo, un ultimo affondo con gli artigli che così tante prede avevano squartato, ma non ebbe la forza neppure di alzare il braccio mentre il pugno di Toru gli sfondava il pettorale, strappandogli un gemito sommesso, prima di farlo cadere al suolo, morto.

"Toru!" –Esclamò allora Maru, raggiungendo il Comandante, il cui braccio era chiazzato di sangue nemico.

"Va tutto bene!" –Chiuse questi in fretta il discorso, dandogli le spalle e scuotendo la mano macchiata, mentre Ascanio passava oltre, avvicinandosi alle due donne ferite.

"State bene?" –Chiese loro, ricevendo un cenno affermativo da entrambe. –"Dove sono gli altri?"

"Ci siamo separati! Gli Heroes di Eracle si trovano a loro agio in questi fondali oceanici e hanno sfruttato gli stessi condotti subacquei per raggiungere le Conchiglie settentrionali. Il Selenite muto invece ha seguito Avatea nella Conchiglia Madre."

"Avatea?!" –Intervenne allora il Comandante degli Areoi, affiancato da Maru e Kohu. –"La Dea della Luna? Ella dunque è tornata?"

Ascanio annuì, prima che un grido di donna riscuotesse tutti i presenti, portandoli a voltarsi verso la strada appena percorsa. In alto, vicino al punto più alto della volta della Conchiglia Meridionale, Tara di Diodon stava avvampando nel proprio cosmo rosaceo, brillando come una stella in procinto di esplodere. Da fuori giungevano percosse sempre più furiose e l’intera struttura difensiva tremava e tremolava, di fronte agli occhi intimoriti degli Areoi che temevano si schiantasse da un momento all’altro.

"Ho paura che quel momento sia arrivato!" –Commentò placido Ascanio, cui Toru rispose scuotendo la testa nervosamente.

"No! Mai! Non possiamo cedere così! Non possiamo rinunciare alle nostre terre…" –Stava dicendo, quando un nuovo schianto fece vibrare la cupola protettiva, spingendo persino Tara indietro.

"Ripiegate! Fate evacuare il vostro popolo verso la Conchiglia Madre! Sarà più facile per noi combattere in assenza di persone innocenti, che potrebbero rimanere coinvolte negli scontri, come testimoniano i cadaveri che questo Forcide ha lasciato dietro di sé! Al tempo stesso, la vostra Alii non dovrà più sforzarsi per difendere cinque gusci, potendo limitare le proprie forze alla protezione di uno soltanto!"

"Tu non capisci!!!" –Gli ringhiò contro Toru, avvicinandosi e fissandolo con sguardo duro, segnato dal dolore di quelle parole. –"Questa è la nostra terra, e dei nostri avi prima di noi! Non possiamo abbandonarla, sarebbe un’offesa per gli aumakuas che ci hanno preceduto!"

"Sono certo che anche i vostri antenati preferirebbero che salvaste voi stessi e le vostre famiglie, legami preziosi e insostituibili, piuttosto che edifici e luoghi sacri, che possono essere ricostruiti!"

Fu un nuovo tremendo schianto a porre fine a quello scambio di opinioni, un rumore secco cui seguì il fragore di un’onda immensa.

La barriera difensiva della Conchiglia Meridionale era andata in frantumi e le onde degli oceani stavano traboccando impetuose all’interno, sommergendo case, costruzioni e laghetti e tutti coloro che ancora si erano attardati, sperando in una rapida soluzione di quell’improvviso e inspiegabile conflitto.

"Ukupanipo, proteggici!!!" –Piagnucolò allora il giovane Kohu, mentre Toru gridava a tutti di correre via, di superare il ponte ed entrare nella Conchiglia Madre, e scrosci d’acqua si riversavano ovunque attorno a loro, rallentati solo dall’ultimo baluginare della cupola protettiva.

