CAPITOLO SETTIMO: IL MONDO SOMMERSO.

La seconda ondata fu peggiore della prima, scuotendo l’intero Avaiki e gettando gli Areoi nel panico più completo. Toru vedeva chiaramente, mentre correva per le arterie della Conchiglia Madre, lo smarrimento del proprio popolo, che vagava senza una meta, guardando di continuo verso l’alto, oltre il guscio protettivo che li separava dal mare immenso. Quello stesso mare che adesso si stava rivoltando contro di loro.

Perché? Era la domanda che tutti i membri del popolo libero delle correnti si ponevano, senza darsi risposta. Perché Ukupanipo era in collera con loro? Non erano sempre stati dei buoni credenti, comportandosi con onestà e rispetto verso la natura, come il Kapu, loro antico sistema di leggi, prevedeva? O forse era Paka’a, il birichino, che sollevava le onde sopra di loro con i suoi venti, incurante dei danni che potesse provocare? Quale ne fosse il motivo, il guerriero polinesiano lo avrebbe scoperto presto, dirigendosi verso la Conchiglia più esposta a quella furia improvvisa.

"Comandante! Comandante Toru!!!" –Lo raggiunse un ragazzetto di quindici anni, magro e snello, con corti capelli scuri, dello stesso colore degli occhi.

"Non ho tempo per giocare adesso, Kohu!"

"Non voglio giocare, Comandante! Sono venuto a informarvi! Nemici! Attacco! Creature immonde sferzano il versante esterno della Conchiglia sud!"

"Come?!" –Si fermò infine Toru, chiedendo delucidazioni al giovane, notando solo in quel momento che aveva indossato la corazza dell’Istioforo: bianca con macchie scure, simili a squame, aveva una lunga pinna dorsale affissa sulla schiena e due singolari bracciali, adornati di una lunga e stretta spada, quello destro, e di una membrana retrattile che gli ricopriva l’intero arto sinistro.

"È così, è così! Sono delle bestie immense, più grandi degli squali bianchi! Hanno occhi cattivi e lunghi tentacoli che sbattono e scalciano contro la parete! Se non li fermiamo, la grande onda ci travolgerà!"

In un altro momento Toru avrebbe liquidato con un gesto, e con uno schiaffo, le farneticazioni del piccolo Kohu, che probabilmente aveva trascorso troppo tempo con la vecchia Tiotio, ad ascoltare storie di mostri marini e fantomatiche creature che, a sentir lei, abitavano negli abissi oceanici, sebbene nessun Areoi le avesse mai viste. Neppure Afa, l’esploratore leggendario, né i figli di lui, che a lungo avevano viaggiato lungo i fondali marini, scandagliandoli e permettendo infine alla colonia di espandersi in luoghi sicuri. Ma quel giorno Toru fu costretto a mettere in discussione tutte le sue credenze, quando, assieme a Kohu, raggiunse infine la Conchiglia Meridionale, restando impressionato dal disordine che vi regnava, ben stridendo con la sistematica organizzazione che la caratterizzava.

Uomini e donne correvano ovunque, affannando sul suolo che non smetteva di tremare, mentre i bambini strillavano e i vecchi invocavano la protezione di Dei che erano certi di non aver offeso, non al punto da scatenarne la collera e l’invio di tali mostruosi emissari. Fu in quel momento, guardando oltre le curve trasparenti della Conchiglia, che Toru vide oscure entità danzare nell’acqua circostante, riempirla completamente, ammorbandola e incutendo timore in coloro che dietro quella sottile barriera, retta dal cosmo di Hina, dimoravano. Vide una piovra gigantesca, di colore violaceo, sbattere i suoi lunghi tentacoli contro le pareti della colonia, lasciandoli strisciare per l’intera lunghezza delle stesse, conficcandoli nel suolo, quasi volesse sradicarla. Attorno a lei danzavano squali con tre code, una specie che il Comandante non aveva mai visto prima, accompagnati a un calamaro gigante e da strane creature prive di pinne, dotate invece di quelle che parevano quattro gambe robuste e una lunga pinna floscia. Non ebbe il tempo di chiedersi oltre che già la piovra aveva scatenato i suoi tentacoli, avvinghiandoli alla struttura con massicce ventose che parevano succhiarne via l’energia, riducendone il cristallino splendore. Qualunque cosa volesse fare, di certo non ne sarebbe venuto niente di buono per l’Avaiki.

