CAPITOLO VENTUNESIMO: L’OMBRA TRA I GHIACCI.

"Dunque sei un compagno del Cavaliere di Pegasus, l’irriducibile destriero che non voleva esser domato?!" –Esclamò Erebo, sospeso a mezz’aria, avvolto nel suo nero cosmo, così oscuro che Cristal aveva difficoltà ad osservarne la sagoma stagliarsi di fronte a lui. –"Una giumenta in calore si è rivelata infine, niente più!"

"Misura le parole, Signore delle Tenebre! Non ti permetto di schernire i miei amici fraterni, per altro validi combattenti!"

"Amici defunti, vorrai dire! Ahu ahu ahu! L’invincibile guerriero di cui canti le lodi ha incontrato lo stesso gramo destino di Eracle e degli altri Olimpi che han tentato di resistermi! Non te ne eri accorto, Cigno? Avevo pensato di far saltare in aria il vulcano, di modo che chiunque, in qualunque parte del mondo, lo sentisse e capisse che a niente giova combattere, perché l’ombra vince sempre e comunque! Ma ormai è tardi, non disquisiamo del passato, che tale è, bensì del presente! Mostrami cosa sai fare, bel biondino! Avanti!" –Lo incitò il Dio ancestrale, incrociando le braccia al petto e sogghignando perfidamente.

Se avesse ascoltato l’istinto, Cristal avrebbe caricato a testa bassa, liberando una devastante tormenta di gelo, ma gli insegnamenti dei suoi maestri gli avevano consigliato che non sempre la prima reazione era la migliore, in termini di efficacia di risultato. Pertanto strinse i pugni, bruciando il cosmo e iniziando a camminare attorno a Erebo, che lo osservò divertito, con i suoi intensi occhi rossi.

"Beh? Se non prendi in mano la situazione, lo farò io!" –Esclamò subito, sciogliendo le braccia e puntandogli contro l’indice destro, da cui scaturì un lampo di energia nera che investì in pieno il Cavaliere di Atena, per quanto questi avesse sollevato lesto lo scudo a sua difesa. Ruzzolando indietro di qualche metro, tra le sghignazzate di Erebo, Cristal fu lesto a rimettersi in piedi, solo per osservare, inorridito, una chiazza nera marchiare vivida l’armatura, laddove il Nume lo aveva colpito. Per quanto fosse stato solo un assaggio del suo potere, un semplice fascio di energia, era riuscito a scalfire una corazza rinata con sangue divino.

Ermes! Strinse i pugni il Cigno, rialzandosi e ricordando il loro primo incontro al Tempio dei Mercanti, quando aveva raggiunto Pegasus e i suoi compagni dopo aver salvato i Cavalieri d’Oro dalla prigionia di Hel. Quanta strada aveva fatto da allora, girovagando e lottando per i mondi più disparati, ma, al tempo stesso, riuscendo sempre a trovare la via di casa. La via che lo riportava lì, alla terra dove il suo cuore apparteneva. Ad Asgard.

Il pensiero che quella terra e la sua amata regina potessero adesso essere inquinate da quell’ancestrale entità gli fece ribollire il sangue, portandolo ad espandere il proprio cosmo e a scagliare pugni verso il cielo, di fronte allo sguardo interessato di Erebo che vide una ragnatela di luci e ghiaccio scivolare sopra di loro, mentre una gelida corrente iniziava a soffiare.

"Vuoi combattere, Erebo? Combattiamo allora! Permettimi di aprire le danze! Vortice fulminante dell’aurora!!!" –L’assalto sfrecciò verso il Nume ancestrale, che neppure si mosse, desiderando verificare di persona quanto potere possedessero quei famigerati Cavalieri Divini, o Cavalieri dello Zodiaco, come il Gran Maestro del Caos li aveva definiti, sebbene Erebo non capisse tali titoli. Ma in fondo, per il Signore delle Tenebre nessun titolo aveva reale valore e tutti quegli Dei inferiori e i loro schiavizzati uomini erano solo mere comparse in uno spettacolo che presto si sarebbe concluso e avrebbe visto un solo protagonista trionfare. A qualunque Divinità, simbolo o ammasso stellare dovessero i loro poteri, il Cigno, Pegasus e i loro degni compari erano solo uomini, i primi che sarebbero caduti sotto il nuovo cielo privo di stelle che stava sorgendo.

