CAPITOLO DECIMO: LA LEGIONE MALEDETTA.

Xanto del Fauno, Satiro Guerriero della Passione, alla vista della noncuranza con cui l’uomo dall’armatura scura e violacea, apparso d’improvviso dietro di lui, reggeva per i capelli la testa mozzata di una Menade, si infervorò, lanciandosi avanti. Ma allo sconosciuto bastò un solo sguardo per bloccarlo sul posto, il corpo percorso da un brivido indicibile, una sensazione mai provata prima.

"Ah ah ah! Degli Dei ben poco abbiamo da temere, noi che, millenni or sono, rifiutammo la gran chiamata, volgendo le spalle a noi stessi e al nostro onore!" –Parlò infine, gettando addosso a Xanto la testa dell’Invasata. –"I guerrieri attorno a te riuniti hanno in me, Iro di Orione, il loro comandante e non rispondono ad alcuna Divinità, tranne a quella capace di garantire la loro sopravvivenza!"

Il Satiro Guerriero, finora molto loquace, non riuscì a dire alcunché, continuando a tremare sul posto. Poté soltanto vedere il comandante della Legione Maledetta avvicinarsi, il volto ancora nascosto dall’elmo a tre punte che indossava, la mano guantata che si posava sul pettorale della sua corazza. Solo allora, incrociando per un attimo lo sguardo dell’uomo, rosso di odio e dolore, capì.

Che quella sensazione mai provata prima, intensa ma indefinita, era la stessa che Iro e i suoi accoliti avevano avvertito millenni addietro, rifuggendo Ercole e le sue cause. Lo stesso alito fetido che erano riusciti a trasformare nella loro arma da battaglia, con cui distruggere l’animo di qualsiasi avversario. La paura della morte. Così vicina, così reale.

Xanto la vide negli occhi dell’antico Hero di Orione e quella consapevolezza lo uccise. Con un semplice gesto della mano, Iro si sbarazzò dell’irrigidito cadavere, gettandolo di lato e liberando finalmente la strada dal suo vero obiettivo.

"A noi, adesso!" –Esclamò, indicando Marcantonio, Pasifae e Laoconte, riuniti spalla contro spalla, con le braccia sollevate in posa difensiva. –"Abbassate pure le vostre difese, poiché, come avete visto, qualunque protezione è inutile al nostro cospetto! Nessuno scudo può bastare a contenere l’impeto della maledizione degli eroi caduti!"

"Allora cosa aspettiamo?! Uccidiamo anche loro! Adesso!" –Intervenne un secondo uomo, dai lunghi capelli bianchi, affiancando il comandante e disegnando nell’aria un simbolo di vivido color oro. –"Che il segno dell’infamia risplenda sui loro corpi sventrati! Che le sei punte del satkona yantra li conducano all’equilibrio eterno!"

"Sì, li uccideremo, Salomone!" –Commentò Iro, mettendo la propria mano su quella del compagno. –"Ma tra pochi minuti! Prima c’è una cosa che desidero chiedergli!" –Precisò, abbassandogliela e portandosi di fronte a Marcantonio.

I due condottieri si guardarono per qualche istante, sia pure nella semioscurità che era tornata a invadere il passaggio. Dopo la fine del breve scontro con Xanto, le fiamme si erano infatti disperse e adesso non restavano che piccoli roghi sparsi, su uno dei quali stava ardendo il distrutto corpo del Satiro Guerriero.

"Perché siete qua?" –Parlò Iro. –"Sapevate che sareste andati incontro a morte certa, eppure non avete esitato nel venire a cercarci! Per cosa? Quale motivo può valere così tanto da spingere a gettar via la vita, bene breve ma prezioso per un guerriero?!"

"Siamo venuti per voi, Heroes di Ercole! Per permettervi di onorare il giuramento prestato un tempo al Dio dell’Onestà!" –Disse allora Marcantonio, ottenendo in tutta risposta un’ilarità generale.

