CAPITOLO QUATTORDICESIMO: DI GUERRE E DI EROI.

Mentre Nesso aiutava Antioco, alle prese con il Satiro dell’Eco, e Nestore si ergeva, maestoso e ruggente, di fronte al ponte levatoio, per impedire all’ubriaca masnada di satiri e Menadi di penetrare all’interno di Tirinto, Idomeneo delle Spade Incrociate decise che era il momento di intervenire.

Senza dir niente a Pan, che rimase a qualche centinaio di metri di distanza, ad osservar l’arruffata scena con le mani incrociate al petto, il Luogotenente di Dioniso sfrecciò avanti, simile a un fulmine d’argentei bagliori e piombò sugli Heroes di fronte alle mura della città.

Abbatté per primo Anfitrione del Camoscio, schiacciandolo a terra sotto il peso del suo tacco e sprofondandolo in un piccolo cratere ove sarebbe morto infilzato dalle sue lame se Artemidoro della Renna non fosse corso in suo aiuto.

"Soffia, Vento della Tundra!" –Esclamò, liberando una corrente glaciale che congelò per un breve istante la parte superiore degli avambracci e le mani di Idomeneo, fondendole con le spade che impugnava.

Approfittando di quell’istante, Anfitrione lo colpì dal basso con un calcio a spazzare, ma Idomeneo fu abile a sfruttare la spinta ricevuta per balzare in alto, fare un’agile capriola e atterrare compostamente al suolo, lungo il bordo del cratere.

"Umpf!" –Commentò stizzito, lasciando esplodere il suo cosmo, che avvampò attorno al suo corpo, distruggendo l’esile strato di ghiaccio e liberando di nuovo le sue lame. –"Con un gelo così debole non avrai creduto di fermarmi a lungo? Conosco le temperature della tundra, perché per qualche mese vi ho soggiornato, spingendomi nelle mie campagne militari fino a lambire i confini meridionali della mitica Asgard, e credimi, un uomo che davvero può dirsi tale non trema certo di fronte a un po’ di vento! Non quando ha un cosmo rovente che lo sostiene!"

Non aggiunse altro e scattò avanti, roteando sopra la testa la spada dalla lama più larga e calandola su Artemidoro, che riuscì a spostarsi soltanto all’ultimo istante, impressionato dalla rapidità di movimento del Luogotenente di Dioniso, venendo comunque raggiunto.

L’urto distrusse il coprispalla sinistro dell’armatura della Renna, scheggiando pure il bracciale, ma il maggiordomo di Ercole non poté nemmeno fiatare, poiché già l’altra lama di Idomeneo si stava muovendo, puntando al suo stomaco scoperto.

"A terra!" –Gridò l’Hero del Camoscio, gettandosi sull’amico e spingendolo fuori dalla traiettoria dell’arma, ma venendo infilzato lui stesso al fianco destro.

"Anfitrione!" –Urlò Artemidoro, nel vedere il compagno crollare a terra, tenendosi il fianco imbrattato di sangue.

"Stolto! Potevi fuggire, ma hai scelto di restare e morire! Accetta allora la tua misera sorte!" –Commentò secco Idomeneo, muovendo la lama verso destra e generando un fendente di energia che travolse il servitore di Ercole, schiantando gran parte della sua corazza. –"Buon viaggio all’Inferno, cari compagni!" –Tuonò incrociando le lame sopra la testa e caricandole del suo cosmo adamantino. –"Urlo imperiale delle Spade Incrociate!"

L’attacco energetico, a forma di croce, trapassò i due Heroes, distruggendo le loro corazze e i loro corpi, e li gettò a terra in una pozza di sangue e lamenti.

A quella visione, Penelope del Serpente, che stava aiutando Nestore di fronte al portone principale, corse verso i compagni caduti, il cosmo dei quali si stava ormai spegnendo, ma non riuscì neppure a raggiungerli, venendo falciata da un piano di energia che Idomeneo diresse con rapidità e precisione contro di lei, spingendola indietro, con schegge sulla corazza e un ciuffo di capelli mozzato.

"Per adesso solo una ciocca! Ma entro breve ti asporterò l’intera chioma!" –Sibilò, con sguardo divertito e a tratti perverso.

"Idomeneo…" –Commentò la Sacerdotessa, toccandosi l’armatura danneggiata.

