CAPITOLO VENTICINQUESIMO: LIVORE PROFONDO.

Sul ponte che collegava la Conchiglia Settentrionale con quella ove risiedeva Hina un violento scontro era in atto, iniziato quando Nesso del Pesce Soldato aveva avvistato un ragazzetto in armatura azzurra avanzare celato tra le costruzioni dell’Avaiki. All’apparenza sembrava avere la sua età, o quanto meno l’età che aveva quando era morto, e, oltre ad avere lo stesso fisico atletico, era ben allenato nella corsa, rapido nei movimenti e ugualmente silenzioso. Se fosse stato uno degli Heroes, sarebbe potuto essere un incursore suo pari.

Ed invece era un Forcide, il settimo nella gerarchia interna, come ebbe a presentarsi lui stesso.

"Kelpie è il mio nome, come il demone acquatico dalla forma di cavalli neri che infesta i laghi della Scozia e dell’Irlanda del Nord! E tu, giovane malcapitato, sarai presto travolto dalla mia mandria! Bäckahästen!!!" –Gridò, portando avanti entrambe le braccia e liberando il suo assalto sotto forma di centinaia di cavalli di cosmo, dal manto nero e dagli occhi di brace, che sfrecciarono lesti di fronte a lui, scivolando su un letto d’acqua spumeggiante.

"Non mi piace la carne di cavallo!" –Commentò Nesso, divertito, espandendo il proprio cosmo e alzando di scatto il braccio destro, sollevando un’impetuosa corrente d’aria. –"Sospiro nel vento!!!" –Gridò, mentre la tempesta, levandosi dal basso, scagliava verso l’alto la mandria di cavalli di Kelpie, che storse le labbra infastidito. Ma prima che potesse abbozzare una nuova strategia fu costretto a scattare di lato, per evitare gli affondi che il fedele di Eracle gli stava rivolgendo contro. –"Frecce del mare, colpite!!!"

I dardi di luce azzurra martellarono la corazza di oricalco, scheggiandola in più punti, per quanto Kelpie cercasse di portarsi a distanza di sicurezza, avvolgendosi nella bruma schiumosa del suo attacco. Ma proprio mentre saltava sul cornicione del ponte di sabbia, venne afferrato per un calcagno e sbattuto a terra, perdendo l’elmo nell’impatto. Dimenandosi, realizzò che era stato agguantato da una fune arpionata che Nesso gli aveva scagliato contro, estraendola dal bracciale destro della sua corazza, una delle più dotate di accessori da battaglia.

"Stai fermo un momento! Voglio parlare!" –Gli disse, iniziando ad arrotolare la fune e trascinando il ragazzo a sé.

"Perché dovrei farlo? Il mio compito è avanzare verso la Conchiglia Madre, non perdermi in chiacchiere!" –Gli sputò questi in faccia, prima di portare avanti le braccia e liberare, da vicino, il proprio colpo segreto. I cavalli di nero cosmo sorsero dal suolo attorno a Nesso, sollevandolo di peso verso l’alto, spezzando la corda che imprigionava Kelpie.

Il giovane eroe del Pesce Soldato tentò di aggrapparsi alle pareti interne dell’Avaiki, tirando fuori gli arpioni dentati dal bracciale destro della corazza, ma essendo una cupola di puro cosmo non riuscì ad aderirvi, precipitando verso terra. Ebbe l’arguta idea, poco prima di schiantarsi contro il suolo, di sollevare la propria corrente d’aria, provando su se stesso il colpo segreto, che gli permise di attenuare l’impatto, fino a depositarlo a terra con solo qualche graffio sulla corazza.

Kelpie strinse i denti seccato per la prontezza di spirito di quel ragazzo, che rischiava di fargli perdere tempo. Aveva già sentito il cosmo del Primo Forcide varcare i confini dell’Avaiki, e di certo l’Isonade e l’Iku-Turso stavano già dando prova del loro servilismo, mentre lui non era ancora riuscito ad entrare nella Conchiglia Madre. Chiudendo il pugno con rabbia, lasciò che il cosmo schiumeggiasse attorno a sé, prima di lanciarsi di nuovo all’attacco. Nesso fece altrettanto e i loro colpi si scontrarono a mezz’aria, ma solo uno ebbe la meglio.