"Buffone!" –Sibilò uno dei quattordici guerrieri che li circondava, balzando accanto a lui e strusciando l’elmo verdastro contro il suo collo. –"Sss… sento l’inebriante odore della morte, mescolato ai piaceri di un’agiata vita! Mmm… ricco è il cosmo di costui! Ssss… Sarà un piacere cibarmi a un così nobile desco! Quei satiri barbuti erano soltanto pelo e quelle sgualdrine cosa ci han dato? Il piacere di un momento, niente più!"

"Hanno fatto il loro lavoro, allora, Strimone! Ah ah ah!" –Rise un altro guerriero dai lunghi capelli blu, sfoderando un tridente di energia cosmica e puntandolo al collo di Laoconte. –"E questo damerino impomatato? Lo infilzerei per il piacere di lasciarlo a terra sanguinante, col bel visino inzaccherato di morte!"

"Quel damerino è mio cugino, e dovrai uccidere me prima di poterti avvicinare a lui!" –Tuonò Marcantonio, afferrando con le dita il tridente di energia cosmica e piegandolo di lato con forza, incurante del suo taglio incandescente.

"Se è questo che vuoi…" –Ringhiò il guerriero, ritirando l’arma di scatto e poi piantandola avanti, trapassando il Comandante della Legione d’Onore all’altezza del bacino, poco sopra la cintura protettiva dell’armatura dello Specchio. –"Muori prima tu, allora! Forca di morte!" –E puntò di nuovo il tridente avanti a sé, proprio mentre Laoconte spingeva Marcantonio a terra, portandolo fuori dalla traiettoria del triplo raggio energetico, che lo raggiunse alla schiena, bruciandogli le vesti.

"Laoconte…" –Mormorò Marcantonio, rialzandosi prontamente e osservando il sangue sgorgare copioso dalla schiena del cugino. Ma Pasifae era già corsa in loro aiuto, scagliando migliaia di gocce di energia acquatica contro il tridente e distruggendolo, senza per nulla impressionare il suo portatore.

"È un’arma fatta di cosmo! Posso crearla e ricrearla a mio piacimento!" –Commentò con ghigno soddisfatto, mentre un’agile figura lo superava con uno scatto, piombando su Pasifae e sbattendola a terra.

"Lascia a me il piacere di confrontarmi con questa femmina, Mitridate! Prima le toglierò la maschera e poi le graffierò il viso con le mie unghie velenose!" –Sibilò, permettendo all’Hero del Cancro di comprendere che anch’ella fosse una donna. –"Procri!" –Aggiunse, quasi divertita, sedendo a cavalcioni su Pasifae e graffiandole la corazza e l’elmo. –"La gatta dell’inferno! Ahu ahu ahu!"

Ma l’allieva di Atamante aveva ben poca voglia di divertirsi e la allontanò lasciando esplodere il suo cosmo e generando un’onda di energia acquatica che sbalzò l’Hero maledetto indietro di qualche metro. Procri fu comunque abile ad effettuare una piroetta a mezz’aria, ricadendo a terra compostamente.

"Adoro questi momenti!" –Commentò l’uomo che aveva per primo proposto a Iro di ucciderli. E nel dir questo disegnò in aria una stella a sei punte, tracciandola con il proprio cosmo d’oro. –"Esagramma! Che ne siate marchiati! A vita!" –Tuonò, e in quel momento il marchio apparve sul petto di Laoconte, incendiando le sue vesti e le carni al di sotto di esse, tra le grida terrorizzate dell’apprendista. Comparve anche sul pettorale di Marcantonio e di Pasifae ma la resistenza offerta dalle loro armature fu tale da non permettergli di scendere oltre, lasciando soltanto un’incrinatura e una macchia fumante. –"Com’è possibile?! Non esiste corazza umana che possa fermare l’esagramma!"

"Non semplici armature indossiamo infatti! Ma vestigia rinate con sangue divino!" –Spiegò Marcantonio. –"Eolo in persona, Signore dei Venti, si è sacrificato affinché potessimo vivere e continuare a lottare!"

"Per cosa???!!!" –Tuonò Iro, intervenendo di persona e scaraventando Marcantonio, Pasifae e Laoconte indietro, schiantandoli contro un versante del crepaccio. –"Per permettervi di fare cosa, anche Eolo è caduto? Per osservarvi dagli abissi di Tartaro raggiungerlo poche ore dopo?! Per il piacere di assistere alla vostra caduta, ineluttabile come quella di ogni essere vivente?!"

