CAPITOLO QUINTO: L’ULTIMA GUERRA.

Quando la Porta della Notte si aprì, Pegasus si sarebbe aspettato di trovarsi di fronte qualche abominevole creatura risvegliata dagli abissi del tempo, con cui Nyx pensava magari di intrattenerli, giusto il tempo di stancarli e mangiucchiare qualcuno di modo che poi lei potesse intervenire e far fuori i sopravvissuti. Invece si trovò di fronte un fiume nero, che dilagò al tempo stesso da ciascun portone del Santuario delle Origini, dirigendosi verso gli attoniti Cavalieri e Dei che, sulle prime, non riuscirono a capire cosa fosse quell’oscura marea.

Erano soldati, così parve a Pegasus e ad Asterios, ma non sembravano umani. Di umano avevano soltanto la sagoma, una forma sfumata, simile a una nera evanescenza, rivestita di un’orrida corazza e equipaggiata con armi di ogni genere. Fu solo quando il primo di questi guerrieri ombra si lanciò verso di lui che Pegasus lo riconobbe. O, quantomeno, riconobbe la sua tecnica segreta.

Una sfera infuocata di cosmo oscuro che il nemico generò sollevando entrambe le braccia sopra la testa, incrociando i polsi, prima di abbassarle di colpo.

Il Fuoco della Corona! Mormorò Pegasus, spostandosi in tempo da evitare l’attacco. Il colpo segreto di Atlas, Cavaliere di Apollo. Ma che diavolo?! Non ebbe il tempo di chiedersi altro che migliaia di fili neri si allungarono verso di lui, avvolgendolo in un resistente abbraccio e strattonandolo avanti, fino a fargli perdere l’equilibrio. A terra, tra la polvere che l’avanzata di quell’armata oscura stava sollevando, distinse infine i suoi avversari.

Atlas, Berenice e Jao. E altri che indossavano armature simili.

Sono davvero loro? Ma che ci fanno i servitori di Apollo tra le file di Caos? Si chiese, mentre l’ombra del guerriero noto come Jao spiccava un balzo, espandendo il cosmo e preparandosi per precipitare su Pegasus con gli incandescenti artigli pronti a sventrarlo. Eh no! Si riprese il ragazzo, scansandosi giusto in tempo e lasciando che l’affondo incendiasse i fili di Berenice, liberandosi dei rimanenti con un’improvvisa apertura delle ali dell’Armatura Divina. E ora…

"Fulmine di Pegasus!!!" –Esclamò, scattando avanti e travolgendo i tre guerrieri, spingendoli contro la fiumana alle loro spalle. –"Vediamo di capirci qualcosa! Che sta succedendo, Asterios? Perché vedo le facce dei nemici affrontati un tempo? Che scherzo è mai questo? Una qualche illusione demoniaca?!"

"Purtroppo no, Cavaliere di Pegasus!" –Rispose la voce calma dell’Arconte Verde, i cui occhi spaziavano attenti sull’intero campo di battaglia, trovando conferma ai suoi tristi pensieri. –"Ciò che vedi lo vedo anch’io e non solo noi, temo!"

"Ma com’è possibile?"

"Non dimenticare chi stiamo affrontando! Il Generatore di Mondi, in grado di creare e annientare la vita! Credi che sia stato difficile per Caos evocare gli spiriti dei morti, lui che ha divorato persino le anime degli Dei? Eccoli qua, tutti i caduti nelle Guerre Sacre che hanno violentato il mondo in questi secoli! Sono tutti riuniti di fronte a noi, a darci il benvenuto!"

"Maledizione! Vuoi dire che questi sono…" –Ma le riflessioni di Pegasus vennero interrotte da un violento attacco, portato da un guerriero oscuro alto e robusto, con cui il Cavaliere si era confrontato al Cancello dell’Olimpo. –"Ma quello… Bronte del Tuono! Persino tu! Che fai? Ti schieri contro il tuo signore Zeus?!"

L’ombra di colui che un tempo aveva difeso l’accesso al Monte Sacro portò avanti il braccio destro, liberando una violenta detonazione che investì Pegasus in pieno, spingendolo indietro, nel mucchio di Guerrieri di Inti, mentre Jonathan e Reis tentavano di mantenere unita la formazione, evitando al quale tempo gli attacchi nemici.

