CAPITOLO DICIOTTESIMO: ALLE PORTE DELLA NOTTE.

Asterios si chinò su Matthew, sfiorandogli la spalla ferita e mormorando qualche parola in una lingua così antica che, udendola, Elanor pensò fosse la Prima Lingua, quella parlata dagli Angeli. Quindi si sfilò il guanto dell’armatura, di fronte allo sguardo incuriosito di Nyx, piantandosi le unghie nel palmo della mano e lasciando che alcune gocce di sangue piovessero sul ragazzo.

Indispettita, la Notte si fece avanti, puntando il suo tridente, solo per accorgersi di star sprofondando nel suolo, divenuto improvvisamente fangoso.

"Uno dei tuoi trucchetti magici?" –Sibilò. –"Oh, so quanto vi piaccia, a voi Angeli, intrattenere il pubblico, nelle rare occasioni in cui ne avete uno. Ricordo come ti sei pavoneggiato delle tue farfalline sulla Luna! Ma qua non siamo nel Reame Beato, Asterios! Qua siamo alle porte di Caos, ove regna l’oscurità!" –Avvampò, facendo esplodere il suo cosmo e creando un cratere tutto attorno a sé.

Con un balzo, e l’oscillare inquieto del suo mantello, Nyx tornò di nuovo ad altezza suolo, proprio mentre Elanor si rimetteva in piedi, avvolta nella sua aura cosmica, e le dirigeva contro un assalto energetico.

"Non ti permetterò di far del male a Matt! Falce di luna!!!"

Nyx torse il tridente, parando l’affondo, prima di muoverlo bruscamente a destra, strusciandolo contro la sua corazza e gettando la ragazza a gambe all’aria. Un attimo dopo già stava piombando su di lei, le tre punte dell’arma dirette al suo ventre.

"Non avevo detto… basta così?!" –Intervenne Asterios, portandosi con un lampo di luce di fronte ad Elanor e afferrando la punta centrale con la mano guantata, in uno stridio di metallo e cosmi.

"Credi che sia sufficiente guardarmi per mettermi in castigo? Non sono una delle tue schiave, Arconte d’Acqua! Oh, non guardami così! Mi sono documentata e ho saputo come hai sfruttato la tua progenie! Eri geloso delle cinquanta figlie di Endimione, da generarne una dozzina?"

"Bastarda! Non parlare di mio padre!" –Esclamò Elanor, rialzandosi, ma Asterios le ordinò di stare indietro, prendere Matthew e trovare un riparo. –"Ma io… combatterò al vostro fianco! Io voglio combatterla!"

"Ciò che vuoi tu è qualcosa che nessuno può concederti, neppure gli Angeli!" –Disse Asterios con tristezza. –"Ritrovare quel che è stato perduto va al di là dei dettami della nostra esistenza. Per ironia, l’unico che potrebbe aiutarti è proprio Caos, ma dubito che ti piacerebbe la versione con cui resusciterebbe i tuoi genitori! Perciò allontanati, Elanor! Aiuta Shen Gado con quelle Volpi Nere!"

"Nessuno si allontana dalla Corte della Notte se non sono io stessa a volerlo!" –Sussurrò la Dea, espandendo il proprio cosmo. Ritirò il tridente e lo roteò sopra la testa, generando una spirale di cosmo nero che poi diresse contro Asterios e i Cavalieri delle Stelle. –"Nocturniae Tenebrae!"

"Indietro!" –Gridò l’Arconte Verde, spingendo via Elanor mentre con l’altra mano sollevava una barriera di energia acquatica su cui l’assalto della Notte impattò. –"Non posso farti da tutore, Principessa della Luna, né ne ho la benché minima voglia. Ti proteggerò, per rispetto a tua madre che mi ha ospitato nel Reame Beato, ma non essermi di peso in battaglia!" –Aggiunse, tornando a concentrarsi sull’attacco di Nyx, la cui oscurità stava corrodendo la muraglia azzurrognola.