"No! Per permetterci di vivere e di lottare per quel che è giusto!" –Esclamò Marcantonio, rialzandosi e respirando a fatica.

"Idiozie!" –Tuonò di nuovo Iro, muovendo il braccio a spazzare e generando un’onda di energia che si schiantò sul Comandante della Legione d’Onore, obbligandolo a portare entrambe le braccia avanti per difendersi, ma venendo comunque spinto indietro. –"Se sei giunto fin qua per parlarmi di giustizia, allora sei più patetico di quanto credessi! L’unica legge a cui rispondiamo, nell’infinito processo che è la nostra vita, è la nostra! Una legge di sopravvivenza!"

"Non sono venuto per giudicarvi, ma per parlare con voi! Per capirvi! Per chiedervi cosa vi ha spinto a tradire Ercole!" –Incalzò Marcantonio. –"Eravate i suoi fedeli, gli uomini con cui aveva scambiato un patto di sangue, vincolando anima e corpo ad uno scopo comune! Eppure lo avete abbandonato, lasciandolo da solo! Perché?"

"Non l’hai ancora capito?! Eppure è chiaro! Te l’ho detto fin dall’inizio! I progetti di Ercole erano grandiosi, ma irraggiungibili! Chimere lontane in volo verso l’infinito! Inseguirle avrebbe significato morire, avrebbe significato affrontare imprese per cui mai saremmo stati cantati nel tempo, perché non avremmo vissuto abbastanza per divenire leggenda! È questo che abbiamo rifiutato, non Ercole stesso! Bensì la prospettiva di cadere e finire nel vuoto prima del tempo! La prospettiva di essere dimenticati e perdere ogni gloria e onore ottenuto in vita! Perché, e tu ben dovresti saperlo, mortale che ogni giorno rischi la vita in battaglia, il tempo è ciò di cui maggiormente gli uomini hanno paura, soprattutto i guerrieri! Tempo di cui sono avidi e di cui sono spesso privi!" –Spiegò Iro, senza mai spostare lo sguardo da Marcantonio. –"Noi abbiamo cercato di fermare il suo scorrere inesorabile, di ritardare la fine, che certa sarebbe giunta se avessimo seguito Ercole nelle sue imprese, sperando, in tal modo, di vivere più a lungo, di poter riempire le nostre sale di trofei e vittorie, di poter essere cantati un giorno dagli aedi, ebbri di gloria e di onori!"

"E cosa avete ottenuto?!" –Domandò pungente Marcantonio, scivolando con gli occhi da Orione ai guerrieri che lo seguivano. –"Questo?!"

"Sì! Questo!" –Si limitò a rispondere Iro, abbassando per la prima volta lo sguardo. –"Per quell’atto, che fu considerato un tradimento, fummo maledetti da Ercole e, in seguito alla loro riconciliazione, da Zeus e dagli Dei tutti, poiché niente di peggiore può esservi per un condottiero se non la defezione dei propri seguaci! E condannati alla vita eterna che tanto avevamo sognato! Una vita lunga un intero rimpianto!"

"Ma voi potete liberarvi dalla maledizione, Iro! E tornare ad essere quel che dovevate divenire! Quel che potevate divenire! Eroi!"

"Gli eroi non esistono! E quei pochi che realmente lo erano sono stati dimenticati!" –Rispose Iro, con una traccia di tristezza nella voce. –"Io lo so bene! Sono stato maestro di molti guerrieri prima di mettermi al servizio di Ercole, e ho seguito il loro destino da lontano! Di uno in particolare son stato fiero! Di un Cavaliere d’Argento di Atena! Serian della costellazione di Orione, vissuto ai tempi della prima guerra sacra tra la Dea della Giustizia e Ares! Abile, scaltro, spavaldo, sempre in prima fila a combattere, mai pavido da indietreggiare! Anche a lui la Vergine Dea dovette la sua vittoria, non soltanto al Cavaliere di Pegasus e ai Dodici Custodi! Orbene, cosa ne è stato di quel fiero e indomito spirito? Credi forse che le cronache del Santuario della Dea Guerriera ne parlino? O che statue colossali siano state erette in suo onore? Tsè, soltanto i saggi e i maestri più vecchi si ricordano di lui, ma per la gran massa di soldati e di fedeli egli è solo uno dei tanti nomi persi negli abissi del tempo! Forse che i possessori di argentee vestigia meritino meno onori dei dorati custodi del Grande Tempio?! Il mio allievo prediletto fu dimenticato, e simil destino è toccato a noi! E toccherà a te Marcantonio dello Specchio, e ai tuoi seguaci!