Un maroso interruppe la loro corsa, schiantandosi sul ponte e chiudendo loro ogni via di fuga, costringendoli a indietreggiare, mentre anche alle loro spalle la furia degli oceani si scatenava, imperversando sui resti della Conchiglia Meridionale. Fu una luce rosa a salvarli, anticipando il sorgere di una cupola di energia che avvolse i tre Areoi e i tre membri dell’alleanza divina, lasciando le acque al di fuori di quel ristretto spazio in cui a malapena potevano stare in piedi.

"Tara!!!" –Gridò Maru del Narvalo, osservando la compagna apparire in mezzo a loro, le braccia tese verso l’alto, nel disperato sforzo di sorreggere quell’ultima barriera a difesa dei compagni.

"Ci sono… ancora… Areoi…" –Mormorò la ragazza, mentre la calotta di energia si allungava verso le profondità ove fino a poco prima era esistita la Conchiglia Meridionale, rivelando una seconda cupola, da lei generata, ove erano riuniti una ventina di donne e bambini dai tratti somatici simili ai suoi. –"Dovete… portarli da Hina… Subito!!!"

Maru, Toru, Ascanio e Tisifone scattarono subito nel tunnel, incuranti dei continui smottamenti dello stesso, incuranti degli sguardi truci che le creature abissali continuavano a rivolgere loro, mentre sfogavano la loro rabbia con violenti colpi di coda e di tentacoli. Raggiunsero gli intimoriti abitanti, incitandoli a seguirli lungo la galleria, che Tara dovette restringere man mano che si avvicinavano al resto dei compagni, per consumare meno energia e mantenerne a sufficienza per lo sforzo finale: trasportare tutti loro il più vicino possibile alla Conchiglia Madre.

Inspirando con calma, pensando a tutto ciò di bello che aveva avuto nella vita, all’affetto di una famiglia che non le aveva fatto mancare niente, all’amore di Maru e al futuro che sognavano assieme, l’Areoi di Diodon bruciò ogni stilla del proprio cosmo, mentre le spine erettili della sua corazza si indurivano, rivelando la reale fattezza di tale armatura, simile al Pesce Istrice cui era ispirata. Il Narvalo sospirò, trattenendo le lacrime, mentre Toru gli metteva una mano su una spalla, conscio di ciò che comportasse l’uso di quell’estremo potere.

"Ci siamo!!! Guardate!!!" –Esclamò il piccolo Istioforo, mentre il tunnel di energia si faceva strada lungo il fondale oceanico, separando le acque e allungandosi fino a raggiungere la parete esterna della Conchiglia Madre, ove il cosmo di Hina perdurava, ristorando per un momento Tara da tale debilitante sforzo. –"Andiamo!!!" –Incalzò, iniziando a correre, subito seguito dagli altri abitanti dell’Avaiki, da Tisifone e Titis, da Toru e Ascanio.

Rimase soltanto Maru, a pochi passi dall’amata, osservandone il volto trasfigurato dal veleno che le era penetrato nel corpo.

"Va’!" –Gli disse Tara, tra le lacrime. –"Non… resisterò ancora per molto…"

"E allora moriremo insieme!" –Esclamò rabbioso il Narvalo, avvicinandosi e piantando nel terreno accanto a lei la propria lancia, generando all’impatto un cerchio concentrico di energia che si espanse attorno a loro, rischiarando per un momento quell’abissale profondità, accecando persino le creature fuori dalla barriera. Quindi, senza neppure attendere la risposta della compagna, le afferrò una mano, stringendola con così tanta forza da affondare gli aculei nella pelle, espandendo il proprio cosmo e usandolo per sottrarle parte del veleno, di modo che ella potesse rifiatare.

"Maru…" –Commentò Toru, ormai giunto alla fine del tunnel di energia cosmica, assieme al resto del gruppo, voltandosi a guardare indietro le due luci, rosa e dorata, che baluginavano in quelle tenebrose fosse. Ma, conscio del ruolo che rivestiva, dovette metter subito da parte ogni lacrima, concentrandosi sulla barriera che si apriva loro dinnanzi, sfiorandola con entrambe le mani e lasciando che il suo cosmo entrasse in risonanza con quello della Alii che la sorreggeva. Non ci vollero che pochi secondi prima che nella parete di energia azzurra si aprisse un buco, nello spazio tra le sue braccia, allargandosi a sufficienza da permettere al gruppetto di passarvi attraverso, di corsa, entrando nella Conchiglia Madre.