Con quel pensiero in testa, Erebo sollevò un braccio al cielo, mentre la tempesta di ghiaccio ancora imperversava, generando un vortice di energia oscura che sormontò la furia dell’aurora, risucchiandola al proprio interno e facendola roteare attorno al suo arto. Prima ancora che Cristal potesse rendersi conto di quel che stava accadendo, il Signore delle Tenebre calò il braccio, rimandandogli contro il suo stesso attacco, sospinto e potenziato da una mortifera corrente d’aria nera, la stessa che stava saturando il cielo del continente euroasiatico.

"Non è possibile!!!" –Rantolò il Cavaliere di Atena, rimettendosi in piedi, dopo essere stato scagliato contro un mucchio di alberi. –"Non solo non ha minimamente risentito del mio assalto ma lo ha fatto proprio! Eppure era un gelo pungente, allo Zero Assoluto!"

"Alle leggi che regolano il mondo degli uomini mortali, di qualunque natura siano, noi Dei non siamo soggetti, tanto più noi Progenitori! Potrebbe la tua sciocca scienza spiegare questo?" –Lo schernì Erebo, capovolgendosi a mezz’aria ed eseguendo altre bizzarre piroette, lasciando ovunque si spostasse una scia di tenebra. –"O questo!" –Aggiunse, balzando su di lui e colpendolo sul pettorale con il tacco del piede corazzato, sbattendo il Cavaliere contro un mucchio di rocce, distruggendole e facendogli perdere persino l’elmo della corazza, che tintinnò fino a rotolare davanti al Nume. –"Cosa abbiamo qua? Un lavoro di fattura pregiata, lo ammetto, che tuttavia è misera difesa contro le mie armi!" –Sogghignò, lasciando levitare l’elmo in aria, avvolgendolo in una torbida cortina di tenebra, che ne opacizzò subito i colori, divorandone famelica ogni stilla di luce.

"Lascialo!!!" –Urlò Cristal, rialzandosi e scattando avanti, il pugno pregno di energia cosmica, liberando una subitanea tempesta di ghiaccio. –"Polvere di diamanti!!!"

Erebo, senza neppure curarsi delle sue parole, si limitò a volgere il palmo della mano sinistra su di lui, su cui l’assalto evaporò all’istante, mentre con la destra continuava ad inquinare il copricapo del ragazzo, distruggendone il cimiero a forma di cigno e godendo dello scricchiolare macabro delle ali, che si sbriciolarono in pochi istanti, mentre i frammenti gli cadevano tra le mani.

"Ecco cosa rimarrà di voi e della vostra civiltà!" –Sintetizzò il Nume, chiudendo il pugno. –"Pulviscoli." –Aggiunse, riportando lo sguardo su Cristal e scaraventandolo indietro, travolto da un’improvvisa vampa di tenebra che abbatté l’intera foresta alle sue spalle. Sfruttando la stessa onda offensiva, il Cavaliere di Atena spalancò le ali dell’Armatura Divina, librandosi in alto e portandosi sopra il raggio d’azione dell’attacco, tentando poi l’offensiva dal cielo.

"Sopra o sotto, fa poca differenza! Io regno ovunque!" –Chiosò Erebo, spostandosi di lato, mentre il pugno di Cristal, colmo di energia glaciale, gli passava accanto, senza raggiungerlo, e allungando al qual tempo le dita della mano destra per generare daghe di pura tenebra. –"Tu invece torna alla terra che t’ha partorito!" –E gliele piantò nella schiena, dove le ali erano affisse alla corazza, prostrando il ragazzo al suolo. Ma questi fu abile a sbattere le stesse ali, sbalzando indietro il Nume assassino, prima di girarsi di scatto e portarsi a una certa distanza da lui, conscio di dover riuscire a mantenerla. Non solo per la potenza dei suoi attacchi, ma anche per l’aura mortifera che lo avvolgeva, un’aura in grado di debilitarlo, di oscurargli i sensi, persino di danneggiargli la respirazione se ne rimaneva troppo in contatto.

"Mi dispiace ammetterlo, ma Pegasus era ben più interessante avversario! Tu sei troppo freddo, troppo razionale nel tuo combattere! Mi hai già stancato!" –Sibilò la Tenebra Ancestrale, dando le spalle all’allibito Cavaliere di Atena e portando lo sguardo verso i resti della fortezza abbattuta, da cui un’improvvisa corona di luce si era levata, a rischiarare il cielo.