"Non può essere!" –Esclamò il Custode dello Scettro d’Oro. –"Questo guerriero… è Bode del Monte Menalo! E quello era il suo amico, Gienah della Croce di Sant’Elena! Ricordi, Reis? Li affrontammo a Smirne!"

La compagna annuì, evitando l’affondo di una guerriera agile e precisa nel colpire, la cui corazza demoniaca la identificava chiaramente come una sfinge. Alle sue spalle, un uomo alto e robusto, armato da una lancia da combattimento, cercava di approfittare della situazione per colpirla a tradimento.

"Pare che le schiere di Caos siano formate dagli spiriti dei caduti negli eserciti divini di tutto il mondo. E, a giudicare dal loro altissimo numero, di tutti i tempi!"

"Il Cavaliere di Luce ha ragione!" –Intervenne Asterios, spingendo indietro un gruppetto di Satiri Guerrieri. –"Caos ha risvegliato le anime dei morti, volgendole contro di noi! Guardati intorno, Pegasus! Ci sono guerrieri di ogni culto e nazionalità! Cavalieri della Corona, baccanti, Spettri di Ade, berseker, Guerrieri del Nord, Savanas africani, Areoi oscuri! Vedo persino Cavalieri Celesti, Faraoni del Deserto e… Cavalieri di Atena!"

"Cavalieri di Atena?! Non è possibile, Asterios! Nessuno di noi tradirebbe la Dea e i suoi ideali, nemmeno per la promessa di una nuova vita! Io non ci…" –Gridò il ragazzo, abbattendo un’altra schiera di nemici con il suo colpo segreto e ritrovandosi faccia a faccia con coloro che aspettavano nelle retrovie. –"Orfeo!" –Balbettò, frenando per un momento il suo pugno di fronte all’ombra del Cavaliere della Lira, che lo aveva aiutato ad attraversare indenne le prigioni di Ade. Dietro di lui, i volti deformi degli spiriti oscuri del Maestro dei Ghiacci, di Docrates e di Orion. Il grande e nobile Orion di Asgard. –"No!!!"

"Non mal giudicarli, Pegasus! Osserva i loro occhi spenti! Sono marionette nelle mani del giudice di tutte le cose! Le loro coscienze sono prigioniere, come lo fu quella di Ilda di Polaris! Credimi, Cavaliere, preferirebbero essere morti e dimenticati per l’eternità, piuttosto che sentire una così tremenda e ancestrale oscurità divorare quel che rimane del loro spirito, piegandolo ai suoi fini di dominio!" –Sentenziò Asterios, prima di liberare una raggiera di lance di energia acquatica, che trafisse tutti i guerrieri oscuri che lo attorniavano. Senza neanche guardarli in faccia.

"Tu… fai presto a parlare! Non li hai conosciuti! Non hai parlato con loro, confrontando i propri ideali e scoprendo quanto fossero simili!" –Esclamò Pegasus, sollevando il pugno destro, carico di scintillante energia cosmica. –"Io… mi sento come se dovessi ucciderli una seconda volta!"

"Purtroppo è quello che stiamo facendo! Non sono illusioni, sono davvero loro, gli amici e i nemici con cui già ti sei confrontato, mescolati a migliaia di altri che hanno affrontato i Cavalieri tuoi predecessori e i loro antenati, fin dalla Prima Guerra Sacra!"

"Quale orrore!" –Commentò il Primo Cavaliere di Atena, mentre nuove oscure sagome lo circondavano.

Lo stesso pensiero fu espresso da tutti gli Dei e i Cavalieri dell’alleanza divina, che mai avrebbero immaginato di dover combattere contro simili avversari, la cui forza, subito lo notarono, era la stessa del momento della morte, adesso priva di qualsivoglia restrizione morale o affettiva. Erano spiriti combattivi, resi tali dall’oscurità che li sorreggeva.

"Maledetto Caos! Pagherai per tutto questo!" –Ringhiò Ascanio, liberando i Draghi Bianchi di Albion, che fecero strage di una ventina di avversari di fronte alla Porta della Luce. –"Pagherai per il disonore che hai recato a uomini giusti, caduti in nome di un ideale di pace e speranza!"

Sirio, alle sue spalle, condivideva lo stesso pensiero. Aveva riconosciuto, tra i nemici che lo avevano accerchiato, troppi volti noti: Dragone Nero, alcuni Cavalieri di Bronzo e d’Argento, berseker, Cavalieri delle costellazioni dimenticate, persino elfi e nani, a giudicare dai lineamenti delle sagome. E adesso Iemisch, la Tigre Nera.