"Dobbiamo fermarla!" –Esclamò allora, sbattendo il pugno della mano destra nel palmo della sinistra.

"Sono d’accordo, Comandante! Per questo mi sono permesso di agire!" –Intervenne allora una voce decisa, costringendo l’uomo a voltarsi e a incrociare lo sguardo di un giovane guerriero armato. La bianca corazza che indossava era inconfondibile, per il caratteristico elmo dalla lunga zanna eretta, e ancor più lo era il giavellotto di corallo che reggeva in mano, che spesso aveva tentato di togliergli nei loro continui allenamenti. Al suo fianco sorrideva una giovane dal viso delicato e lunghi capelli scuri, la cui mano stringeva forte quella del compagno e amante.

"Maru del Narvalo!" –Lo salutò Toru, mentre l’altro lo affiancava, spiegando di aver già inviato una squadra di incursori all’esterno, col compito di allontanare quelle bestie. –"Armati dei nostri giavellotti energetici, non tarderanno ad averne ragione!"

Il Comandante dell’Avaiki annuì, per poi riportare lo sguardo sul fondale oceanico, al di là della Conchiglia, dove uno scontro era appena iniziato. Da quella distanza, gli Areoi apparivano come macchie biancastre in un oceano blu notte, ma il luccicare delle loro corazze li rendeva facilmente identificabili, al pari dello scintillare delle scariche energetiche emesse dalle armi che impugnavano. Sulle prime Toru credette che avrebbero cacciato con facilità quegli inquietanti invasori, ma dovette ricredersi quando vide gli squali a tre code evitare gli affondi dei suoi compagni, azzannandone le braccia e strappando via le lance e le mani che le reggevano, mentre i lunghi tentacoli della piovra stritolavano i loro corpi, sbattendoli poi con forza contro le pareti esterne della Conchiglia, tingendole presto di rosso.

"Non può essere!!! Mai nessun animale si è comportato così!" –Esclamò Maru del Narvalo, osservando stupefatto la scena. –"La potenza di quelle scariche di energia è in grado di stordire anche i predatori dei mari, come possono resistere?"

"Temo che ben più pericolosi predatori saremo costretti ad affrontare!" –Intervenne allora la donna che era con lui, l’Aeroi chiamato Tara di Diodon. –"Ordina la ritirata, amore mio, o perderemo l’intera squadra!"

"Io…" –Maru strinse i pugni, trattenendo a stento la collera e il dolore per il fallimento di quella sortita. Quindi annuì, prima di caricare il proprio giavellotto di energia, scagliandolo con forza contro la cupola protettiva, proprio nel punto in cui la piovra era avvinghiata. Al contatto con la barriera, l’arma rallentò la sua corsa, illuminandosi d’azzurro, salvo poi sbucare fuori sull’altro lato, conficcandosi nel cuore della bestia, che furiosa si agitò, dimenandosi e travolgendo tutti coloro che aveva attorno, fossero uomini o bestie.

In quella, Tara soffiò in un corno di conchiglia, emettendo un impulso udibile solo da coloro che erano nati e cresciuti nell’Avaiki di Ukupanipo, segnando la ritirata della squadra d’assalto, sebbene ben pochi membri fossero sopravvissuti. –"Una strage…" –Mormorò, avvicinandosi assieme ai compagni alla barriera protettiva che, quasi avesse percepito il cosmo dei suoi stessi abitanti, tremolò, lasciandoli passare e riportandoli all’interno della Conchiglia. Solamente in tre.

"Non siate tristi al pensiero dei caduti!" –Parlò allora il possente Toru, ponendo una mano sulla spalla del Narvalo e del giovane Kohu dell’Istioforo, i cui occhi erano arrossati di fronte a tanta violenza. –"Le loro anime non sono perdute! Per sempre permarranno nella Perla dei Mari, assieme agli antenati che li hanno preceduti! E un giorno, quando Kahōʻāliʻi ci chiamerą, li abbracceremo di nuovo!"

"Possa quel giorno non tardare mai!" –Risposero in coro gli altri Areoi.

"Se così tanto invocate la morte, saremo costretti a darvela!" –Parlò allora una voce maschile, canzonando le antiche credenze del popolo subacqueo. –"Non che ci dispiaccia, in fondo! Non sarebbe una guerra se non vi fossero nemici da uccidere!"

"Non sei mai contento, Isonade?" –Lo redarguì una seconda voce, dal chiaro timbro femminile.