Elanor rimase a osservare lo scontro per qualche secondo, indecisa sul da farsi. Con poche parole l’Arconte l’aveva messa al suo posto e, per quanto crude fossero, le comprendeva; al suo posto, non avrebbe voluto far da balia a una ragazzina irrequieta. Tirò un’occhiata oltre il cratere generato da Nyx e vide Shen Gado e Mani fronteggiare una decina di guerriere, dalle corazze simili a volpi nere, agili e veloci nel colpire. Forse avrebbe potuto essere loro d’aiuto.

Il tossire raschiato di Matthew la riscosse, facendola voltare verso il ragazzo che, grazie al sangue sacro di Asterios, stava recuperando colore e forze. Il ragazzo che, un’altra volta, non aveva esitato a correre a salvarla, come i Cavalieri del bel Mondo Antico di cui le sue sorelle amavano cantare e recitar poemi. E lei? Quanto ancora avrebbe dovuto recitare la parte della principessa in pericolo, dell’indifesa fanciulla che deve continuamente essere salvata? E quando sarebbe invece diventata il guerriero in grado di proteggere chi ama?

Prese la sua decisione nel momento in cui Nyx rinnovò il suo attacco, vaporizzando le Lance d’Acqua di Asterios. Si portò di fronte all’Arconte con il cosmo concentrato sullo Scudo di Luna e gridò. –"Talismani!" –Subito la croce celtica si illuminò di un bagliore argenteo, simile all’affiorare di uno scoglio in un mare in tempesta.

"Elanor…" –Mormorò Asterios, osservando quanta determinazione ed energia la ragazza stava infondendo al manufatto, per contrastare la marea d’ombra. Gli venne da sorridere, prima di poggiare una mano sulla sua spalla e lasciar fluire il suo cosmo color verde acqua attraverso di lei, potenziando l’effetto dello Scudo di Luna.

Migliaia di falene acquatiche sorsero attorno a loro, tuffandosi nell’oscura fiumana e costellandola di sprazzi di colore, che vennero comunque tutti inghiottiti, estinguendosi poco dopo. A quanto pareva le parole di Nyx erano vere. Alle porte della Notte tutte le luci perdevano intensità, anche quella degli Angeli.

"Insieme…" –Disse allora una terza voce, facendo voltare Asterios e Elanor, in tempo per vedere Matthew avvicinarsi, malconcio ma sorridente, e afferrare il braccio con cui la ragazza reggeva lo scudo, donandole la propria energia.

"Ben detto, ragazzo!" –Esclamò Asterios, approfittando di quel momento per portare il cosmo al parossismo. –"A voi la difesa, a me l’onore dell’offesa! Turbinate, Spiriti d’Acqua! Portate il nettare della vita anche qua dove sembra non esistere!"

"Vani e patetici tentativi, Asterios! Caos ha estirpato ogni forma di vita da questo deserto! Il tuo potere non attecchirà!" –Gridò Nyx, rinnovando il proprio assalto. –"La Marea d’Ombra vi sbaraglierà!"

"O forse saremo noi a sbaragliarla…" –Commentò l’Arconte Verde, sibillino, prima di portare entrambe le braccia avanti, liberando gli Spiriti d’Acqua. Migliaia di sagome di energia acquatica, di ogni forma e dimensione, sfrecciarono nell’oscura melma, nuotando, annaspando, risalendo l’ostile corrente. Con coraggio, puntiglio e fede avanzarono finché riuscirono, purificando la nera marea con la loro presenza, che pareva accompagnarsi a un canto lontano, dai toni malinconici.

Strabuzzando gli occhi, Matthew vide sirene, ninfe e tritoni farsi strada nell’ombra, figure per metà umane e per metà pesci, conchiglie enormi, farfalle d’acqua e cavallucci marini. L’intero pantheon oceanino avanzò verso Nyx e qualcuno giunse pure a circondarla, aggrappandosi alle sue veste e bagnandole, prima di essere disintegrato, tirandole i capelli e zampettando sulla sua testa, fino a infilarsi nelle cavità auricolari, strappandole un moto di fastidio che crebbe fino a divenire un urlo.