Ricordava ancora il loro scontro sull’Isola delle Ombre, sulle rive di quella pozza d’acqua dove il Capitano dell’Ombra avrebbe voluto consacrare il suo trionfo e dove invece aveva avuto solo la morte. Lui, un uomo che, per senso dell’onore, avrebbe potuto far parte delle legioni di Atena e che invece, per scelte di vita sbagliate, era finito a servire l’Angelo Oscuro. Adesso Sirio se lo ritrovò di fronte, le zanne della fiera sudamericana pronta a ghermire, e anche se dal giorno del loro scontro i suoi poteri erano cresciuti, l’impatto degli artigli nemici sullo scudo del Dragone fu comunque tale da spingerlo indietro, facendogli scavare solchi nel terreno con i piedi.

Anche lui, adesso, avrebbe confermato la teoria di Asterios sull’assenza di qualsivoglia sentimento, di qualsivoglia umanità, in quello spirito bellicoso retto solo dall’oscurità di Caos. E, di conseguenza, ancor più pericoloso.

Le fauci della Fiera di Sangue scattarono su Sirio, evitandogli il polso per un soffio, mentre questi scartava di lato, muovendo la gamba destra a spazzare e colpendo l’avversario con un calcio in pieno petto. Fu un rumore strano quel cozzare, metallico ma sordo, ovattato avrebbe detto. Come se sotto quella piastra di materia nera non vi fosse niente, solo un’evanescenza nera.

"Che siano ombre? Come quelle che Flegias ci rivolse contro tempo addietro?"

Ascanio, poco distante, annuì, giunto anch’egli alla stessa conclusione.

"Quello che non capisco è come possono indossare queste armature! Non credevo fosse possibile vestire uno spirito! All’epoca Anhar non ci riuscì e infatti le ombre fluttuavano libere nell’aere!"

In quella, Iemisch caricò di nuovo, affiancato dal Capitano dell’Ombra sconfitto da Andromeda sull’isola delle Andamane: Iaculo, il Serpente Giavellotto. Sirio dovette concentrarsi al massimo, liberando un devastante Drago Nascente per aver ragione di quell’attacco combinato, prima di travolgere entrambi e scaraventarli indietro. Fu mentre il dragone di luce svaniva, e il Cavaliere osservava i corpi caduti di Iemisch e Iaculo, che lo notò, inorridendo.

"Non… può essere! Ascanio, guarda!!!"

Il Cavaliere della Natura si voltò, giusto in tempo per vedere i cadaveri smembrati dei due Capitani delle Ombre ricomporsi e i loro oscuri spiriti ricompattarsi all’interno delle corazze nere. Un attimo dopo, Iemisch e Iaculo erano di nuovo in piedi, come tutti gli avversari che Ascanio e gli altri avevano abbattuto fino a quel momento.

"Ma sono invincibili?! Credevo che, distruggendole, queste ombre scomparissero!"

"Anhar deve aver trovato un modo per perfezionare la formula, o forse è stato Caos stesso! E osserva come le nere evanescenze rimangano contenute all’interno delle armature!" –Notò il Comandante di Avalon. –"Deve significare qualcosa!"

"Shia!" –Mormorò una voce all’improvviso.

"Co… come?!" –Esclamarono Sirio e Ascanio, cercando di capire chi, in quella mischia che era diventato il campo di battaglia, avesse appena parlato.

"Shia!" –Ripeté una voce maschile, e Sirio notò che proveniva da uno dei discendenti di Mu, sopravvissuto al crollo della Montagna Bianca. L’uomo, all’apparenza non più vecchio di Ascanio, piagnucolava tremando, indicando con un braccio i corpi abbattuti dei nemici, che subito si rialzavano.

"Cosa vuol dire Shia?" –Gli chiese, incitandolo a calmarsi.

"Shia!" –Disse questi. –"Le hanno carpito il segreto!" –Aggiunse infine, proprio mentre una lancia di oscura energia gli trapassava la schiena, spuntando fuori dal suo stomaco e stridendo contro l’armatura di Dragone, tra le cui braccia il ragazzo si accasciò. Alle sue spalle, Iaculo ghignava soddisfatto, sebbene la sua soddisfazione fosse destinata a durare poco, travolto dall’improvviso attacco di Ascanio che lo sventrò, disperdendone l’oscuro spirito ai quattro venti.

