CAPITOLO TRENTASETTESIMO: IL SUO NOME E’ CAOS!

L’apparizione di Avalon sollevò un velo di silenzio sull’intera spianata di fronte al Primo Santuario, zittendo persino i lamenti dei feriti. Andrei, che si era appena rialzato per fronteggiare il Generatore di Mondi, rimase con il pugno teso, avvolto in una fiamma rossastra che andò scemando di intensità, mentre Alexer e Asterios si rimettevano in piedi a loro volta, fissando la figura in piedi sulla scalinata del tempio.

Era Avalon. O quantomeno ne aveva le sembianze.

E la voce. Notò Alexer. E il portamento. I poteri, e anche la conoscenza. Poteva essere un inganno? Una maschera creata ad arte da Caos per distrarli, intimorirli, renderli vulnerabili? A che pro? Si chiese l’Angelo Azzurro, sconsolato. Non aveva bisogno di ricorrere a trucchi simili lui che aveva, anche fin troppo bene, dimostrato di saper tenere testa a tutti loro senza neanche sforzarsi. No, non poteva essere un inganno. Quell’uomo… quell’entità potentissima che li aveva sballottati da una parte all’altra della piana, piegando loro le ossa, frantumando le corazze, respingendo anche il più potente attacco, era il loro amato fratello. Era…

"Quello non è Avalon!"

Alexer si voltò, fissando il Comandante dei Cavalieri delle Stelle farsi avanti tra i caduti. L’armatura della Natura scheggiata, tagli e ferite aperte sul volto, e un livido sotto l’occhio, a deturpare il bel volto elegante che all’ombra dei meli dell’Isola Sacra era cresciuto, nutrendosi dei suoi segreti e della sua conoscenza.

"È solo un’ombra. Niente più!" –Disse Ascanio, fermandosi vicino agli Angeli. –"Un’ombra con le fattezze del mio maestro, del nostro mentore, della nostra guida. Avalon era puro, come la prima luce. Avalon era figlio di Emera, il primo figlio di Emera, e mai si sarebbe prestato… mai avrebbe permesso che Caos si servisse di lui."

A quelle parole nessuno rispose, costringendo Ascanio a voltarsi verso i Cavalieri delle Stelle, i seguaci di Atena e dell’Olimpo, e poi di nuovo verso gli Angeli, il pugno chiuso e colmo di rabbia. –"Principe Alexer! Non crederete davvero a questa follia?"

"Io…" –Ma fu Caos a togliere l’Angelo dall’imbarazzo. Caos che ridacchiò, sollevando la lancia e scagliando un raggio di energia che detonò ai piedi di Ascanio, costringendolo a balzare indietro, assieme ai tre figli di Emera.

"Giovane Pendragon, mio allievo prediletto. Sapevo che avresti tenuto fede al tuo mandato. Sapevo che avresti rispettato le mie volontà fino in fondo."

"Le… tue volontà?"

Caos annuì, prima di spostare la lancia, indicando Jonathan e gli altri Cavalieri delle Stelle. –"Mi hai portato quel che volevo, no? Sani e salvi. Pronti per me. Pronti per essere sacrificati."

"I talismani…" –Comprese infine Ascanio, rabbrividendo. –"No! Servono ad altro..." –Ma di nuovo non poté terminare la frase, costretto a gettarsi a terra, di lato, per evitare il nuovo fascio di energia, che scagliò molti suoi compagni a gambe all’aria.

"Servono allo scopo per cui sono stati creati!" –Chiosò Caos, prima di chetarsi.

Per qualche istante nessuno fiatò, persino Pegasus pareva aver perso la favella, di certo chiedendosi, al pari dei suoi amici, cosa dovessero fare, cosa potessero fare, loro che avevano sempre ritenuto di poter andare oltre, di crescere e accrescere i propri poteri all’infinito, in un girotondo iniziato quando Alman di Thule li spedì nelle zone d’addestramento.

Che quel cerchio sia infine destinato a spezzarsi? Si domandò Pegasus, spostando lo sguardo su Andromeda, Sirio, Cristal e Phoenix. E su Atena, che non si era allontanata dal suo fianco. Feriti, scarmigliati, macchiati di sangue, sudore e morte, sembravano aspettare un segno dal cielo. Ma il cielo ormai si è oscurato e le benigne stelle, che tanto ci hanno aiutato, rischiarando il nostro cammino, sono lontane. Rifletté il ragazzo, chiudendo la mano a pugno e lasciando il cosmo crepitare. Eppure… noi siamo le stelle. La stessa energia risiede in noi. Da sempre.