"Come osi?!" –Avvampò, spalancando le braccia e generando un immenso maroso di tenebra che fluì in ogni direzione, riempiendo il cratere generato poc’anzi, travolgendo persino Shen Gado, Mani e le volpi nere, fino a fuoriuscire dalla Porta della Notte. –"Io sono Nyx, la Prima Dea! Nata dal Caos agli albori del mondo, quando nient’altro il mondo era se non una notte infinita, di cui mi nominò signora. Come può lo sfarfallio della tua misera luce anche solo pensare di contrastarmi? È follia! Anzi no, è derisione voluta nei miei confronti! Preparati, Arconte Verde, a subire la mia vendetta!"

"Ti aspetto, Nyx!" –Si limitò a rispondere Asterios, spinto indietro, assieme a Matt e a Elanor, dall’esplosione del cosmo della Dea. –"Tenetevi pronti!" –Aggiunse, cui i Cavalieri delle Stelle risposero con un veloce cenno del capo, espandendo le loro aure cosmiche. Un arcobaleno di luci circondò Matthew, turbinando attorno a lui in cerchi concentrici, mentre la sagoma di una luna di cosmo appariva alle spalle della ragazza, ritratta nella sua fase nascente.

"Principessa, dovresti ringraziarmi, ti donerò la stessa fine dei tuoi amati genitori!" –Sibilò Nyx, mentre il suo cosmo assumeva la forma di un gigantesco rapace oscuro, che subito sfrecciò verso il trio, sbattendo ampie ali nere. –"Questa, della Notte è la vittoria! Nox Invictus!"

Di fronte a quella gigantesca sagoma di oscurità, Matthew e Elanor rabbrividirono, travolti dall’improvviso ricordo della strage perpetrata da Nyx sulla Luna. Ma proprio quel ricordo diede a entrambi la forza per reagire.

"Cercherò di rallentarlo!" –Gridò Matthew, sfiorando le gemme della cintura. –"Arcobaleno incandescente!" –E diresse sette intensi raggi luminosi contro l’uccello dalle ali nere che stava per piombare su di loro, gli artigli pronti a ghermire ogni stilla della loro luce. –"Non riesco a fermarlo!"

"Scudo di Luna!" –Tuonò Elanor, portandosi di fronte al ragazzo, con il braccio destro carico di energia e la croce celtica che riluceva di tutta la sua determinazione. –"Madre! Padre! Sorelle mie! Thot, Tecciztecatl e voi tutti Seleniti che mi avete considerato la vostra Principessa, anche quando non mi ci sentivo affatto! Anche per voi combatto!"

Il Nox Invictus li avvolse in quel momento, spingendoli indietro, cingendoli da ogni direzione, mentre le loro corazze scricchiolavano e la luce stessa dei Talismani pareva non bastare più. Ma resistettero, incuranti dei pezzi delle armature che andavano in frantumi, degli elmi che si spezzavano, del sangue che iniziò a schizzare dalle loro vene gonfie. Resistettero finché Asterios non parlò.

"Adesso!" –E un vortice di energia acquatica li sollevò, assieme all’oscura marea che li assediava, risucchiandola e disperdendola. –"Trionfo d’Acqua!" –Tuonò l’Arconte, il braccio levato al cielo, indirizzando il gorgo verso Nyx, attonita e furiosa per il fallimento della sua tecnica segreta.

"Non basterà!" –Sibilò, puntando il tridente e lanciandosi incontro all’assalto, sfondandolo e scagliando avanti l’arma. Asterios liberò tutta la potenza del Trionfo d’Acqua in quel momento, investendo la Dea e scaraventandola molti metri addietro, fino a farla schiantare contro un bastione del Primo Santuario, di fronte agli sguardi sbigottiti delle Volpi Nere e dei Seleniti.

Ma neppure l’Arconte uscì indenne dallo scontro, venendo raggiunto al ventre dal tridente di Nyx e costretto ad accasciarsi su un ginocchio, presto raggiunto dagli stanchi Matthew ed Elanor.

"Asterios? State bene?"

"Puoi anche smetterla con queste formalità, Elanor! Non sono il Principe della Luna tanto quanto tu non ne sei mai stata la Principessa!"

