CAPITOLO QUINDICESIMO: GLI ADORNI.

Rideva divertito il Dio del Vino, bevendo da una coppa d’oro all’ombra del vigneto a lui sacro. Il sempiterno sole dell’Olimpo filtrava tra un pampino e l’altro, illuminando i suoi verdi capelli e le lussuose vesti che era solito indossare. Rideva e, agli occhi dei satiri e delle Menadi che gli gironzolavano attorno, ballando e folleggiando, pareva l’abituale Dioniso. Il Dio della vegetazione rigogliosa e della fertilità. Il nume tutelare dell’ebbrezza e della perdita della ragione.

Ma in realtà, per quanto a tratti distratto dal delicato odore di donna che il corpo nudo di Semele emanava, seguiva con molto interesse le mosse dei suoi seguaci sparsi per la Grecia. E, come Ares gli aveva insegnato, li sosteneva, li incitava, li infiammava al delirio, spingendoli a lasciarsi dominare dall’istinto, dall’orgia e dalla violenza.

"Devi ricordare ai tuoi soldati che tu sei molto più di un Comandante, di un Dio a cui sono devoti e per cui ogni tanto pregano, quando non sono troppo ubriachi per vomitare vino nei prati dell’Olimpo! Devi ricordare loro che tu sei la ragione per cui vivono, il motivo della loro esistenza! E della loro dipartita!" –Gli aveva detto il fratellastro nel Mondo Antico. E quella lezione Dioniso l’aveva ben appresa, andando persino oltre, invadendo l’animo dei suoi fedeli fino a possederlo.

"Ullallà, ma che bel calore! Ma che bel piacere questa candida e ardente pelle!" –Commentò il Dio, sfiorando il seno di Semele, seduta sulle sue gambe, priva della parte superiore della corazza della Vite.

"È la vostra vicinanza, Sommo Dioniso, ad accendere in me questa passione! Fervida, si impossessa del mio corpo ogni volta che le vostre mani lo lambiscono o che il vostro respiro mi sfiora! Mi ubriacate di vita, che pulsa caotica dentro me!" –Sorrise la Menade dai morbidi capelli biondi. –"Possedetemi, ve ne prego! Possedetemi ancora!"

"A un Dio, donna, non bisogna mai chiedere nulla! Soprattutto al Dio che già ti possiede!" –Rispose il figlio di Zeus, fulminando Semele con uno sguardo di pazzia. –"Al Dio che presto disporrà di una nuova residenza, ove potremmo saltuariamente recarci per trastullarci un po’, sempre che rimanga qualcosa in piedi dopo che Pan e gli Adorni avranno terminato la loro missione!"

"Gli Adorni?! Persino i vostri massimi Praticanti sono scesi sul campo di battaglia?!"

"Proprio loro! Sileno sta combattendo con due avversari nei pressi del Monte Smòlikas mentre Mida e Arianna sono appena giunti a Tirinto! Le vite degli Heroes dureranno meno del vino contenuto in questa coppa!" –Ironizzò il Dio, sorseggiando il nettare con avidità e lasciando che qualche goccia colasse sul petto scoperto della Menade, che sorrise scioccamente prima di bagnarvisi le dita e portarle alle labbra.

"Ti ho insegnato bene, delizioso acino mio! Non sai proprio cos’è pudicizia! E così ti voglio infatti! Anche in momenti come questi!" –Esclamò Dioniso, spostando lo sguardo verso l’ingresso del Vigneto Sacro ove la robusta sagoma di un uomo era appena comparsa. –"Soprattutto… in momenti come questi!"

Nel vederlo avanzare a passo deciso, scansando quei pochi satiri che si arrischiarono a sbarrargli il passo, il Dio non sbatté ciglia, continuando ad accarezzare distratto il petto di Semele, la quale se ne avvide soltanto all’ultimo istante, troppo presa com’era, vittima impotente di un’ebbrezza che non sapeva controllare.