Toru fu l’ultimo ad oltrepassare la soglia, rimanendo con una gamba all’interno e una ancora nel tunnel di energia, che ormai ondeggiava pericolosamente alle proprie spalle. Se avesse potuto, avrebbe giurato di aver visto Maru sorridergli un’ultima volta, prima che le robuste mani di Ascanio lo tirassero all’interno della Conchiglia, permettendo al varco nella parete di richiudersi e alla galleria di scomparire, dissolvendosi nell’oscurità abissale. Vi fu un intenso lampo di luce e poi il buio più completo.

"Comandante…" –Mormorò la voce spezzata dell’Istioforo, alle sue spalle.

Ma Toru non voleva rispondergli, non ancora, incapace di guardarlo in faccia e dirgli che Tara e Maru erano scomparsi. Che anche Tara e Maru erano scomparsi, assieme a chissà quanti altri amici in quelle poche ore da cui era iniziato l’attacco.

"Comandante!!!" –Ripeté Kohu, quasi urlando, con una punta di festosità che mal si addiceva al lutto appena subito. Deciso a rimproverarlo, Toru si voltò, proprio mentre un alone di luce, appena apparso di fronte a loro, all’ingresso della Conchiglia Madre, scemava di intensità, rivelando due sagome ben note, prostrate a terra dalla fatica, ed una, ben più in forze, che invece il Comandante non conosceva.

"Maru! Tara!!! Ce l’avete fatta!!!" –Esclamò, andandogli incontro. Ma un cenno del Narvalo lo intimò a tenersi a distanza, portandolo così a rivolgersi verso l’ignoto guerriero che li aveva soccorsi. Una donna dalle scure vestigia che, al pari di Tisifone dell’Ofiuco, indossava una maschera eburnea sul volto.

"Il mio nome è Pasifae del Cancro Celeste, appartengo al gruppo di Heroes legati al Sommo Eracle! Ho percepito i cosmi dei tuoi compagni in difficoltà, così mi sono permessa di intervenire in loro aiuto!"

"Ti ringrazio, Pasifae del Cancro Celeste! Ti sono debitore!" –Si inchinò Toru, prima che Ascanio si facesse aventi, chiedendo alla donna dove fossero gli altri Heroes.

"Sono impegnati in battaglia sui ponti che collegano la Conchiglia Occidentale e Settentrionale alla grande madre! Pare che, sebbene fossero a conoscenza di passaggi sotterranei, tali varchi non permettano ai Forcidi di entrare direttamente qua, dove il cosmo che permea questo luogo sacro è di gran lunga superiore!"

"Dobbiamo raggiungerli e prestare loro aiuto immediatamente!" –Affermò lo Squalo Bianco, prevenendo qualsiasi obiezione Ascanio stesse per avanzare. –"So cosa vuoi dirmi, Cavaliere dei Due Draghi! Che dovremmo cedere le Conchiglie esterne e rifugiarci tutti qua, ove mai potrebbero giungere! Ma non siamo codardi, noi Areoi! È vero, non siamo guerrieri come voi, il nostro animo non è forgiato alla battaglia, né le nostre corazze resistenti quanto le vostre! Pur tuttavia questa è la nostra terra, la casa del nostro popolo, e lotteremo con i denti per difenderla da questi invasori! E la determinazione che ho visto oggi, nei gesti di Tara e Maru, di Kohu e degli altri incursori, ha spianato in me ogni dubbio!"

Il Cavaliere della Natura non rispose alcunché, limitandosi a chinare il capo, asserendo di essere venuto per dargli aiuto, non ordini, sempre rispettando le richieste del popolo delle correnti. Toru lo ringraziò, prima di fare cenno a Kohu di seguirlo verso il ponte che portava alla Conchiglia Settentrionale.