"No, se non c’è un po’ di violenza, mia deliziosa regina cefalopode!"

"Sciocco!!!" –Ridacchiò l’altra, la cui voce pareva espandersi per l’intera Conchiglia, rimbombando lungo le pareti esterne che, al percuotersi continuo dei tentacoli della piovra, tremavano come fossero sul punto di schiantarsi da un momento all’altro.

"Devo fare qualcosa!" –Commentò allora Tara di Diodon, bruciando il proprio cosmo e sollevandosi in aria, fino a portarsi alla sommità della barriera, sfiorandola con le mani e infondendole nuova energia. –"Devo aiutare Hina! Se la cupola dovesse cadere, sarebbe la fine per tutti coloro che qui dimorano!"

"Tara!!! Sii prudente!" –La chiamò Maru, impossibilitato ad aggiungere altro che una nuova scossa fece tremare l’intero Avaiki, gettando gli Areoi a terra. Quando si rimisero in piedi, videro che da uno dei laghetti che costellavano la superficie della colonia, tre figure azzurre stavano uscendo fuori. –"Ma… cosa?!"

"Ce n’è voluta, ma infine siamo riusciti a trovare la via!" –Commentò una di queste tre, un uomo alto e snello, il cui volto aveva tratti simili a quelli di Toru e Maru, con gli stessi piccoli ma indagatori occhi neri. –"Ricordavo esistesse un condotto sotterraneo che forniva acqua alle grandi vasche per l’addestramento!"

"Hai fatto un buon lavoro, Isonade, te lo riconosco! Ma ciò non basta ad ingraziarti ai miei occhi!" –Commentò la prominente figura al centro del terzetto. Una donna robusta, rivestita da una corazza azzurra le cui fattezze, in particolare i lunghi tentacoli affissi al polso destro, richiamavano quelle della grande bestia intenta a scatenarsi al di fuori della Conchiglia. –"Dovrai fare di più!"

"Uccidere questi Areoi per esempio?!" –Ghignò l’altro, incrociando lo sguardo con quello di Maru e permettendo al guerriero polinesiano di riconoscerlo.

"Ma tu sei… Moeava!!!"

"Umpf, quel nome non lo uso più, sebbene nel suo significato ancora mi riconosca! Del resto, chi più dell’Isonade, il violento e sanguigno squalo dalle tre code, potrebbe incutere timore a chi incrocia il suo passaggio?!" –Declamò l’uomo dai lineamenti simili a quelli di Toru, la cui coprente corazza, azzurra come quella dei compagni, era ornata da pinne affilate sui bracciali, sulle ginocchia e persino sulla schiena.

"Conosci quest’invasore, Maru?" –Chiese allora Kohu.

"Purtroppo ne ho il dispiacere, e credo anche Toru lo ricordi! Ci allenammo assieme sotto l’attenta guida del maestro Ono dello Squalo Tigre, ma Moeava non è mai stato incline a rispettare gli ordini e le leggi! Sfrontato, violento, a tratti sadico nel ferire il suo rivale, faceva strage di animali solo per il gusto di vedere il sangue spruzzare, cacciando più di quanto avessimo bisogno. Per questo fu condannato, per aver violato il Kapu! Nessun predatore caccia infatti per piacere, atto che offende l’equilibrio del mare!"

"Ono era uno stupido! Avrebbe dovuto vestire l’armatura della conchiglia, anziché dello Squalo Tigre, ben più adatta a un atteggiamento pauroso come il suo!" –Sghignazzò l’antico compagno di addestramento, suscitando la sdegnata reazione di Maru.

"Cambiare nome non ha cambiato la tua personalità, a quel che vedo! Sei ancora il solito monello irritante che amava gloriarsi della propria forza e che fu bandito da quest’Avaiki! Unico in secoli di storia a incorrere in tale infamante punizione!"

"Non… parlarmi in questo modo!!!" –Tuonò allora Moeava dell’Isonade, portando avanti il braccio destro e liberando una sagoma di energia simile ad un gigantesco squalo grigio, dotato di ben tre code. Tre, come i movimenti guizzanti con cui abbatté Toru, Maru e Kohu, di fronte al compiaciuto sguardo della donna alta e robusta.

"Bastardo!!! Non solo ti sei macchiato di tradimento verso le nostre istituzioni, adesso sei tornato per vendicarti assieme alla tua banda di pirati?!" –Ruggì subito il bianco Comandante, rimettendosi in piedi.