"Quanto meno impiegherà qualche minuto in più a ricomporsi, voglio sperare!" –Chiosò il Cavaliere di Avalon, raggiungendo Sirio. –"Che ti ha detto?"

"Ho capito! Ora ho capito perché hanno attaccato la colonia di Mu e perché Polemos ha rapito la madre di Mur!" –A quelle parole anche Ascanio comprese, digrignando i denti e abbandonandosi a un paio di improperi, mentre attorno a loro la guerra continuava.

"Hvárt eru þat svik ein re k sjá þykkjumk? Eða Ragnarök? Ríða menn dauðir!" –Mormorò Vidharr, non troppo distante, osservando l’esercito di spiriti resuscitati avanzare. –"Sono solo illusioni quelle che credo di vedere? O la fine del mondo? Uomini morti cavalcano verso di noi! E tra loro mi pare di scorgere vecchi amici! Freyr, Viceré di Asgard, sei davvero tu?"

Il guerriero ombra di fronte a lui non rispose, limitandosi a sollevare la spada al cielo e a liberare un ventaglio di devastante energia oscura. Asi o Vani, poco importava adesso delle antiche distinzioni. Erano divenuti tutti loro nemici.

***

"Mi congratulo con te, Gran Maestro del Caos!" –Esclamò Nyx, osservando il frenetico affaccendarsi dell’Angelo Oscuro nel sotterraneo adibito a laboratorio. –"Avevo dei dubbi sul tenerti in vita, ma a quanto pare il nostro signore e padrone ha scelto per il meglio, ben sapendo che saresti potuto essere ancora utile!"

"Il nostro signore vede lontano! Dall’alto della sua generosità mi ha permesso di essere qua, quest’oggi, ad ammirare la fine di coloro che si autoproclamano eroi e Divinità di un pianeta prossimo a scomparire!"

"Non credere però che questo tuo tardivo successo cancelli i precedenti fallimenti! Quanti secoli hai trascorso, libero, in questo mondo, incapace di comprendere cosa fossero i Talismani e come neutralizzarli? È dovuto intervenire Caos in persona per debellare quella minaccia! Vedi di tenere sotto controllo il calderone, che la fiamma dell’oscurità non cessi mai di ardere!" –Declamò, allontanandosi e lasciando Anhar da solo.

"Ai vostri ordini!" –Sibilò, genuflettendosi. Quindi, non appena Nyx se ne fu andata, si ritirò su, voltandosi verso l’oscura fornace. Se avesse avuto ancora un volto, la sua espressione si sarebbe indurita, le sue labbra torte in un ghigno serafico. Invece aveva soltanto la sua autostima, schizzata alle stelle, e la certezza che, entro la fine di quella giornata, avrebbe avuto quel che bramava. Quel che Caos gli aveva promesso.

Di certo i Progenitori non sono a conoscenza dei miei accordi con l’Unico! Rifletté, pavoneggiandosi al pensiero di superarli in importanza. Per quanto le loro aure cosmiche fossero abnormi, erano niente rispetto a chi le aveva generate e a chi avrebbe potuto spegnerle in qualsiasi momento. Come già accaduto! Puntualizzò, ricordando la fine della Prima Guerra Sacra. E come accadrà di nuovo.

Quale corpo Caos gli avrebbe concesso ancora non lo sapeva, ma avrebbe accettato ogni sua decisione. In fondo, nel corso dei secoli, si era servito di ogni ricettacolo possibile: il figlio di Ares, il Cavaliere di Virgo, il Primo Saggio. Mai una donna però! Sogghignò, chiedendosi come sarebbe stato vestire i panni di Nyx o di quell’angelica creatura di Emera. Si eccitò, al pensiero di sporcarne il candore con la sua anima corrotta, concedendosi una sonora sghignazzata, che risuonò nei cavernosi androni deserti. Solo allora gli venne in mente di non aver mai visto Erebo, protetto sempre da quell’armatura integrale che lasciava intravedere soltanto i suoi occhi. Un tipo riservato! Si disse, prima di tornare al lavoro.