"Da un lato non mi dispiace. Quando mia madre ci introdusse, temevo che avesse combinato un matrimonio alle mie spalle. Conoscendola, ne sarebbe stata capace!" –Rise la ragazza, per la prima volta in quell’ombrosa giornata.

"Lo credo anch’io." –Sorrise l’Angelo Verde, guardandola negli occhi, mentre con la mano destra afferrava l’arma e la estraeva, imbrattando l’Ars Magna di sangue.

"Potete curarla?" –Chiese allora Matthew. –"Come avete fatto con la mia ferita."

"Potrei. Ma in tal caso non avrei forze abbastanza per affrontarla!"

In quel momento le macerie crollate vennero disintegrate da un’esplosione e un grosso uccello dalle ali nere spuntò tra la polvere, sollevandosi inferocito in aria. Fissò i tre compagni con occhi violacei, prima di scendere in picchiata su di loro.

***

"Dominion of light!!!"

Con un solo attacco, Shen Gado mise subito in chiaro che la superiorità numerica delle avversarie non lo preoccupava affatto.

Ovunque si trovassero, le Volpi Nere vennero raggiunte da una pioggia di lame di luce, fitta e penetrante, che scheggiò le loro corazze, trovando persino spazio per ferire la loro carne. Ringhiando, le dodici donne ripararono dietro le rozze e disorganiche mura del Primo Santuario, confabulando tra loro in una lingua che il Capitano dei Seleniti non seppe decifrare, sebbene chiaramente asiatica.

"È giapponese!" –Intervenne Mani, affiancandolo. –"A volte, nei giorni di primavera, quando ancora ero ben poco esperto dei deliri del mondo, camminavo lungo le gelide terre dell’Asia settentrionale, osservando i ghiacci sciogliersi e lasciare spazio al fiorire blando della natura. Di rado, poteva capitare di incontrare qualche mercante o qualche esploratore dell’Estremo Oriente. È una bella lingua, il giapponese, molto musicale. A Hjúki sarebbe piaciuto impararla."

"Tuo figlio?"

Mani annuì, riportando lo sguardo sulle dodici donne che si stavano lanciando di nuovo su di loro. Agili e leggiadre, sembravano davvero le volpi che le loro corazze rappresentavano, e di certo avevano gli stessi denti, pronti ad azzannarli.

Shen Gado sollevò di nuovo il braccio al cielo, liberando la sua pioggia di lame lucenti, mentre Mani radunava il cosmo attorno a sé, in una turbinante tempesta di cristalli di ghiaccio, con cui tentò di rallentare l’avanzata delle Volpi Nere. Qualcuna ne subì gli effetti, ma altre continuarono la loro corsa, saltando sui corpi delle sconfitte compagne e dandosi la spinta per raggiungere i Seleniti.

Una caterva di zanne nere piovve su Mani, dilaniando la sua bufera di ghiaccio e raggiungendo l’armatura, spingendolo di lato in lato fino a farlo barcollare. Quando riuscì a recuperare una solida postura, già un paio di Volpi Nere erano su di lui, i pugni diretti al suo ventre. Il Selenite riuscì ad afferrarne uno, torcendolo e scaraventando la donna all’indietro, ma un altro lo colpì con la forza di un macigno.

Agili, leggiadre ma forti come uomini.

"Ne sei sorpreso?" –Disse colei che l’aveva colpito, ritirando il braccio dalla corazza crepata. –"Non esserlo! O morirai con lo stupore in volto!" –Aggiunse, preparandosi per colpirlo di nuovo, ma Mani reagì portando avanti il braccio destro, il palmo aperto e rivestito di gelida energia, su cui il pugno della donna impattò, rimanendoci bloccato. –"Che fai? Lasciami, idiota!"

