CAPITOLO DECIMO: LA TEMPESTA SI SCATENA.

Asher era circondato.

Ovunque guardasse, una marea nera pareva sul punto di travolgerlo. C’era voluto poco per rompere le ordinate righe che i Cavalieri d’Oro avevano tentato di dare all’esercito di Atena, il tempo di rendersi conto chi fossero gli avversari che erano costretti ad affrontare. Costretti, era questo il termine adatto! Aveva pensato l’Unicorno, evitando l’affondo degli artigli dell’Idra, per poi colpire il redivivo Aspides con un calcio tra le gambe e un altro in piena faccia, scaraventandolo addosso a Ban e Black.

Non sono loro! Se lo stava ripetendo da quando aveva visto i vecchi compagni farsi avanti tra la ressa di neri Cavalieri di Atena che li avevano circondati. Di molti, Asher non aveva neppure riconosciuto le corazze, forse appartenenti a qualche costellazione dimenticata, ma le forme di quelle quattro armature di bronzo le conosceva bene. Stringendo i pugni, aveva radunato il cosmo e si era lanciato avanti. Come sempre.

E ora era lì, con la corazza danneggiata, su cui risaltava il lucido elmo, l’unico pezzo che Kiki era riuscito a ricostruire durante la notte. Troppo stanco e addolorato per fare altro, solo offrire una minima protezione ai Cavalieri suoi amici.

Ripensare al bambino dai capelli fulvi gli diede la carica per lanciarsi di nuovo all’assalto, sfondando, come un fulmine d’argentei bagliori, le linee nemiche, mentre Castalia e Tisifone, alle sue spalle, abbattevano i guerrieri disorientati dal rapido attacco dell’Unicorno. Pegasus gliel’aveva sempre detto, scherzando, che era una testa dura; forse quello era il momento di usarla per qualcosa. Meglio essere un ariete da sfondamento che il cavallino di una principessa viziata, no?

La frusta del Camaleonte frusciò nell’aria, afferrando un braccio che reggeva una picca mirata alla schiena del ragazzo e torcendolo di colpo, prima che un’onda di energia lanciata da Kama travolgesse il nemico, permettendo a Nemes di ritirare l’arma. Asher ringraziò le due Sacerdotesse, mentre le danneggiate catene di Reda e Salzius vorticavano in aria, cercando di respingere quanti più avversari possibile.

Ma tenerli a distanza, a cosa sarebbe servito? Era chiaro a tutti, fin da quando avevano visto ricompattarsi i corpi dei nemici appena sconfitti, che quel gioco non avrebbe visto la loro vittoria. Eppure resistere era l’unica cosa che potevano fare, per tenere l’orda oscura a distanza, da Atena soprattutto, che comunque non si risparmiava nel liberare continui fasci di energia dalla Nike, al pari di Zeus e degli altri Olimpi che avevano fatto terra bruciata attorno a loro. Anche Andromeda e Cristal erano impegnati in battaglia, il primo contro i Generali degli Abissi, il secondo contro gli Spectre di Ade. Ioria e Virgo, invece, stavano affrontando dei guerrieri colossali; che fossero i fratelli di Atlante? E Euro non aveva smesso di rigirarsi in aria, come stesse giacendo in un sonno inquieto, travolto da, e travolgendo, i tre dispettosi venti oscuri che lo avevano assalito.

L’Unicorno li aveva riconosciuti. Erano quelli che avevano sconfitto lui e i suoi amici durante l’attacco al Grande Tempio guidato da Eos: Austro, Zefiro e Borea. L’ultimo, in particolare, li aveva quasi massacrati e, non fosse stato per Pegasus, anche lui adesso avrebbe ingrossato le fila degli scagnozzi di Caos.

"Asher! Attento!" –Gridò Tisifone, balzando su di lui e portandolo fuori dalla traiettoria di una freccia che andò invece a conficcarsi nel collo di un altro guerriero oscuro alle sue spalle. Rialzandosi, il ragazzo vide la Sacerdotessa irrigidirsi, avendo riconosciuto coloro che li avevano appena circondati.

Erano un gruppetto compatto di arcieri che, oltre alla solita corazza nera, indossavano un collo di pelliccia di qualche bestia che Asher non volle sapere cosa fosse. Tutti, inoltre, avevano già incoccato una freccia, mirando verso i Cavalieri di Atena.