"Ma quella…" –La riconobbe subito Cristal, che tante volte l’aveva ammirata, assieme al Maestro dei Ghiacci e al compagno Abadir. –"È l’Aurora Boreale! Sono le luci del nord!" –E allora capì quel che doveva esser accaduto. –"Igaluk!"

"Pare che un altro dei tuoi compagni ci abbia lasciato!" –Chiosò Erebo, mentre le luci colorate scemavano di intensità e il cielo tornava plumbeo. –"Chissà che tra quelle rovine non vi siano altri da massacrare! Dovrei andare a verificare, in effetti, tanto più che la tua compagnia non mi è gradita!" –Aggiunse, sornione, espandendo la propria aura cosmica e concentrandola attorno al braccio destro.

"Non ci provare, bastardo!!!" –Gridò Cristal, scattando avanti, mentre già una tempesta di ghiaccio imperversava dietro di sé.

"Sciocco!" –Sibilò l’avversario, le labbra torte in un gelido sorriso compiaciuto. –"Danza di daghe!!!" –Tuonò, voltandosi di scatto e travolgendo il Cavaliere con una pioggia di strali neri, che fendettero la tormenta di neve, senza esserne neppure rallentati. Uno dopo l’altro, gli oscuri dardi raggiunsero Cristal, mitragliandone la corazza, scheggiandola, graffiandola, trovando infine uno spiraglio in quella quasi completa protezione e affondando nel braccio destro, poco sotto l’ascella.

Il biondo paladino di Atena strillò, prima che altre daghe energetiche lo raggiungessero, costringendosi a rimanere calmo e concentrato e sollevando un rozzo muro di ghiaccio a sua difesa. Non ci volle molto a Erebo a disintegrarlo, gli bastò scagliare un’unica devastante daga, che lo mandò in frantumi, scaraventando il Cigno nella neve sporca e avviandosi poi verso di lui. Gli inquietanti occhi rossi si tinsero di un ghigno divertito, spingendo Cristal a chiedersi chi o cosa dimorasse davvero dietro quella maschera orribile, quale forma potesse avere una così potente e perversa entità. Immaginarla un corpo umano, come quello di Atena o di Zeus, o persino di Loki, era impossibile. No, si disse il ragazzo, scuotendo la testa, Erebo non poteva avere un corpo umano, doveva essere per forza un mostro!

"E i mostri, in tutte le leggende, cadono vinti dagli eroi!!!" –Esclamò, concentrando il cosmo sulla mano destra, sommersa sotto un mucchio di neve, e infondendolo al suolo sotto di lui, portandolo a sollevarsi all’improvviso. Muraglie di ghiaccio sorsero ovunque attorno a Erebo, chiudendosi su di lui come fauci di creature composte di gelo, investendolo con tutta la loro potenza, mentre, all’interno di quel blocco di ghiaccio, la temperatura precipitò istantaneamente, paralizzando il Nume in una posizione sorpresa.

Affannando per lo sforzo, Cristal si rialzò, tenendosi il braccio dolorante, ma imponendosi di continuare a lottare. Sollevò entrambi gli arti al cielo, deciso a debellare una volta per tutte quella minaccia, come aveva fatto poc’anzi con Steno, quando notò un luccichio vermiglio dall’interno della rozza scultura di ghiaccio. Per quanto fosse impossibile ammetterlo, Erebo stava sogghignando!

"No!!!" –Gridò il ragazzo, sbattendo i pugni uniti di fronte a sé, più e più volte, e liberando l’impetuoso scorrere delle acque dell’aurora, che investirono l’ammasso di gelo proprio mentre questo andava disfacendosi.

Kaboom!!!

Una violenta esplosione, assordante come quella che aveva abbattuto la roccaforte di Alexer, scaraventò Cristal indietro, mentre una mortifera nube oscura si innalzava di fronte a lui, laddove avrebbe dovuto trovarsi il Nume congelato. Rabbrividendo, il giovane vide Erebo di nuovo di fronte a sé, senza neppure un graffio alla sua corazza o un cenno di stanchezza o sofferenza. Semplicemente rideva, divertito, ringraziando il Cavaliere per quell’improvvisa doccia fredda.