***

Ascanio non poteva credere ai suoi occhi, convinto di essere vittima di un inganno, di un potente incantesimo in grado di distorcere la realtà. Perché, se così non fosse stato, avrebbe dovuto ammettere che l’uomo che aveva di fronte, il possente Tiamat dell’Abisso Oscuro che era stato in grado di mettere in difficoltà gli Heroes e persino il glorioso Comandante dei Cavalieri delle Stelle, era un uomo che credeva morto.

Il suo vecchio compagno di addestramento ai Cinque Picchi.

"Non… è possibile… Tebaldo…"

"Vedo che infine ricordi… non hai dunque rimosso il ricordo della tua vergogna?!" –Ringhiò questi, stringendo con maggior forza attorno al collo dell’uomo, gli occhi che lampeggiavano d’ira.

"Ma tu… moristi, quel giorno, ad Atene…" –Rantolò il fedele di Avalon. –"Durante le Panatenee, durante l’attacco dei soldati del Sole Nero… il corpo spezzato, sommerso da cumuli di macerie…"

"Mi vedesti e non facesti niente!!! Mi lasciasti lì, ad esalare l’ultimo respiro, sotto un sole straniero!!! Anziché prenderti cura di me, come io avevo fatto con te, quando febbricitante e delirante giungesti nelle terre di Cina per inseguire chissà quale stupido sogno infantile! Così mi ripagasti? E ora guarda il frutto delle tue azioni sconsiderate, osserva il mio volto! Eh no, non distogliere lo sguardo… ammira come sono diventato!"

Con riluttanza, Ascanio fu costretto a guardarlo in faccia, trattenendo un gemito di disgusto per il viso deturpato dell’antico compagno. Dei suoi lunghi capelli castani non rimaneva niente, solo radi ciuffi che costellavano un cranio deformato, addirittura schiacciato in alcuni punti. Il viso, un tempo limpido e solare, era segnato da cicatrici, una delle quali gli tagliava a metà l’occhio destro, facendolo apparire storto a chi lo osservasse, e il colore grigio, quasi argenteo, che aveva apprezzato da ragazzo nelle sue pupille era scomparso, sommerso da un giallo smunto, simile agli occhi di un serpente.

"Ti piaccio, eh?! Sono proprio bello! Certo, non come te, che sei perfetto in tutto, ma io mi accontento, perché al posto di questo viso sfregiato potrei essere morto e allora meglio questo che la fine di tutto!" –Sibilò colui che anni addietro era stato Tebaldo.

"Com’è possibile?! Come puoi essere vivo?! Eri morto! Morto!!!"

"Oh sì, lo ero davvero, per quanto tu non ti preoccupasti nemmeno di sincerartene! No, tu scegliesti la tua strada, fregandotene degli altri, anche di chi ti aveva salvato la vita! Andasti sull’Olimpo e diventasti un Cavaliere Celeste e poi un galoppino di Avalon e di me ti dimenticasti! Che fossi morto o vivo, che cosa importava in fondo? Ero solo uno stupido apprendista, uno dei tanti che quel vecchio prugna viola aveva avuto nel corso di duecento sprecati anni di vita!!!"

"Non… parlare così del nostro maestro!!!"

"Ah no?! Perché non dovrei? Anche lui, al tuo pari, mi ha abbandonato! Avrebbe potuto alzare le sue rachitiche chiappe putride e venirmi a salvare, anziché lasciarmi marcire sotto torridi detriti! Oooh, quanto ho goduto, quando Anhar mi ha portato notizia della sua morte! Quando Anhar mi ha portato le dita che gli aveva mozzato in combattimento!!!"

"Che… cosa?! Conosci Anhar? In che rapporto sei con lui?!"