Credi forse che tra duecento anni, quando l’ombra dell’Imperatore delle Tenebre si allungherà nuovamente sulle terre emerse, qualcuno ricorderà più il vostro nome? Credi forse che vi saranno statue e canti in vostro onore a Tirinto, a Micene o ad Atene? No, erri sapendo di errare! Perché niente di questo accadrà, i vostri nomi scompariranno e altro non sarete se non un manipolo di stolti caduti nell’ennesima guerra contro gli Dei! Come coloro che vi hanno preceduto e coloro che vi seguiranno! Stesso copione, stessa storia di una saga che non avrà mai fine!"

"Sei cinico! E un po’ codardo!" –Commentò infine Marcantonio, stupendo lo stesso Orione, che sollevò risentito un sopracciglio. –"E quel che è peggio, Iro, tu sai di esserlo! Sai che basterebbe poco per cambiare, ma non vuoi farlo! Preferisci restare qua, rinchiuso tra queste montagne, a sgozzar capre e a cibarti di carogne, anziché affrontare il mondo al di fuori! Ercole ti perdonerebbe se tornassi da lui, se tu combattessi al suo fianco in questa che probabilmente sarà la nostra ultima battaglia! Ne siamo consapevoli, sì, lo siamo stati fin dall’inizio! Ma non per questo ci siamo tirati indietro, non per questo abbiamo rinunciato in partenza! Quali canti e onori vuoi ottenere rimanendo nell’ombra? Quelli per un uomo che ha abbandonato la battaglia, che non ha avuto il coraggio di andare in fondo ad un giuramento, che è stato così pavido da preferire la solitudine eterna ad una vita, una sola, intensamente vissuta?!"

A quelle parole, i tredici guerrieri si infervorarono, scambiandosi occhiate e smorfie, ma nessuno parve muovere un muscolo, attendendo un silenzioso cenno da parte del loro comandante, che tardava però ad arrivare, ancora intento a prestare orecchio all’accorata supplica di Marcantonio, che adesso parve rivolgersi all’intera legione.

"Avete ottenuto la vita immortale! Avete ottenuto di vivere per sempre! Ma è stato davvero quel che avete tanto bramato? O è stata piuttosto una maledizione? Siete spettri di un rimorso che non vi darà tregua, né mai lo ha fatto, consumando la vostra essenza, inquinando il vostro spirito, isterilendo il vostro corpo! Non è meglio allora vivere una sola vita, lottando e cadendo da uomini, per tutto ciò che riteniamo sacro, che strisciare tra le tenebre del mondo consumandoci giorno dopo giorno senza mai trovare pace?"

"Come osi?!" –Ringhiò allora l’uomo dai lunghi capelli bianchi, ancora adirato per il fallimento della sua tecnica offensiva. –"Forse tu non sai chi sei venuto a disturbare! E perché dovresti? Ho percepito anch’io quel che Strimone ha captato soltanto annusandoti! Un rampollo di agiata famiglia, viziato e cullato negli agi del suo casato, che pretende di parlare di ideali per cui lottare, senza temere l’oblio oltre il Lete! Umpf! C’è da chiedersi se tu abbia mai combattuto, se tu abbia mai sentito sulla pelle l’odore della morte, quel fantasma nauseabondo che siede accanto a te, in guerra, assumendo le forme dei tuoi compagni?!"

"Ho combattuto! A Tirinto e a Samo, contro i sicari della Regina degli Dei! E ho intenzione di farlo ancora, con voi al mio fianco, e al fianco di Ercole!" –Continuò Marcantonio, per nulla intimidito. Neppure quando l’uomo sollevò l’indice, creando nuovamente in aria l’esagramma di puro cosmo d’oro.