"Non pirati siamo, bensì Forcidi!" –Intervenne allora la donna dalla corazza rappresentante una piovra. –"Fedeli servitori dell’Imperatore di tutti gli Oceani, il supremo Forco, Divinità primordiale che reclama per sé il trono dei mari!"

"Stolto lui e stolti voi! Il mare non appartiene a nessuno, né ha di certo un trono! E se lo avesse, esso apparterrebbe a tutti coloro che vi dimorano! Non di certo a bifolchi par vostro!" –Ringhiò Maru, brandendo il giavellotto e caricandolo di energia.

"Opinione interessante, che parzialmente condivido." –Sogghignò la donna nemica, sbattendo a terra i sinuosi tentacoli dell’armatura e lasciando sfrigolare faville incandescenti. –"Parzialmente!" –Precisò, prima di muovere il braccio e allungare tali appendici, che avvolsero rapidi il corpo del Narvalo, piegandogli un braccio in modo da impedirgli di usare la sua arma. –"Bifolchi siamo, ma non deboli!"

"Maru!!!" –Gridarono gli Areoi sopravvissuti all’incursione fuori dalla Conchiglia, scattando avanti, con le lance puntate verso la donna. Ma fu il terzo membro del gruppo di invasori a balzare su di loro, rapido e preciso, mentre tutto attorno a sé sorgevano cavalli di neri cosmo, che parvero sfrecciare su un letto d’acqua schiumosa.

"Bäckahästen!" –Urlò, investendo i tre guerrieri con la carica di quelle giumente furiose.

"Bel lavoro, Settimo Forcide!" –Si complimentò la donna con l’armatura della piovra, mentre colui che aveva tradito gli Areoi si faceva avanti, avvolto nel proprio cosmo, in chiaro segno di sfida verso Toru.

"Canaglia! Se tempesta porti, tempesta riceverai! Non sia mai che Toru dello Squalo Bianco rifiuti un confronto, anche se qua, nella sacra terra del popolo libero!"

"Lo sarete ancora per poco! Ih ih ih!" –Rise l’uomo un tempo noto come Moeava. –"Quando lui sarà qui, ti passerà la voglia di combattere!"

"Lui?! E chi sarebbe?!"

"Il Primo Forcide, naturalmente! Il più fedele e potente servitore di Forco e della sua consorte, il cui cosmo è così ampio da generare oscuri abissi di terrore in chi vi viene risucchiato! E tu, misero guerriero di un regno di cui mai hai varcato i confini, scoprirai quanto vasto sia l’universo!" –Ghignò Isonade, caricando le braccia di energia cosmica e muovendole avanti. Ma prima di riuscire a liberare il proprio colpo segreto, la voce imperiosa della donna che lo comandava lo raggiunse.

"Basta così, Quarto Forcide! Mi occuperò io di questi reietti! Tu e gli altri tre occupate le Conchiglie mancanti! A lui lasceremo il nucleo centrale, dove una ben preziosa ricompensa lo attende!"

"Come comandi, Ozena!" –Dovette cedere l’uomo, scoccando un’ultima occhiata di sbieco al Comandante degli Areoi. Quindi, senz’altro aggiungere, fece qualche passo indietro, tuffandosi agile nel lago interno, seguito dal giovane che era con loro e che aveva atterrato la squadra di incursori. Tendendo i sensi acuti, Toru percepì altre due energie congiungersi a Moeava e al suo compagno, segno che i nemici stavano radunando le loro truppe, pronti a sferrare l’attacco finale. Al cuore del regno.

"Fermi!!!" –Gridò, muovendosi per inseguirli ma la donna subito gli si mise davanti, scagliandogli addosso il corpo imprigionato del suo fedele amico, la cui armatura era coperta di numerose crepe, da cui sangue aveva iniziato ad uscire. –"Maru… io…" –Esitò per un momento il vigoroso Comandante, gli occhi che mutavano colore, tingendosi di rosso fuoco, prima che la voce acuta di Kohu lo anticipasse, prendendo un braccio del compagno e mettendoselo dietro la schiena, aiutandolo a rialzarsi.

"Mi occuperò io di lui! Lo porterò dalla grande Hina! Lei lo guarirà!"

