CAPITOLO DICIASSETTESIMO: AFFARI DI FAMIGLIA.

Per quanto l’aspetto aggraziato, a tratti femmineo, potesse trarre in inganno, Ercole comprese subito che Dioniso non era avversario da sottovalutare. Divinità potente e capricciosa, aveva improvvisato un esercito di donne invasate dai suoi canti, di satiri zufolanti e Guerrieri Caprini con cui stava tenendo in scacco Tirinto. E adesso, con l’agilità e l’ilare spontaneità di un ragazzino, evitava i suoi attacchi, spostandosi ad una velocità pari o superiore alla propria, fluttuando leggero nell’aria, come se l’aria stessa del Vigneto Sacro lo aiutasse a scivolare via meglio.

"Mi hai ingannato, Dio del Vino! Mi hai offerto il tuo aiuto, prospettando perfino un’alleanza contro la Regina Madre, e invece mi hai avvelenato, precipitandomi in Ade! Meschino comportamento è stato il tuo, che poco si addice a una regale Divinità!" –Tuonò Ercole, avvampando nel suo cosmo.

"Dopo quel che hai passato, dubiti ancora che abbia voluto aiutarti? Pensa a com’eri prima di scendere all’Inferno: sobrio e triste, e soprattutto privo di cosmo! E adesso sei qua, ruggente di fronte a me, come il glorioso campione dei tempi del mito! E chi devi ringraziare per questa carica di eccitazione se non l’adorato Dio con cui hai banchettato?!"

"Devo ringraziare solo me stesso, e un amico che ho conosciuto per caso, se ho saputo reagire alla malinconia! È strano…" –Mormorò Ercole, rattristandosi per un momento. –"…come spesso le lezioni più importanti le apprendiamo da persone che abbiamo incontrato solo una volta, ma che ci hanno, a modo loro, dato tanto!"

"Se così tanto ti preme ritrovar l’amico che hai perduto, allora io, il buon Dioniso, ti aiuterò, erculeo figlio di Zeus! Che non si dica che a regalar doni sono certo avaro!" –Esclamò il Dio, lasciandosi avvolgere dal suo cosmo violetto. –"Mira lo scorrere del fiume dell’ebbrezza, e lasciati travolgere, Ercole! Lascia che il piacere si impossessi di te e vinca su quello sterile e arido raziocinio, che a niente di buono porta, solo a dolore e morte! Lascia che il tuo corpo sussulti di viva eccitazione e raggiunga lo stato di perfezione divina!" –E nel dir questo generò un’immensa fiumana di cosmo, simile a un torrente di vino, che diresse verso il Dio dell’Onestà, il quale, in tutta risposta, contrattaccò con il suo colpo segreto.

"Offerta allettante la tua, Dioniso! E mi verrebbe quasi da accettarla! Chi rifiuterebbe una vita di ozio e piacere per una di tormenti continui? Forse, in occasione del nostro primo incontro, una parte di me aveva desiderato davvero viverla, il che spiegherebbe la facilità con cui ho sorseggiato dalla tua coppa incantata! Ma adesso, una nuova determinazione mi sorregge, una fede negli uomini che non si piegherà! Di fronte a niente!" –Gridò Ercole, liberando la sua furiosa tempesta, che si schiantò contro il fiume di ebbrezza, spingendo entrambi i contendenti a dare il massimo, per non essere travolti dalla massa di energia che si stava radunando al centro dello spiazzo.

Semele della Vite, ripresasi dal tentativo di soffocamento del Nume Olimpico, cercò di radunare un buon numero di Satiri e Menadi che ancora vagavano per il Vigneto Sacro, disorientati dal rapido succedersi degli eventi e ancora sbronzi e inebriati di furore dionisiaco, e di condurli in salvo, certa che la situazione si sarebbe fatta ancora più incandescente.

"Quanta rabbia… Oooh, quanto dolore! Lo sento, sì, lo sento! Preme sul tuo cuore malato fino a scoppiare, Ercole! Quanto ancora potrai sopportarlo? Quanto ancora riuscirai a resistere alle angherie di una madre che non ti considera tale, di un padre che hai deluso e di un branco di eroi che fatica a uscire dalla pubertà?!" –Cercò di distrarlo Dioniso. –"Non hai diritto anche tu alla felicità, mio giovane amico? Non hai diritto anche tu, come l’ho io, ad una vita di sollazzi e soddisfazioni?"