"Conosci il mio nome, donna fulva? Non sarai una maga, voglio sperare!" –Ironizzò l’uomo, che ben derideva e disprezzava ogni forma di potere e conoscenza mentale, non reputandolo direttamente utile in battaglia. –"Non vorrei rischiare di trasformarmi in una scrofa! Ah ah ah!"

"Tutti noi lo conosciamo, poiché il tuo nome è sinonimo di vergogna! Druso ci ha parlato di te, di come, deluso per non essere stato nominato Comandante, abbandonasti Ercole divenendo un mercenario!"

"E chi allora dovrebbe vergognarsi? Certo non io, che ho ottenuto in pochi anni più oro, ricchezze e gloria di quanti mai avrei potuto ottenerne guidando una legione di porci e barbari a zappar le terre dei contadini greci!" –Esclamò sprezzante Idomeneo, prima di scattare avanti, con entrambe le lame sollevate, senza dare tempo alcuno a Penelope di rispondere.

La Sacerdotessa tentò di frenare la sua corsa usando onde di energia mentale, simili a quelle che amplificava grazie alla sua maschera per generare la barriera difensiva, ma, provata dal recente scontro con l’orso Kodiak, capì subito che minimo effetto avrebbero avuto. Per di più Idomeneo sembrava inarrestabile, fresco di forze e ben determinato a vincere quella che, agli occhi di Penelope, pareva una sua personale competizione. Un lavoro da svolgere senza esitazioni.

Si gettò di lato, per evitare un affondo del Luogotenente di Dioniso, rotolando sul terreno arido, ma venne raggiunta da un fendente sulla schiena, che le scheggiò la placca dorata. Fece per rialzarsi, dolorante, ma la lama affilata di Idomeneo era già su di lei e si piantava decisa nell’alta coscia, ove l’Armatura del Serpente non la copriva.

Colpisce con durezza e meticolosità! Affondi rapidi e decisi, portati da chi sa dove trafiggere! Commentò la Sacerdotessa, riuscendo infine ad allontanarlo con un’onda di energia, la cui creazione la fiaccò non poco, tanta era la resistenza che l’uomo mostrava. E il suo cosmo vasto quasi quanto quello di Nestore e Alcione.

Idomeneo sollevò le spade, unendole di nuovo a croce sopra la testa, ma prima che potesse liberare il suo colpo segreto dovette balzare in alto, per evitare un turbine di piume infuocate e una pioggia di dardi di energia che Antioco del Quetzal e Nesso del Pesce Soldato diressero su di lui, scattando a fianco della Sacerdotessa per proteggerla.

"Stai bene?!" –Domandò Nesso, senza voltarsi verso la donna, ancora a terra.

"Me la caverò… Come state voi, piuttosto?!" –Esclamò lei di rimando, notando l’affannoso respirare dell’Hero mesoamericano, pieno di ferite sul corpo.

Antioco non fece neppure in tempo ad aprir bocca che dovette spostarsi di lato, per evitare un fendente energetico scagliato loro contro da Idomeneo, che gli mozzò le piume della coda.

"Questo… non è… un salotto! Non siamo a Vienna!" –Ringhiò il Luogotenente, scattando verso di loro e roteando le lame, da cui partirono migliaia di fendenti di energia.

Nesso, Antioco e Penelope cercarono di evitarli, muovendosi rapidamente di lato, ma la stanchezza e l’aumentare continuo di tale sequela di raggi impedirono loro di schivarli tutti, venendo pian piano colpiti. L’Hero del Quetzal fu il primo a crollare, trapassato al petto da una lama di energia, presto seguito dalla giovane Sacerdotessa.

Il portatore della Lama degli Spiriti tentò di opporsi a quell’infinita pioggia con il suo colpo segreto, come aveva fatto poco prima con il Satiro dell’Eco, ma capì subito che gli sarebbe stato impossibile. Non solo perché il numero di fendenti che Idomeneo gli dirigeva contro era decisamente superiore, ma la loro provenienza era variabile, in quanto l’uomo si spostava con rapidità attorno al ragazzo, cercando una falla nelle sue difese, convinto che da solo non avrebbe potuto resistere molto.

Antioco e Penelope trovarono la forza per affiancare Nesso, sperando di unire i loro cosmi in un attacco unico, ma quel gesto segnò la fine del breve scontro.