"Cavalieri!" –Gridò allora Pegasus, attirando lo sguardo dei combattenti e degli Dei sopravvissuti. –"Per quanto arduo il cammino sia, per quanto lontana e impossibile da vedere la fine del percorso, noi dobbiamo andare avanti. Per questo siamo giunti fin qua, ai confini di un’epoca in cui tutto ciò in cui abbiamo creduto è andato in frantumi. Gli Dei che credevamo invincibili? Sono mortali come noi. Le rivalità tra i regni divini? Uno stupido trastullo per chi ha tempo da sprecare. Il Distruttore di Mondi? Un altro nemico. Soltanto un altro nemico! Dovete vederla così!"

"Pegasus…" –Mormorò Sirio, prima di affiancarsi all’amico e poggiargli una mano su una spalla. Anche Cristal fece altrettanto, mentre Phoenix infiammava il proprio cosmo, pronto per scattare avanti. Soltanto Andromeda rimase in disparte, Andromeda che sospirò e si pulì una lacrima, per poi raggiungere gli amici e annuire. Un attimo dopo cinque comete di luce sfrecciavano nel deserto del Taklamakan, dirette verso la cima più alta della ziggurat nera.

"Una domanda soltanto!" – Disse allora Caos. –"Dove credete di andare?" –E mosse la lancia in orizzontale, generando un piano di energia che obbligò i cinque amici a separarsi. Qualcuno si abbassò, altri balzarono in alto, con le ultime forze che poterono trovare, e quando già l’Unico mulinava di nuovo l’arma, ecco che la catena di Andromeda si attorcigliò attorno al suo polso, avvolta da vampe di fuoco rovente. –"Una fusione di poteri? Interessante!" –Commentò Caos, con una voce che, adesso che erano così vicini, suonava davvero uguale a quella di Avalon, sebbene più fredda e spietata.

In quell’attimo una cometa di luce, acqua e gelo puntò al suo volto, investendolo, mentre le forze dell’alleanza, rimaste indietro, trattenevano il fiato.

"Che stiamo facendo?" –Bofonchiò Zeus, spronando gli Olimpi. –"Dovremmo essere con loro!" –E fece per avanzare, ma Alexer gli sbarrò il passo, scuotendo la testa.

Indispettito, ma anche non comprendendo la reazione dell’Angelo, Zeus volse di nuovo lo sguardo allo scontro in atto, molti metri più in alto, solo per scoprire che Caos era ancora lì, ritto sul pianerottolo, le braccia aperte, quasi stesse assaporando la brezza del mattino. Rise, prima di portare una mano davanti al volto e deviare il flusso energetico scatenato dai Cavalieri dello Zodiaco contro la catena di Andromeda, spezzandola. Poi, con la solita inflessibile calma, li sbaragliò roteando la lancia e scaraventandoli a terra.

"Avevo proprio bisogno di una rinfrescata. Grazie, Cavalieri di Atena! Dopo tanto tempo trascorso nel vuoto dell’intermundi, avevo dimenticato cosa fossero il freddo e il caldo, avevo dimenticato quanto ardente potesse essere l’animo umano, e il cosmo che ne deriva, e quanto gelido potesse diventare. Ora lo so. E so che, in fondo, non mi tocca. Per chi ha conosciuto l’alba del mondo, il gelo primigenio che esisteva prima della nascita del sole, cosa mai può essere la vostra brezza, pur impetuosa che sia?"

"Incredibile…" –Rantolò Pegasus, cercando di rialzarsi, l’armatura che scricchiolava sinistramente. Anche se Emera aveva dato loro un po’ di cosmo, erano ben lungi dall’essere in forma smagliante.

"La potenza di Caos e la conoscenza di Avalon." –Parlò allora Asterios. –"Ecco a cosa mirava l’Unico. In questo modo, con un solo colpo, avrebbe avuto accesso a migliaia di informazioni, sul presente e sul passato, sulla Terra e sui suoi popoli."