"Sì, ne ho diritto! Ed è per quella vita che sto lottando, Dio del Vino, non una vita facile ma una vita reale, sebbene a te possa risultare strana l’idea di combattere per qualcosa, anziché sedere sotto un vigneto e attendere che i doni cadano dal cielo, come pigne d’uva! Ho imparato a conoscerti, mio malgrado, e a non fidarmi! Prometti piaceri e gioie, ma concedi solo pazzia!"

"Una vita di sofferenza vuoi, Ercole?! E allora la avrai!!! Come quella che i tuoi accoliti stanno sperimentando sulla pelle, massacrati, dilaniati, sterminati di fronte alle rovine della tua città sacra!" –Ringhiò Dioniso, adirato per la compostezza con cui il figlio di Zeus e Alcmena rifiutava la prospettiva del piacere divino.

"Non mi distrarrai più con i tuoi giochi di prestigio! E sai perché? Perché ho fiducia negli Heroes! Su questo si basa il nostro rapporto, sul credere l’uno nell’altro, e non su paura, pazzia o disperazione, come invece tu mantieni in riga il tuo esercito! E se non credi a me, crederai alla purezza del mio cosmo! Fede negli Uomini, palesati!!!"

La tempesta di energia sventrò il fiume di ebbrezza, facendolo esplodere dall’interno e riversarsi impetuoso sui filari di vino e nei prati attorno, distruggendoli di colpo, mentre Selene e gli altri satiri fuggivano. Dioniso non venne comunque raggiunto perché fu abile a lasciar turbinare la corrente attorno a sé, generando una protezione a strati, simile ad un gorgo, su cui il furore di Ercole scivolò, strappando via soltanto i lembi esterni.

"Non avrei mai creduto di dirlo se non di fronte ad uno specchio, ma…. Sei un folle, Ercole! Un folle senza speranza che lotta per un futuro che non arriverà!" –Gridò Dioniso, gli occhi ormai invasi da un entusiasmo irrefrenabile.

"Chissà, Dio del Vino, forse hai ragione… Forse non ci sarà nessun nuovo mondo e le rovine del vecchio rimarranno monito imperituro di un fallito tentativo di cambiare il presente e migliorare noi stessi! Eppure mi muovo ancora, sorretto da una determinazione diversa da quella che mi spinse un tempo a lasciare l’Olimpo! Ero sceso sulla Terra, quella notte, per ritrovare Deianira e inseguire i fantasmi del passato, ma nel farlo persi il contatto con il presente! Adesso invece voglio qualcosa di reale! Voglio rivedere chi mi ha salvato e a cui così tanto devo!"

"Le tue farneticazioni mi hanno stufato! E mi sta pure venendo sete!" –Esclamò Dioniso, sollevando le braccia sopra la testa e radunando attorno alle mani il gorgo di violacea energia usato fino ad allora come difesa. –"Se davvero vuoi vivere il presente, allora tieni, assaporane il gusto fino in fondo! Fiume dell’Ebbrezza!!!" –E gli scagliò contro un’immensa onda di energia dalla forma di un torrente di vino, che Ercole evitò lanciandosi di lato e ruzzolando sul manto erboso.

Ma il fiume parve seguire i suoi spostamenti, rincorrendolo e distruggendo tutto quel che trovava sul suo percorso, così il Dio dovette fermarsi e sollevare con le braccia una barriera di energia cosmica. Un muro su cui si schiantò con gran fragore l’assalto del figlio di Zeus e di Semele.

Fu quello il momento che Dioniso aspettava. Quell’attimo in cui Ercole, per sorreggere la barriera energetica, avrebbe scoperto il fianco.

Apparve quindi accanto a lui, sfoderando una lunga bacchetta d’oro, ornata di edera e pampini intrecciati, con in cima una pigna. Il glorioso campione di Tirinto la riconobbe subito, mentre Dioniso la caricava di tutta la sua energia cosmica, sbattendola contro il suo fianco.

"Tirso!" –Gridò il Dio del Vino, scaricando folgori guizzanti che percorsero tutto il corpo di Ercole, incapace di difendersi, ancora intento com’era a contenere la fiumana impetuosa dell’ebbrezza.

Crollando a terra, con il fianco destro della Glory distrutto, il creatore degli Heroes venne travolto dall’ondata di energia e per un momento si lasciò trascinare. Per un momento si lasciò cullare da quel piacere estatico, ritrovandosi a chiamare un nome che per molto tempo aveva temuto di pronunciare.