"Così ti trovo, ubriaco traditore?!" –Tuonò Ercole, fermandosi a pochi metri dal trono di edera e pampini intrecciati ove sedeva il Nume. –"Sei meschino, Dioniso!"

Semele subito si irrigidì, cercando di ricomporsi, imbarazzata e impaurita. Fece per alzarsi, per scendere dalle gambe del Signore del Vino, ma questi glielo impedì, cingendole il ventre e afferrandola per un braccio con violenza.

"Non hai niente di cui vergognarti! Non di fronte a un uomo che ha giaciuto con così tante donne da poter rivaleggiare con Zeus! Ah ah ah!" –Rise Dioniso, spostando poi lo sguardo sul campione di Tirinto e osservandolo per la prima volta con interesse. –"Ti trovo bene!" –Commentò con un sorriso divertito, alla vista del corpo nudo e statuario di Ercole. –"Dimagrito forse dall’ultima volta in cui ci siamo visti?!"

"Finiscila con queste idiozie, Dioniso! Non sono dell’umore adatto!" –Vociò Ercole, muovendosi per avventarsi sul Signore del Vino, ma questi sollevò una mano per tenerlo indietro, permettendo a Semele di alzarsi e allontanarsi, mentre con le mani si copriva il seno, rossa in volto di colpa e vergogna.

"Non urlare in cotal modo! E vestiti, per carità! Non vedi? Terrorizzi oneste ragazze di campagna, a nient’altro dedite che non alla sana e godereccia vita nei campi!"

"Una vita di terrore! A questo le hai confinate, queste innocenti creature, succubi del tuo volere, della tua malia che le ha stregate, privandole di ogni raziocinio!"

"Terrore?! Malia?! Mio buon amico, temo ci sia stato un qui pro quo tra noi!" –Si alzò allora in piedi Dioniso, scuotendo la lunga veste rosata dai pampini e dagli acini di vino. –"Nessuno trattiene queste dolci fanciulle, né i simpatici animaletti caprini che zampettano allegri per le vigne! Liberi di andarsene dal Paradiso all’Inferno quando vogliono, se lo vogliono! Ma non lo vogliono mai! Ah ah ah!"

Ma Semele quella volta non rise, continuando a tenere le mani di fronte al petto, per coprire l’improvvisa vergogna che l’arrivo di Ercole aveva palesato. Come se la sua voce e il suo cosmo rabbioso avessero rotto l’incantesimo suadente di cui era stata vittima.

"Smettila di arrossire, sciocca!!! Non lo sopporto!!!" –Le gridò il Dio, facendola accasciare a terra, sudata e tremante di paura. –"Questo pudore è un’offesa alla mia presenza! E le offese si pagano!"

Non disse altro e si voltò verso il cuore del vigneto, dando le spalle a Ercole, attonito dalla sua perenne stravaganza, e a Semele, che si portò subito le mani alla gola, per cercare di liberarsi da quel cappio improvviso che le stava mozzando il respiro. Da quella presa invisibile che la stava soffocando.

"Dioniso!!! Lasciala!!!" –Urlò Ercole, avvicinandosi alla ragazza, che sembrava implorarlo con sguardo terrorizzato, mentre il suo volto sbiancava sempre più e il respiro si riduceva a un fioco tentennar. Capendo di non poter far niente per aiutarla, si gettò sul Dio, avvolto dalla propria aura cosmica. –"Maledetto pazzo!!!"

"Al tuo posto, bestia!" –Lo chetò Dioniso, spingendolo indietro con un semplice movimento del braccio e gettandolo a terra, accanto alla ragazza, la quale, spezzato il controllo mentale del Dio, crollò sul suolo erboso, annaspando senza fiato. –"Son nobile io, cosa credi? Di sangue blu! Il tuo invece ancora non so di che colore sia! Ma sarà un piacere sublime cospargerlo su questo versante dell’Olimpo! Chissà che non faccia bene alle mie piantagioni! Ah ah!"