Sogghignando, Idomeneo caricò le lame di sfavillante energia cosmica, che diresse verso di loro in un sol colpo, raggiungendoli contemporaneamente e schiantandoli a terra, con gravi danni alle armature e ferite sparse sul corpo. Ciò che impedì ai tre di seguire Artemidoro e Anfitrione verso la Bocca di Ade fu la barriera difensiva che Penelope sollevò in fretta, sostenuta dai cosmi dei due compagni, capace di frenare la furia dell’assalto.

"I campi di battaglia non sono luogo per ragazzini né per giovani puledre!" –Commentò infine l’Hero delle Spade Incrociate, avvicinandosi ai corpi degli sconfitti. –"Ben più adatto luogo sarebbero per voi i saloni delle corti europee, dove ho spesso soggiornato, in questi anni di lontananza da Atene! Il nuovo Wallenstein, così in molti mi hanno definito! Soprattutto principi e conti in cerca di gloria e di un modo per recuperare il controllo su regni di cui ormai rappresentavano una fittizia autorità! Non è difficile trovare un esercito da guidare in questi tempi, purché lo si paghi bene! Per quanto molti filosofi si sprechino nel diffondere le loro ridicole teorie pacifiste, sulla necessità di un’apertura illuminante al mondo, che bandisca la guerra come soluzione dei problemi, esistono ancora battaglie degne di essere combattute! Esistono ancora rancori dinastici abbastanza forti da fomentare scontri ed esigere comandanti all’altezza!"

"Hai venduto… il tuo onore…" –Mormorò Penelope, mentre Idomeneo si chinava su di lei e la afferrava per i capelli, tirandole la testa all’indietro.

"Ho venduto i miei servizi e le mie abilità a chi ha saputo riconoscerle! L’onore è merce nient’affatto redditizia, o tutti al mondo sarebbero ricchissimi!" –Commentò l’uomo, abbandonandosi ad una sonora sghignazzata.

Quindi sollevò la lama, pronto per recidere il collo della Sacerdotessa, quando venne distratto da un sibilo leggero. Fu un attimo, ma gli permise di muovere il braccio in tempo per impedire che gli venisse mozzato il polso da un falcetto argenteo, che sfrecciò verso di lui, schiantandosi contro la spada e facendogli perdere la presa.

"Lascia riposare coloro che anche troppo si sono prodigati per metter fine a questa stupida guerra, Idomeneo, e affronta me, se abbastanza coraggio scorre nel tuo sangue!" –Esclamò la virile voce di un uomo, avvicinandosi. –"Affronta il tuo maestro, Druso di Anteus, il fabbro di Tirinto! E ultimo Hero della Legione Furiosa!"

"Ultimo, eh?! Non vi è dunque nessun’altro su cui possa sfogare la mia vendetta? Sapevo che Chirone era divenuto cenere, ma speravo che qualche altro idiota, come Mistagogo, Ificle o Efestione, avesse potuto salvarsi, per farmi divertire un po’, seviziandoli prima di consegnargli all’oblio del tempo! Puah, guerrieri da poco, come ho sempre sostenuto! Non alla mia altezza!"

"Non coprirti d’ulteriore infamia, oltraggiando uomini che più non possono rispondere! Se hai qualcosa di cui lagnarti, parla con me, come avresti dovuto fare un tempo, quando abbandonasti frignando la cittadella di Tirinto!"

"Frignando?!" –Tuonò Idomeneo, avvampando di collera e dirigendo contro l’Hero di Anteus una raffica di raggi energetici, che il fabbro evitò spostandosi lateralmente.

Nel farlo recuperò anche il controllo del suo falcetto, mentre Idomeneo faceva altrettanto con la sua seconda lama, e piombò su di lui, sollevando l’arma e scontrandola a mezz’aria con le due spade incrociate. L’impatto generò scintille di energia che sfrigolarono sulle loro corazze, spingendo entrambi indietro.

"Esattamente, frignando! In quale altro modo definiresti la tua reazione se non come il piagnucolare insistente e lamentoso di un bambino deluso?"

"Io meritavo quel titolo!" –Ringhiò Idomeneo a denti stretti, muovendo un braccio verso destra e liberando un piano di energia che saettò verso il suo vecchio maestro, per nulla intimorito, che lo fermò storcendo di fronte a sé la falce argentea, caricandola del suo cosmo.