"Ebeee!!!" –Gridò, prima che la fiumana lo inghiottisse.

***

Forse fu la sua voce, o forse la sensazione che dovesse fare qualcosa, ma la Coppiera degli Dei si risvegliò proprio in quel momento, sollevandosi di scatto, di fronte agli sguardi preoccupati dei suoi tre figli. Alessiare si era quasi addormentato, tenendole la mano, mente Alessiroe sedeva ai piedi del letto, timorosa di disturbare il riposo della madre. Aniceto invece, inquieto come sempre, vagava per la stanza, tirando rapide occhiate fuori dalle finestre, ben percependo quel che stava accadendo nel Vigneto Sacro.

"Madre, vi siete dunque ridestata? Come state?"

"Sto bene, grazie! Mi dispiace avervi recato disturbo, figli miei! Ho sentito i vostri cosmi che mi chiamavano in sonno, e mi aiutavano a ritrovare la via!" –Rispose Ebe, muovendosi per alzarsi.

"Dove andate? Rimanete a letto, ve ne prego! Siete ancora troppo debole!"

"Vorrei poter restare, ma non posso! È tempo che io prenda una decisione, su cui a lungo ho riflettuto nelle mie notti solinghe!" –Esclamò la Coppiera Divina, spostando lo sguardo su ciascuno dei tre figli e sorridendo loro, con l’affetto che solo una madre poteva mostrare. –"Devo raggiungere il Vigneto Sacro! Ercole ha bisogno di me!"

"Lui non ha bisogno di nessuno!" –Dichiarò sprezzante Alessiroe, allontanandosi dal letto.

"Questo non è vero, taci sorella ingrata e smettila di dire menzogne!" –Intervenne allora il giovane Alessiare. –"È solo il tuo cuore ferito che parla! Per anni tu e mio fratello vi siete infettati della rabbia repressa per un padre che, secondo voi, ci ha lasciato da soli!"

"E non l’ha forse fatto, Alessiare?" –Ironizzò Aniceto. –"Lo vedi forse qua, ad aiutare nostra madre a scendere dal letto? A consolarla quando ne ha avuto bisogno?"

"Non capisci… ed è naturale! Tu ragioni come un Dio, seppure i tuoi sentimenti di dolore siano umani!" –Commentò Alessiare, posando lo sguardo verso la madre e ricambiando il suo sorriso stanco. –"Quando si ama davvero qualcuno bisogna avere il coraggio di lasciarlo andare, di lasciargli vivere la vita che vuole! Soltanto i deboli lo obbligherebbero a restare, soltanto coloro che per paura della solitudine o per non voler ammettere di fronte agli altri di aver fallito sarebbero disposti a sopportare continui sguardi di compassione da parte di qualcuno che vorrebbe essere altrove! È meglio vivere un amore intenso, sia pur breve, che strisciare per anni all’ombra di qualcuno che non ci desidera più!"

"Alessiare…" –Mormorò Ebe, e ricordò un episodio dell’infanzia del figlio, quando ancora inesperto si recava a curiosare nella Foresta di Artemide e ai limiti dello Stagno Sacro, ove le ninfe erano solite bagnarsi. Là ne conobbe una, graziosa e birichina, e se ne innamorò, giungendo persino a possederla, ma Pan, cui la ninfa era devota, non le perdonò il tradimento e la uccise, mutilandola e appendendola sopra la cascata, affinché le acque benedette lavassero via la sua infamia. A simbolo perenne del castigo che gli Dei sono capaci di infliggere ai loro seguaci.

"Fate quello che ritenete giusto, madre, secondo la vostra coscienza! Come Ercole ci ha insegnato!" –Commentò Alessiare, alzandosi in piedi e ponendosi di fronte ad Aniceto, che osservava incredulo e arrabbiato l’intimità che si era creata tra i due.

"La mia scelta già l’ho fatta! Andrò ad aiutare l’uomo che amo e a cui la mia vita appartiene!" –Dichiarò orgogliosa Ebe, scivolando fuori dalla stanza e lasciando i tre figli da soli.

"E noi?! Cosa faremo?" –Chiese allora Alessiroe. –"Non possiamo non schierarci in questa contesa che coinvolge i nostri divini genitori e l’Olimpo!"

"Io so già cosa farò!" –Affermò deciso Alessiare, senza togliere lo sguardo da Aniceto, che stringeva i pugni rabbioso. –"E voi? Avete intenzione di lasciare che l’ira domini il vostro futuro, così come ha fatto per il passato e il presente?!"