"Intimi, tanto quelli che ti legano al Gran Tessitore dell’Isola Sacra!" –Sussurrò il Primo Forcide. –"E adesso te lo dimostrerò!" –Aggiunse, avvolgendo il corpo di Ascanio in una nube nera e scaraventandolo in alto. –"Ora ti mostrerò il potere dell’Abisso Oscuro, la furia di Tiamat!!! Muori, Ascanio!!! Apocalisse oscura!!!"

La devastante tempesta di energia nera travolse il Comandante dei Cavalieri delle Stelle, intrappolato nel maglio di tenebra da cui non riusciva a liberarsi, scaraventandolo molti metri addietro, nell’interno della Conchiglia Occidentale, di fronte agli occhi terrorizzati di Alcione e Pasifae. Ruzzolò, Ascanio, stringendo i denti all’impatto, l’armatura scheggiata in più punti, i magnifici coprispalla a forma di drago danneggiati, ma più di questo fu il dolore per le parole di Tebaldo, che cancellavano qualunque gioia potesse provare per saperlo vivo.

"Io… non riesco a capire…" –Mormorò, rialzandosi. –"Cosa accadde davvero quel giorno? Come sei riuscito a sopravvivere?"

"Fui scelto. Come lo fosti tu."

"Da chi?!" –Esclamò Ascanio, cogliendo un guizzo d’orgoglio nella voce dell’antico compagno. –"Da Anhar?!"

"Precisamente. Ricordo ancora, come fosse oggi, la prima volta in cui lo vidi. Giaceva il mio corpo spezzato su un carro di legno, dove gli alacri servitori della Vergine Dea mi avevano messo, assieme ai cadaveri di tutti coloro, soldati o semplici fedeli, che erano caduti quel giorno d’estate. Sentivo il sole sulla mia pelle, sentivo le grida e i pianti del popolo in lutto e, su tutto, sentivo l’odore acre della morte, che stava venendo a prendermi. Il mio corpo, probabilmente, già se lo era preso, non essendo in grado di muovere alcun muscolo, ma l’anima ancora permaneva, esitando ad abbandonare le spoglie che l’avevano ospitata fino ad allora, in quei tredici miseri anni. Fu quando accesero il fuoco, alle pire su cui ci avevano posizionato, per tributarci l’ultimo saluto, che lo sentii. Se avessi avuto ancora gli occhi, li avrei aperti e lo avrei visto lì, immobile sopra di me, intento a scrutarmi incuriosito, a leggermi nel cuore, a inebriarsi dei turbamenti che mi agitavano l’animo. Era un immenso angelo nero, con ali di tenebra, che io credetti fosse la morte. Come fu strano, se ancora ci ripenso, non esserne stato per niente spaventato, tutt’altro. Quel che provavo, quel che davvero sentivo, era il dolore per essere stato abbandonato, per non essere stato un amico, un affetto, un compagno così importante da non meritare neppure di essere salvato da te! Ti odiavo, Ascanio! Stavo morendo, la morte mi avrebbe condotto alla Bocca di Ade, eppure tutto quello che riuscivo a pensare era soltanto che ti odiavo!!!"

"Tebaldo, mi dispiace…" –Mormorò il Cavaliere delle Stelle, ricevendo in risposta solo un’onda di energia nera che lo spinse indietro, schiacciandolo contro il muro di una costruzione e prostrandolo poi a terra.