"Placati, Salomone!" –Intervenne allora Iro, sovrastando l’energia cosmica del suo secondo con la propria. –"Pare che un temerario sia giunto fin qua, negli androni del mondo, per perorare la sua causa, per quanto persa in partenza essa sia! Orbene, gliene renderò merito, è giusto in fondo accondiscendere all’ultimo desiderio di un condannato!"

"Ma… Iro…" –Balbettò Salomone, non comprendendo le intenzioni del comandante.

"Le tue parole, Hero dello Specchio, non cadono su un orecchio sordo! Ma la facilità con cui rischi la vita ogni giorno, tuffandoti in guerre da cui sai di non poter uscire, mi sorprende, e mi spinge a dubitare della tua salute mentale!" –Esclamò fiero il condottiero, espandendo il proprio cosmo violaceo. –"Pur tuttavia ti farò una proposta, e tu la accetterai, combattendo con me, qua, adesso! Mostrami per cosa dovremmo scendere in campo, e incontrar la morte! Se vale davvero la pena abbeverarsi alle acque del fiume Lete, scivolando quindi nell’oblio, da vincitori o da vinti, da folli eroi o da coraggiosi rinunciatari!"

"E sia… non cerco lo scontro, Iro, ma se è questo che vuoi…"

"Lo voglio!" –Affermò deciso il Comandante della Legione Maledetta, concentrando il cosmo attorno al braccio destro. –"Ma la prospettiva di guerra non ti sia di illusione, poiché ben poco potrai contro il Cacciatore celeste, celebre al punto che persino la divina Artemide condivideva molte battute di caccia con me!"

Salomone e gli altri Heroes della Legione Maledetta si misero di lato, pronti per intervenire in aiuto di Iro qualora ve ne fosse stato bisogno. Certi comunque che non sarebbe stato il caso, poiché mai, in millenni di vita assieme, Iro aveva avuto bisogno di aiuto per fare alcunché. Altrettanto fecero Pasifae e Laoconte, con la Sacerdotessa che aiutava l’apprendista, cercando di lenire con il proprio cosmo rinfrescante le ferite al petto e alla schiena, ancora sanguinanti.

"Le tue doti in battaglia mi sono note! Ercole me ne parlò! Ercole che mai ti ha dimenticato, né ha smesso di volerti bene! Le mie però tu non le conosci!" –Commentò Marcantonio, senza mostrare il benché minimo timore verso il potente avversario. Ma proprio in quel momento un dubbio lo colse. Un dubbio che trovò conferma nel sorriso sardonico che Iro gli rivolse caricando il suo colpo segreto.

"Cadi, per gli ideali di cui tanto vai fiero! Sotto il Tuono del Cacciatore!!!" –Gridò il glorioso condottiero, liberando una possente tempesta energetica, che saettò verso Marcantonio alla velocità della luce, obbligando il Comandante della Legione d’Onore ad aprire le braccia di scatto e a creare lo Specchio delle Stelle, su cui l’assalto di Iro si infranse.

Marcantonio fece quasi per abbandonarsi ad un sospiro di sollievo, quando la barriera lucente che aveva innalzato tremò di colpo, prima di schiantarsi, sotto il greve suono di un rimbombo, e scaraventare l’Hero indietro a gambe all’aria, schiacciato a terra da una pressione indicibile.

Iro sorrise, osservando il suo avversario annaspare nel rimettersi in piedi, ma dovette comunque riconoscere l’effettiva resistenza delle vestigia rinate con l’Ichor di Eolo. A malapena scalfite dal rinculo della sua offensiva.

"Come… come hai abbattuto lo Specchio delle Stelle?! Credevo di aver parato il tuo attacco!" –Mormorò Marcantonio, riposizionandosi di fronte a Iro.

"Vi sei riuscito, all’apparenza!" –Rispose questi, sornione. –"Ma non è stato sufficiente a contenere la veemenza del Tuono del Cacciatoreee!!!"