"Non aspetto altro! Pagherai per i tuoi inganni!" –Sibilò Ercole, rimettendosi in piedi e bruciando al massimo il proprio cosmo.

Dioniso fece altrettanto, mentre quel che restava della danneggiata Glory del Dio dell’Onestà e la perfetta Veste Divina del Signore del Vino comparivano nel cielo sopra di loro, sfondando il tetto del Vigneto Sacro e poi scomponendosi, rivestendo i corpi dei due figli di Zeus.

Poco prima che Ercole si lanciasse verso di lui, Dioniso trovò il modo per distrarlo un’ultima volta, rammentandogli la situazione di Tirinto, ove i cosmi degli Heroes stavano svanendo uno dopo l’altro.

***

Mida infatti, dei tre Adorni il più degno di tale titolo, detestava sporcarsi le mani in battaglia, preferendo soluzioni meno dispendiose. Soltanto aprendo il palmo della mano aveva paralizzato Druso, Nesso, Antioco e Archia e adesso stava giocando con i loro corpi, facendoli roteare e piroettare grazie ad un semplice movimento delle dita.

"Ah ah ah! Che divertimento! Sembrate marionette, come quelle del principe Antioco di Cizico, sebbene non siate riccamente decorate di minerali preziosi!" –Esclamò, con aria superba. –"A tal proposito, sapete che il genere marionettistico non è affatto un’invenzione recente, del teatro moderno, ma era già diffuso nella Grecia antica? Diodoro Siculo ne parla per esempio, ed anche Ateneo di Naucrati, in un’opera chiamata Deipnosophistai, i dotti a banchetto! Ma che ve lo dico a fare? Tanto voi dotti non siete, oh zotici insanguinati e impolverati! È un bene che vi faccia muovere, così forse un po’ di sporcizia cadrà dai vostri corpi! Anche se ne dubito! Ah ah ah!"

"Perché non li uccidi subito, Mida?!" –Intervenne allora Pan, Dio delle Selve e dei Boschi, affiancando il Praticante con aria scocciata.

"Non hai altro di cui occuparti, testa rossa? O ti preme rientrare in fretta sull’Olimpo per accoppiarti con chissà quale bestia negli anfratti del Vigneto Sacro?" –Lo zittì subito l’Adorno. –"Allontanati da me, il tuo odore mi nausea, di capra o di pecora che sia! Preoccupati di quei due ancora in piedi che hanno sbaragliato il resto dell’esercito che non hai saputo guidare!"

"Non spettava a me l’incarico!" –Commentò il Dio, allontanandosi di malavoglia.

"Già! Era di competenza del capellone che amava tirar di spada! Per fortuna che non appena abbiam percepito il suo cosmo indebolirsi siamo giunti per porre fine a questa farsa! Non vogliamo che si dica che Dioniso non è riuscito a conquistare una roccaforte già provata e difesa da una decina di ragazzetti in crisi ormonale!"

"Dobbiamo… reagire… fare qualcosa…" –Mormorò Druso a denti stretti, ma nessuno di loro pareva in grado di tendere un sol muscolo. Neppure Nesso.

"Inutili farneticazioni le vostre! Il tocco di Mida è letale e non ammette rifiuti! Perciò state buoni e rinunciate a qualunque tentativo di offesa!" –Replicò il Praticante, prima di spostare lo sguardo verso una figura che vagava solitaria nella sua direzione. –"Uh?! Possibile?! Qualcuno che resiste al mio potere? Ed è una donna per giunta!"

"Non una donna, servitore di Dioniso, ma una Sacerdotessa Guerriero! Penelope del Serpente è il mio nome e sarò il tuo avversario!"

"Ah ah ah! Non ne sentivo una così bella dall’ultima commedia che ho visto, sebbene io preferisca le tragedie! Simpatica ragazza, forse non sai con chi stai parlando? Ebbene, ti illuminerò, cosicché tu possa scendere in Ade felice! Io sono Mida, l’Elegante, un tempo re della Frigia e adesso Praticante di Dioniso, dei suoi massimi poteri adorno!"