"Atteone…" –Ringhiò Tisifone, fissando, in particolare, uno nel gruppo.

Proprio in quel momento l’uomo lasciò la corda e il dardo metallico sfrecciò verso la Sacerdotessa, che fu lesta a spostarsi di lato, afferrandolo per la coda mentre le sfiorava una spallina. Solo allora comprese l’errore commesso, quando un fuoco oscuro le divorò la mano, distruggendo quel che rimaneva del guanto metallico dell’armatura e strappandole un grido di dolore e sorpresa.

"Tisifone! Che succede?" –Esclamò Asher.

"Veleno…" –Riuscì soltanto a mormorare la ragazza, prima che anche i compagni di Atteone scoccassero i loro dardi.

Asher ne evitò alcuni, ma altri gli sfiorarono la corazza e la pelle scoperta, finché uno non gli si piantò nel bicipite, prostrandolo a terra. Quale fosse l’oscura tossina in cui erano state intrise, erano bastati pochi tagli per stordirlo e rendere lenti i suoi movimenti. Rialzando il capo, vide gli arcieri pronti per colpirli di nuovo e capì che nessuno sarebbe giunto in loro aiuto.

No! Si disse, tirandosi su e aiutando Tisifone a fare altrettanto. Non ho bisogno che qualcuno venga a soccorrermi. Ho le mie gambe per camminare, la testa per alzare lo sguardo e il corno… per infilzare i miei avversari! Aggiunse, bruciando il proprio cosmo, che si espanse attorno a loro sotto forma di una corona di cerchi concentrici che deviò le frecce appena scoccate, spezzandole poco dopo, prima di abbattersi sui Cacciatori e spingerli indietro, con le corazze danneggiate.

Oltre non riuscì a fare, accasciandosi ai piedi di Tisifone, ma bastò per permettere al Serpentario di radunare il cosmo e balzare tra gli arcieri, ferendone alcuni con il morso incandescente del suo cobra. Castalia la raggiunse proprio in quel momento, piombando dal cielo su altri soldati.

"Volo dell’Aquila!" –Gridò, abbattendoli, per poi voltarsi e caricare il pugno di energia cosmica, piantandolo nel pettorale di un guerriero e distruggendolo. –"Sono i Cacciatori di Artemide!" –Aggiunse, ricordando quando l’avevano catturata nella foresta dell’Olimpo.

"E quello è il loro capo!" –Esclamò Tisifone, indicando un uomo, più alto degli altri, che si stava facendo largo verso di lei, con una lama nera in mano. –"Atteone, il favorito della Dea della Caccia! Ho evitato di essere la sua preda una volta, riuscirò a farlo anche stavolta!"

"Fa’ attenzione!" –Mormorò Castalia, liberando una nuova Cometa Pungente, che spianò la strada all’amica verso il Cacciatore di Artemide.

Asher avrebbe voluto seguirla ma venne afferrato per la gola da una strana frusta che lo sradicò da terra, trascinandolo molti metri avanti a sé, fino a costringerlo a osservare in faccia (o, in quella che, un tempo doveva essere stata una faccia e adesso era solo una fumosa maschera di odio e tenebra) il suo compagno d’addestramento.

"Lukas?" –Esclamò, mentre un’altra figura, a lui tristemente nota, lo affiancava. –"Ma… Maestro Regor?!"

A quelle parole, anche Kama si voltò, impegnata con Nemes poco distante a tenere a distanza alcuni Cavalieri delle Costellazioni Dimenticate. Quella distrazione quasi le fu fatale, venendo colpita a un braccio dall’incrociarsi di due spade oscure, che stavano per mozzarle la testa. Spinse indietro il proprio agile avversario, intimandosi di rimanere fredda. Qualunque cosa fosse, quello non era l’uomo che aveva amato un tempo e con cui avrebbe voluto creare un futuro, era solo un’ombra creata da Caos per torturarla. Per torturare tutti loro.

Di questo si disse convinta mentre caricava il pugno e fronteggiava Avel delle Spade Incrociate, lasciando il Camaleonte a difendersi da due tizi con l’armatura a forma di capretto. Reda e Salzius, al contrario, erano stati aggrediti dagli altri discepoli di Albione, cresciuti anch’essi sull’Isola di Andromeda.