"Ora capisco perché poc’anzi ha detto che stava ricordando. Sta acquisendo tutto ciò che Avalon sapeva." –Intervenne Alexer.

"Una notizia peggiore dell’altra!" –Borbottò Andrei.

"Motivo per cui dobbiamo agire adesso!" –Esclamò Ascanio. –"Usando i Talismani!" –E, nel dirlo, cercò l’approvazione dei suoi sei compagni.

Prima che Alexer potesse opporsi, l’emanazione cosmica di Caos li raggiunse, sradicandoli da terra e gettandoli in aria, esposti a lampi di fuoco improvviso. Atena mosse in fretta l’Egida (in parte riparatasi grazie al cosmo di Emera), Zeus evocò la folgore, Amon Ra generò un’enorme cupola a forma di occhio rossastro, ma i loro tentativi vennero vanificati dal sorriso fiero dell’Unico, con cui li scaraventò a terra.

"Ho chiesto i Talismani!" –Disse, stendendo la mano sinistra, il palmo aperto verso i combattenti. –"Li voglio! Qui e ora!"

"Li vuoi, brutto bastardo?" –Ringhiò allora Marins, rialzandosi, mentre attorno a sé turbinava un cosmo azzurro. –"Prendili, e strozzatici! Maremoto dei Mari Azzurri!!!" –Subito Febo lo affiancò, scatenando la Bomba del Sole.

"Ci siamo anche noi!" –Gridarono Jonathan, Reis, Matt e Elanor, unendo i loro cosmi in un unico attacco. –"Troppo a lungo ci siamo trattenuti! Grande Nube di Oort! Per questo siamo qua! Vortice scintillante di luce! Per questo Avalon ci ha voluto qua! Arcobaleno incandescente! Per combattere Caos! Selenaios Vortex!"

"Io… sono… Caos!" –Esclamò l’entità sulla cima della ziggurat, parando l’assalto dei sei. Ma in quel momento due maestosi dragoni, uno bianco e uno rosso, si abbatterono sulla sua improvvisata difesa, caricandola di tutta la sapienza, la virtù e la storia che l’erede dei Pendragon riuscì a produrre. Durò poco, ma bastò a sbilanciare Caos, facendogli muovere un passo indietro.

In quel momento gli Dei tutti attaccarono e Ascanio, rimasto indietro, le braccia tese avanti a sé a liberare energia, vide un tripudio di colori, forme e suoni saturare l’aria del deserto. C’era Zeus, in prima linea, che mitragliava Caos con migliaia di folgori (forse persino più di tutte quelle che aveva lanciato durante la Titanomachia!), e il fido Ermes, dal malridotto corpo, il buon Efesto, zoppo, gobbo e con un braccio rotto, e la denutrita Demetra riuniti ai suoi piedi, a fargli dono di quel che restava della loro aura cosmica. E Atena, al suo fianco, con la Nike puntata avanti, a liberare una potenza d’attacco mai scatenata prima. E gli Dei d’Egitto, con i loro cosmi caldi, le artigliate precise di Bastet e Horus, il divampare imperioso del sole di Karnak. E alle loro spalle i venti del nord fomentavano l’assalto congiunto, con Vidharr che pregava e mormorava e manteneva unita quella compagine variegata ma decisa.

"Come… osate?" –Avvampò Caos, intercettando le folgori di Zeus e rispedendole al mittente, strappando la Nike dalle mani di Atena e spingendo poi indietro l’orda di Dei con una muraglia di cosmo. A nulla valsero le preghiere del figlio di Odino, venendo tutti travolti, rifluendo come un maroso sulla battigia.

Ma di quella confusione di suoni e calori approfittarono gli Angeli, per nascondere la loro presenza, e scattare di nuovo all’attacco. Fuoco, acqua e vento mitragliarono la sommità della ziggurat, aprendo fenditure ovunque, facendo tremare e crollare muri e colonne, e costringendo Caos ad abbandonare la posizione di attesa per passare a un vero e proprio passo di danza mortale. Scagliò la lancia contro Andrei, piantandogliela nel petto e precipitandolo a terra, in una scia di fiamme, mentre già balzava su Alexer, fluttuando nelle sue correnti d’aria, afferrando i suoi stessi fulmini e deviandoli per separare i marosi d’energia acquatica di Asterios. Un’ultima esplosione di cosmo e anche i due fratelli erano a terra, accanto all’Angelo di Fuoco che, lamentandosi, aveva estratto l’asta dal suo petto.