"E io sono Arianna, Gran Tessitrice!" –Intervenne per la prima volta la donna che si ergeva al suo fianco. –"Antica sposa di Dioniso e unica femmina nel corso dei secoli ad aver goduto dell’onore di essere investita dal titolo di Praticante!"

"Un Dio maschilista il vostro!"

"Tutt’altro! Sbagli a pensarlo!" –Rispose pacata Arianna. –"Le donne hanno sempre potuto partecipare ai riti dionisiaci, divenendone componente necessaria in quanto incarnazione della sensualità, dell’irrazionalità istintiva che la società greca ha da sempre contrapposto alla ragione tipicamente maschile! Le Menadi ne sono un esempio, tenute dal Dio in pari considerazione dei satiri e dei guerrieri caprini!"

"Se essere mandate a morire scalze e ubriache, di fronte a una città che non hanno mai visto né conosciuto, per cause lontane e ignobili, è la gran considerazione che il vostro Dio ha avuto di loro allora sarebbe stato preferibile che le avesse ignorate!" –Commentò sprezzante Penelope, suscitando l’indignata reazione di Mida, che prontamente caricò il palmo della mano destra di energia cosmica.

Ma Arianna lo fermò, pregandolo di non intervenire, poiché avrebbe affrontato lei la donna dalla lingua tagliente. –"Tu hai già avuto il tuo diletto per quest’oggi! E Pan avrà il suo, come al solito! Lascia che anch’io tenga alto l’onore del nostro Signore!"

"Come preferisci! Starò a guardare, come fossi a teatro! Anche se, come è noto, non vi erano donne nel teatro classico!" –Rispose Mida, allontanandosi di qualche metro.

"Il tuo destino, Sacerdotessa, non è altro che un filo da recidere ed io sarò la sua forbice!" –Sentenziò Arianna, spostandosi il gran ciuffo di capelli bianchi all’indietro.

"Non cantar vittoria troppo presto! Non è facile piegare l’indomito spirito degli Heroes di Ercole!" –Esclamò Penelope, espandendo il proprio cosmo e preparandosi ad affrontare la Praticante.

"Ma davvero?!" –Sorrise quest’ultima, indicando l’avversaria con l’indice destro che subito sprigionò un’accecante luce biancastra.

Penelope sollevò d’istinto le braccia, per proteggersi da un’eventuale attacco, ma rimase sorpresa quando non notò alcun fascio o globo energetico sfrecciare verso di lei. E sulle prime non capì. Poi sentì qualcosa che le tirava le gambe, spingendole l’una verso l’altra, e vide un filo sottile e luminescente correre intorno ai suoi arti inferiori, arrotolarsi attorno a essi e salire su, sempre più su, stringendo la presa con forza e stridendo e scheggiando la sua corazza.

"Che stregoneria è mai questa?!" –Commentò attonita, abbassando le braccia per strappar via quel filo incantato. Ma non appena le sue dita lo sfiorarono, lo spago si moltiplicò, avvolgendosi anche attorno alle mani della Sacerdotessa in un groviglio caotico che le distrusse parte delle sue protezioni.

"È il filo del destino, Penelope! Ed io l’ho tessuto per te!" –Esclamò Arianna, osservando divertita la ben nota scena. Tutte le sue vittime avevano così reagito, cercando di strapparlo via con le mani e non causando altro risultato che moltiplicare lo spago stesso all’infinito.

"Il filo del destino?! Forse quello che Teseo usò nel Labirinto di Cnosso, a Creta, dopo aver vinto il Minotauro?!"

"Precisamente! E fu proprio grazie ad esso che l’eroe degli Ioni riuscì a ritrovare la strada, compiuta la sua impresa! Ebbro di gloria però, dopo avermi posseduta, mi abbandonò di notte sull’isola di Dia, a quello che credevo un infausto destino! E, se Dioniso non mi avesse salvato, giungendo su un carro trainato da pantere e sposandomi, così sarebbe certamente stato!"