"Lo credevo anch’io, all’inizio! E per tutto quel tempo, mentre la pira ardeva e l’ultima stilla di vita si esauriva in me, credetti che ti avrei sentito arrivare, gridare con rabbia, ruggire per salvarmi, ardimentoso come sempre avevi lottato, anche durante la prova di pancrazio! Ma poi ricordai quel che Koroibos mi aveva detto quel pomeriggio, sul tuo destino. Era altrove. Ed era vero, di certo non era con me! Con quel pensiero nel cuore, con quell’odio mi apprestai a morire, quando sentii un freddo improvviso attorno a me. Capii allora di essere morto, di aver varcato i cancelli di Ade, ma sorprendentemente potei aprire gli occhi. A fatica, non riuscendo a schiudere le palpebre del tutto, ma a sufficienza per ammirare il volto tetro e dannato di colui che mi aveva salvato. L’angelo oscuro chiamato Anhar, impressionato da quanto odio fossi in grado di provare, una stilla rispetto a quello che egli covava nel cuore, ma pur sempre un inizio, secondo lui. Mi prese con sé e mi curò con una fiamma nera che mai avevo visto in vita mia, una fiamma che attingeva ad un’oscura sorgente, al momento quietata, ma che presto, mi disse, sarebbe tornata a ricoprire il mondo! Una fiamma in grado di creare, plasmare e alterare la materia e con la quale Anhar riattivò il mio corpo spezzato. Ma non il volto, quello no, non volli che lo sistemasse. Quello sarebbe dovuto rimanere per sempre così, a memoria imperitura di quel che mi avevi fatto quel giorno, abbandonandomi! E per mostrarti, adesso che infine ci siamo ritrovati, cosa farò a te, come sarà il tuo bel viso quando avrò finito!"

"Tebaldo, ascolta, Anhar ti ha imbrogliato, ti ha adescato con le sue parole, come sempre ha fatto con tutti!" –Ma il Primo Forcide non gli diede tempo di aggiungere altro, balzando rapido su di lui, un guizzo d’ombra dalle mani artigliate, sollevandolo di peso e sbattendolo contro il muro alle sue spalle.

"Anhar ha fatto molto di più! Mi ha ridato uno scopo per cui vivere, incanalando il mio odio in un più grandioso progetto! Io, Ascanio, sono l’allievo di Anhar, l’allievo del Maestro di Ombre! Il figlio dell’Angelo Oscuro! Io sono Tiamat!!! Così devi chiamarmi, con questo nome dovrai implorarmi!!!" –Aggiunse, rabbioso, colpendolo con un destro al petto e scagliandolo in alto. Quindi, anziché rimanere inerte ad aspettare che ricadesse al suolo, il Primo Forcide balzò in alto, avvolto nel suo cosmo oscuro, tempestando il corpo del Cavaliere delle Stelle di migliaia di pugni, affondi e lampi di energia, fino a schiantarlo al suolo, in un ampio cratere che andò chiazzandosi di sangue e lucenti frammenti di armatura.

"In… credibile…" –Rantolò il Comandante Ascanio, che solo il giorno prima aveva fronteggiato Anhar nel corpo del Cavaliere della Vergine. –"Pare persino essergli superiore… Il suo cosmo, di sfumature divine, sia pur oscure, è ornato."

"Non riesci ad accettare la realtà, Ascanio? Non riesci a credere che possa esistere qualcuno in grado non solo di tenerti testa ma anche di sconfiggerti? Ipotesi che nel corso della tua lunga e vittoriosa vita non ti è mai balenata nel cervello, immagino!"

"No! Mai!!!" –Avvampò il discepolo di Avalon, rialzandosi ed espandendo il proprio cosmo. –"E che mai troverà ragion d’essere!" –Aggiunse, portando avanti il braccio destro e liberando il suo colpo segreto. –"Attacco del drago di sangue!!!"

"È inutile!!!" –Chiosò Tiamat, sul cui palmo aperto era già comparso il buco nero difensivo, che inghiottì la vermiglia sagoma del dragone di Britannia, facendola scomparire. –"Conosco i tuoi attacchi! Ti ho osservato crescere, addestrarti a Glastonbury, con i Cavalieri dell’Ultima Legione, ti ho visto diventare l’allievo di Avalon e infine sfoderare il Talismano là custodito! E so come contrastare ciascuno dei tuoi assalti, mentre tu, di me, non sai niente!"

"Se mi hai tenuto d’occhio per tutto questo tempo, allora saprai anche che non ti ho mai dimenticato, Tebaldo!"

"Non… chiamarmi… così!!!" –Ringhiò, liberando un’onda di energia, che quella volta Ascanio evitò, saltando in alto, sopra la stessa e atterrando proprio davanti al Primo Forcide.