Nuovamente Marcantonio sollevò il trasparente muro, su cui anche quella volta si schiantò l’assalto dell’Hero maledetto. Ma, proprio com’era accaduto prima, un tuono fragoroso lo mandò in frantumi, scaraventando il Comandante della Seconda Legione indietro, sbattendolo a terra con forza, quasi fosse calpestato dal piede di un gigante.

"Hai sovrastimato la capacità difensiva di quel tuo specchio, che si è rivelato inadatto per contenere un attacco in due fasi!" –Commentò Iro, avvicinandosi. –"Hai creduto che il mio colpo segreto consistesse soltanto della fulgente tempesta che ti ho diretto contro! Ma hai fallito! Poiché, proprio come il tuono segue il fulmine, allo stesso modo il mio vero attacco si palesa esauritasi la carica del primo!"

"Ma certo! Che ingenuo sono stato!" –Rifletté Marcantonio, rimettendosi in piedi, le ossa doloranti per l’urto subito. –"Il fulmine quando scocca crea uno spostamento d’aria nell’atmosfera, riscaldando la stessa e dando vita ad un’onda d’urto simile a quella di un’esplosione. Ed è proprio quell’onda a generare il tuono!"

"Come già Aristotele aveva iniziato a studiare nel suo trattato sulla meteorologia!" –Rantolò Laoconte, stretto nell’abbraccio protettivo di Pasifae.

"Ti avevo visto in azione, contro il fauno dionisiaco, e mi era stato subito chiaro l’enorme valore che attribuivi alla tua difesa! Maggiore che all’offesa, per la quale preferisci un colpo indiretto, come l’urto di rimando dello specchio stesso! Umpf, del resto non poteva essere diversamente! Sei di buon cuore e ti proclami un eroe! Preferiresti dare via la vita che toglierla! Ideali nobili, ma infecondi! Ideali che ti porteranno a morte certa!" –Continuò Iro, concentrando nuovamente il cosmo sul braccio destro, per portare l’attacco decisivo. –"Che le raminghe anime di Ade ti accolgano, senza rimpianti!"

"Non cantar vittoria troppo presto! Anche se hai visto i miei colpi segreti, questo non significa che riuscirai ad evitarli!" –Gridò Marcantonio, a cui Iro rispose con quel suo tipico sorriso sardonico.

"E chi ha intenzione di farlo?!"

"Spirale dell’Onore!" –Esclamò l’Eroe di Tirinto, puntando contro Iro l’indice destro, da cui si dipartì una spirale energetica che si avvolse attorno al condottiero leggendario, per nulla intimorito, anzi quasi divertito da siffatta tecnica.

Come un serpente, la spirale avvolse il corpo dell’antico Hero di Orione, stridendo con forza sulla corazza dai riflessi violacei. Dopo qualche minuto, con la calma di chi, alzandosi dal letto, stira le proprie braccia sbadigliando, Iro fece avvampare il proprio cosmo, gonfiando i muscoli e aprendo gli arti di lato, strappando via l’effimero legame, di fronte agli occhi raggelati di Marcantonio, Laoconte e Pasifae.

"Non… non è possibile!!! La tecnica che aveva immobilizzato persino Argo, Sommo Sacerdote di Era, annientata così, come fossero labili lacci di corda!"

"Osserva, ardimentoso Eroe di Tirinto, la furia del Cacciatore che da Orione ha preso il nome e la forza!" –Gridò Iro, avvampando nel suo cosmo viola, mentre tutto attorno a sé i resti della spirale energetica si incendiavano, sovrastati dallo strapotere del condottiero. –"Io sono bello e grande, e tu, di fronte a me, sei soltanto un fastidioso scorpione da schiacciare! Così!" –Aggiunse, portando il braccio destro avanti e liberando il suo violento assalto di energia cosmica.

"Gli scorpioni, dovresti ben saperlo, sanno anche come pungere!" –Si limitò a commentare Marcantonio, bruciando il cosmo al massimo e sollevando le braccia, per contenere l’onda energetica di Iro.

Stupito, il Comandante della Legione Maledetta vide Marcantonio aprire i palmi delle mani, caricandoli del proprio cosmo dorato, e resistere. Resistere con tutta la forza che aveva in corpo, superiore a quanta avesse creduto possedesse. Forza che, comprese, gli derivava dagli ideali in cui credeva e che sempre gli avrebbero dato la spinta per non arrendersi.