"È per questo che lo servi? Per riconoscenza?!" –Chiese Penelope, sperando di far parlare Arianna a sufficienza in modo da poterla distrarre e trovare un modo per liberarsi di quel filo, che ormai, avvolgendosi attorno al suo corpo, era giunto fino al bacino.

"Proprio così! In questo mondo dove tutti lo considerano un pazzo, un folle capace di eccitarsi soltanto se l’annata del vino è stata eccellente, io, che intimamente lo conosco meglio di chiunque, so che non è soltanto questo! Dioniso è molto di più, è un Dio capace di amare, con naturale passione, come ha amato me e, per dimostrarmelo, mi ha onorato del privilegio di essere l’unica donna tra i tanti Praticanti che lo hanno servito nel corso dei secoli! Ammone, Efeso, Zagreo, Mida, Sileno, tutti maschi lo hanno circondato e osannato! Eccetto me, Arianna, figlia del Re di Creta! Un bel risultato per una donna dal cuore spezzato in procinto di gettarsi in mare e suicidarsi, non credi? Avrei potuto finire come Didone, a crogiolarmi per anni per un amore perduto, sopraffatta dal dolore dell’abbandono!"

"Tesoro, vuoi scherzare? Tu a piangere per un uomo?" –Intervenne Mida, con un sorriso beffardo. –"Quando accadrà, pioverà vino!" –Ma Arianna ignorò i commenti divertiti del compagno, tornando a concentrarsi su Penelope.

"E invece ho reagito e quel filo che ti stringe il cuore è intriso di tutto il mio potere! Di tutto il mio cosmo! Filo del Destino, compi la tua opera!!!"

D’improvviso l’aggrovigliata matassa biancastra che aveva avvolto Penelope si chiuse sempre di più, seghettando l’Armatura del Serpente, stridendo sulla pelle della Sacerdotessa e aprendole ferite sulle braccia, sulle gambe e sul torace. Ma alla donna non riuscì a strappare neppure un gemito, implacabile nel suo silenzio.

"Iiih, che spettacolo atroce!" –Esclamò Mida, alla vista di tutto quel sangue che spruzzava fuori dal lacerato corpo di Penelope. –"Non si fa, non si fa, Arianna! Non si imbratta di sangue il palcoscenico! È antiestetico, cara!"

Ma la figlia del Re Minosse continuò a non rispondere alle punzecchiature di quel vanesio, studiando attenta il comportamento della sua avversaria. Aveva avvertito in lei una grande energia cosmica all’inizio dello scontro, e buone difese mentali che le avevano permesso di non subire la paralisi di Mida, eppure adesso sembrava prevalere in lei un atteggiamento di rassegnazione. Come se il filo che l’aveva avvolta avesse già reciso ogni difesa.

Fu solo l’esplosione del cosmo di Penelope a rubare Arianna ai suoi pensieri, e a portarla ad osservare con stupore una fiamma di vivido oro ardere attorno al corpo dell’Hero del Serpente. Una vampata di una veemenza tale da sopraffare per un momento il bagliore del Filo del Destino.

"È vana ogni resistenza! La cordicella che ti circonda è fatta di puro cosmo, e non puoi distruggerla, nessuno può farlo, senza distruggere prima colei a cui quel cosmo appartiene! E poiché non hai modo di attaccarmi, in quella scomoda posizione, lo scontro è finito!"

È vero! Mormorò Penelope, riconoscendo che, per quanto si sforzasse, non riusciva minimamente ad annientare quello spago maledetto che anzi continuava ad arrotolarsi attorno a lei, cingendole adesso il seno. Sono perduta! Si disse, lasciandosi conquistare da un momentaneo sconforto.

Aveva trattenuto i suoi poteri fino a quel momento, sperando che, liberandoli di colpo, con un’onda di energia, avrebbe potuto spazzar via quell’effimero legame, che tale invece non si era rivelato. E adesso stringeva i denti, dilaniata dai tagli su tutto il corpo, incapace di reagire, non avendo attacchi diretti da poter usare.