Ascanio si diresse invece verso la Conchiglia Occidentale, seguito da Pasifae del Cancro, lasciando Titis e Tisifone a sincerarsi delle condizioni di Tara e Maru. Ma fu proprio quest’ultimo a intimare le due ragazze di tenersi a distanza, per non essere infettate come lui. Non comprendendo le sue parole, la Sacerdotessa di Atena gli chiese di spiegarsi, e Maru lo fece.

"La corazza di Tara è in grado di trattenere i veleni al suo interno, una peculiarità che negli anni ci è stata molto utile, qua nell’Avaiki, per curare chiunque fosse stato ferito e infettato da un pesce pericoloso o da una qualche specie vegetale sconosciuta. Solo col tempo ci siamo accorti che, in virtù di questo, il suo cosmo andava facendosi sempre più venefico, trattenuto solo dall’armatura che indossa, al punto che potrebbe risultare mortale a chiunque le stesse troppo a lungo vicino!"

"Un grande dono associato a un enorme rischio." –Commentò allora Titis, prima di notare con quanta cura Maru aiutava la donna a rimettersi in piedi, il bel viso deturpato da violacee cicatrici, ma ancora in grado di sorridere alle attenzioni del compagno. –"Eppure… tu, come puoi starle così vicino? Sei forse immune, Areoi del Narvalo, al suo veleno?"

"No, non lo sono!" –Si limitò a risponderle Maru, con gli occhi lucidi. –"Ma non faresti altrettanto, Sacerdotessa di Nettuno, pur di stare insieme a colui che ami?!"

Titis non riuscì a rispondergli alcunché, soltanto a sorridere al coraggioso giovane che per amore avrebbe donato tutto, persino se stesso. Un comportamento folle che in fondo ben riusciva a comprendere. Tisifone le poggiò una mano su una spalla, strappandola ai suoi ricordi, prima di indicarle il palazzo di corallo che si apriva di fronte a loro, al centro della Conchiglia Madre. Da là proveniva la pulsante energia che manteneva in piedi l’intero Avaiki, e là stavano adesso concentrandosi gli assalti delle mostruose bestie marine.

***

Con un solo attacco il Quarto Forcide aveva atterrato Alcione della Piovra e Gerione del Calamaro. Non che fossero due combattenti inesperti, ma l’uomo dalla corazza rappresentante un Isonade possedeva un modo subdolo di combattere, che ben si sposava con le tattiche dell’altro guerriero cui si accompagnava: un uomo alto e magro, dal viso scheletrico su cui risaltava un naso aquilino. Entrambi indossavano armature azzurre, di puro oricalco, rappresentanti bestie marine che avrebbero dovuto nuotare libere nei mari sotto il regno di Forco. L’Isonade, un mostro marino noto nella mitologia giapponese, simile ad uno squalo a tre code, e l’Iku-Turso, una creatura appartenente ai bestiari finlandesi.

"Anziché nasconderti, fatti vedere, codardo!!!" –Ringhiò Gerione, rimettendosi in piedi, tenendo una mano sul fianco destro, dove le zanne avverse lo avevano raggiunto, ferendolo. Non ottenne risposta, soltanto un incremento delle nebbiose correnti d’aria che li circondavano. –"Maledetto! Non credere però che rimarremo inermi ad attendere un secondo attacco!" –Aggiunse, avvampando nel proprio cosmo e lasciando schioccare le fruste che reggeva tra le mani. –"Fruste del tuono, trovate il nemico!!!" –Gridò, liberando le sfuggenti verghe, che si infiltrarono nella cortina fumosa, nonostante l’impetuoso soffio del vento ne ostacolasse i movimenti.

Zac!

Fu quel suono, prima ancora del tendersi della frusta stessa, a indicare a Gerione che le sue armi avevano trovato il proprio bersaglio, permettendogli di sorridere. Poco prima che un attacco furibondo scuotesse le nebbie alle sue spalle, da cui apparvero centinaia di buoi neri, dalle corna sprigionanti fiamme e lampi.

"Tuonen härkä!" –Imperò una voce, anticipando l’apparire della sagoma del Quinto Forcide, dietro quell’improvvisa mandria di buoi scatenati, che miravano alla schiena del giovane eroe, ancora intento a stringere le fruste in mano.