"Foss’anche! Non l’hai avuto! Né mai lo avrai!" –Si limitò a rispondergli Druso, rispendendo indietro il fendente di energia, che Idomeneo evitò balzando in alto, facendo un’abile piroetta e gettandosi poi in picchiata sull’Hero, con entrambe le lame puntate avanti a sé.

Druso sembrò chiudere per un momento gli occhi, abbassando il braccio con cui reggeva la falce, e il Luogotenente di Dioniso credette che si sarebbe arreso così, offrendosi in pasto alla morte, quando invece il fabbro stava solo radunando le forze per evocare un arcano potere.

"Gabbia di ferro!" –Esclamò di scatto, mentre tutt’intorno a lui sorgevano alti fusti di colore grigiastro, fuoriuscendo dalla terra, da essa generati, di fronte agli occhi increduli del mercenario, i cui colpi vennero vanificati e lui stesso respinto.

"Che diavoleria è mai questa?!" –Lamentò, atterrando a una decina di metri di distanza, con le prime gocce di sudore che gli colavano sul volto.

"Una tecnica semplice ma efficace, che mi permette di controllare i minerali ferrosi presenti nel sottosuolo e usarli per creare una barriera difensiva!"

"Una… barriera di ferro?! Ah ah ah! Troppe ore vicino al fuoco di quella fornace devono averti fuso il cervello, Druso, se credi che un così debole materiale possa arrestare la mia furia guerriera!" –Rise Idomeneo, preparandosi per caricare ancora.

Ma prima che potesse scattare avanti, dal terreno sotto i suoi piedi sorsero numerose sbarre grigie che gli bloccarono il passaggio, chiudendosi sempre più su di lui.

"Tu credi?!" –Commentò Druso, socchiudendo nuovamente gli occhi e radunando il suo potere sopito.

"Li farò a pezzetti!" –Ringhiò Idomeneo, iniziando a roteare le proprie lame.

Ma nuovi fusti sorsero dal sottosuolo, più esili ma non per questo meno robusti, simili ad un intricato groviglio di liane che si avvolsero ai polsi e alle braccia dell’Hero delle Spade Incrociate, cingendolo in una morsa vigorosa.

"Il ferro è un materiale duttile, lo si può modellare fino a ridurlo in fili sottili, senza che perda le proprie caratteristiche di resistenza! Te lo avrei spiegato, un giorno, se tu avessi proseguito con i tuoi studi e non fossi fuggito da Tirinto!"

"Non avevo bisogno di altre lezioni, Druso! Io ero, anzi sono, un guerriero perfetto! Anche se né tu né Ercole avete mai voluto ammetterlo!" –Tuonò Idomeneo, cercando di strappare quei lacci di ferro che gli stavano piegando le braccia, ma rendendosi conto della difficoltà dell’impresa, caricati com’erano anche dell’energia cosmica dell’Hero di Anteus.

"Sei sempre stato così, presuntuoso e superbo, incapace di ammettere i propri limiti! Incapace di accettare critiche e consigli, pur costruttivi che fossero! Un cieco che non vede altro che se stesso! Tu fossi stato più aperto, più maturo, avresti capito di non essere pronto per divenire Comandante di una delle Legioni, come non lo ero io né molti altri! E ti saresti applicato con diligenza per migliorare, per capire su cosa dovevi ancora lavorare per essere migliore, per essere completo!"

"Ma io… lo sono!!!" –Esclamò Idomeneo, avvampando nel proprio cosmo, che risplendette all’interno della prigione di ferro, dilaniando i fusti e le sbarre, trinciandole con fendenti di energia che nacquero dal suo corpo e assunsero la forma di affondi di lama. –"E adesso te lo dimostrerò! Ti dimostrerò che non ho perso niente lasciando una città che non mi meritava, lasciando un Dio che non aveva saputo riconoscere il mio potenziale! E lasciando teee!!!" –E scattò avanti, alla velocità della luce, piombando su Druso con la spada sollevata e scontrandosi, in uno sfrigolar di lampi, con la sua falce argentea.

Rapidi, gli affondi dell’uno e dell’altro si succedettero per qualche minuto, uno caricando e l’altro difendendosi, per poi scambiarsi i ruoli e avanzare e arretrare in un pugno di metri. Così veloci erano le loro mosse, così perfetti i loro movimenti, che da lontano Penelope e gli altri Heroes potevano percepire soltanto lo scintillio provocato dal cozzare delle armi, sovrastato dal clangore metallico delle stesse.