"Grazie…" –Si limitò a commentare Toru, ritrovando la calma, per quanto l’immagine e l’odore del sangue di Maru permanessero nella sua mente, mentre Kohu si incamminava lungo la via principale per raggiungere il ponte che connetteva la Conchiglia Meridionale con quella Madre.

"Dove credi di andare, bambino? Vieni dalla mamma, coraggio!" –Ridacchiò la grossa donna, sfoderando i sinuosi tentacoli che sfrecciarono verso il giovane Areoi da ogni direzione. Fu svelto, quest’ultimo, a balzare di lato in lato, evitandone la maggioranza, e a contrattaccare con il proprio colpo segreto.


"Taglio delle onde!!!" –Gridò, calando il braccio destro e generando un fendente di energia che scheggiò un paio di tentacoli, ma presto si ritrovò circondato, sopraffatto dalla loro superiorità numerica, e fu afferrato da uno di questi al tallone e buttato a terra, con Maru che ruzzolò sopra di lui.

"Ora!!! Fauci dello Squalo Bianco, dilaniatela!!!" –Tuonò la possente voce di Toru, che aveva atteso che l’avversaria si distraesse per scatenare la furia del predatore dei mari. Aveva usato Kohu come esca, era vero, ma la sconfitta della nemica lo avrebbe ripagato di quel sottile inganno. Pur tuttavia la donna fu lesta a gettarsi a terra di schiena, muovendo il braccio a spazzare e investendo l’attacco con una scudisciata dei suoi tentacoli, danneggiandoli in parte ma riuscendo a disperderlo.

"Resistente quella tua corazza, donna!" –Ammise allora Toru, mentre lei si rimetteva in piedi.

"Com’è giusto che sia! È una corazza di puro oricalco, forgiata dal mio signore Forco all’alba dei tempi, quando con queste stesse armature volle vestire l’esercito al suo servizio, quello con cui avrebbe voluto sconfiggere l’usurpatore e i suoi Generali degli Abissi! Sette Forcidi investì, per soppiantare i fedeli del fratello di Zeus! Sette Forcidi ispirati alle possenti creature che terrorizzavano gli uomini di superficie! Io sono Ozena, la Grande Piovra pestilenziale, lontana discendente del Secondo Forcide originario! A lungo la mia famiglia ha aspettato la chiamata del nostro re, certa che sarebbe arrivata! Per questo la mia stirpe è continuata, procreando donne su donne e abbandonando i maschi, che di certo non avrebbero potuto ambire al ruolo che fu della nostra gloriosa antenata, unica in mezzo a sei uomini!"

"Umpf, dici che la tua dinastia è esistita in funzione di questo Forco, riproducendosi solo per dargli una guerriera? Ti commisero, donna, per aver così poco vissuto, allora, per aver così poco apprezzato lo splendore di una vita che, sia pur breve, tu non hai volto ad altro che ad aspettare questa chiamata!"

"Come osi, ottuso polinesiano?! Credi forse che fare la voce grossa ti salverà dalla mia furia? Sei solo un pesciolino che si dimena tra i miei tentacoli! Ti stringerò quella bocca così forte da frantumarti tutti i denti! Oplà!" –Esclamò Ozena, schioccando le lunghe appendici e scagliandole verso Toru, che dovette balzare indietro, su una costruzione poco distante, per evitarle. Ma queste continuarono a inseguirlo, allungandosi a dismisura e azzerando in fretta la distanza tra loro.

Infastidito, Toru capì di non poterle fuggire in eterno, obbligandosi a fronteggiarle; per questo caricò i pugni di energia cosmica, iniziando a muoverli uno dopo l’altro, colpendo tutte le fruste che miravano ad imprigionarlo. Non voleva fare la fine di Maru, non voleva provare la terribile sensazione di sentirsi schiacciare, per quanto un tempo l’avesse sperimentata, come tutti gli Areoi. Era la prova della maturità, in fondo, quella a cui venivano destinati tutti coloro che vivevano nelle Conchiglie sotto il Mar dei Coralli. La prova con cui Ukupanipo stabiliva se fossero degni o meno di dimorare nel suo regno azzurro.

A otto anni, tutti i bambini, indipendentemente dal sesso, venivano mandati fuori dalle porte della Conchiglia in cui erano nati e cresciuti, per entrare a contatto con il mare freddo e immenso che li attorniava. Se fossero stati forti abbastanza, se avessero potuto superare il freddo e la pressione che, a quella profondità, schiacciava molti di loro, allora sarebbero potuti rimanere, avrebbero potuto continuare ad addestrarsi per divenire Areoi, gli eroi del popolo delle correnti. Se avessero fallito, i loro corpi spezzati avrebbero costituito nutrimento per la fauna oceanica e le loro anime sarebbero ascese al cielo ove riposano gli aumakuas, i loro antenati.