"Ora va meglio!" –Commentò Caos compiaciuto, atterrando sulla piattaforma di mezzo. Sollevò il braccio e richiamò a sé la lancia, piantandola poi nel pavimento e generando un’enorme bolla di energia che si espanse in ogni direzione, devastando anche il suo stesso tempio.

Amon, Vidharr e Zeus, aiutati dagli Angeli, cercarono di rallentarla, ma vennero travolti, osservando la distruzione delle loro corazze leggendarie. Toma afferrò Castalia, offrendo le spalle all’attacco e guardando la sorella un’ultima volta, prima di scomparire in pulviscoli di luce. Hubal, poco distante, se ne andò zitto zitto come aveva vissuto, e anche Shen Gado l’avrebbe seguito se Sin non avesse sollevato un cubo di energia per proteggere se stesso e l’Ippogrifo. Asher, Tisifone, Nemes e Nikolaos si trascinarono dietro quel che restava dell’Egida di Atena, retto dalla Dea in ginocchio, aspettando il momento in cui il suo gracile cosmo non sarebbe bastato più e sarebbero tutti caduti, quando, d’improvviso come si era sollevata, la tempesta si placò e un unico suono echeggiò nella piana insanguinata.

"Cosa?" –Esclamò Caos.

Sollevando la testa a fatica, Asher vide cinque scie di luce turbinare attorno all’Unico, bombardandolo di lampi di energia Sorrise, riconoscendole, prima di lasciarsi cadere tra la polvere, certo che, in un modo o nell’altro, Pegasus l’avrebbe sconfitto.

***

L’attacco di Kohu prese Kelpie alla sprovvista, spingendolo indietro, travolto da onde azzurre e spumeggianti. Riuscì comunque a mantenersi in posizione eretta, espandendo la propria aura cosmica su cui l’assalto avversario si infranse, rifluendo ai lati, come la marea contro gli scogli.

"Sei uno degli Areoi? Riconosco la tua bianca corazza! Credevo foste stati tutti sterminati da Forco! Umpf, un altro obiettivo mancato del Signore dei Mari! Tanto defunto quanto presunto!"

"Parli così del Dio che hai servito? Ben misera devozione era la tua, Cavaliere!" –Disse allora Kohu, chiudendo le mani a pugno.

"Devozione? Quella a un certo punto finisce, ragazzino, poi subentra la voglia di vivere. Quando ho percepito la sconfitta di Tiamat e l’arrivo di Nettuno e di rinforzi, ho capito che per Forco era finita e ho fatto la cosa giusta, andandomene dall’Avaiki, indebolito dalle ferite inflittemi da Nesso del Pesce Soldato. A cosa sarebbe servito, in fondo, dimostrare un’estrema devozione a Forco? A morire con lui in abissi dimenticati da uomini e Dei?"


"Quegli abissi erano la mia casa!" –Ringhiò l’Istioforo, scattando avanti e cercando di colpirlo con un pugno sul mento, ma Kelpie fu lesto a balzare di lato, afferrargli il braccio e torcerglielo all’indietro, strappandogli un grido.

"Fa’ un favore a te stesso! Trovatene un’altra! Ci sono tanti graziosi anfratti marini!" –E lo calciò a terra, poco distante da Cliff e dai paladini di Atena, che a fatica si stavano rimettendo in piedi.

"Areoi!" –Lo chiamò la sacerdotessa. –"Sono Yulij del Sestante, ti ringrazio per il tuo aiuto."

"Non con i ringraziamenti lo vinceremo, sacerdotessa!"

"No, infatti. Ma vi dirò un segreto. Uno soltanto prima di uccidervi!" –Esclamò Kelpie, espandendo il proprio cosmo, che si innalzò verso il cielo sotto forma di cavalli di energia. –"Voi non vincerete mai! Bäckahästen!"

"Forse è così!" –Disse allora Kohu, aprendo la vela che portava affissa sul bracciale destro. –"Ma ci proveremo fino all’ultimo. E se gli abissi oscuri di Pō mi aspettano, tu li vedrai con me! Vela bianca!" –Ed estese il tessuto cartilagineo, in modo da proteggere tutti i Cavalieri di Atena.