"Spia… spiacente, ma non ho intenzione di farmi sconfiggere da te!" –Ringhiò intanto Asher, affannando nel liberarsi dalla cordicella con cui Lukas lo aveva catturato e venendo travolto da una scarica di energia.

Anche se la faccia era deforme, gli parve comunque di vedere l’ombra di un ghigno comparire sul volto del ragazzo che, anni addietro, gli aveva fatto compagnia a Orano, salvo poi fallire e divenire un galoppino di Flegias. E quel pensiero, quella derisione gratuita, non poteva sopportarla. Così bruciò il cosmo più di quanto fatto finora, incendiando la Cordicella dei Pesci Oscuri e balzando indietro, colpendo al tempo stesso l’avversario con una scarica di calci, non troppo potenti ma sufficienti per scheggiare la sua corazza e farlo barcollare. Un attimo dopo Asher già schizzava avanti, il corno d’argento che riluceva di fulgida energia.

"Per Atena!" –Gridò, trapassando il corpo di Lukas, tra le lacrime del passato e quelle del presente.

Regor delle Vele, poco distante, spalancò allora le braccia, generando una corrente d’aria fredda che travolse l’Unicorno, scaraventandolo in alto, come i possenti marosi dell’oceano a cui i marinai non potevano opporsi. Stanco, quasi spossato, ferito dal veleno e dai ricordi, Asher si ritrovò a precipitare verso terra. Senza raggiungerla.

Venne afferrato al volo da mani sicure e depositato a terra poco oltre la linea difensiva dei Cavalieri di Atena. Faticando nel rimettersi in piedi, riconobbe la snella sagoma dell’Eridano Celeste scambiare qualche parola con le apprendiste incaricate di medicarlo, rivolgergli un sorriso e poi tornare in guerra. Asher avrebbe voluto seguirlo ma la vista lo tradì, rendendo tutto sfuocato, le gambe cedettero e si ritrovò a sbattere la faccia sul terreno sabbioso.

Quando rinvenne, si specchiò in una maschera inespressiva, scheggiata in basso e macchiata di sangue, che copriva il volto di una donna dai capelli rosa, sulle cui gambe era adagiato.

"Stai bene, Asher?" –Esclamò Kama, aiutandolo a sollevarsi lentamente.

Il ragazzo annuì, chiedendo perché lo avesse lasciato dormire, perché non l’avesse subito svegliato e trascinato in guerra e tempestandola di altre mille domande, prima di porre quella più sensata.

"Per.. quanto?"

Kama sospirò, alzandosi a sua volta e riportando lo sguardo sulla mischia in atto.

"A esagerare? Cinque minuti."

Sembrava trascorsa una vita, eppure erano ancora lì, in quell’immensa distesa desertica ai piedi della roccaforte oscura che pareva ridere di loro e continuare a crescere. Quel pinnacolo, ad esempio, c’era sempre stato o era appena sorto?

Scosse la testa, infastidito, prima di muovere qualche passo avanti, assieme a Kama, per ritrovarsi a pochi passi da dove Nemes, Reda, Salzius, Castalia e Tisifone continuavano a combattere, incoraggiando Patrizio e i soldati di Atena. Un lampo di luce rischiarò il cielo per un momento, seguito dal ruggito di un tuono che si abbatté sulla marea nera attorno a loro, disintegrandola completamente.

Forzato a chiudere gli occhi, al pari dei compagni, quando li riaprì Asher vide, per la prima volta, una striscia di terra (un paio di metri, non di più) separare le forze dell’Alleanza dall’Armata delle Tenebre, prima che i membri di questa si ricompattassero e riprendessero ad avanzare. Un attimo di sollievo, questo era quanto Zeus era riuscito a ottenere in quel reiterato intervento.

Chiuse la mano destra a pugno, preparandosi per affiancare i compagni quando udì per la prima volta le grida. A parte qualche caso isolato, i combattimenti si erano svolti finora nel massimo silenzio, eccezion fatta per i rumori delle armi e degli scontri corpo a corpo. Le anime possedute dei guerrieri di Caos erano infatti mute. Eppure adesso qualcosa aveva rotto quel silenzio.