Davanti a lui, in un grosso calderone, ribolliva una melma oscura che si sollevava in sbuffi continui, vaporizzandosi in nere evanescenze che venivano risucchiate verso l’alto dai condotti che costituivano l’ossatura del Primo Santuario.

Le sue intuizioni si erano rivelate giuste. La madre di Ariete, discendente dell’antico popolo che fuggì da Mu dopo l’inabissamento del continente, conosceva i segreti della costruzione delle armature. Forse non ne aveva mai forgiata una, ma questo poco contava. Di vitale importanza era sapere come, conoscere il modo in cui creare un contenitore atto a trattenere l’ombra di un guerriero caduto, permettendogli di agire, di muoversi, di rimanere integro anche dopo una ferita. Un’armatura per anime erranti, così l’aveva definita esponendo il suo progetto a Lord Caos e ricevendo il beneplacito per quell’operazione.

C’era voluto un po’ a leggerle nella mente, vincendo le sue difese mentali, ma contro l’Angelo Oscuro non aveva potuto resistere molto. Con il volto pallido e rigato dal sangue che le colava dal naso e dagli occhi, per l’enorme sforzo, aveva tossito due volte, rivolgendo ai figli il suo ultimo pensiero.

In quel modo Caos aveva potuto generare le armature in grado di coprire le ombre dei guerrieri caduti nelle Guerre Sacre che avevano insanguinato il mondo. Un esercito infinito che Anhar aveva contribuito a incrementare con le sue subdole strategie e che adesso sarebbero stati piegati sotto un’unica bandiera. Sogghignando, l’Angelo Oscuro pensò alle facce attonite dei Cavalieri dello Zodiaco e di tutti i loro amichetti, immaginandone il tormento nel trovarsi di fronte amici di vecchia data o nemici già affrontati. Godette di quel momento, del dispiacere del loro cuore, del dolore di dover affondare il pugno nel petto di un compagno.

Chissà, si disse, crogiolandosi in quel godimento, qualcuno potrebbe persino trattenere i propri colpi! Vada come vada, contro quest’esercito infinito non hanno speranza! Finché la fiamma oscura del calderone brucerà, le ombre torneranno sempre e presto saranno incrementate dagli spiriti di coloro che qua, alle porte del Primo Santuario, cadranno! È la legge dell’eterno ritorno! L’uroboro del caos! Ah ah ah!

***

Pegasus era irritato. Per ogni nemico abbattuto, altri due prendevano il suo posto, in attesa che l’ombra disgregata si ricomponesse, tornando a mietere vittime. Già era doloroso doverli uccidere una volta, ma continuare a farlo, rivivendo ogni volta quel momento, e tutti i ricordi che portava con sé, cominciava a infastidirlo, rendendo lenti i suoi riflessi e più deboli i suoi pugni. E il braccio, che Erebo aveva infettato con la sua oscurità, stava ricominciando a dolergli, nonostante le cure di Zeus e Atena.

Aveva fatto fuori un’intera legione di nani oscuri, prima di ritrovarsi circondato da massicce figure simili a giganti, che impugnavano rozze aste di quello che sembrava ghiaccio nero. Stava per verificarne la consistenza quando lance di energia acquatica erano spuntate dallo stomaco dei colossi, distruggendoli in un lampo di luce.

"Stai bene, Cavaliere?" –Esordì Asterios, apparendo tra gli ombrosi frammenti degli Hrimthursar.

Pegasus annuì, con un cenno quasi meccanico, prima di darsi un’occhiata attorno e notare di essere al centro di quella che ormai era divenuta una vera e propria mischia. L’ordinato schieramento iniziale era crollato, per quanto impegno Jonathan e Reis ci avessero messo nel mantenerlo unito, quando le ombre avevano iniziato ad apparire in mezzo ai soldati, disorientati dal loro aspetto mostruoso e al tempo stesso attratti da un perverso senso di familiarità che non sapevano spiegare. Sembrava quasi che le anime dei caduti sapessero dove dirigersi, verso persone conosciute in passato, fossero amiche o nemiche. Secondo Pegasus, era indice di un barlume di coscienza ancora attivo, cui forse avrebbero potuto fare perno per risvegliarli, ma Asterios aveva subito smontato la sua teoria.