"Dopo eoni trascorsi nell’intermundi, ne sentivo proprio la necessità! Permettimi di ricambiare la tua generosità!" –Ghignò, chiudendo le dita della mano destra a metà, quasi stessero stringendo qualcosa di intangibile, che rivelò essersi una fumosa cortina di tenebra che andò circondando in fretta il paladino di Atena, prostrandolo a terra, fiacco e madido di sudore. –"Oh, non apprezzi il mio dono? Forse le tenebre infernali di cui sono signore non sono di tuo gradimento? Dovresti imparare ad apprezzarli, poiché questo sarà il mondo in cui i tuoi simili vivranno dopo aver giurato fedeltà a Lord Caos! Questo sarà l’unico cielo che rimireranno, l’unica aria che respireranno!"

"Sei… folle!!!" –Ringhiò Cristal, rimettendosi in piedi, sia pur barcollante ma ancora avvolto nel suo scintillante cosmo bianco.

"Mi hanno definito in molti modi, Cavaliere del Cigno! Signore dell’Oscurità, Padre delle Tenebre, Primo Nato, Tenebra Ancestrale, e altri epiteti che ti risparmio, sebbene uno credo mi calzi alla perfezione! Il Tenebroso! Non trovi sia efficace? Semplice, concreto, reale!" –Sibilò, chiudendo infine le dita del pugno mentre le ombre che danzavano attorno a Cristal si serrarono su di lui, avvolgendolo in un indistinto ammasso dal colore dell’ebano, che subito esplose, scagliandolo verso l’alto. –"Addio Cigno! Questo è il tuo ultimo volo! Danza di daghe!!!" –E mosse il braccio destro a spazzare, dirigendo contro il ragazzo migliaia e migliaia di strali di nera energia.

Cristal, sballottato dalla tempesta d’ombra, intontito dall’aura demoniaca del Nume, non riuscì ad evitare quell’ulteriore attacco, che lo investì con violenza, scavalcando le sue difese. Sentì le lame di energia trafiggerlo agli arti, al costato, persino sul volto, ma non poté far niente per difendersi. Solo precipitare a terra, rivolgendo, in quel disperato momento, l’ultimo pensiero a colei che amava.

***

Flare era inquieta.

Ritta sulle mura della fortezza di Asgard, osservava le nubi nere scivolare verso nord, il cielo fosco incrinato di tanto in tanto da fulmini e vampe di colore che indicavano gli scontri in atto nella Valle di Cristallo. Non che avesse bisogno di vederli, per capire quel che stava accadendo, le era piuttosto chiaro dall’incendiarsi continuo di aure cosmiche che ben conosceva. Aure che adesso, stringendo tra le mani le pietre del massiccio torrione, percepiva deboli e fiacche.

Per primo aveva sentito avvampare il cosmo di Cristal, subito seguito da quello del Principe Alexer, poi si era stupita nel sentir svanire quello di Shen Gado e di Igaluk, dopo che un meraviglioso gioco di luci aveva abbagliato l’intera vallata, recando conforto alla gente comune che era stata ospitata dentro le mura di Asgard. Infine, poc’anzi, aveva di nuovo percepito accendersi l’aura del suo compagno, intento a fronteggiare un cosmo pregno di un’infinita oscurità.

Mai, neppure nei grandi nemici che avevano flagellato i Nove Mondi, aveva incontrato una tenebra così profonda. Neppure nel Niflheimr, dove era stata imprigionata. E questo la fece rabbrividire.

"Tornerà! Abbiate fiducia in lui!" –La gioviale voce di Bard la rubò ai suoi pensieri, portandola a voltarsi verso il Capitano della Guardia che, con indosso l’uniforme di servizio, stava vigile accanto a lei sul camminamento di ronda. –"So che siete angustiata, lo siamo tutti! Ma Cristal è un abile guerriero, di indubbio valore! Ricordo ancora quando affrontammo il Leviatano assieme, nelle acque della baia, e poi le truppe di Loki, giorni addietro!"

"Il ragazzo parla con saggezza, Signora di Asgard!" –Intervenne allora un uomo che aveva conosciuto da poche ore, ma che pareva sapere molto su di lei e sulla storia del casato di Polaris, avendone seguito le gesta da lontano. –"Pur non avendo mai visto il Cavaliere del Cigno in azione, ho combattuto con i suoi compagni, Pegasus, Andromeda e Fenice, sulla Luna, percependo in loro una vitalità, una freschezza, una caparbietà che può essere sostenuta solo da una fede profonda, e da un ancor più profondo amore verso il futuro!"