Voltandosi, cercò di individuare la fonte di quelle risa, di quelle sghignazzate che presto furono sormontate da strilli di terrore. Anche Castalia si era bloccata, con la mano stretta attorno al collo di un soldato nero e l’energia cosmica che sfrigolava sulla sua tetra corazza, schiantandola e disperdendone il macabro contenuto.

"Cosa diavolo…?" –Si chiese, prima di vedere una linea di soldati semplici di Atena retrocedere di colpo, gettando via le armi e… scappando indietro.

Il rischio che accadesse c’era stato fin dall’inizio, fin da quando si erano chiesti di quali orrori avrebbero dovuto essere testimoni una volta che la Porta delle Tenebre si fosse aperta. Eppure, vederlo accadere gli spezzò il cuore.

Travolse un paio di guerrieri neri e sfrecciò verso il gruppo di difensori greci in rotta, seguito da Kama e Castalia. Vide Patrizio, nella ressa, che si stava sgolando per incitare all’ordine, tentando di mantenere le fila, travolto, quasi gettato a terra, dai suoi stessi compagni in fuga. Cosa poteva averli spaventati tanto, loro, gli anonimi eroi del Grande Tempio, che mai avevano arretrato, neppure di fronte alla furia degli Dei?

La risposta gli arrivò sotto forma di una zaffata acida, accompagnata da un rumore di mandibole. Si fece avanti e vide l’orrore che aveva sconvolto i soldati di Atena.

A pochi passi di distanza, una schiera di fedeli di Caos, ben diversa dagli spiriti erranti fronteggiati finora e dai Cacciatori di Artemide, stava massacrando i difensori del Santuario, sventrandoli con spade dalle lame incurvate, simili a scimitarre. Asher le aveva viste, a volte, in mano ai corsari che facevano scalo a Orano, ma mai di quel tipo. E soprattutto non aveva mai visto i corsari sbranare i loro avversari.

Inorridito, mosse un passo indietro, mentre quei demoni affondavano i denti nei corpi degli sconfitti, strappando pelle e budella, nutrendosi del sangue e dei loro organi interni, divertendosi, ridendo e passandosi i resti di nemici attoniti e sopraffatti.

"Che orrore!" –Mormorò infine. –"Demoni della peggior specie! Io… ve la farò pagare!" –E si mosse per scattare avanti, venendo però afferrato a un polso da Castalia, che lo intimò alla prudenza.

"Sento un cosmo oscuro sostenerli, oscuro e potente. Queste non sono marionette nelle mani di Caos, questi sono veri e letali combattenti."

"Motivo in più per sconfiggerli!"

"Sconfiggerci?" –Tuonò una voce maschile, proveniente dal mucchio di cannibali. –"Un’ipotesi mai prospettata prima, tanto più se ad avanzarla è un ragazzetto imberbe a cui prestò falcerò le gambe, e la vita!"

"Chi diavolo sei? Fatti vedere, demone!"

"E un demone in effetti sono. E dei più crudeli!" –Rise il nuovo arrivato, rivelandosi infine. Alto e muscoloso, rivestito da una nera corazza ornata da ben dieci teste scolpite nell’atto di gridare, l’uomo aveva lunghi capelli violacei e magnetici occhi verdi. Ma non furono quelli ad attirare l’attenzione di Asher, bensì la lunga scimitarra che reggeva in mano e che grondava ancora il sangue dei soldati di Atena. –"Ammiri la spada di luna, giovane moribondo? Non temere, la vedrai da vicino, perché con questa ti taglierò la testa e appenderò quel bel corno d’argento nella mia sala dei trofei."

"A parole sei bravo, vediamo nei fatti!" –Disse Asher, strappando una risata all’uomo, che si spostò i capelli dietro le spalle, con un plateale gesto di noncuranza, prima di presentarsi.

"Il mio nome è Ravana , Imperatore dei Tre Mondi e capo di questa turpe ciurma di demoni. In Asia, nelle terre dove imperiamo, ci chiamano Rakshasa. Voi potete chiamarci come fanno nel Bengala, gli ingordi o i mai sazi, oppure, nel linguaggio comune, i mostri."