"Fa’ silenzio!" –Lo zittì il fratello, colpendolo con un pugno sulla guancia e sbattendolo contro il letto, accanto alla sorella che subito si alzò gridando. –"Tale padre, tale figlio! Non sei migliore di Ercole!"

"Né voglio esserlo!" –Mormorò Alessiare, rimettendosi in piedi e sputando sangue. –"Sei tu l’ambizioso, Aniceto, colui che ha sempre cercato di apparire migliore di nostro padre, persino di me, solo per mascherare il dolore che la sua perdita ti ha inflitto! Lo hai odiato per nascondere l’amore che provi per lui, e che detesti di dover ammettere!"

"Non è vero! Io lo odio, non lo amo! Come potrei amare quell’egoista che ha fatto soffrire così tanto nostra madre?!"

"Ma nostra madre ha fatto la sua scelta, e ha messo l’amore al primo posto! Un amore vero, una rosa con le sue spine! Sei in grado tu di fare altrettanto?!"

Aniceto non rispose, riportando lo sguardo fuori dalla finestra, oltre i fronzuti alberi del giardino, più in basso, sul medio versante dell’Olimpo, ove lo scontro tra Ercole e Dioniso proseguiva imperterrito.

***

Il Dio del Vino caricò nuovamente il suo bastone dorato di energia incandescente, dirigendola contro il glorioso campione di Tirinto, che storse la clava avanti a sé, per parare l’attacco con essa, lasciando che le saette violacee schizzassero ovunque, devastando il già provato Vigneto Sacro.

"Quanto ancora resisterai, Dio di dubbia onestà?" –Ridacchiò Dioniso, continuando ad impugnare fiero il Tirso. –"La corazza che indossi, di certo splendida fattura, è ormai un rudere! Danneggiata durante lo scontro a Samo, ha avuto il tempo di rigenerarsi soltanto in parte, lasciando scoperte ampie zone del tuo corpo ove le mie folgori possono insinuarsi, lacerandoti in profondità! Hai rifiutato il piacere, hai gettato via le prospettive gaudenti che ti avrei offerto, accetta allora il mio ultimo dono, superiore alla pazzia eterna! La morte! Ah ah ah!"

"Sei generoso, Dioniso! Perdonami se non ho altro modo che questo per ricambiare!" –Ruggì allora Ercole, muovendo la clava verso destra e generando un’onda di energia con cui travolse le saette violacee, disperdendole, prima di scattare avanti e sollevare l’arma.

Il Dio del Vino reagì con inaspettata prontezza, muovendo il Tirso in modo da incrociare la clava, lasciando i due manufatti divini liberi di incontrarsi e scontrarsi più volte. Ove una cercava di colpire, l’altra era pronto a difendere, in un susseguirsi continuo di scintille e clangore.

"Cadiii!!!" –Ringhiò Dioniso, il volto ormai deformato dalla follia più pura.

"Cadi tu, invece!" –Rispose Ercole, deviando un affondo del Dio e sbattendo con forza la sua clava sulla mano destra di Dioniso, spaccando il guanto della sua Veste Divina e facendogli perdere la presa del Tirso. –"Che le Fiere del Mito ti sbranino, Dioniso Isodaites!" –E gli diresse contro il suo assalto micidiale, osservando senza remore alcuna le bestie che sconfisse un tempo lacerare le vesti e la corazza del Signore del Vino.

La furia devastante dell’attacco scaraventò Dioniso indietro, strappandogli i sontuosi abiti e distruggendo parte della sua Veste Divina, inzaccherandola di sangue e terriccio. Quando si rialzò, annusò la mano con cui aveva sfiorato una ferita al ventre e si lasciò inebriare dall’odore acre del suo stesso sangue.

"Ichor!!!" –Gridò con voce isterica. –"Se non ho mai rifiutato i sacrifici di carne umana che mi venivano offerti, cibandomi di un simile desco, perché mai dovrei proibirmi di desinare con il mio stesso sangue?!"

"Mi fai ribrezzo!" –Commentò Ercole, scattando verso di lui, con la clava in mano.

Ma non riuscì a raggiungerlo che venne travolto da una tempesta di fulmini che si schiantò improvvisa su di lui, obbligandolo a volgere l’arma al cielo, con cui tentò di parare tale impetuoso infuriare. Questo permise a Dioniso di recuperare la presa del Tirso e di scaraventare Ercole indietro con un raggio di energia, distruggendo ulteriormente la sua Glory. Quando il campione di Tirinto si rimise in piedi vide con orrore che la Regina degli Dei era comparsa a fianco del Dio del Vino.