I Giardini della Memoria sono poco utili contro costei, che già mi ha raccontato tutto del suo passato, di cui non ha niente da lamentarsi né da voler cancellare, avendo il fato tracciato per lei una strada in discesa.

Il possente ruggito di una fiera la riportò in guerra, in tempo per osservare una raffica di fendenti energetici schizzare in direzione di Arianna, la quale, con l’abilità di una circense, li evitò tutti, balzando in alto e roteando di lato.

"Penelope! Resisti, vengo ad aiutarti!" –Esclamò Nestore dell’Orso, arrivando in un baleno. –"Dopo che avrò strappato via quest’erbaccia troppo cresciuta sarai libera!" –Ringhiò, allungando una mano verso il corpo della Sacerdotessa, che subito lo fermò con un grido.

"No! Non toccarmi! O il filo si avvolgerà anche al tuo corpo! Torna ad aiutare Alcione e lasciami stare o cadremo entrambi!"

"Nessuno di noi morirà quest’oggi! Dammi solo il tempo di sbarazzarmi di quella strega!" –E nel dir questo caricò il braccio destro di folgori roventi. –"Ruggito…"

"Nestore, no!" –Gridò la Sacerdotessa, bruciando il proprio cosmo. –"Restane fuori! Questo scontro è mio!"

"Non hai sentito la deliziosa fanciulla, bisonte? Restane fuori!" –Sibilò allora Mida, volgendogli contro il palmo della mano destra e sbattendo l’Hero dell’Orso a terra a gambe all’aria. –"Le signore vogliono danzare da sole!"

"Hai ben detto, Mida, ma credo che per la Sacerdotessa del Serpente sia giunta l’ora dell’ultimo ballo!" –Esclamò Arianna, sollevando di nuovo l’indice e lasciando che il suo cosmo ne illuminasse la punta. –"Il destino segnato dal filo è inesorabile, come quello tessuto dalle Moire! E nessuno di noi ha il potere di modificarlo!" –E nel dir questo liberò una nuova cordicella che si aggiunse a quelle che già stavano stritolando il corpo di Penelope, creando un ammasso simile ad un baco da seta.

"Eppure tu lo hai fatto!" –Commentò con debole voce l’Hero del Serpente. –"Hai esitato a buttarti in mare quel giorno, dopo che Teseo ti aveva ingiustamente abbandonato! E, così facendo, hai guadagnato tempo a sufficienza per essere salvata da Dioniso!"

"Hai ragione! Non lo avevo mai pensato!" –Ammise la Praticante con sincerità. –"Ma a frenare il mio gesto non fu la speranza in un futuro, no! Fu soltanto la rabbia che provavo, così forte da portarmi a credere che ponendo fine alla mia vita non avrei mai potuto dimostrare a Teseo di essere migliore di lui! Non avrei mai potuto raggiungere vetta alcuna né superarlo! E lui avrebbe vinto due volte!"

"Perciò opporsi al destino è possibile! Tu, Arianna, ne sei la prova vivente! Ed io seguirò il tuo esempio!" –Esclamò fiera Penelope, espandendo al massimo il proprio cosmo e generando, dalla testa, onde concentriche di energia dal colore dell’oro.

"Incredibile! Sta rallentando il corso del Filo del Destino!"

"Quale magia!" –Mormorò Mida, affascinato. –"Avevo sentito che le maschere delle Sacerdotesse Guerriero avevano poteri particolari! Sileno me ne parlò un giorno! Un po’ come le maschere nel teatro greco potevano amplificare la voce degli attori, così queste favoriscono l’espansione del cosmo! Funzionano come dei diffusori!"

"Sei interessante, Penelope del Serpente! Per essere una donna! Le femmine solitamente diventano simili ad animali sul campo di battaglia, delle novelle Artemidi si credono, ma tu riesci a conservare pacatezza e formalità! Peccato che, come già ti ho detto, tutto sia vano!" –Affermò Arianna, quasi con una punta di dispiacere.