"Idiota era un nome che mi mancava, in effetti!" –Commentò Mani, mentre il suo cosmo cresceva e uno strato di ghiaccio rivestiva la mano e l’arto della Volpe Nera. –"I miei compagni, ad Asgard, mi chiamavano il rossastro, in Hel ero noto come Ruota che Gira. Per i Giganti ero Spinta, per i nani Chiarore. Per gli uomini di Midgard ero soltanto Mani, il Dio della Luna. Un Dio, donna volpe, hai capito? E anche se ho deposto le armi molto tempo addietro, quando ancora eri nel ventre di tua madre, non ho dimenticato come si combatte. Sono un figlio dell’inverno e il mio cosmo ne è la prova!" –Aggiunse, osservando il corpo dell’avversaria ricoprirsi di ghiaccio, di fronte al suo sguardo terrorizzato. Una manciata di secondi e quella grezza statua azzurra esplose.

"Uomo bastardo!" –Ringhiò allora la nemica che aveva abbattuto poco prima. –"Hai osato uccidere una delle mie sorelle? Non sai cosa attende chi taglia una delle nostre code? Sciagura, sofferenza e morte!" –E scattò avanti, liberando una raffica di pugni, che tempestarono il corpo del Selenite di Saturno fino a spingerlo indietro, tra le braccia di un paio di Volpi Nere che, nel frattempo, si erano avvicinate in silenzio.

"Infide e guardinghe. Proprio come le volpi." –Disse Mani, espandendo il cosmo.

"Siamo quello che siamo. Le Kitsune Oscure. E ora conoscerai il nostro potere."

"Le dodici sorelle, vergogna della loro stirpe, che tradirono Inari, abbandonando le Zenko e divenendo…?"

"Nogitsune!" –Sibilò l’altra, portando avanti il pugno destro, colpendolo a un fianco e crepando la sua corazza con quelle che, a Mani, non sembrarono più dita bensì lame affilate. –"Le code della volpe possono tagliare qualsiasi metallo, anche il più resistente. È solo questione di tempo, e noi ne abbiamo a sufficienza per giocare con te!" –E continuò a colpirlo, mentre le sue sorelle facevano altrettanto, mirando alla schiena, al cranio coperto dall’elmo, che presto distrussero, imbrattandogli di sangue faccia e orecchi, alle braccia robuste ma lente. Infine al cuore.

Fu quando la volpe mirò all’organo principale che percepì il cambiamento climatico, quasi l’adrenalina dello scontro non gliel’avesse fatto avvertire. Adesso, invece, notò con quanta lentezza il suo braccio si muoveva, ricoperto da uno strato di brina che, quando impattò sulla corazza del Selenite, era già divenuto ghiaccio. Lo stesso elemento che aveva bloccato anche le braccia delle sue sorelle, solidificandole in una massa confusa e, adesso, urlante.

"Tanta potenza d’attacco e una così misera difesa." –Disse Mani, espandendo il proprio cosmo azzurro e liberando un’esplosione di luce e cristalli di ghiaccio che scaraventò indietro le Kitsune Oscure. Ma anziché schiantarle a terra, con le corazze distrutte e la pelle e le ossa divorate dal gelo di Asgard, la tempesta di cristalli le sollevò da terra, aspirandole in una spirale che crebbe fino a perdersi nell’oscurità del cielo. –"Ultimo inverno!" –Gridò il Selenite di Saturno, spazzando via le bellicose avversarie e crollando poi a terra.

Si toccò la ferita al fianco e sentì il sangue mescolarsi alle schegge dell’armatura. Il suo gelido cosmo ne aveva contenuto la fuoriuscita, ma adesso era debole e stanco. Shen Gado, poco distante, stava affrontando le restanti Volpi Nere, una delle quali sembrava particolarmente agguerrita, mentre l’Arconte d’Acqua e i Cavalieri di Avalon si erano trincerati in difesa, esposti agli artigli d’ombra della Notte. Forse avrebbe dovuto portare loro aiuto.

Inspirò più volte, lasciando che il proprio cosmo cicatrizzasse le ferite, prima di tirarsi su e avviarsi verso l’ingresso della Corte della Notte, quando udì le grida.

Le possibilità di riconoscere una voce tra le migliaia dei soldati dell’Alleanza e dei Guerrieri del Caos erano minime, eppure Mani non ebbe alcun dubbio. Quel tono allarmato, quello squittio acuto, poteva appartenere soltanto ai suoi figli.