"Ti ringrazio, nobile Mani!" –Gli sorrise la Celebrante, prima che una raffica di vento freddo la portasse a chiudersi la sciarpa attorno al collo, avvolgendosi nella pelliccia e incamminandosi giù dalle scale di pietra, seguita dal Capitano della Guardia. Per quanto Cristal e Alexer tenessero a bada l’Armata delle Tenebre a fondo valle, vi era la possibilità concreta di un’ulteriore offensiva, motivo per cui Bard non si fidava a lasciare Flare da sola, sorvegliandola a vista. Per questo il Principe aveva lasciato i due uomini, dal fisico robusto e dai ruvidi tratti maschili, a difesa della fortezza.

"Regina di Asgard, possiamo disturbarvi un momento?" –Chiese uno dei due guerrieri, che, al pari del compagno, attendeva spazientito nel cortile principale, rivestito della propria scura armatura, ornata di spuntoni minacciosi.

Flare annuì, fermandosi a rispettosa distanza. Per quanto fossero due alleati, inviati da Eracle in aiuto ai guerrieri del nord, la ragazza non poteva fare a meno di provare un certo timore in loro presenza, forse per l’aspetto rude o per i loro modi di fare, improntati ad uno stile prettamente bellico, che non comprendeva del tutto.

"Quando potremo combattere anche noi? L’ombra dell’ultima guerra avanza su Asgard, la percepiamo nitidamente!"

"Siete ansiosi di combattere, Heroes di Eracle!" –Giudicò la Celebrante di Odino, abbandonandosi ad un sospiro. –"Non avete già visto troppe guerre nella vostra lunga e valorosa esistenza? Così tanto bramate di viverne un’altra?"

"Siamo guerrieri, Regina di Asgard, e il nostro compito è combattere, come il vostro è invocare la benedizione e la clemenza degli antichi e saggi Numi affinché ci assistano in battaglia!" –Continuò l’uomo che aveva appena parlato, prima che la cavernosa voce del secondo si sovrapponesse alla sua.

"Vogliamo combattere! Sì! Non per voi, né per il popolo, ma per noi! Perché questo è ciò che sappiamo fare, ciò a cui abbiamo consacrato la nostra esistenza!"

"Avrete di sicuro la vostra occasione!" –Chiosò Flare, accennando un inchino e allontanandosi a passo svelto, scuotendo la testa. Il suo amato stava rischiando la vita, affrontando una qualche oscura Divinità decisa a distruggere Asgard e a sterminare le sue genti, e quei due non anelavano altro che a scendere in guerra? Non capiva, a volte, come gli uomini ragionassero, e questo la turbò. Se ci fosse stata Ilda, se lei fosse ancora viva, avrebbe saputo cosa dire loro, come gestire tutto questo!

Ma Ilda non c’era più, naufragata, assieme a Loki e a Surtr, in un oceano di memorie destinate a rimanere sepolte per l’eternità, finché un nuovo vento non avesse spento la fiamma del Distruttore, permettendo alla sorella e al Fabbro di Inganni di trovare meritata pace. Fu la voce del suo fedele consigliere a richiamarla, mentre varcava la soglia del Salone del Fuoco.

"Il vostro ospite desidera conferire con voi!" –La informò Enji, indicandole una porta che conduceva ai piani superiori della fortezza. –"Vi attende nella Torre della Solitudine!"

La Torre della Solitudine, ripeté Flare. Il luogo dove la sorella aveva trascorso gli ultimi giorni, le ultime settimane della sua esistenza, leggendo e studiando antichi tomi della biblioteca di famiglia, alla ricerca di un modo per impedire la conflagrazione universale scatenata da Surtr. Un luogo in cui, da allora, Flare non aveva più messo piede, ma che Avalon aveva gradito visitare. Fu lì che lo trovò, alla scrivania di legno a cui anche Ilda amava trascorrere le serate, a sfogliare vecchi volumi alla tiepida luce di una candela.

"Salute a voi, Flare di Polaris!" –La salutò, non appena entrò nella piccola stanza in cima alla più alta torre della cittadella.

"Sommo Avalon, come posso assistervi?!" –Si inchinò prodiga la fanciulla, mentre il Principe Supremo degli Angeli le si avvicinava, aiutandola a rialzarsi e pregandola di mettere da parte l’etichetta.

"Stavo ammirando il lavoro di vostra sorella, la meticolosità con cui ha riunito preziosi documenti, conservandoli in maniera eccellente!"