Toru l’aveva superata indenne, così Maru, Tara e Kohu dopo di lui, e molti altri, permettendo loro di fregiarsi del titolo di figli del mare.

"Se ho sopportato quella pressione, cosa vuoi che siano questi ridicoli lacci?!" –Avvampò il vigoroso guerriero, le cui braccia ormai erano state avvinte dai tentacoli della piovra. Espanse il proprio cosmo, stupendo il Secondo Forcide per quanto fosse cristallino e vasto, e poi li distrusse, schiantandoli a terra, come i resti delle barche trasportati dal mare. –"E uguale relitto presto sarai tu!!! Fauci dello Squa…" –Esclamò, scattando avanti, ma ritrovandosi a tossire di colpo, una dolorosa sequela di colpi di tosse, che lo piegò in un istante e lo portò a barcollare incerto. –"Che… cosa…?!" –Balbettò, prima di essere investito da un pugno in pieno viso, che lo spinse indietro, facendogli persino perdere l’elmo a forma di muso di squalo.

"Senza quel bel copricapo, non incuti poi così tanta paura! Certo, il fisico è notevole, lo ammiro e lo apprezzo! Ma spezzato quello, cosa ti resta?!" –Ridacchiò la donna, avvicinandosi a Toru e afferrandolo per le gambe con i suoi tentacoli.

"Spezzato?! Non credere di avermi già vinto solo perché mi hai colpito una volta!"

"Per la verità ti ho colpito numerose volte, ma non te ne sei accorto! Perché credi che il tuo compagno, il Narvalo dal corpo atletico, sia caduto a pochi passi da me? Non ti ho forse detto poc’anzi il mio nome? Ozena, la piovra pestilenziale, poiché pestilenziale è l’aura che mi circonda, il cosmo oscuro che avvelena chiunque mi sia vicino! E tu e Maru, che dai miei tentacoli siete stati cinti, avete ricevuto una ben massiccia dose di veleno, sufficiente per indebolire i vostri riflessi ed essere alla mia mercé! Eh eh eh! L’Isonade crede che in guerra vinca chi sparge più sangue, io ritengo invece che conti la vittoria, a qualunque costo, per compiacere il mio Signore Forco, per il quale siamo giunti fin qua! Per spazzar via questo regno che ha osato prosperare sui fondali oceanici, tenendosi fuori dalle antiche contese per il dominio delle acque, una neutralità che adesso pagherete, divenendo nostri schiavi!"

"Noi non saremo mai schiavi!!!" –Ringhiò Toru, sforzandosi di bruciare il cosmo, per quanto fiacco si sentisse e appannata fosse la sua vista. –"Siamo gli Areoi, il popolo libero delle correnti, e non pieghiamo il capo a nessun re, Dio o tiranno, solo al mare siamo fedeli! Il mare che ci ha dato la vita!"

"E nel mare morirete! Addio, bel polinesiano!" –Rise Ozena, sollevandolo di peso e poi sbattendolo al suolo. Una volta, due volte, dieci, fino a ricoprire di crepe la sua bella corazza bianca, mentre il veleno maleodorante penetrava nel suo corpo dalla ferite aperte. –"Porta i miei saluti ai tuoi antenati!" –E lo scagliò in aria, mentre già sul palmo della sua mano riluceva un globo di violacea energia. Lampeggiò un istante, prima che Ozena lo dirigesse contro Toru, in caduta libera di fronte a sé.

Ma non lo raggiunse.

"Danza di draghi!!!" –Esclamò una voce all’improvviso, mentre due snelle figure balzavano sul Comandante degli Areoi, afferrandolo in tempo e portandolo fuori dalla traiettoria della sfera luminosa, che andò a schiantarsi lontano, sulla parete della Conchiglia alle sue spalle.

Giganteschi draghi di energia circondarono Ozena, incapace di credere a quel che stava vedendo. Mosse il braccio per colpirli con le lunghe fruste, ma questi ruggirono al sol contatto, spalancando immense fauci ove rilucevano voraci denti affilati. Bianchi e rossi erano i colori delle creature energetiche che in un attimo furono su di lei, affondando le zanne nei suoi fianchi e strappandole un grido di dolore.