"Hjúki? Bil?"

Le grida si ripeterono e il Selenite vide una figura muoversi furtiva sotto le arcate che chiudevano la Corte della Notte a oriente, collegandola con la fortezza di Caos. Senza pensarci due volte, Mani si lanciò in quella direzione.

***

Pegasus stava cercando di raggiungere Asterios.

Con una velocità che persino per un Dio sarebbe stata sorprendente, l’Arconte Verde era scivolato nella marea nera che li circondava, portandosi di fronte alla Porta della Notte. L’aveva sfiorata e… era saltata in aria.

Quel gesto aveva galvanizzato le forze dell’Alleanza che adesso stavano premendo per raggiungere l’Angelo d’Acqua, convinti che la possibilità di vittoria fosse reale. Il Cavaliere di Atena non ne era troppo convinto, lui che aveva affrontato Nyx e che ancora ne portava i segni, sul corpo e nell’anima, temendo che qualche oscuro inganno fosse all’opera, motivo per cui a ogni occasione scandagliava il campo di battaglia con tutti i sensi.

I suoi compagni stavano ancora combattendo.

Reis era intervenuta in aiuto degli Areoi, massacrando i Gytrash e i demoni che li cavalcavano, e Toru doveva aver vinto il Nefario del Bufalo di Sangue, ma erano rimasti indietro e adesso stavano lottando per farsi strada nella marea di ombre che sbarrava loro la strada. Poco oltre le fiamme di Sin degli Accadi e i fasci di luce di Jonathan stavano respingendo l’ultima offensiva dei Lestrigoni, ma di nemici da fronteggiare ne rimanevano fin troppo. E le ombre dei guerrieri caduti continuavano a riversarsi su di loro, con una ripetitività che Pegasus trovò sfiancante.

Aveva perso il conto degli avversari che aveva affrontato e vinto, solo per doverli affrontare di nuovo poco dopo. Tredici Cavalieri di Asgard, dodici Cavalieri della Corona e una quantità indefinita di Satiri Guerrieri e soldati dell’Olimpo, fino ad arrivare ai Ciclopi Celesti. Gli faceva ancora male la guancia, là dove il cazzotto di Bronte del Tuono lo aveva raggiunto, e forse gli aveva spaccato persino un dente. E, non fosse stato per Balmung, avrebbe avuto difficoltà ad opporsi alla spada di Arge lo Splendore.

Sospirando, mosse il braccio destro, aprendo e chiudendo le dita della mano più volte, indolenzite non soltanto dalla stanchezza, anche dall’ombra di Erebo che non l’aveva più lasciato. Un fruscio lo fece voltare, giusto in tempo per osservare un guerriero del Caos piombare su di lui, montando un mostruoso cavallo di fuoco fatuo.

"Belzebù?" –Mormorò, mentre lo scagnozzo di Lucifero liberava migliaia di strali di energia, che Pegasus evitò passando in mezzo ad essi, prima di darsi lo slancio per balzare in alto e travolgerlo con un pugno di luce. L’attacco, comunque, non dissuase i compari di Belzebù, che si radunarono attorno a lui per balzargli addosso. Ma non appena si mossero vennero investiti da un rigurgito di fiamme, così calde da spingere indietro lo stesso Cavaliere di Atena.

"Perdonami se ti ho arrecato danno, ma è difficile addomesticare il fuoco, soprattutto nel cuore di una mischia!" –Parlò una voce atona che, non fosse stata troppo giovane, Pegasus avrebbe scambiato per quella di Avalon. Si voltò e dovette alzare la testa per incontrare lo sguardo soddisfatto, e un po’ volpino, del Selenite di Marte. –"Il fuoco è vita e la vita è libertà!"

"Sin degli Accadi! Quali nuove mi porti?"

"I Lestrigoni hanno cessato di esistere. Jonathan di Dinasty sta abbattendo gli ultimi in rotta. Questo finché Caos non li riporterà in vita, ma immagino detesti ricorrere a chi già una volta è stato sconfitto. Io, quantomeno, di simili falliti non mi servirei più!"