"Sei lesto e abile nel colpire!" –Commentò Druso, stringendo i denti. –"Quasi quanto Leonida della Spada, tuo degno compagno di addestramento!"

"Migliore di Leonida vorrai dire!" –Sibilò Idomeneo.

"Forse!" –Si limitò a commentare il fabbro di Tirinto, spingendo indietro l’allievo con un brusco movimento della falce. –"Ma c’è una cosa che ancora non mi spiego! Eri orgoglioso, è vero, ed eri arrabbiato! Eppure non sei mai stato un assassino, un malvagio! Cosa ti ha spinto a servire Dioniso? Cosa ti ha offerto il Dio da portarti a combattere contro i tuoi vecchi compagni? Miniere d’oro, gioielli, proprietà?!"

"Ah ah ah! Vuoi scherzare?! Cosa vuoi che me ne faccia di simili beni che già possiedo in gran quantità?! Combattei durante la Guerra di Successione Polacca, dieci anni fa, e ottenni un castello nella Selva Nera e mirabili ricchezze! Grazie a ciò, impressionato dalla mia abilità, il nuovo re di Prussia, Federico II, mi pose a capo del suo esercito quando invase la Slesia, cinque anni fa, e avrei continuato a servirlo, in questa guerra tra il suo regno e l’Impero Asburgico che sta dilaniando l’Europa, se un messo olimpico non fosse stato abbastanza suadente da convincermi a deporre i panni del mercenario terrestre per divenire quel che avevo sempre bramato essere!"

"Che cosa?!"

"Non capiresti!!!" –Ringhiò Idomeneo, sollevando le lame e incrociandole, in modo da generare una croce di energia che sfavillò nel cielo di luglio. –"Urlo imperiale delle Spade Incrociate!!!"

Druso comprese che la gabbia di ferro non avrebbe potuto difenderlo da una simile potenza d’attacco e decise di rispondere contrattaccando a sua volta. Caricò allora il proprio colpo segreto, generando un’arma di energia cosmica e lanciandola avanti, contro l’assalto nemico.

"Falce di gloria!!!"

L’urto scaraventò entrambi indietro e fece perdere a Idomeneo la presa su una delle spade, schiantandogli anche il bracciale destro, mentre Druso venne raggiunto alle gambe e alle spalle dalle estremità incandescenti della croce energetica, che gli segarono un pezzo di armatura, ustionandogli la pelle al di sotto.

"Poco importa!" –Commentò sprezzante il Luogotenente, senza curarsi del sangue che fuoriusciva, imbrattando la scura corazza. –"Non sarà una ferita a fermarmi, né lo sarebbe la perdita delle mie lame! Perché vedi, Druso, col tempo ho affinato ulteriormente le mie tecniche al punto di non aver bisogno di armi materiali per dimostrare di essere un ottimo spadaccino! Le mie braccia, da sole, sono taglienti a sufficienza!" –E nel dir questo mosse l’arto destro a spazzare, generando un piano energetico che sfrecciò verso Druso, obbligandolo a piegarsi, buttandosi a terra, per evitarlo.

Ma Idomeneo non gli diede tregua, continuando a muovere il braccio e a creare fendenti di energia che scavarono il suolo e illuminarono l’aria di vivo argento, mentre Druso doveva destreggiarsi non poco per schivarli.

"Ti sei divertito anche troppo, maestro! Adesso… muori!" –Sibilò, scattando avanti d’improvviso, più veloce persino dell’ultimo piano energetico che aveva generato, e balzando su Druso, con la lama sottile puntata al suo cuore, prima ancora dell’arrivo del piano stesso.

In quel mezzo secondo il fabbro riuscì a malapena a voltarsi, facendo sì che l’arma si piantasse nel teschio al centro del pettorale dell’armatura di Anteus, rimanendovi conficcata. Il fendente energetico lo travolse pochi istanti dopo, distruggendo la cintura di teschi sul basso ventre, proprio mentre Idomeneo, sorridendo soddisfatto, si accingeva a ritrarre la spada per dargli il colpo di grazia.