"Non reggerà a lungo!" –Gridò Sam. –"Dobbiamo fare qualcosa! Aiutiamolo!" –Incalzò Dean, cercando con lo sguardo il professor Rigel, che sollevò le mani impotente, non sapendo cosa fare.

"Sì!" –Rispose Kiki, avanzando fino a portarsi accanto all’Areoi. –"Lo aiuteremo." –E, senz’altro aggiungere, poggiò una mano sulla sua gamba, chiudendo gli occhi e donandogli fino all’ultima stilla del suo cosmo. Nel vederlo così deciso e sereno, Sam e Dean si rialzarono e si tolsero di dosso le danneggiate armature d’acciaio.

"Che fate? Siete pazzi?" –Li apostrofò subito Cliff, ma loro continuarono ad assemblarle nella forma originaria: un uccello di qualche specie, quella di Dean, anche se privo di becco e con le ali spezzate, e un quadrupede, quella di Sam, che adesso però di zampe ne aveva tre. E non aveva più il muso.

I due fratelli si voltarono verso Rigel, che aveva compreso il loro piano e annuì, mentre Kiki, Yulij e Kohu cercavano di tenere a distanza l’imbizzarrita mandria scatenata dal Settimo Forcide, venendo progressivamente spinti indietro. Uno strappo si aprì nella Vela Bianca, poi un altro, e schizzi di energia cosmica li raggiunsero, assieme al furioso azzannare e scalpitare dei cavalli di cosmo.

"Dobbiamo contrattaccare!" –Disse Kohu. –"Mi servirò della vela per un’ultima mossa! Per aprirvi la strada!" –Aggiunse, mentre la sua difesa iniziava ad accartocciarsi. La stirò con forza un’ultima volta, riparandola col suo cosmo, prima di puntarla avanti, creando un cuneo che si infilò nella mandria energetica, spingendola ai lati e rivelando la sagoma di Kelpie alla fine del passaggio. –"Ora!"

Yulji e Kiki scagliarono sfere di cosmo verso il Forcide, che, per quanto deboli, lo distassero a sufficienza da impedirgli di generare nuovi cavalli. Di quel momento approfittarono i gemelli d’acciaio per lanciare avanti le loro armature, investendo il ragazzo e gettandolo a terra.

"Che diavolerie sono queste?" –Esclamò, dando un calcio alla strana corazza a forma di uccello. In quel momento le due armature esplosero.

"Ce l’abbiamo fatta?" –Domandò speranzoso Cliff, osservando la nube di polvere e pietrisco sollevatasi con la detonazione. Sam, Dean e Rigel erano alle sue spalle, ormai inermi, mentre Kiki si era accasciato tra le braccia di Yulij. Soltanto Kohu, con la vela a brandelli, era più avanti degli altri e fu il primo ad avvistare la sagoma di Kelpie farsi avanti.

Della bella corazza azzurrognola donatagli da Forco era rimasto ben poco, distrutta, scheggiata o annerita dall’esplosione, che gli aveva portato via un orecchio e un pezzo di faccia. E il lato che rimaneva era deformato da una rabbia incontenibile, che scatenò subito su di loro. Anche se non riusciva a muovere il braccio sinistro, che penzolava inerte sul suo fianco, il destro era ancora vivace e preciso nel colpire, e forzò Kohu a scattare di lato, per evitare gli affondi.

"Bastardi! Voglio le vostre teste!" –Ringhiò Kelpie, radunando il cosmo fino all’ultima stilla. E portò avanti il braccio destro per liberare il Bäckahästen ma Kohu lo anticipò con il Taglio delle Onde, piegando l’avversario sulla difensiva. La collisione cosmica andò avanti per parecchi secondi, con i contendenti decisi a dare il massimo, anche la loro stessa vita, pur di spazzar via l’altro. Un equilibrio perfetto che fu interrotto dal canto di Yulij, che, ancora in ginocchio, carezzava i capelli di un addormentato Kiki. Un canto che ricordò a Kohu le preghiere degli Areoi, riuniti attorno al Palazzo di Corallo ad ascoltare la grande Hina del Lactoria; a Sam e a Dean fece invece venire in mente la loro madre, morta poco dopo la loro nascita.