"Ilda ha sempre avuto a cuore la storia e la cultura del suo regno, conoscendola in maniera molto più approfondita di me!" –Confessò la fanciulla dai capelli biondi.

"Non crucciatevi! Siamo tutti diversi al mondo ma ognuno offre il proprio contributo, in base alle proprie capacità! Ilda era una valchiria, l’erede vivente di Brunilde, una donna straordinaria in grado di conciliare le funzioni di saggia celebrante con quelle di valorosa condottiera! Voi, dal canto vostro, siete uno spirito colmo d’amore, che riversate ogni giorno in coloro che vi circondano, siano questi il vostro popolo, che vi guarda con ammirazione e occhi colmi di speranza, o il vostro compagno."

"Sommo Avalon, io…" –Flare arrossì per un momento, non sapendo cosa rispondere, ma il Signore dell’Isola Sacra le carezzò il volto niveo, sussurrandole di essere forte, di attingere al ricordo della sorella e nutrirsi della sua risolutezza, prima di scostarsi e strusciarsi il mento meditabondo, lanciando un’ultima occhiata fuori dalla finestra. Le nubi tenebrose stavano ormai per lambire la fortezza di Asgard, l’ultimo avamposto umano prima del Mare Artico, gravando l’animo di tutti coloro che dimoravano al suo interno.

"Temo che i nostri pericoli non si esauriscano qua!" –Commentò infine.

"Cosa intendete dire?!" –Si rabbuiò all’istante la Celebrante di Odino.

"Che altri stanno arrivando!" –Parlò allora una terza voce, prendendo Flare alla sprovvista e facendola voltare di scatto. Seduto su una poltrona, abbigliato di vesti comuni, probabilmente appartenute un tempo al padre delle sorelle Polaris, un uomo dal volto austero e dai lunghi capelli castani aveva ascoltato pensieroso i dubbi di Avalon, dovendo infine dargli ragione.

"Qualcosa di terribile sta per accadere! È strano, troppo strano, che il nemico si attardi così tanto, perdendo tempo nella Valle di Cristallo!"

"Sospettate qualcosa?" –Domandò allora Flare.


"Dell’ombra sospetto sempre." –Chiosò Avalon.

Flare, a quelle parole, sospirò, prima che l’esplodere improvviso del cosmo di Cristal attirasse nuovamente la sua attenzione. Torna! Fremé, chiudendo le mani a preghiera. Me lo hai promesso, Cavaliere! Hai promesso di regnare al mio fianco, proteggendo questo popolo che ti ama! Come io amo te! Torna, Cristal!

***

Quella preghiera dovette raggiungere il Cavaliere di Atena, stretto, in quel momento, in un’algida morsa dalle tenebre di Erebo, con cui il Nume lo stava tenendo fermo contro un tronco d’albero, fissandolo con eccitati occhi rossastri.

"Mostrami il tuo potere!" –Sibilò, muovendo appena le labbra. –"Mostrami il potere di cui il Gran Maestro del Caos mi ha parlato! Concedimi un assaggio di ciò che a tal punto l’ha impensierito!"

"Non… so cosa tu stia farneticando…" –Rantolò il Cigno, bruciando il proprio cosmo. –"Ma se vuoi combattere, non mi tirerò indietro!" –E sollevò una mano, chiudendola ad afferrare un bracciale dell’armatura di Erebo. Ma bastò quel contatto, quel lieve tocco, per ustionare il guanto protettivo di Cristal, costretto ad allontanarlo all’istante, mentre una tossica nube nera si spandeva da esso.

"Ahu ahu ahu! Ancora insisti con i tuoi trucchi, Cavaliere? Dovresti aver capito che la magia dei ghiacci non ha effetto su di me. Come mai potrebbe? Credi forse che non abbia provato, negli eoni trascorsi nell’intermundi, il gelo dentro? Un gelo profondo, che ha colmato l’anima di tutti noi Progenitori di solitudine, smarrimento e disperazione. Un gelo di cui quello che mi rivolgi contro è un pallido surrogato!!!" –Gridò Erebo, gettando in aria il ragazzo, travolto da un turbine di tenebra. –"E ora muori, con la consapevolezza di aver fallito! Muori, con il rimpianto di non aver difeso questa città! Addio, Cigno! Danza di daghe!!!"