Solo allora si accorse che l’arma non si muoveva e che per quanto tirasse non poteva estrarla da quel teschio dai denti bianchi che pareva deridere la sua poca strategia. Che pareva ricordargli che l’uomo che aveva di fronte era il suo maestro, uno dei più forti e abili Heroes di Tirinto, e che non si sarebbe fatto vincere in quel modo.

Inorridendo, Idomeneo spostò lo sguardo verso Druso, che, affaticato e grondante sangue e sudore, aveva già sollevato il falcetto, caricandolo della sua energia cosmica. Un secondo dopo lo calò sulla spada, spezzandone la lama con forza, prima di muoverlo di nuovo verso l’alto, abradendo l’armatura delle Spade Incrociate e strappando un grido al suo vecchio allievo.

"Disarmato!" –Si limitò a commentare con aria stanca, prima di liberare nuovamente il suo colpo segreto che Idomeneo tentò di parare incrociando le braccia avanti a sé e caricandole della sua energia cosmica.

Vi riuscì solo in parte, scheggiando ulteriormente la propria corazza e perdendo quell’aria tronfia avuta fino ad allora.

"Non ti darò il piacere di una facile vittoria, se a questo stavi pensando! E se anche dovessi morire, e probabilmente cadrò prima di vedere il mio Signore riappacificarsi con la sua olimpica famiglia, ci saranno altri da affrontare dopo di me! Altri eroi che non hanno calpestato il proprio senso dell’onore in nome di chissà quale trofeo!"

"Davvero non riesci a intuire cosa Dioniso mi abbia offerto?! Eppure dovresti saperlo, essendo quel che ho sempre desiderato e che Ercole mi ha negato!" –Ringhiò Idomeneo. –"E poiché io porto sempre a compimento le missioni che mi vengono assegnate, puoi star certo che lo otterrò!" –Richiamò con il cosmo la seconda spada, impugnandola con salda presa, e si lanciò nuovamente avanti.

Druso tentò di rallentare la sua corsa sollevando sbarre e mura di minerali ferrosi, ma la foga del Luogotenente pareva incrollabile e ogni difesa venne abbattuta, trapassata, distrutta, finché non fu di nuovo di fronte al suo maestro con la lama puntata. Solo allora, mentre si lanciava di lato, per evitare l’affondo, Druso notò che Idomeneo stava cambiando la direzione all’arma e, anziché mirare al cuore, la conficcò con forza, e con un compiaciuto sorriso, poco sotto la spalla destra, nel punto di congiunzione tra la piastra del pettorale e il coprispalla, strappando un doppio urlo al fabbro di Tirinto.

Di dolore e di sorpresa.

"Non sono stato un allievo così disattento, vero maestro?!" –Ironizzò Idomeneo, osservando il sangue sgorgare dalla ferita e tingere l’argentea lama, mentre la piastra del pettorale dell’Armatura di Anteus crollava a terra, portando con sé anche i resti dei coprispalla e lo schienale.

"Il segreto… delle Armature degli Eroi…" –Mormorò Druso, incredulo. –"A tanto sei giunto pur di riportar vittoria su di me? Vuoi umiliarmi, togliendomi anche credito come mastro fabbro?!"

"Non ardisco a tanto, seppur lo meriteresti, per l’onta che io subii un tempo!" –Rise Idomeneo, estraendo l’arma e lasciando che il corpo ferito del difensore di Ercole si afflosciasse a terra. –"Ma non è soltanto una questione personale, bensì un lavoro per il quale sono pagato! Ed è nel mio interesse eseguirlo al meglio!"

"Hai colpito…"

"Il punto di congiunzione delle piastre?! Esattamente, come mi insegnasti un tempo! Ogni armatura, di qualunque materiale e di qualunque resistenza, possiede una sua debolezza, generalmente localizzabile nei punti di contatto tra le varie parti che la compongono, nei ganci, nei lacci, negli anelli che tengono insieme le varie piastre! Rompendoli, metti a nudo l’avversario! Letteralmente, oserei dire! Ah ah ah!" –Rise, prima di farsi di nuovo serio e sollevare la lama ancora intrisa di sangue.

La calò su Druso ma non lo raggiunse, osservandola scontrarsi su una gabbia di ferro che il fabbro aveva sollevato nel frattempo a sua difesa, spingendo perfino indietro Idomeneo. Quando cercò di riprovare, vide che la barriera di fusti stava mutando forma, trasformandosi in lunghi dardi dalle punte acuminate che Druso diresse in fretta contro il suo avversario, continuando a sfruttare la duttilità dei materiali ferrosi da lui evocati.