"Non così in fretta!!!" –Intervenne allora Alcione, scattando a difesa del compagno, avvolta nel proprio cosmo azzurro, che turbinò attorno ai due fedeli di Eracle, assumendo la forma di maestose onde schiumose. –"Alti flutti spumeggianti, travolgete la mandria della morte!!!"

Lo scontro tra le due energie scagliò entrambi indietro, travolgendo anche Gerione, obbligato a ritirare le proprie fruste, e sbattendolo in malo modo nella terra bagnata. Lo rialzò un’improvvisa corrente d’aria, che lo fece roteare verso l’alta volta della Conchiglia Occidentale, costringendolo a srotolare di nuovo una frusta e a lanciarla verso terra, arrotolandola ad uno scoglio affiorante.

L’Isonade sogghignò, uscendo dalle nebbie e rivelandosi infine al giovane guerriero, mentre Alcione, poco distante, doveva fronteggiare la nuova carica dei Buoi della Morte, senza poter intervenire in suo aiuto.

"Finalmente ti mostri, spregevole canaglia!" –Avvampò Gerione, bruciando il proprio cosmo e utilizzandolo per stabilizzarsi all’interno del vortice d’aria, prima di scatenare una fitta pioggia di fruste energetiche. –"Tentacoli predatori!!!" –Gridò, mentre gli strali azzurri piombavano sul Quarto Forcide, obbligandolo a balzare indietro più volte, per non esserne investito, stupefatto da quanto veloci e guizzanti potessero essere nonostante la corrente contraria che ne frenava la corsa.

"Bastardo! Non mi farò sconfiggere ora!" –Ringhiò, pensando alle enormi possibilità che gli si erano aperte davanti. Aveva sentito, poco prima, scomparire il cosmo di Ozena, che di certo aveva commesso l’errore di sottovalutare Toru. Eppure l’avevo avvisata di fare attenzione ai denti del mio vecchio compagno d’addestramento! Sogghignò, senza essere dispiaciuto per la sua dipartita. Del resto, dopo Cariddi, Ozena era il secondo Forcide a cadere, ed entrambi erano a lui superiori nella scala gerarchica che ordinava i servitori di Forco. Non che avesse mai ambito ad essere il primo, posizione impossibile per chiunque da raggiungere, ma aver guidato l’incursione all’Avaiki di certo gli avrebbe fatto guadagnare simpatia agli occhi del futuro Imperatore dei Mari, che avrebbe potuto promuoverlo o affidargli incarichi sempre più importanti.

Immerso in quei pensieri ambiziosi, non s’avvide di un affondo di Gerione, la cui frusta lo aveva raggiunto al volto, aprendogli un taglio sulla guancia destra e facendogli persino perdere l’elmo azzurro.

"Umpf! Ferito da un calamaro gigante?! Solo nei sogni di un poveraccio! Non nei miei che a ben altro ambisco!!!" –Ringhiò l’uomo chiamato Moeava, mentre il guerriero di Eracle atterrava di fronte a lui. Nessuno ebbe il tempo di fare alcunché che l’intera struttura tremò, spaventando tutti i presenti e costringendoli a gettare uno sguardo verso le pareti esterne, ove un’ombra immensa era appena comparsa.

L’Isonade inghiottì a fatica l’amaro bottone della sconfitta. Avevano perso troppo tempo in quei canali sotterranei, orientandosi per trovare la via per la Conchiglia Madre, realizzando troppo tardi che i poteri della Alii dovevano probabilmente mutarne la conformazione, facendoli sbucare ogni volta in un lago diverso ma sempre in una delle Conchiglie esterne. Per questo avevano cambiato strategia, ripiegando su un assalto diretto al ponte di collegamento, dove erano però stati fermati dagli Heroes di Eracle e costretti ad uno scontro che troppo a lungo si era protratto.

Adesso che lui era arrivato, vi sarebbe rimasto ben misero bottino per loro, Forcidi di basso rango, misero come le speranze che restavano agli Areoi, poiché di certo all’Abisso Oscuro nessuno avrebbe potuto opporsi.