"Bianco, come il latte materno, di cui tua madre ti ha nutrito, per un destino gramo lo ammetto, ma sempre con amorevole cura! Rosso, come il sangue che dal tuo corpo sgorga, che ti ricordi che sei umana e mortale e per quanto tu segua un Dio, fanatica nelle tue convinzioni, egli sarà sempre per te un mondo distante, in cui gli uomini esistono solo in virtù di quanto gli possano servire! E tu, quanto credi di potergli essere utile ancora, adesso che le nostre strade si sono incrociate?!"

"Chi… sei tu?!" –Esclamò a fatica il Secondo Forcide, rimettendosi in piedi, con la corazza distrutta lungo i fianchi, e trovandosi davanti un uomo di trent’anni, con corti capelli neri e occhi scuri che risaltavano su un viso bronzeo, dai ruvidi lineamenti maschili. Addosso portava un’armatura luminosa e leggera, che appariva terribile in virtù delle teste di drago che ornavano i due coprispalle. Una bianca, una rossa.

"Il mio nome è Ascanio Pendragon, Cavaliere della Natura! E questi sono i miei compagni!" –Si presentò, mentre sette cosmi sorgevano attorno a sé, circondando la robusta donna, che si guardò attorno stupita, riconoscendo vestigia di fatture diverse, come se quegli sconosciuti guerrieri appartenessero a gruppi differenti di combattenti. C’erano due donne agili e slanciate, che avevano appena salvato Toru dall’impatto con il suo colpo, e poi quattro guerrieri rivestiti di corazze dalle tonalità scure, una delle quali possedeva lunghi tentacoli simili ai suoi. Infine, un settimo uomo dall’armatura rossastra la osservava silente. –"Te li presenterei uno ad uno, se avessi tempo, ma temo che poco ne resti! Per cui perdona la mia scortesia, ma questioni più urgenti richiedono la mia attenzione!" –E le diede le spalle, iniziando a rivolgersi agli altri che lo circondavano, spiegando loro come disporsi. –"Prioritario è proteggere la Conchiglia Madre, dove Asterios e la Selenite della Terra si stanno dirigendo! Se crolla quella, sarà la fine dell’intero Avaiki!" –Le donne e gli altri guerrieri annuirono, prima di scattare in direzioni diverse, lasciando il Comandante Ascanio da solo con il Forcide della Piovra Puzzolente e il corpo di Toru, disteso poco distante.

"Quanta arroganza! Chi ti credi di essere?!" –Ringhiò la donna, bruciando il cosmo.

"Il figlio del drago!" –Si limitò a commentare l’allievo di Avalon, spingendola indietro con la sua aura battagliera, che presto assunse la forma di due maestosi dragoni di energia.


"Anche l’animale più grande può essere stritolato dai miei tentacoli!" –Tuonò Ozena, scatenando la fitta pioggia delle sue fruste, che saettarono su Ascanio da ogni direzione, per quanto egli rimanesse imperturbabile. Solo all’ultimo spalancò il palmo della mano, fermando di colpo l’avanzata delle sinuose appendici, che rimasero come paralizzate, incapaci di perforare quell’imprevista muraglia di cosmo. –"Co… come puoi fare ciò?!"

"È il drago bianco di Albion che mi difende, simbolo di vita e rinascita! Di colore ben diverso sarà invece la sacra bestia che ti azzannerà!" –Aggiunse, portando avanti il braccio destro e liberando la devastante potenza di un drago dalle squame rossastre. –"Attacco del Drago di Sangue!!!"

Le fauci di luce distrussero i tentacoli di Ozena, schiantandoli uno dopo l’altro, prima di abbattersi su di lei, dilaniando l’armatura di oricalco e il corpo al di sotto, gettandola molti metri addietro, fin dentro il laghetto da cui un’ora prima era apparsa assieme a Isonade e al Forcide del Cavallo Nero. Un gorgoglio agitato rivelò ad Ascanio che era ancora viva, ma dubitò fosse in condizioni di proseguire lo scontro. Prima ancora di muovere un passo verso la pozza d’acqua, la vide immergersi in profondità, lasciando dietro di sé un’ampia scia di sangue. Certo che non sarebbe andata lontano, il Comandante dei Cavalieri delle Stelle si incamminò verso Toru, per sincerarsi delle sue condizioni e per parlare con lui.