"Non è meglio allora vivere una sola vita, lottando e cadendo da uomini, per tutto ciò che riteniamo sacro, che strisciare tra le tenebre del mondo consumandoci giorno dopo giorno senza mai trovare pace?" –La domanda che gli aveva posto poc’anzi risuonava nella mente di Iro, chiarendogli il dubbio che lo aveva invaso, spiegandogli perché e per cosa Marcantonio stava davvero lottando.

Fu in quel momento che la voce del Comandante della Legione d’Onore lo riportò nel pieno dello scontro, con il suo avversario avvolto da una bruma di cosmo aureo.

"Hai ragione, Iro di Orione! Il mio animo è nobile ed ho sempre combattuto con il massimo senso dell’onore, cercando, ove possibile, di non portare morte, ma giustizia ed equilibrio! Non ho mai creduto nella guerra come mezzo per risolvere i conflitti, anche se spesso, come in questa battaglia contro la Regina Madre, sono stato costretto a prendervi parte! Per cotal ragione ho sempre preferito concentrarmi sulla difesa piuttosto che sull’offesa!" –Esclamò Marcantonio, con voce pacata ma ferma. –"Ma non credere che questo mi porti ad essere un rinunciatario, a dare via la vita con facilità! Tutt’altro! So resistere! E reagire! E, come tutti i Comandanti delle Legioni di Heroes, possiedo un colpo segreto massimo, un attacco diretto, che il Dio dell’Onestà ci ha personalmente insegnato, lasciando che ognuno poi lo sviluppasse a modo suo! Nestore, Alcione e Chirone non si sono fatti scrupoli al riguardo, Adone l’ha usato soltanto in punto di morte, mentre Tereo ed io ce ne precludemmo l’uso, preferendo trovare altre vie per difendere Tirinto e lottare per i nostri ideali! Chissà…" –Sospirò infine. –"Se Tereo ne avesse fatto uso, forse non sarebbe perito sotto il sole di Tebe… Ma, ahimé, il mio vecchio amico era un convinto pacifista!"

"Precludersi un colpo segreto?! Che idiozia! Tanto vale non averlo, allora!" –Commentò Salomone, che osservava il susseguirsi dello scontro assieme a Mitridate, Strimone e agli altri Heroes della Legione Maledetta.

"Ed in effetti è passato così tanto tempo dall’unica volta in cui l’ho usato che chissà se riuscirò ad eseguirlo bene come allora!" –Mormorò Marcantonio, prima di volgere lo sguardo verso Laoconte e Pasifae, ancora stretti l’uno all’altra ai piedi della rupe. Sorrise loro, con gentilezza, come era nei suoi modi, quasi a volersi scusare per aver deciso di rompere quel patto con se stesso.

Laoconte comprese quel che si agitava nell’animo del cugino e ricambiò il sorriso, annuendo a fatica e cedendogli la sia pur debole fiamma del suo cosmo.

"Nostro nonno sarebbe fiero di te!"

"Grazie!" –Commentò Marcantonio a denti stretti, lasciando esplodere il suo cosmo che turbinò nell’aria attorno, saturandola di luce e di stelle, rischiarando quel sentiero ove il sole così a fatica era sceso per secoli. –"Iro di Orione, che cacciasti con la divina Artemide agli albori del tempo, sei il miglior avversario che mai abbia incontrato! E per quanto la rabbia e il dolore abbiano offuscato la tua ragione, tormentandoti il cuore, sento che sul tuo cosmo è calato solo uno strato d’ombra, ma la vera essenza, il cuore ardente che rifulge nell’anima, è rimasta intatta! Per risvegliarla, ti onorerò del mio massimo colpo, da Ercole direttamente appreso! Ma perché lo evidenzio? Ben dovresti saperlo, tu che ugualmente hai ricevuto la sua fede!"

E con la mente Marcantonio scivolò indietro, a un giorno di quasi dieci anni prima, quando il Dio dell’Onestà aveva convocato i Comandanti delle sei Legioni nel suo studio, per uscire poi assieme a loro e passeggiare nei vasti prati dietro la reggia, con la scusa di quattro chiacchiere prima dei saluti. Alcione sarebbe infatti partita per Creta entro pochi giorni, per aiutare gli abitanti nella lotta contro gli Ottomani. E Tereo ormai si era stabilito a Tebe, assieme agli altri membri della Legione dei Fiori.