"Quello è il tuo nome! Il nome dell’amico con cui trascorrevo le giornate ad allenarmi, ai piedi della Cascata del Drago, di fronte all’occhio attento di un maestro che amava entrambi, come ha amato tutti i suoi allievi! Puoi disquisire quanto vuoi, infangare il nostro nome, ma non potrai mai alterare i ricordi, perché quelli tali sono! E se la verità ti fa male, allora io te la mostrerò!" –Esclamò il giovane, allungando la mano verso il volto di Tiamat e afferrandogli la fronte, lasciando che i loro cosmi entrassero in contatto. –"Trasmigrazione dell’anima!!!"

Il Primo Forcide fece per travolgerlo di nuovo, quando percepì un mancamento improvviso, come se l’anima gli fosse stata strappata via dal corpo. Istupidito, si ritrovò a fluttuare nel vento, fuori dall’Avaiki, fuori dal mare, trasportato in un cielo di immagini note e meno note, che il cosmo di Ascanio stava riordinando. Per prima, si rivide bambino, un orfano abbandonato da una famiglia povera di un cantone cinese, solo e in lacrime ai piedi di un albero. E vide per la prima volta quando Dohko lo trovò, attratto dai vagiti e dal cosmo che percepiva latente dentro di lui. Vide come lo riscaldò, donandogli il tepore di un abbraccio e di una famiglia, e come lo crebbe, pur senza mai venir meno al suo compito primario, aiutandolo a prendere coscienza dell’energia che possedeva. Un’energia pura, immacolata, speranzosa, come quella di un giovane che amava la vita, la natura e la placida esistenza ai Cinque Picchi.

Poi le immagini cambiarono e il sole cedette il posto ad una notte di pioggia. Il Forcide tremò, ricordandola in prima persona, poiché era la notte in cui aveva trovato Ascanio, ai margini di un campo di bambù. Da allora era diventato il suo compagno di addestramenti, il primo amico che avesse mai avuto in quella solitaria vallata nel cuore della Cina, condividendo con lui sogni e ideali, pur provando la spiacevole sensazione di essergli sempre inferiore. Nonostante fossero meno anni che si allenava, Ascanio era più lesto ad apprendere, più forte nel combattimento, più scaltro nell’atterrarlo, come Koroibos ebbe a confermare osservandolo lottare nella gara di pancrazio. Infine, a quelle immagini ne seguirono altre, che entrambi ben conoscevano, i ricordi delle Panatenee, l’attacco dei Soldati del Sole Nero e il crollo di alcuni edifici sopra di loro. Quello che Tebaldo non aveva mai visto, ma che Anhar poi gli aveva raccontato, fu la comparsa di Ermes, scintillante e etereo, quasi danzasse in quel caos che imperversava in tutto il Santuario. Ne ascoltò le parole, osservando l’espressione attonita sul volto di Ascanio e ugualmente affranta. Vide, in lui, per la prima volta, una traccia di esitazione, che però subito scomparve quando afferrò la mano del Messaggero Olimpico, dicendo addio alla sua vita precedente.

"Facesti la tua scelta, quel giorno, Ascanio, ed io ho fatto la mia!" –Tuonò il Primo Forcide, tentando di sottrarsi a quel viaggio tra i ricordi. Ma il potere del Comandante di Avalon lo teneva avvinto a sé, forzandolo a condividere frammenti di passato, due anime in un solo corpo.

"Non hai ancora visto tutto." –Si limitò a commentare il Cavaliere della Natura, mentre le immagini mutavano ancora, rivelando adesso una verde campagna, un prato fiorito, un colle terrazzato con un’alta torre diroccata sulla sommità.

"Glastonbury…" –Riconobbe Tiamat, osservando il giovane Ascanio crescere e diventare un adulto, indossare l’Armatura Celeste e venire iniziato ai misteri. Tutte cose che già sapeva, che Anhar gli aveva raccontato dopo averle scoperte, e che lo irritarono al punto da portarlo ad espandere il proprio cosmo oscuro, obbligando l’antico compagno ad uno sforzo ulteriore per mantenere salda la visione. Così il Primo Forcide fu costretto ad osservare ancora, scoprendo un ricordo che non conosceva, estrapolato da un giorno in cui Ascanio aveva disertato, abbandonando Avalon e la Britannia stessa, per recarsi da solo e in incognito ad Atene.