"Siamo in due adesso, Ercole!" –Sogghignò Era, con tono beffardo. –"E non ti sarà per niente facile riportare vittoria su entrambi!"

Ricoperta dalla sua splendida Veste Divina, che pareva non aver subito neppure un graffio dopo gli scontri dei giorni precedenti, la Dea Madre lo osservava con sguardo superbo, fresca e riposata come non si sentiva da tempo. Il soggiorno nelle sue stanze, con le ancelle che le avevano lavato la schiena, massaggiato i muscoli indolenziti e addolcito il suo animo con cibi delicati, le aveva indubbiamente giovato. E adesso era pronta per l’ultimo scontro.

"Facciamo presto, Dioniso! A Zeus non piacerà tutto questo scompiglio che sta turbando la quiete olimpica!"

"Fossi in te non mi preoccuperei troppo al riguardo!" –Dichiarò Dioniso, con un sorriso sardonico, senza aggiungere altro.

Era non capì a cosa si riferisse ma unì il suo cosmo a quello del figlio bastardo di Zeus per generare un attacco energetico di inusitata potenza che sfrecciò verso Ercole ad altissima velocità. Non potendo fare altro, troppo rapido per essere evitato, il Dio di Tirinto contrattaccò con il suo ruggito.

"Fede negli uomini!"

L’enorme massa di energia esplose con una deflagrazione assordante che fu udita su tutto il Monte Sacro. Persino Zeus, Signore Supremo dell’Olimpo, tremò per un istante, assiso sul trono di fulmini, mentre Ermes, inginocchiato ai piedi della scalinata di marmo bianco, osò a malapena sollevare lo sguardo, timoroso di una sua reazione incollerita. Che per il momento non arrivò.

"Lo abbiamo ucciso! Nessuno può essere sopravvissuto ad una simile esplosione!" –Commentò Dioniso, estasiato, mentre la polvere sollevata si andava diradando e l’elegante sagoma della Regina degli Dei compariva di nuovo al suo fianco.

"Non esserne troppo sicuro, sporco ubriacone! Ercole ha più vite di un gatto! Io lo so bene!"

"Chiunque conosce i tuoi falliti tentativi di averne ragione, Era! Non c’è bisogno che tu le ricordi continuamente per muovermi ad ulteriore compassione! Ih ih ih!"

"Finiscila, sciocco! O diverrai il Dio dei giullari!" –Lo zittì la Regina dell’Olimpo, prima di volgere lo sguardo verso il punto ove prima si trovava Ercole. E scoprire che il Dio era ancora lì. –"Non è possibile!!! Maledetto, come hai potuto? Perché vivi ancora?!"

"In guerra bisogna sempre sacrificare qualcosa!" –Commentò il Dio, respirando a fatica, disponendo ormai solo di una minima protezione, essendo la Glory stata quasi tutta distrutta dall’ultimo assalto.

"Umpf, gli resta solo la clava a quel barbaro gagliardo! Ben poco potrà farci se non darsela in testa, rimpiangendo le piacevolezze ormai perdute che gli avevo offerto!" –Ridacchiò Dioniso, caricando il Tirso di energia cosmica.

Era espanse ancora il proprio cosmo ma prima che potessero attaccare nuovamente una voce soave li chiamò, pregandoli di desistere dai loro propositi.

"Nobile Regina Madre! Candido Dio del Vino! Deponete le armi, ve ne prego! Non lasciate che sull’Olimpo vengano sparsi ulteriore sangue e morte! Elementi che ben poco si addicono alla vostra magnificenza e che il Divino Zeus ha in astio!"

"Ma tu sei…?!" –Mormorò Era, sinceramente incredula nel trovarsi la figlia di fronte.

"Ebe…" –Esclamò il campione di Tirinto con tono trasognato, osservando le aggraziate forme della sua sposa olimpica, inginocchiata di fronte alle due Divinità.

"Ercole…" –Gli sorrise lei, rialzandosi e perdendosi nei suoi occhi.

Per un momento i due antichi coniugi credettero di non trovarsi più là, nel pieno di uno scontro mortale, ma tornarono indietro, di migliaia di anni, ai tempi del Mito.