"Io non credo!" –Si limitò a commentare Penelope, senz’altro aggiungere.

In quel momento la maschera che le copriva il volto andò in frantumi, cadendo a terra, spezzata perfettamente a metà, di fronte allo sguardo attonito di Mida e Arianna. Soprattutto di quest’ultima, che aveva ben capito che non era stato uno dei suoi fili a provocare ciò, ma l’Hero stesso.

Cosa ti muove, Sacerdotessa? Cosa ti spinge a questo gesto ultimo, di privazione del simbolo del tuo status? E improvvisamente, negli occhi color ambra della donna, che la fissavano senza astio, ma con un disperato senso di malinconia, trovò la risposta.

Druso, Nestore, Archia, Antioco e Nesso cercarono di reagire, di sottrarsi alla prigionia mentale di Mida, per correre in aiuto della compagna, e ugualmente tentò di fare Alcione, impegnata ad azzuffarsi con Pan di fronte all’entrata di Tirinto. Ma mentre si affaticavano per liberarsi, la calda voce di Penelope li raggiunse, per confortarli, come aveva sempre lenito i loro affanni.

Come aveva curato le ferite di Nesso e Nestore, come aveva supportato Druso quando credeva di non riuscire nel suo intento di mastro fabbro, come aveva consolato Alcione dopo la perdita di Gerione e degli altri compagni, come aveva ascoltato gli sfoghi di Antioco, vittima della solitudine. Come aveva infine consigliato Ercole in quegli anni trascorsi assieme.

"Non sono mai stata granché come guerriera! Non ho mai posseduto lo spirito bellico che un Hero dovrebbe invece avere sul campo di battaglia! Ma, nel mio piccolo, sono stata utile anch’io! Niobe, Agamennone, Giasone, presto ci abbracceremo di nuovo!" –Mormorò, continuando ad emanare onde energetiche e a rallentare così l’avanzata del Filo del Destino. –"Mia madre, Sacerdotessa di Era, grande sostenitrice della non violenza e dell’amore, sarebbe stata contenta di me!"

"Perché esiti? Stringi il nodo di quel cappio e uccidila!" –Gridò Mida, che pareva non comprendere le esitazioni della Tessitrice.

"Perché stringendolo anche Arianna si taglierebbe la testa!" –Commentò Penelope, fissando negli occhi la sua avversaria, che scansò il suo sguardo imbarazzata.

"Che… cosa?! Vuoi forse dire che…?!"

"Lo avevo detto che eri interessante, Penelope, ed anche intelligente! Hai capito che se il filo è fatto di cosmo l’unico modo per liberarsene è affrontare il problema alla radice, ossia togliendo il cosmo a chi lo possiede! Per questo hai usato il potere della tua maschera per tutto questo tempo, per questo hai messo tutta te stessa per rallentarmi, mentre osservavi silenziosa l’incedere fatale del Filo del Destino! Per spingermi ad usarne ancora, per indebolirmi!" –Spiegò Arianna, abbandonandosi ad un sospiro. –"E ci sei riuscita! Sì, brava! Anche le mie forze stanno venendo meno, per il continuo profonderle in quella cordicella da cui dipenderà il destino di entrambe! Ma tu morirai per prima, Sacerdotessa, perché hai già combattuto quest’oggi mentre io ero fresca di forze! Chissà, se la situazione fosse stata l’inverso, come sarebbe cambiato il risultato? Peccato non poter vivere una seconda vita per scoprirlo!"

"Lo scopriremo comunque, perché mi raggiungerai presto, Arianna! Così indebolita, sarai facile vittoria per i miei compagni!" –Commentò Penelope, bruciando tutto il suo cosmo, tutto quel che restava della sua vita, per obbligare la Tessitrice ad infondere un’energia sempre maggiore al Filo del Destino.