"Avete appreso molto in questi anni trascorsi insieme! Vi ho visto crescere, vi ho visto sudare e fare sacrifici, e sono contento di quel che siete diventati! Sono fiero dei Comandanti che ho ottenuto! Dei Comandanti che ho scelto e che, nel bene e nel male, ho contribuito a formare! Riuscirete in molte imprese, non c’è bisogno di disturbare le Moire per saperlo, lo leggo nei vostri sguardi intrepidi, nei vostri cuori appassionati e nei vostri cosmi ardenti! Ma c’è un’ultima cosa che voglio insegnarvi! Un ultimo dono! Così come ho già ceduto un frammento di Glory, per garantirvi una solida difesa contro le intemperie del mondo, ugualmente desidero che in attacco non siate da meno, poiché un giorno, per quanto eroi e non assassini, potreste essere costretti a scendere in guerra! E se accadrà voglio che siate preparati! Vi mostrerò dunque la forza che mi sorregge! La fede negli uomini che mi impedisce di prostrarmi vinto a terra!"

"E così…" –Ricordò Marcantonio, facendo esplodere il suo cosmo. –"Lo facemmo nostro, personalizzando l’attacco di Ercole in base ai nostri poteri! Quel giorno l’orso bruno per la prima volta ruggì e l’uccello del paradiso volò alto nel cielo, sostenuto da ali possenti! I silenti abissi furono sconvolti da un’immensa detonazione, e per la piana di Tirinto risuonò un intenso canto, lo stesso che adesso udrai! Mira, Orione, l’eroico furore degli antichi! Ascolta il Glorioso Inno degli Eroi caduti, che di Marcantonio dello Specchio è il massimo attacco!"

Un fiume di energia scintillò nell’aere, rischiarandolo con mille colori, e per un attimo a Iro, Pasifae, Laoconte e agli altri Heroes presenti sembrò quasi di vedere sagome di cavalieri e guerrieri fluttuare indistinte in quel profluvio di plasma. Momenti di battaglie e imprese leggendarie che la storia non aveva dimenticato, ma impresso in se stessa, affinché in futuro fossero ricordati.

Quell’attimo di distrazione impedì a Iro di pensare ad un modo per difendersi che non fosse lasciar scontrare il Glorioso Inno degli Eroi con la propria tempesta energetica, generando una violenta esplosione che scaraventò indietro tutti i presenti, scagliando molti Heroes a terra o schiantandoli contro le pareti del crepaccio. Pasifae si gettò sopra Laoconte, coprendo entrambi con il suo mantello oceanico, venendo soltanto sfiorati dalla deflagrazione, e dalla susseguente frana di pietre, e quando riuscì a sollevare di nuovo gli occhi poté vedere che sia Marcantonio che Iro si erano già rialzati e stavano avanzando, compostamente, verso il centro dello spiazzo.

Soltanto quando furono vicini, a pochi passi uno dall’altro, Pasifae notò che Iro aveva perso l’elmo e adesso il suo volto era chiaramente visibile, il volto di un uomo bello e maschile, dai tratti rudi e dallo sguardo fiero, prostrato dal tempo e dal fato ma forte nella volontà di non arrendersi mai.

"Co… comandante…" –Mormorò Salomone rialzandosi, presto seguito da tutti i compagni. –"Maledetto, come hai osato?!" –Ringhiò, avventandosi su Marcantonio.

Ma venne fermato da un ordine imperioso di Iro, che sollevò un braccio nella sua direzione, placandone la furia.

"Mi fai salva la vita? Perché?!" –Disse allora il Comandante della Seconda Legione.

"Epea pteroenta! Parole alate le tue, parole che dritte al cuore hanno colpito! Ti ho chiesto un motivo per combattere, un motivo per uscire da questi abissi di desolazione e rientrare nel tempo, vincendo la maledizione della vita eterna, e tu me lo hai dato! E questo mi basta!"