A Kelpie non ricordò nulla, perché ormai della sua vita a Abderdeen prima della chiamata aveva rimosso tutto. Ma fu il canto che segnò la sua fine, rafforzando l’impeto delle onde di Kohu, che travolsero i cavalli di cosmo, annegandoli, abbattendosi infine sul Forcide e scaraventandolo in alto. Ricadde sugli scogli, oltre il margine esterno della terrazza, battendo la testa e lì rimanendo, finché un’onda più alta delle altre non lo trascinò via, negli abissi di cui tanto aveva voluto esser signore.

"Ce l’hanno fatta!" –Disse Dean. –"Bravissimi!"

"Non è ancora finita!" –Gli ricordò il fratello, voltandosi verso il vulcano alle loro spalle, quasi temesse di vederlo esplodere da un momento all’altro. –"Le ragazze. Che ne sarà di loro?"

"Non temete!" –Parlò allora Kohu, con voce stanca ma felice. –"Non sono venuto da solo." –E infatti, in quel momento, canti melodiosi si levarono in tutta l’isola, a placare gli animi inquieti degli uomini che, al momento dell’invasione, si erano barricati nelle loro casette. Ovunque, da tutte le pozze d’acqua che costellavano l’isolotto, anche dai più piccoli rigagnoli, sorsero figure eteree: ninfe oceanine e sirene, cavallucci e tritoni, che, anziché combattere contro gli Each Uisge, li invitarono a seguirli, ad andare con loro.

"Siamo tutte creature dei mari. Dovremmo stare assieme!" –Cantilenò una voce, spegnendo ogni istinto bellico nei Cavalli Marini, che abbandonarono i loro progetti apocalittici, scomparendo nelle acque poco dopo.

"Che meraviglia!" –Commentò Dean, osservando la delicata figura femminile che uscì dall’acqua poco dopo, rivestita di quello che, agli occhi mortali, pareva un abito fatto di acqua e sale, e filamenti di corallo a tenerlo unito.

"Mia signora! Grazie per il vostro aiuto!" –Esclamò Kohu, inginocchiandosi. –"Cavalieri di Atena, permettetemi di presentarvi Euribia, Dama dei Mari!"

"Incantato!" –Mormorò Dean, prima di venir trascinato in ginocchio dal fratello.

"Oh, non siate così formali! È stato un piacere aiutarvi. Avevi ragione, giovane Istioforo, il tempo della neutralità è finito, anche per chi, come me, ha sempre rifiutato di prendere parte ai conflitti del mondo di sopra. Poiché temo, guardando questa cappa d’ombra che ricopre la Terra, che se i vostri compagni non vinceranno presto non esisterà più alcun mondo di sopra. E che ne sarà allora dei mari? Aborrisco al sol pensiero, e prego. Sì, pregherò per tutti loro. Chissà che il mio canto, e quello del popolo degli Oceanini, non porti loro gioia, calore o anche solo la carezza di un domani? Volete pregare con me?" –Sorrise la Dama dei Mari, sedendo su uno scoglio e iniziando a cantare.

Un rumore di passi distrasse Cliff e gli altri, in tempo per vedere Patricia, Fiore di Luna e la Dottoressa Hasegawa arrivare, sane e salve. Sia pur a fatica, quella battaglia l’avevano vinta. Adesso tutto era nelle mani dei Cavalieri dello Zodiaco.

***

"Iaiii!!!" –Gridò Pegasus, lanciandosi su Caos, il pugno teso, il cosmo al parossismo, accompagnato, spinto e sostenuto da migliaia e migliaia di stelle cadenti. –"È finito il tempo delle remore e dei timori. Se morir dobbiamo, lo faremo combattendo!"

"Oh, non temere, cavalluccio di Atena. Tu… morirai! Tutti voi morirete!" –Sibilò Caos, evitando la fitta pioggia di luce, di fronte agli occhi sgomenti di Pegasus che non riusciva neppure lui stesso a vedere tutti i colpi che stava scatenando. Un’onda di energia e il ragazzo si ritrovò a terra, a ruzzolare lungo la scalinata della ziggurat, con l’elmo in frantumi e l’armatura e le ossa scricchiolanti. –"L’incertezza sta solo nel decidere chi, tra voi, sarà il primo a cadere!"