Non lo aveva mai saputo, né ritenuto possibile, eppure eccolo là, avvolto in mantelli di stracci per nascondere le sue erculee fattezze, mentre si aggirava tra le abitazioni del Grande Tempio, diretto verso il lato nascosto della Collina della Divinità, dove si trovava il cimitero degli eroi morti in nome di Atena. Tra la miriade di tombe che ne costellavano il campo, molte anonime e ricoperte di polvere e rampicanti, Ascanio si sedette di fronte ad una, che commemorava tutti coloro che erano caduti il giorno delle Panatenee. E lì pianse.

Rimasero così per lunghi istanti, l’Ascanio di allora, in ginocchio nella polvere dei ricordi e dei rimorsi, e l’Ascanio di adesso, con una mano ancora sulla fronte di Tebaldo, per mostrargli quel che non sapeva. Durò poco, ma diede tempo a entrambi di riflettere e di reagire.

"Idiozie!!!" –Ringhiò il Primo Forcide, avvampando nel proprio cosmo oscuro e scaraventando il Cavaliere di Avalon molti metri addietro, per quanto questi, aspettandosi un tale attacco, fosse stato abbastanza abile da incrociare subito le braccia davanti a sé, riparandosi in parte. –"Cosa volevi mostrarmi, Ascanio? Che almeno una volta mi hai pensato? Ben poca, rispetto alle volte in cui ti ho pensato e maledetto io, ricordandoti mentre mi allenavo, mentre irrobustivo il mio fisico, fortificando i miei poteri e il mio cosmo grazie all’ombra di cui il mio maestro mi fece dono, l’ombra di un antico potere che presto tornerà a ricoprire la Terra!"

"Volevo soltanto che tu sapessi che né io, né Dohko, ti abbiamo mai dimenticato! Sei rimasto nei nostri cuori, come l’amico e l’allievo perduto di un tempo, e che, se avessimo potuto, avremmo voluto che le cose fossero andate diversamente!"

"Ma voi avreste potuto!!! E invece avete compiuto una scelta diversa, avete scelto di non scegliere, abbandonandomi e proseguendo per la vostra strada!!!" –Gridò furioso Tiamat, cui Ascanio rispose con un sospiro sconsolato.

"Così era il nostro destino!" –Chiosò, sollevando infine le braccia in posizione d’attacco. –"Ma se le mie parole non bastano per cacciar via il dolore dal tuo cuore, lo faranno le mie azioni, quelle con cui combatterò l’uomo malvagio che sei diventato! Non posso avere remore, Tebaldo, neppure con te! Se davvero sei allievo di Anhar e con lui hai condiviso i progetti per la fine del mondo, la nostra amicizia finisce qua, confinata in un ricordo che nessuno potrà più sfiorare, per quanto sangue, dolore e morte possano scaturire quest’oggi tra noi!"

"Combattimi, sì, Ascanio! Ma non credere di potermi vincere! Non hai la forza per resistere all’ombra!!!" –Avvampò Tiamat, mentre il Cavaliere delle Stelle si lanciava verso di lui, avvolto nel suo divampante cosmo bianco e rosso. Un buco nero si interpose immediatamente tra i due contendenti, risucchiando l’assalto di Ascanio, che subito scartò di lato, tentando l’affondo da una diversa posizione, ma la macchia di tenebra si spostò con lui, sempre posizionandosi di fronte al Primo Forcide, senza neppure che egli muovesse le dita. Inorridendo, il Comandante dei Cavalieri di Avalon vide anche il secondo ed il terzo attacco andare a vuoto, assorbiti da quella scura chiazza che pareva fosse viva. E forse, temette il giovane, ricordando i pericolosi esperimenti di Anhar e dei suoi accoliti, lo era davvero.