"È Caos che li manovra! Niente è casuale! Lui ci conosce, ci ha osservato per anni, secoli addirittura, e sa come colpirci! Al cuore! Poc’anzi mi hai criticato per non avere legami, per non comprendere cosa si prova a rivedere persone amate perse da tempo sul fronte opposto di questa guerra. Non è del tutto vero, Pegasus! Non dimenticare chi hai di fronte, una creatura immortale che sta tra gli uomini e gli Dei, una creatura che ha vissuto su questa Terra per migliaia di anni, vedendo vite fiorire e appassire nel breve arco di un istante! Quante persone ho incontrato, quante ne ho amate, di quante conservo ancora un ricordo! Ma a tutte ho dovuto dire addio! Persino a mio fratello! Non credere che l’immortalità sia un dono, a volte può essere una maledizione, quando vedi gli altri scomparire e tu rimanere!"

Qualcosa del genere era successo anche a Pegasus e ai suoi compagni, all’inizio dei semplici Cavalieri di Bronzo. Cresciuti e migliorati col tempo e con le esperienze vissute, avevano visto cadere guerrieri di ogni casta e culto, anche più forti di loro. Cavalieri d’Argento e d’Oro, difensori di Asgard e Generali degli Abissi, Spectre e Cavalieri Celesti, entità che, solo pochi anni prima, non sarebbero riusciti nemmeno a immaginare. Eppure ce l’avevano fatta, li avevano vinti tutti, ed erano andati avanti, forti del loro valore e di ciò che da loro avevano appreso. Dovevano solo essere degni di quell’eredità.

Fu un fruscio a farlo voltare, lo strisciare di fili oscuri nell’aria, che si avvolsero attorno alle sue gambe, chiudendole in una morsa ferrea e gettandolo poi a terra, di faccia. Prima ancora di riuscire a voltarsi, un calcio in pieno volto lo spinse di lato, facendogli perdere l’elmo dell’Armatura Divina, permettendogli infine di distinguere i suoi aggressori. Deglutendo a fatica, Pegasus cercò di rimettersi in piedi, mentre nuovi fili saettavano verso di lui, al comando silenzioso di una cetra che suonava un requiem di morte.

"Mime!" –Mormorò il ragazzo, riconoscendo le corazze del Nord. –"Mizar e Alcor! E…"

Un affondo rapido e preciso lo raggiunse su un fianco, mentre scariche di energia sfrigolavano contro il pettorale della corazza e gli occhi vacui di un volto simile a un lupo selvaggio incrociavano i suoi.

"Luxor…" –Capì, spingendolo indietro con un’onda di energia e preparandosi, nel qual tempo, alla carica dei due fratelli. Velocissimi, Mizar e Alcor sfrecciarono verso di lui, uno su ogni fianco, mentre l’intensità della melodia di Mime raggiungeva il culmine e tutte le corde vibrarono, trasmettendo una poderosa energia oscura che fece tremare l’intero corpo di Pegasus.

"Aaargh!!!" –Strinse i denti il ragazzo, bruciando il cosmo e riuscendo a liberare le braccia, sui cui pugni già scintillava un’azzurra energia. –"Fulmine di Pegasus!!!" –Esclamò, portando entrambi gli arti avanti e liberando, per la prima volta, un doppio attacco. Migliaia di sfere energetiche bombardarono Mizar e Alcor, frenando la loro corsa, ma la repentinità dell’assalto e la sua partizione lo resero meno incisivo, permettendo ai gemelli di portarsi ai fianchi di Pegasus.

Allora spalancò le ali dell’armatura, aiutandosene per balzare in alto e trascinare Mime con sé. Roteò su se stesso, portandosi in posizione verticale, e colpì il musico con un pugno al petto, che lo scagliò a terra, contro Mizar, assieme alla sua cetra. Con un’esplosione di energia, Pegasus incendiò le corde che gli bloccavano le gambe, piombando poi su Alcor con il pugno pronto a colpire. Ma non s’avvide di una rapida mossa di Luxor, con cui questi balzò sulla schiena della Tigre Bianca, servendosene per saltare in alto, sopra Pegasus, e affondare le zanne del lupo nella sua schiena, schiantandolo a terra.

"Maledizione!" –Rantolò il ragazzo, rialzandosi all’istante e constatando che i denti dell’armatura oscura fortunatamente non erano riusciti a penetrare il mithril o avrebbe potuto ritrovarsi paralizzato. –"Non appena mi libero di uno, eccone un altro! Stanno diventando… troppi!" –Aggiunse, mentre due braccia robuste lo afferravano da dietro, impedendogli di muoversi e stritolandolo sempre più.