***

Poco distante, a non più di duecento passi dalla Porta delle Tenebre, gli Heroes di Eracle stavano cercando di forzare il blocco. Guidati dal Campione di Tirinto, che mulinava la clava a destra e a manca, si erano disposti a forma di cuneo, sventrando le linee nemiche. Marosi spumeggianti, frecce di luce e violente bombe di energia avevano coperto l’avanzata del figlio di Zeus, ma al portale d’accesso neppure loro riuscirono ad arrivare.

Marcantonio credette fosse un’illusione quella che ingannava i suoi occhi, che gli mostravano, ogni volta in cui si distraeva dal combattimento, un profluvio continuo di guerrieri neri fuoriuscire dalle porte accostate del Primo Santuario. Ma Nesso gli tolse ogni dubbio; quel che vedeva era realtà.

Avevano fatto fuori un intero esercito di Cavalieri Sirena, e i Generali degli Abissi loro superiori, poi delle legioni inca e adesso era il turno dei loro vecchi compagni. Già una volta avevano dovuto assistere a una guerra civile tra gli Heroes, sobillata dai servitori di Era, ma stavolta gli Shadow Heroes erano molto più numerosi. Erano tutti gli Heroes morti nel Diciottesimo Secolo e quelli che, rinati giorni addietro, erano di nuovo caduti. Ovverosia tutti tranne sette.

Il pugno di Polifemo del Ciclope si fermò a pochi passi da lui, schiantandosi contro lo Specchio delle Stelle che aveva innalzato a sua difesa. Dinaste di Anteus tentò di spaccarlo con un’onda di energia psichica e Mistagogo di Tifone lo affiancò, generando un turbine di cosmo nero che diresse verso Marcantonio, ma bastò che questi sbattesse le palpebre per rimandarglielo contro, travolgendo i tre guerrieri e distruggendone le oscure vestigia.

Nesso e Alcione, alla sua destra, avevano appena respinto Lica della Seppia e Proteus della Razza, per poi trovarsi di fronte Gerione del Calamaro. O l’ombra del loro vecchio amico. La discepola di Linceo sollevò i marosi schiumeggianti ma esitò nello scatenarli, permettendo all’avversario di srotolare lunghe fruste nere e dirigerle verso di lei. Fu lesto, Nesso, ad afferrarne una con la mano, lasciando che si arrotolasse attorno al suo braccio, incurante delle scariche energetiche, prima di afferrare l’altra con l’arpione estraibile del suo bracciale. La strattonò, costringendo Gerione a guardarlo in faccia e a lui di trovare conferma ai suoi pensieri.

"È lui." –Si limitò a commentare, mentre Alcione, alle sue spalle, scatenava infine la furia dei marosi, travolgendolo. –"Credevo fossero copie ideate ad arte, che magari Caos riusciva a materializzare sfruttando i nostri sentimenti o i nostri ricordi. Invece sono proprio loro, gli spiriti dei nostri compagni, volti adesso al male e forse anche consapevoli di commetterlo!"

"Parli troppo, ragazzo!" –Intervenne Chirone del Centauro, sollevando un muro di magma ardente di fronte a loro, su cui la carica di un gruppetto di Shadow Heroes trovò la sua macabra fine. –"Qualunque aspetto abbiano, sono solo ombre. Ficcatelo in testa!" –Aggiunse, prima che un guerriero alto e robusto si facesse avanti, brandendo due rozze clave. –"Guarda un po’ chi si rivede! Non mi ricordo il nome, non è quell’idiota che mi rinchiuse in un dipinto, spacciandosi poi come il Comandante della Legione Furiosa? Sporco traditore, ti spacco la faccia, adesso!"

Quasi avesse potuto udirlo, l’altro uomo sollevò le clave, incrociandole e liberando una quadriglia di folgori violacee che dilaniarono il terreno tra loro, costringendo Chirone a ripararsi il viso con le braccia. Schegge d’armatura schizzarono in aria, tra i mugugni indispettiti del combattente di Eracle, prima che questi espandesse il proprio cosmo, scatenando una pioggia di lava.

Le clave del suo avversario si sciolsero in un istante e, prima che si riavesse dallo stupore, già Chirone lo aveva colpito in pieno petto con una bomba di magma, che lo liquefece poco dopo.

"Ificle…" –Esclamò infine, sputando sui suoi resti disciolti. –"Ora ricordo! Sei sempre stato grosso e idiota!"