Pegasus annuì, continuando ad osservare quel ragazzo dai capelli blu che camminava a dieci passi da terra, quasi rifiutasse di toccare il suolo ove dimorano gli umani, ricordandosi che tutto era meno che un semplice ragazzo. Più di una volta, nel corso di quell’interminabile giornata, si era detto contento che fosse dalla sua parte e, di certo, avrebbe continuato a ripeterselo fino alla fine.

Notando che il Selenite sembrava essersi incantato ad osservare lo squarcio aperto dove prima si ergeva la Porta della Notte, Pegasus gli chiese a cosa stesse pensando.

"L’Arconte di Acqua è nel pieno dello scontro, lo sento, e altri focolai di lotta si sono accesi all’interno del Primo Santuario. L’attenzione di Nyx sembra essere rivolta altrove. Io credo…" –Spiegò, voltandosi infine verso il Cavaliere di Atena. –"Credo che possiamo varcare la soglia. Se la Notte sta affrontando Asterios, non avrà modo di mantenere una protezione solida a difesa del cancello. Quel velo che ci separa da loro lo estinguerò con una sola fiammata!"

"Pensa piuttosto a non farti mozzar via la testa!" –Disse una terza giovanile voce, mentre una sagoma dorata si gettava su Sin, afferrandolo e trascinandolo a terra con sé. Un istante dopo un gigantesco rostro fendeva l’aria sopra di loro, anticipando la carica di un’intera legione di ombre guerriere.

Osservandole, Pegasus riconobbe i tratti spigolosi delle armature, riportando alla mente le lezioni di Castalia. Noiose, all’epoca, ma di cui col tempo aveva saputo raccogliere i frutti.

"Per quanto strano sembri, Ares non è stato il primo a dichiarare guerra ad Atena. Tutt’altro. La prima Divinità contro cui Atena lottò fu sua sorella, Pallas." –Gli aveva detto la Sacerdotessa dell’Aquila.

"Pallas? Non sapevo che Atena avesse una sorella!" –Aveva risposto Pegasus, incuriosito.

"In effetti, nessuno ne parla mai, nemmeno le antiche cronache, poiché Pallas è la Dea dimenticata, colei che per prima, dopo la fine della Titanomachia, si macchiò dell’orrendo crimine di attaccare un congiunto, venendo per questo condannata da Zeus a sprofondare nell’oblio."

"Sono Pallasite!" –Esclamò Pegasus, osservando la schiera di guerrieri in arrivo, tutti con un’arma in mano. –"I leggendari servitori della Dea obliata."

"Siamo forse noi meno leggendari?" –Bofonchiò Sin, rialzandosi e spolverando l’armatura, prima di voltarsi verso Jonathan, come se lo guardasse per la prima volta. –"A questo punto dovrei ringraziarti, immagino. Facciamo così, ti coprirò le spalle. Ed è il miglior ringraziamento tu possa ottenere!" –Aggiunse, librandosi in aria, avvolto nel suo cosmo rossastro.

Jonathan lo fissò a occhi aperti, prima di scuotere la testa, impugnare lo Scettro d’Oro e scattare avanti, affiancato da Pegasus.

"Cometa d’oro!"

"Fulmine di Pegasus!"

Gli attacchi energetici travolsero la prima linea di Pallasite oscuri, distruggendo le loro corazze, ma altri, ben più coriacei, presero il loro posto, liberando sfere di cosmo nero, fruste di energia e gigantesche mazze ferrate.

"Giù!" –Disse Pegasus al compagno, strattonandolo per una spalla e togliendolo dalla traiettoria di una lancia, prima di contrattaccare con la sua pioggia di meteore.

"Quanti sono? Continuano ad arrivarne!" –Ringhiò Jonathan, rialzandosi e levando lo Scettro d’Oro di modo che tutti potessero vederne il fiore, sulla punta, che si spalancava, inondando il mondo di un fiume dorato. –"Luce dello Scettro!"