Torcendo a malapena il collo, Pegasus trovò conferma ai suoi sospetti, riconoscendo la massiccia sagoma di Thor e percependone di nuovo la poderosa forza.

"Pure tu, amico mio! Quale destino… immondo!!!"

In quel momento Mizar, Alcor e Luxor si lanciarono contro di lui, liberando i loro colpi segreti. Artigli di oscura energia e zanne affilate gli graffiarono l’armatura, raggiungendolo ovunque, persino sul volto.

Sentendosi la bocca impastata dal sangue che gli colava da un taglio sulla fronte, Pegasus bruciò al massimo il cosmo, mettendo da parte ogni remora. Li conosceva, e sapeva che i loro veri spiriti mai avrebbero accettato di sottomettersi all’oscuro potere di Caos. Anche per loro, per onorarne la memoria, doveva vincerli.

"Aaargh!!!" –Gridò, espandendo il cosmo e liberandolo con una violenta fiammata azzurra, che ustionò le braccia di Thor, distruggendone l’armatura e obbligandolo ad allentare la presa. Subito Pegasus ne approfittò, afferrando il gigante per un arto e servendosene come leva per ribaltarlo, schiacciando Luxor nell’impatto. Quindi, con il pugno già carico di energia e le lacrime che gli rigavano il volto, liberò la Cometa Lucente, da distanza ravvicinata, che per la seconda volta trapassò il costato del nobile Thor, continuando poi la sua corsa e travolgendo Mizar e Alcor.

C’era rimasto solo Mime, adesso. Mime che non voleva combattere, Mime che odiava la guerra, madre di dolore, e che alla guerra era stato costretto a piegarsi. Di nuovo.

Prima che potesse occuparsi di lui, il musico oscuro venne spinto di lato, gettato a terra in malo modo da una figura imperiosa spuntata alle sue spalle. Pegasus non ebbe bisogno di guardarlo in faccia per capire chi fosse, gli bastò notare il coprispalla a forma di testa di drago, ricordando il loro scontro nel piazzale retrostante la cittadella di Asgard, la sua dolorosa accettazione di una perversa realtà e infine la sua dipartita.

"Orion!" –Mormorò il Cavaliere di Atena, mentre il suo avversario sollevava l’indice destro, su cui lampeggiava un’oscura iridescenza. Ben sapendo quel che sarebbe accaduto, Pegasus spalancò le ali dell’Armatura Divina, librandosi in avanti, oltre il cerchio di energia appena apparso sul terreno attorno a lui. Ma un braccio lo afferrò all’improvviso, un braccio sorse dal mucchio di corpi che credeva di aver vinto, forse di Luxor o di un altro, e lo gettò indietro, dentro il perimetro esplosivo, esponendolo alla violenza della Spada di Asgard.

L’attacco graffiò ulteriormente la sua corazza, pur senza recarle danno, ma gli fece perdere tempo prezioso, di cui Orion approfittò per portarsi vicino a lui, gonfiando il petto e tirando all’indietro entrambe le braccia piegate. Fu un attimo e la potenza degli Occhi del Drago esplose, abbattendosi su Pegasus e scaraventandolo molti metri addietro, contro un gruppo di giovani Areoi impauriti. Orion, invece, non si faceva problemi nel falciare chiunque gli si ponesse davanti, deciso a sconfiggere il Primo Cavaliere della Dea Atena.

"Se è me che vuoi, allora mi avrai!" –Ringhiò il ragazzo, rimettendosi in piedi, avvolto nella sua scintillante aura cosmica. Incrociò le braccia davanti al viso, contenendo la furia del colpo segreto del Cavaliere di Asgard, per poi rimandargli indietro il suo stesso attacco, sbattendolo a terra. Prima ancora che Orion potesse rimettersi in piedi, già Pegasus galoppava verso di lui, uno sciame di meteore azzurre in volo per coprire la breve distanza tra di loro. –"Perdonami amico mio! Fulmine di Pegasus, donagli la paceee!!!" –E liberò il potente colpo segreto, che disintegrò Orion e altre ombre radunate attorno a lui.

Non ebbe tempo di gioire, che già nuovi nemici si erano fatti avanti e ovunque, nella piana del Taklamakan, risuonavano grida di guerra e di dolore.