"Cerca di non strafare, Centauro!" –Lo richiamò Nestore, impegnato a sbattere le teste di due Shadow Heroes l’una contro l’altra. –"Non ho intenzione di portarti in braccio fino a Tirinto!"

"Nemmeno io voglio starti tanto vicino, cosa credi? Puzzi come un orso!"

Nestore esplose in una grossa risata, prima di polverizzare i due avversari e riportare lo sguardo su altri che, nel frattempo, lo avevano circondato. A giudicare dalle ali sugli schienali delle armature, doveva trattarsi della Prima Legione, il che significava che anche Adone era tra loro. Adone al cui fianco aveva combattuto sull’Etna, Adone che era morto divorato dalle fiamme nere di Erebo, lo stesso Nume che li stava aspettando oltre la soglia e che magari, nell’attesa, sorseggiava sangue di Dei dal cranio di chissà quale sventurata vittima.

"Erebo!!!" –Ringhiò Nestore, ancora furioso, con sé più che con il Progenitore, per la bruciante sconfitta del giorno prima. –"Ho un motivo per veder aprire quella porta e nessuno di voi, tormentati spiriti di amici morti, me lo impedirà!" –Aggiunse, liberando una zampata d’energia che travolse alcuni Shadow Heroes, ma gli altri continuarono ad avanzare, dirigendogli contro i loro attacchi, costringendolo a una mossa definitiva. Chiuse gli occhi, radunando ogni stilla del suo potere, e quando li riaprì brillarono di una luce dorata, che anticipò il ruggito della sua trasformazione. –"Ursus Arctos middendorffi!" –Gridò, mentre la sua massa corporea si dilatava a dismisura, divenendo quella di un gigantesco orso Kodiak, e la corazza mutava forma, rivestendolo.

Quell’apparizione bloccò l’avanzata dei nemici, su cui Nestore si abbatté, agitando le braccia avvolte in un turbinare di energia cosmica. Ne fece fuori a manciate, afferrandone altri e stritolandoli tra le grosse dita artigliate. Anche Nesso e gli altri non poterono fare a meno di guardare a bocca aperta la spettacolare mutazione del compagno.

"Megalomane!" –Commentò Chirone, scatenando un oceano di lava incandescente contro un gruppo di avversari e chiedendosi, al qual tempo, come sarebbe stato mutare nel proprio simbolo. –"Un gigantesco centauro? Umpf, molto meglio un sano scontro alla vecchia maniera!" –Si disse, sbattendo un pugno nel palmo dell’altra mano, mentre la marea di magma si ritraeva lasciando una distesa di cadaveri liquefatti dietro di sé. –"O di corazze liquefatte. O di ombre… può un’ombra sciogliersi?"

Se lo stava ancora chiedendo quando udì gli ululati.

Che divennero presto ringhi furiosi, mentre le linee nemiche si aprivano e una ventina di grosse fiere feroci, cavalcate da Shadow Heroes, caricavano i fedeli di Eracle.

"Attenti!" –Gridò Nesso, gettandosi a terra e trascinando Alcione con sé, proprio mentre un paio di quei grossi animali sfrecciava sopra le loro teste.

"Sono i Warg!" –Disse Chirone, riconoscendo le bestie che avevano attaccato Asgard. –"Ovvero dei gatti troppo cresciuti!" –Aggiunse, scartando di lato e evitando che le fauci di un gigantesco lupo si chiudessero sulla sua testa. Concentrò una sfera di magma sulla mano destra e gliela scagliò in un occhio, godendo dell’agonia in cui lo sprofondò. Tra guaiti di dolore, il warg si impennò, facendo cadere il guerriero che lo cavalcava proprio ai piedi di Nestore, che ne calpestò il cranio, piantandolo nel terreno.

Nesso, rimessosi in piedi, scagliò il suo rampino, incastrandolo nella sella di un warg che lo stava caricando, evitandolo e venendo trascinato via e scagliato in aria. Con un’agile piroetta, atterrò proprio sulla schiena del lupo, sbalzando via il guerriero che lo cavalcava. Nel tentativo di azzannarlo, il warg torse il proprio muso, aprendo e chiudendo le grosse fauci, offrendo a Nesso l’opportunità per colpirlo al cuore. Bastò una sola freccia di energia, diretta in fondo alla gola, per farlo esplodere, proprio mentre il ragazzo abbandonava l’improvvisato mezzo di trasporto, atterrando con compostezza sul suolo.