Un semplice movimento del braccio del Nume generò una raffica di strali neri, che saettarono verso l’alto, tempestando il corpo indebolito del Cavaliere di Atena, stretto in una ferrea morsa dal vortice tenebroso di Erebo. Fece per muoversi, ma il solo tentarvi gli strappò un gemito di dolore, eppure doveva tentare. Doveva farlo per Flare, che attendeva trepidante il suo ritorno a casa, per le genti del nord, che lo avevano eretto a faro di speranza, per Alexer, che giaceva inerme sotto cumuli di rovine, per i suoi compagni e per Atena, che combattevano contro la stessa ombra.

No!!! Si disse, avvampando nel proprio cosmo bianco. Le ali del Cigno non sono ancora spezzate! Io posso ancora volare!!! E bruciò la propria energia interiore, liberandola come un uccello dal bianco piumaggio, che spalancò le ali, dilaniando il turbine di tenebra e balzando in alto.

"Erebooo!!!" –Lo chiamò Cristal, splendido, attorniato da una lucente aura glaciale. –"Vengo da teee!!!" –E si lanciò in picchiata, con i pugni uniti sopra la testa, roteando su se stesso come una cometa di pura energia.

Il Nume Ancestrale sogghignò, divertito da quella nuova sfida, limitandosi a volgergli contro il palmo della mano, su cui concentrò l’oscura materia di cui era padrone, alzandola come scudo su cui si infranse l’assalto di Cristal. Ma questi, anziché allontanarsi, anziché fuggire sconfitto, continuò a insistere, a roteare vorticosamente su se stesso, infondendo nei pugni tutto il suo cosmo glaciale.

"Incredibile!!!" –Fu costretto ad ammettere il Signore delle Tenebre, osservando l’equivalersi delle due forze in atto: l’ombra, così forte e mortifera, in grado di far evaporare il ghiaccio all’istante, disperdendolo in torbide nubi nere, e il ghiaccio stesso, che riusciva a ricrearsi di continuo, inserendosi come barriera sottile ma continua in grado di proteggere il Cavaliere dal venefico cosmo di Erebo. –"Pfui!!!" –Tuonò infine il Nume, liberando un’onda di energia oscura che travolse il Cigno, scaraventandolo molti metri addietro, tra fango, neve sporca e pietrisco, imbrattando e graffiando ulteriormente l’Armatura Divina. –"I miei complimenti, mi hai indotto a impegnarmi di più! Ma se tutto lo sforzo che vi hai infuso è servito solo a farmi usare la mano, al posto di un dito, cosa farai quando userò il mio cosmo per intero?" –Ghignò, espandendo la propria aura mortifera, che si innalzò come una muraglia d’ombra, allargandosi ai lati e infettando il suolo e la foresta vicina.

In un attimo la neve cambiò colore, dando addio al candore incontaminato di secoli e tingendosi di un putrido nero fangoso; gli alberi appassirono, la terra tremò e vomitò pece nera, e quel che un tempo era stata la Valle di Cristallo adesso pareva una propaggine infernale del regno di Hel.

No, rifletté il Cavaliere. Neppure il mondo della figlia di Loki era così tenebroso e nocivo! Ma non ebbe il tempo di pensare altro che già Erebo aveva sollevato un braccio al cielo, generando una spirale oscura da cui presto spuntarono aguzzi pungiglioni di energia.

"Il tuo cosmo è notevole, come lo era quello del Cavaliere di Pegasus, uomini sempre pronti a rialzarsi pur con il corpo a pezzi!" –Ammise il Nume tenebroso, più parlando a se stesso che a Cristal, che faticava a stare in piedi. –"Pur tuttavia siete soltanto uomini, di cosa mai dovrei aver paura? Non capisco perché il Gran Maestro del Caos mi abbia messo in guardia da voi! Cosa può un uomo di fronte a un Dio Ancestrale?" –Scosse la testa, turbato da quegli stupidi pensieri che non riteneva degni di lui, e liberò la pioggia di strali cosmici, solo per percepire lo schiantarsi furioso di un fulmine azzurro a pochi passi da lui.

Fu un attimo, ma sufficiente per balzare indietro, evitando la scintillante folgore, che rischiarò l’armatura azzurra di un uomo apparso davanti a lui. Alto e bello, con un filo di barba macchiata dal sangue di una ferita aperta sotto l’occhio, il Principe Alexer teneva lo sguardo inchiodato su di lui, deciso a vendicare i Blue Warriors caduti per mano sua.

"Cristal, permettimi di combattere assieme a te!"

Il ragazzo annuì ed un nuovo scontro stava per avere inizio.