"La maestria di ombre…"

"Un’antica ed efficace pratica di cui il mio maestro mi ha reso partecipe e che mi ha impressionato al punto da farla mia, come vedi, Ascanio! Questo è il potere di Tiamat dell’Abisso Oscuro, questo il potere dell’angelo oscuro! Piegare le ombre al proprio volere e servirsene! Ho imparato bene, che te ne pare?" –Ghignò, muovendo il braccio destro e liberando una moltitudine di fatue evanescenze dal colore dell’ebano che dal buco nero si allungarono verso Ascanio, per quanto egli balzasse di lato in lato per evitarle. –"Rapsodia di ombre!!!"

In un attimo il glorioso Comandante venne afferrato e gettato a terra, mentre sinuosi tentacoli oscuri si avvinghiavano al suo corpo, stritolandolo, piegandogli gli arti in pose innaturali, torcendogli persino il collo in modo da potergli sempre mostrare il volto deformato che stava ordinando quella tortura. Il volto che ormai aveva smesso di conoscere, non trovandovi più niente del vecchio amico. Solo un nuovo pericolo.

"Eppure…" –Rantolò Ascanio, deluso dal fallimento della sua tecnica mentale.

Aveva sperato, usandola, di poter risvegliare in Tebaldo il ricordo dei giorni lieti trascorsi in Cina, i sogni di servire Atena e la giustizia, proprio lui che a quegli ideali, anche solo per onorare il maestro che era più di un padre per entrambi, amava dedicarsi anima e corpo. Ma l’ombra di Anhar ormai gli aveva nutrito il cuore e di quel ragazzo non era rimasto niente. Era vero, allora, quel che Tebaldo o Tiamat gli aveva detto all’inizio del loro scontro. Il legame tra lui e Anhar era lo stesso che univa Ascanio e Avalon.

"Avalon…" –Mormorò, mentre tentava di resistere e liberarsi da quei tentacoli di tenebra. Lui sapeva. Doveva sapere, che Tebaldo era ancora vivo. Avrebbe dovuto vederlo nel Pozzo Sacro, avrebbe dovuto dirglielo, ben sapendo quanto Ascanio gli fosse affezionato. Eppure aveva taciuto e lo aveva persino spinto in guerra, spinto a seguire Asterios in Oceania.

"Va’ con lui, Ascanio! Non c’è bisogno di te ad Asgard!" –Gli aveva detto, congedandolo al termine del concilio di tutti i regni divini. E Ascanio aveva obbedito, come sempre, credendo che fosse la cosa migliore per l’equilibrio delle forze in campo. Eppure, adesso, di fronte alla scioccante rivelazione, non poté fare a meno di pensare che Avalon avesse deciso di inviarlo nell’Avaiki per scoprire la verità e fronteggiarne le conseguenze. Sì, si disse, stringendo i pugni. Avalon doveva aver visto quel che avrei incontrato qua sotto! E forse ha fatto bene a non dirmi niente, per mettermi di fronte alla cruda verità e alla necessità di una scelta.

"La mia scelta è una soltanto!" –Affermò deciso, chiudendo i pugni ed espandendo il proprio cosmo in un’alba di luce argentea che sfaldò la coperta d’ombra in cui era avvolto, traforandola e infine disintegrandola. –"Combattere! Questo è ciò che so fare, ciò per cui sono nato e che era destino facessi! Combattere e guidare alla vittoria coloro che credono in me, come i miei avi nei tempi antichi! Trema Tiamat, di fronte alla furia dei draghi di Albion! Se per un momento ho messo da parte me stesso, travolto dal ricordo della nostra fanciullezza e dell’amicizia che ci legava, adesso ho ricordato chi sono, ed è stata proprio la tua violenza a farmi rinvenire! Io sono l’erede di Avalon, discendente di Uther e Arthur, della gloriosa stirpe del Pendragon che rese grande, unita e forte la Britannia! In me scorre il sangue del Vecchio Popolo, che risiedeva in Britannia prima dei romani e dei celti! In me permane la forza e la sapienza delle antiche Tribù e nel mio cosmo ruggiscono i draghi di Albion, sovrani dell’equilibrio!!!" –Esclamò, rialzandosi e portando avanti entrambe le braccia, mentre due enormi sagome di scaglie di luce bianca e rossa gli sfrecciavano accanto, fauci aperte, dirette verso Tiamat.