"Perché non tu?" –Esclamò Cristal, comparendo ai suoi piedi, mentre attorno a loro Sirio, Andromeda e Phoenix continuavano a sfrecciare, circondandoli con le loro scie colorate. Una nube di cosmo così fitta da rendere difficoltoso agli Dei e ai Cavalieri rimasti al suolo capire cosa stesse accadendo al suo interno. –"Gelo della Siberia, ti ho invocato tante volte. Non deludermi proprio adesso!" –Disse il Cigno, afferrando un piede corazzato di Caos e infondendovi tutto il suo cosmo.

"Umpf! Il gelo della Siberia? Per chi ha conosciuto il freddo dell’universo, cosa mai può essere la brina della terra che ti ha dato i natali?" –Borbottò Caos, nient’affatto impressionato dal ricoprirsi di ghiaccio della sua gamba destra. Roteò la lancia e fece per conficcargliela nella schiena, quando uccelli di fuoco, dragoni d’acqua e strali d’argenteo lucore lo raggiunsero da ogni direzione. Continuando a roteargli attorno, Sirio, Phoenix e Andromeda lo stavano attaccando. –"Un assalto impreciso ma costante. Me ne compiaccio." –Commentò. –"Ma inefficace anch’esso." –E affondò la lancia avanti a sé, raggiungendo Phoenix a una gamba e bloccandone la corsa.

Andromeda, nel vedere il fratello ferito, lasciò la sua posizione, nonostante le grida di Sirio, e venne afferrato per un braccio e schiantato sopra Cristal. Con un affondo di lancia, Caos si liberò dal ghiaccio, colpendo i tre Cavalieri come fossero una pallina da golf e scagliandoli nel cielo, sghignazzando nel guardarli ricadere a terra. Infine si voltò verso Dragone che, impavido, sia pur tremante, era rimasto a volteggiargli attorno, continuando a colpirlo (o, almeno, provandoci) con attacchi continui.

"Mi hai stufato!" –Disse Caos, dilaniando l’ultimo Drago Nascente e mirando al cuore del ragazzo, che lesto spostò lo scudo dell’armatura a sua difesa. Solo per vederlo sfondare da un pugno deciso del nemico. Grondante sangue, Sirio si accasciò ai piedi di Caos, troppo debole persino per sollevare la testa e guardare in faccia il suo carnefice. La lama dell’Unico frusciò in aria un’ultima volta, mirando al collo del Cavaliere di Atena, tra le grida e gli sguardi attoniti dei superstiti, ma venne frenata da una miriade di comete lucenti che, dal basso, stavano sfrecciando verso Caos.

"Resisti, amico mio!" –Gridò Pegasus, divorando in un lampo la distrutta scalinata che lo separava dalla cima, dandosi una spinta con le ali dell’armatura. Evitò un fascio di energia scagliato da Caos, roteò su se stesso e poi piombò in picchiata, assumendo la forma di una cometa. Nel vederlo, Caos sogghignò. O forse fu Avalon, che ben conosceva le tecniche di Pegasus, a farlo? Il ragazzo non seppe dirselo, non volle neppure saperlo, si limitò a mettere tutto se stesso in quell’attacco definitivo. Forse non sarebbe bastato, di certo Caos l’avrebbe sconfitto, ma almeno sarebbe riuscito ad allontanarlo da Sirio.

La collisione dei loro poteri fece esplodere la piattaforma, scagliando Dragone giù lungo la scalinata e sollevando una nube di polvere e pietrisco. Alexer, da basso, lo disperse all’istante con un colpo di vento, solo per inorridire nel vedere Pegasus in ginocchio, ai piedi di Caos, con la lancia che, conficcatasi nel suo braccio sinistro, gli aveva persino distrutto un’ala.

"È la tua fine, cavalluccio. Senz’ali, come potrai mai volare?"

"Maestro…" –Sibilò allora una voce, attirando l’attenzione di tutti. Una sagoma scarnificata era apparsa da una crepa nel muro, una sagoma di pura ombra che a fatica cercava di mantenere una sembianza umana. Era ricoperta di pezzi di armatura, indossati forse a caso, quasi volesse nascondere la sua oscura nudità. Sebbene fosse impossibile definirne l’aspetto, nessuno ebbe dubbi sulla sua identità.