"Ben fatto, Nesso!" –Gli disse allora una ruvida voce maschile, poggiandogli una mano su una spalla.

Stanco e sudato per gli scontri continui, Eracle riusciva comunque a sorridergli. Con la clava che Efesto aveva forgiato per lui millenni addietro aveva sgominato un’intera legione di soldati Inca, estirpato le fiamme oscure dei loro sacerdoti e forse anche vinto una Divinità minore dalle fattezze di un enorme pipistrello. Era il figlio di Zeus, in fondo; da giovane non aveva compiuto imprese altrettanto epocali?

"Mio Signore? Posso fare qualcosa per voi?"

"Non proprio, non per me soltanto, almeno." –Esclamò Eracle, avvicinando la testa all’orecchio del ragazzo e sussurrando. –"Mio padre vuole vedervi. Subito."

Solo allora Nesso si accorse che Iro di Orione aspettava alle spalle del Nume.

***

Euro era infine riuscito a sbarazzarsi dei suoi fratelli. Era stato un incubo rivederli, un incubo ritrovarli, come nemici, nel culmine del loro delirio. Non poteva dire di aver sempre avuto ottimi rapporti con loro, del resto uno era pazzo, l’altro guerrafondaio e Borea era il più pericoloso tra tutti. Lui era un fanatico, fortemente convinto della superiorità degli Dei su qualunque altra forma di vita. Eppure erano i suoi fratelli e, a modo loro, li aveva amati. Era persino giunto a sacrificarsi per Borea, secoli addietro, sul colle di Larissa, quando ancora gli Dei potevano permettersi di morire e rinascere, quando ancora il loro tempo cosmico non era giunto alla fine.

Non fosse stato per l’intervento di Ermes, la sua sarebbe arrivata pochi attimi prima, quando il Vento del Nord l’aveva afferrato per il collo, rivestendo la sua armatura di un lurido strato di ghiaccio nero. Poi il Caduceo lo aveva trapassato da un fianco all’altro, distruggendolo e permettendo a Euro di rifiatare.

"Stai bene, ragazzo?"

L’ultimo figlio di Eos annuì, bruciando il cosmo e sciogliendo lo strato di ghiaccio, spalancando poi le ali e concedendosi un veloce volo su tutto il campo di battaglia, seguito dal Messaggero degli Dei. Non che vi fosse molto da vedere: ovunque posassero lo sguardo c’erano scontri in atto e, a giudicare dalle energie cosmiche che percepirono, compresero che i primi servitori di Caos erano scesi in battaglia.

Ermes indicò un punto in basso, dove un pugno di soldati di Atena si era chiuso a riccio attorno a delle vecchie sacerdotesse, per proteggerle dall’assalto di grossi lupi corazzati. Senza esitare, il Dio dei Mercanti e dei Commerci piombò su di loro, liberando dardi di luce e dilaniando le orripilanti bestie. Poco distante, Euro vide gli Heroes affrontare dei guerrieri neri altamente equipaggiati, le cui corazze sembravano formate da scaglie di drago. Li riconobbe subito, avendoli visti combattere nel Mondo Antico.

Erano gli Sparti.

Caos aveva dunque timore che l’esercito di ombre non riuscisse a tenere a bada le forze dell’Alleanza? O forse voleva soltanto far svagare i suoi tirapiedi?

Stava per tornare a terra per esporre i suoi dubbi al sommo Zeus quando lo vide entrare in una nube di nebbia, di certo creata dal fratello al suo fianco. Nikolaos lo seguì poco dopo. Non li avesse notati, non sarebbe riuscito a percepirli, poiché quella vaporosa coltre di energia pareva in grado di schermare i suoi sensi. Un attimo dopo arrivò anche Eracle, che accompagnava due Heroes, che lesti entrarono nella cortina di nebbia.

Di qualunque cosa stessero parlando, doveva trattarsi di qualcosa di serio per strapparli ai combattimenti in corso e Euro si augurò avessero trovato la chiave per aprire le porte del Primo Santuario.