"Maledizione!" –Sbraitò Idomeneo, muovendo la spada rimastagli in ogni direzione, per distruggere le frecce prima che lo ferissero.

Così facendo, dovendo mantenere la massima concentrazione sulla pioggia di ferro, non si avvide di un movimento di Druso, che, rialzatosi, afferrò saldamente il suo falcetto, lanciandolo contro l’Hero delle Spade Incrociate. Mescolato a tutti quei dardi, che sfrecciavano con cadenza regolare, Idomeneo non lo notò finché non gli recise il braccio destro, all’altezza del polso, privandolo dell’ultima spada e della mano per impugnarla.

Furioso, il Luogotenente di Dioniso gettò prima uno sguardo irato al suo arto mozzato, poi alla sua spada a terra e alla seconda, di cui rimanevano schegge sparse tra la polvere. E capì che sull’Olimpo non lo avrebbe atteso alcun trofeo.

"Bastardo!!! Due volte mi avete umiliato, tu, gli Heroes e quel cane di Ercole! E anziché insignirmi del titolo che meritavo avete fatto di me il buffone della vostra corte! Possa la mia maledizione trafiggervi al cuore!" –Sbraitò Idomeneo, con voce rotta dall’ira e dalle lacrime, incrociando le braccia di fronte al petto e caricandole di tutta l’energia cosmica che gli rimaneva. –"Anche da monco riesco ancora a gridare! Urlo imperiale delle Spade Incrociate!!!"

Druso fece altrettanto, liberando il proprio colpo segreto, dalla forma di un’immensa falce argentea che scintillò, frenando l’impeto delle due lame di Idomeneo.

"Falce di gloria!" –Gridò il fabbro di Tirinto, prima di muovere il braccio, schiantare le spade e gli arti che le controllavano e lasciare che la sua arma tornasse indietro, conficcandosi nella schiena di Idomeneo e trapassandola.

Con l’armatura e l’orgoglio a pezzi, l’allievo di Druso rantolò ancora per qualche istante sul terreno, in preda a violenti spasimi. L’Hero di Anteus si chinò su di lui e lo sentì confessare il suo segreto.

"Il comando di un esercito! Ecco quel che Dioniso mi aveva promesso! Un esercito mio! Non di mercenari, né di contadini impauriti e forzati, ma di guerrieri veri che avrei guidato… fino alla morte!" –Non disse altro e Druso gli coprì gli occhi, abbandonandosi ad un sospiro stanco.

Non si era aspettato niente di buono dal loro incontro, né aveva provato la speranza di fargli cambiare idea, ben conoscendo il carattere orgoglioso del suo vecchio allievo. Pur tuttavia era triste, come lo era stato il giorno in cui lo aveva visto andarsene da Tirinto, senza che neppure lo avesse salutato. Del resto quel giorno, agli occhi di Idomeneo, il suo maestro era colpevole quanto Ercole, per avergli rifiutato ciò a cui massimamente ambiva. E quella rottura non si era più risanata.

"E adesso… rimane soltanto Pan!" –Commentò, sollevando lo sguardo verso la piana, ove, in mezzo alla polvere sollevata dal vento, avanzava a passo deciso il Dio dei Boschi e delle Greggi, con la schiena ricoperta da una rossastra pelliccia.

Il fabbro di Ercole si rialzò, allontanandosi dal cadavere del suo allievo, e fece per andargli incontro, quando improvvisamente realizzò di non potersi più muovere. Completamente paralizzato, bloccato a mezz’aria da una forza invisibile e mostruosa.

Una risata di scherno anticipò l’arrivo di due portentose energie cosmiche, che sbatterono a terra Nesso, Penelope e gli altri Heroes accorsi a fianco del compagno.

Quando riuscirono a rimettersi in piedi videro che di fronte a loro, avvolti da un’aura celestiale, un uomo e una donna, rivestiti da rosacee Vesti Divine, sorridevano superbi. E persino Pan parve scocciato dal loro arrivo, tirando loro un’occhiata di disappunto.

Mida e Arianna, i Praticanti di Dioniso, erano giunti per recidere il filo del destino degli Heroes superstiti.