"Cosa vuoi Anhar? Perché mi disturbi, adesso?" –Lo apostrofò Caos in malo modo, estraendo l’arma dal braccio di Pegasus e colpendolo alla testa, gettandolo a terra. Lo bloccò con un piede sul collo, poggiando la punta della lama tra i suoi occhi, mentre il suo corpo era percorso da scariche di energia. –"Una mossa soltanto, un fiato, anzi, e lo uccido!" –Disse, spostando a malapena lo sguardo su Zeus, che aveva appena evocato un fulmine, e sugli altri Dei. –"Avanti, parla Anhar!"

La sagoma che un tempo era stato l’Angelo della Terra fluttuò fino a raggiungere la piattaforma, inchinandosi (o così parve) di fronte al Generatore di Mondi, lodandone la forza e la possanza, la saggezza e altre mille doti che la sua sempre attiva mente riuscì a partorire. Quindi avanzò la sua richiesta, con un tono di voce così supplichevole da risultare difficile persino per Pegasus, che era a pochi passi da lui, udirlo. Gli sarebbe venuto da ridere a pensare che quella creatura, adesso così prona e debole, era il temibile Flagello di Uomini e Dei che a lungo avevano combattuto.

"Sommo Caos, mio Signore, stavo pensando, se piacesse a vossignoria, perché uccidere questo giovane? Sarebbe uno spreco, non trovate? Ben più adatto potrebbe rivelarsi per qualche esperimento, non trovate? Esperimenti sì, come quelli che ho condotto per molto tempo. Una possessione, ad esempio. Quel corpo è in forma, ben in grado di accogliere l’anima di un angelo."

"Lo vorresti per te, Anhar? Carogna fino in fondo, sei." –Esclamò Caos, con una punta di ironia nella voce. –"Ho una brutta notizia per te. Non prenderai il corpo di Pegasus! Non prenderai più possesso di alcun corpo!"

"Come? Ma io credevo che non sarei rimasto in questa forma…" –Ma le suppliche di Anhar vennero smorzate quando Caos mulinò la lancia e lo trapassò, sfondandone la sagoma d’ombra. –"Mio… Signore…" –Balbettò incredulo il Caduto. –"Perché? Io sono… il vostro araldo… il portatore del caos. Io… vi ho sempre servito!"

"E l’hai fatto bene!" –Ghignò Caos. –"Ma adesso non ho più bisogno di te!" –E ritirò la lancia, che a Pegasus, adesso, parve avvolta da una spirale di energia oscura che dalla sagoma di Anhar si allungò fino a entrare dentro l’Unico. –"Il cosmo di un Angelo. Quale bontà!" –Non aggiunse altro e lo spinse di sotto, osservandone divertito il ruzzolare stanco lungo la scalinata. –"E adesso a noi due! Perdonami se ti ho fatto aspettare!"

"Pegasus, no!" –Gridarono Sirio, Cristal, Andromeda e Phoenix scattando all’assalto, ognuno partito da punti diversi attorno alla ziggurat. Piombarono tutti su Caos nello stesso momento, in un tripudio di acqua, gelo, vento e fuoco, ma il loro assalto si schiantò attorno a una sfera invisibile che rivestiva l’Unico, una sfera che lo risucchiò, facendolo turbinare su di sé, prima di rigettarlo indietro, investendo i quattro e scagliandoli a terra, contro Zeus e gli Angeli.

"Addio, Cavaliere di Pegasus! Il tuo cosmo sarà nettare prelibato!" –E impugnò la lancia con due mani, sollevandola e poi calandola di colpo, mirando al cranio del Cavaliere di Atena.

Pegasus avrebbe voluto fare troppe cose in quei pochi istanti. Invocare Atena, e dirle quanto la amasse. Salutare i suoi amici un’ultima volta. O forse trovare la forza per spezzare la morsa con cui Caos lo stava prostrando a terra, rialzarsi e prenderlo a pugni, sì da togliergli quell’espressione tronfia dalla faccia. Invece, prima ancora di pensare di metterne in atto una, sentì la punta della lama conficcarsi nella sua fronte, il sangue zampillare fuori, una fitta di gelo improvviso. Poi niente più.