Un’altra fila di Pallasite fu disintegrata, ma ormai Pegasus e Jonathan erano stati circondati e costretti spalla a spalla. –"Pronto?" –Esclamò il Cavaliere di Atena, strappando un grugnito al biondino, ma prima che potessero scattare avanti un oceano di fuoco luminoso si riversò sui Pallasite, costringendo entrambi a coprirsi il volto.

"È-kish-nu-gal!" –Tuonò la voce di Sin degli Accadi, in piedi, sopra di loro, con un braccio teso al cielo su cui ancora risplendeva una fiamma amaranto. –"Cadete, deboli creature del Caos, nella Casa della Gran Luce!"

"Che fine orribile!" –Mormorò Jonathan, osservando le nere evanescenze, e le corazze che le rivestivano, liquefarsi sotto la pioggia di fuoco divino.

"Non dispiacertene!" –Commentò Sin, planando accanto ai due. –"Loro non lo farebbero, se i nostri posti fossero invertiti."

Proprio in quel momento li raggiunsero anche Reis, Toru e i pochi Areoi ancora vivi, lasciandosi alle spalle un sentiero di cani macellati.

"State bene?" –Chiese subito Pegasus.

Il Comandante dell’Avaiki non disse niente, limitandosi a un fugace cenno d’assenso, per quanto fosse chiaro, dal suo volto teso, dalle ferite aperte e dai danni sulla corazza, che non fosse così. Gli Areoi che lo accompagnavano dovevano avere più o meno l’età sua, di Sirio e degli altri ma, forse per la loro scarsa altezza, il volto glabro o lo spirito fanciullesco che li aveva fatti vivere in un eden sottomarino, sembravano nettamente più giovani. Reis dovette intuire i suoi pensieri, accennandogli un sorriso, prima di indicare, con la Spada di Luce, una nuova marea d’ombra in arrivo.

"Siamo tagliati fuori!" –Commentò Pegasus. –"Se continuiamo ad affrontare i caduti non usciremo mai da questo labirinto tattico in cui Caos ci ha sprofondato."

"Sono preoccupato!" –Aggiunse Jonathan, attirando l’attenzione di Reis. –"I cosmi di Matt e Elanor… alternano picchi di espansione a momenti in cui fatico a percepirli."

"Nyx…" –Mormorò la ragazza.

"Sembra che tutti vogliate raggiungere la Dea della Notte, saltando la parte migliore." –Intervenne Sin, guadagnandosi un’occhiata di sbieco dai Cavalieri delle Stelle.

"Che sarebbe?"

"Combattere!" –Rispose il Selenite di Marte, avvampando nel fuoco divino. –"Ora, ci sono due modi per arrivare dalla Primogenita. Restiamo qua e continuiamo a subire, passivi, la strategia dell’Unico, impantanando le nostre risorse in un conflitto che, come il Primo Cavaliere di Atena ha ben evidenziato, è solo un labirinto senza via d’uscita. Oppure… iniziamo a condurre lo scontro."

Pegasus, Reis, Jonathan e Toru lo ascoltarono interessati, mentre anche altri membri dell’Alleanza li raggiungevano: Tirtha e i santoni indiani ancora vivi, Avatea, Hubal e una decina di guerrieri inca.

"Dobbiamo farli stare dove vogliamo noi, unendo le nostre forze e lasciando che ognuno di noi dia il massimo del suo potenziale." –Spiegò Sin, per poi indicare i due fedeli di Avalon. –"Voi batterete il perimetro, sistemandovi ai lati e falciando con i vostri Talismani tutte le ombre che cercano di allontanarsi. Mettetevi lì, uno a destra, l’altro a manca. Pellegrina, tu e i tuoi santoni rimarrete qua, dovrete generare dei muri mentali che tengano la marea d’ombra all’interno dell’aria delimitata dai Cavalieri delle Stelle. Potete farcela?"

Tirtha prontamente annuì, ma Jonathan ribatté.

"Non sarà facile!"

"Nessuna guerra lo è mai stata. Ma così abbiamo una possibilità."

"E una volta che li abbiamo bloccati nel mezzo?" –Disse Pegasus, strappando a Sin un gran sorriso.

"Saranno proprio dove noi li vogliamo!"