Il Primo Forcide comunque non fu troppo impressionato, né dalle parole di Ascanio né dal suo attacco, limitandosi a volgergli di nuovo contro il palmo della mano destra e a lasciare che i draghi rossi e bianchi venissero risucchiati all’interno del buco nero. Ma il Cavaliere delle Stelle, che si aspettava quella mossa, era già balzato in alto, anticipando persino la foga dei due draghi, liberando un nuovo assalto, mirando al volto di Tiamat.

"Non illuderti!" –Si limitò a rispondere questi, mentre un secondo buco nero sorgeva di fronte a sé, per inglobare anche il rinnovato attacco del Comandante di Avalon.

"Dobbiamo… aiutarlo!!!" –Incespicò Alcione, scattando ai lati di Tiamat assieme a Pasifae e liberando i propri colpi segreti. –"Alti flutti spumeggianti!!!"

"Sinfonia degli abissi!!!" –Le andò dietro la compagna, mirando al fianco opposto, sperando così di cogliere almeno una falla nella sua difesa. Ma anche quei due attacchi incontrarono la stessa fine, venendo risucchiati da una macchia nera che apparve all’improvviso davanti al Forcide.

"Se credevate che potessi generare una sola Bocca dell’Abisso, vi sbagliavate in pieno! Tante bocche può avere l’abisso, tante quante io decido che ne abbia! Ma prima di sprofondarvi in quel sempiterno oblio, maciullerò per bene i vostri corpi di modo che neppure i vostri simili, che nell’oscurità ritroverete, possano riconoscervi! Morite, deboli esseri umani! Apocalisse Oscura!!!" –Tuonò, sollevando entrambe le braccia, avvolte in un turbine di tenebra che scagliò in alto Ascanio e i due Heroes di Eracle, gettandoli a terra con le corazze danneggiate e nuove ferite aperte sul corpo.

"Questo colpo… te lo ha insegnato Anhar… è il suo stesso attacco…" –Realizzò il Comandante dei Cavalieri delle Stelle.

Sogghignando, Tiamat si incamminò verso di lui, trovandolo che boccheggiava fiacco, con lo sguardo rivolto verso la Conchiglia Madre, ove avrebbe voluto essere, a proteggere la Perla dei Mari. Sospirando, il Cavaliere della Natura per un momento dubitò che vi sarebbe mai giunto, stremato da un così ostico avversario.

"Primo tra i fedeli di Avalon a cadere per mia mano! Addio Ascanio Pendragon! Vattene dai tuoi padri!!!" –Ghignò Tiamat, preparandosi per liberare di nuovo la tempesta di oscura energia, quando dovette balzare indietro, per evitare un piano di energia che saettò lesto di fronte a lui. –"Ma cosa?! Chi osa disturbarmi? Chi osa sfidare Tiamat dell’Abisso Oscuro?!"

"Io oso!" –Esclamò una decisa voce maschile, mentre un uomo dai corti capelli neri, rivestito da una lucente armatura verde e avorio camminava verso i due contendenti, il braccio destro ancora avvolto dal proprio cosmo ardente. –"Non permetterti di levare di nuovo la mano su uno degli allievi del mio maestro o la prossima volta te la mozzerò!"

"Si… Sirio…" –Lo riconobbe Ascanio, concedendosi un sorriso, mentre affannava nel rimettersi in piedi. Il Cavaliere del Dragone lo aiutò a tirarsi su, ma non vi fu tempo di scambiarsi ulteriori commenti che le aspre parole di Tiamat li raggiunsero.

"Un altro allievo di Dohko? Molto bene, sarà uno scontro interessante per dirimere un’antica, quanto retorica, questione. Chi è il più forte tra i suoi discepoli?!"