Lo trovò riverso su un fianco, il bel volto bronzeo adesso smunto e pallido, le narici che faticavano a respirare. Gli osservò le ferite e capì che il veleno di Ozena gli era entrato in circolo, causandogli febbre alta e perdita dei sensi, oltre che un profondo smarrimento di sé.

"Lascia che me ne occupi io!" –Esclamò allora una voce di donna, sorprendendo lo stesso Ascanio per il passo leggero che doveva aver avuto. Ma poi, quando la vide sospesa a mezz’aria, avvolta in un’aura sferica di colore rosaceo, ricordò di averla notata poc’anzi, intenta a solidificare la cupola protettiva dell’Avaiki con il cosmo.

"Tara di Diodon!" –La chiamò, stupendola.

"Come conosci il mio nome?"

"Un amico comune mi ha parlato di te, di tutti voi Areoi! Lo stesso amico che ci ha portato qua, riunendoci da terre diverse, per portarvi aiuto, poiché vedi, Areoi del Pesce Istrice, l’ultima guerra è iniziata e neppure il vostro regno può ritenersi al sicuro dai disordini del mondo! No, nessun regno lo è più da quanto Caos è tornato!"

***

Ozena raggiunse a fatica una caverna sottomarina dove, poche ore prima, si era riunita assieme ai cinque Forcidi al servizio dell’Imperatore dei Mari. Da lì, a pochi passi dalla Conchiglia più esterna, aveva ammirato lo splendore di un regno che troppo a lungo aveva prosperato, mentre Forco soffriva e smaniava di riconquistare gli oceani che gli appartenevano per diritto di nascita. Lì avrebbe potuto riposarsi un attimo, prima di tornare a combattere per il suo signore. Aveva commesso un grave errore, abbassando la guardia di fronte a quel giovane che padroneggiava i draghi di luce, ritenendolo innocuo al pari degli altri Areoi, e adesso ne pagava le conseguenze.

Non c’era osso del corpo che non le dolesse, non c’era arto in cui non avesse una ferita aperta. In alcuni punti, anche sulla guancia destra, gli artigli di Ascanio le avevano strappato via persino la pelle. Ma quello non le importava; Forco, in fondo, non l’aveva scelta per la sua bellezza, solo per la sua fede integerrima. La stessa che, a breve, l’avrebbe riportata in battaglia.

"Hai fallito!" –La raggiunse una voce all’improvviso, risuonando per l’intera caverna e facendo sussultare Ozena, che, appoggiata ad uno scoglio affiorante, si tirò subito su, guardandosi intorno impaurita. Per qualche istante non vide niente, per quanto fosse chiaro che una presenza oscura, immensa come vuoto cosmico, la stesse circondando, precipitandola, assieme alla caverna e alle sue rocce, verso abissi così profondi e oscuri che nessuna forma di vita vi era mai nata.

"Io… pietà, Comandante! Pietà! Ho abbattuto molti Areoi, ma quell’Ascanio mi ha colpito alla sprovvista! È un vile!!! Perdonatemi!!!"

"Ascanio?!" –Ripeté la voce, che a Ozena parve più vicina, nonostante continuasse a non vedere alcunché, solo un’enorme sagoma nera che la accerchiava.

"Sì, mio Signore, Ascanio Pendragon è il suo nome! Io posso… occuparmi di lui!"

"No, non puoi! Lui è affar mio! Ho un debito da riscuotere con il mio vecchio amico!" –Sogghignò la voce cavernosa, risuonando così forte da costringere Ozena a portarsi le mani alle orecchie, per tapparle, non desiderando udirla più. Poteva, in fondo, un uomo spaventarla tanto? Lei, una guerriera nata per servire Forco, per badare alle creature che popolavano l’Impero dei Mari, poteva provare timore verso il Primo tra i Forcidi?

I due occhi gialli che si aprirono di fronte a lei le strapparono un’imprevista conferma. Due occhi che rilucevano famelici in un mondo di tenebra assoluta. Due occhi che, poco dopo, le furono addosso, mentre il suo corpo precipitava in un abisso oscuro. Volle gridare, ma non ci riuscì; tentò di aggrapparsi a qualcosa, ma non trovò appigli, soltanto un’immensa voragine nera che la risucchiò, cancellando dalla storia ogni traccia della sua esistenza.

Il Primo Forcide sogghignò, godendo di tutte le anime che quel giorno avrebbe precipitato nell’abisso.