"Sia quel che sia! Filo di Arianna, decidi la mia sorte!!!" –Gridò la Praticante di Dioniso, avvolgendo interamente il corpo di Penelope in un ammasso biancastro, che brillò intensamente, come fosse una piccola stella, per poi esplodere e abbagliare tutti i presenti.

"Ricordatemi, amici! Ricordatevi di me… e addio!" –Furono le ultime parole della Consigliera di Ercole, prima che il suo cosmo scomparisse nel vuoto.

"Penelopeee!!!" –Gridò Nestore, balzando in piedi rabbioso e trascinandosi a fatica verso gli Adorni, cercando di vincere la resistenza del tocco di Mida.

"Stai indietro, bue grasso! Non avvicinarti o io…" –Esclamò questi, ma Arianna lo frenò di nuovo, di fronte allo sguardo interdetto del compagno.

Pallida, con lo sguardo perso nel vuoto, la Tessitrice respirava a fatica, indebolita dallo sforzo sostenuto. Se Penelope non avesse compreso il segreto del suo filo, se si fosse lasciata dominare dal panico e avesse tentato di strapparlo via, agitandosi convulsamente, come tutte le sue prede precedenti, non avrebbe sprecato tutte quelle energie. Ma la Sacerdotessa era così, Arianna lo aveva capito a sue spese, acuta e riflessiva, incapace di lasciar passare le cose senza domandarsi perché.

"Sei riuscita a trovare una risposta a tutto, persino al fato, quesito insuperabile per la maggioranza degli esseri umani! E a cercare di cambiarlo, pur sapendo che avresti fallito!"

"Arianna, scansati!!!" –Urlò Mida, ma alle orecchie della Tessitrice giunse giusto un sussurro, tanto presa era dai suoi pensieri e dalla stanchezza.

"Ruggito dell’Orso Bruno!!!" –Gridò Nestore tra le lacrime, investendola con una devastante carica di energia, che sollevò il suo corpo, sventrandolo vicino al cuore.

Senz’aspettare neppure che il cadavere squarciato ricadesse al suolo, il corpulento Hero si voltò verso Mida, pronto per travolgere anch’egli, ma si avvide troppo tardi che questi si era già portato di fronte a lui. E gli aveva poggiato una mano carica di energia cosmica sul petto.

"Bravo, bestione! Quei muscoli non sono soltanto di figura, allora! Ma saprai annientare me come hai fatto con lei?!" –Esclamò sarcastico, mentre un’onda di luce scagliava Nestore indietro, con il pettorale sfondato proprio dalla forma di una mano, fino a farlo schiantare contro le mura di Tirinto. In un boato terribile.

I pochi soldati rimasti sui camminamenti di ronda caddero a terra, assieme a ciottoli e frammenti di roccia, e l’intera cittadella parve tremare per un lungo istante. Anche Neottolemo del Vascello, intento a caricare i fedeli sulla Nave di Argo, nella corte sul retro, percepì il piccolo terremoto. E pianse, in silenzio, continuando ad eseguire il suo compito.

"Orbene…" –Esclamò soddisfatto Mida, liberando Druso, Nesso e Antioco dalla paralisi a cui li aveva costretti. –"Chi vuol essere il prossimo a morire?! Ah ah ah!"

"Tu!" –Rispose una voce imperiosa, sorprendendo lo stesso Praticante, che non si aspettava alcuna risposta, tanto più da un cosmo che pareva aver invaso l’intera piana di fronte a Tirinto.

"Non è un cosmo solo… bensì una moltitudine! Tredici ne conto, no, quattordici!"

Ed infatti, proprio in quel momento, Marcantonio dello Specchio apparve alle spalle dell’Adorno, affiancato da Iro di Orione, colui che aveva appena risposto alla sfida lanciata da Mida, e dal cugino Laoconte. Dietro di loro gli undici Heroes superstiti della Legione Maledetta sorridevano beffardi, sicuri che fosse arrivato il loro momento di entrare in guerra.