Ercole era appena assurto al rango di Divinità, salvato da Zeus dalla pira sul monte Eta, e aveva sposato Ebe, mettendo una pietra sopra all’eterna contesa con la Dea Madre e garantendo una momentanea tranquillità all’Olimpo.

"Erano tempi felici quelli!" –Commentò Ercole. –"Credevamo di essere immortali, di avere il mondo in mano e che tutto ci fosse concesso! Ero persino riuscito a riappacificarmi con Era, salvo poi dover ammettere l’impossibilità di un gesto simile, odiandomi lei per quello che sono, non per quello che faccio!"

"Sì, siamo stati davvero felici! Anche se forse io lo sono stata più di te, senza mai comprendere che tu volevi altro, che tu avevi bisogno di altro, che io non potevo darti!" –Affermò Ebe, avvicinandosi all’antico sposo. –"Mi sono chiesta per anni perché mi abbandonasti, cosa avessi fatto di così sbagliato da non meritare più il tuo amore! Ma poi ho capito…"

"Ebe… non hai sbagliato niente!" –La rassicurò Ercole.

"E invece sì, Coppiera degli Dei! Hai errato ad intrometterti in uno scontro senza aver ricevuto formale invito!" –Gracchiò allora l’ormai stridula voce di Dioniso, disturbando persino Era, che si era placata per un momento, approfittandone per riprendere fiato e per concedere un minuto alla figlia. –"Perciò adesso fatti da parte e mi dimenticherò di quando, ancora una verginea giovincella, mi rovesciasti una coppa d’ambrosia sulle gambe, rovinando la mia ricamata veste!"

"Chiedo perdono, Sommo Dioniso, ma…"

"Sei diventata sorda per caso? Allontanati, ho detto!" –Esclamò il Dio, spingendo Ebe indietro con la forza della mente e sbattendola a terra.

"Bastardo, come osi?!" –Ringhiò Ercole, avventandosi su Dioniso e liberando artigli incandescenti di energia, che il Dio tentò di parare roteando velocemente il Tirso.

"Finitela!" –Urlò allora Era, scagliando un nugolo di folgori contro entrambi, portandoli a separarsi e a balzare indietro. –"Dioniso, non permetterti di levare un’altra volta la mano contro mia figlia! Questo scontro non la riguarda!"

"Allora portala fuori dal campo di battaglia! Sarebbe un vero peccato che ne rimanesse coinvolta!" –Sibilò il Dio, con sguardo quasi divertito, mentre la Regina Olimpica si rivolgeva direttamente alla Coppiera degli Dei, pregandola di andarsene.

"Non lo farò, Madre! E voi lo sapete! Sapete che amo Ercole e gli sono devota! Per questo motivo mi avete lasciato all’oscuro dei vostri piani! Perché sapevate che non avrei approvato, né la distruzione di Tirinto, né un nuovo scontro con il mio sposo!"

"E invece avresti dovuto! Perché Tirinto e gli Heroes ti hanno portato via Ercole, come Ganimede e le ninfe dal fresco seno mi hanno tolto Zeus! È per colpa loro, e di quella sgualdrina figlia del Re di Calidone, che l’uomo che tanto hai amato ti ha abbandonato! Io non voglio vederti affliggerti ancora!"

"Lo credevo anch’io, un tempo…" –Mormorò Ebe, avvicinandosi a Ercole e carezzandogli le mani, ruvide e maschili come le ricordava. –"Ma poi ho realizzato che ciò che ci ha allontanato era noi stessi, le nostre diversità e le difficoltà di comprendere quel che l’uno veramente voleva dall’altro! Non conciliandosi, ci siamo perduti e abbiamo incolpato tutto e tutti fuorché noi stessi! Perciò vi prego, Dea Madre, non combattete più contro il mio sposo, ha già sofferto troppo, e anche voi, e io con entrambi!"

"L’amore ha obnubilato la tua ragione, figlia adorata! Quell’uomo ha fatto soffrire troppe persone, tu per prima! È anche per vendicarti che io combatto!" –Commentò Era, pur senza troppa decisione.

"No! Tu combatti solo per te stessa, Regina dell’Olimpo!" –Rispose fiera Ebe, fissando la madre con uno sguardo deciso ma privo di qualsivoglia rancore.

"Proprio come facciamo tutti, nevvero Ercole?!" –Intervenne allora Dioniso, bruciando al massimo il proprio cosmo e generando un turbine di energia che diresse svelto contro il campione di Tirinto. –"Ciò che rende vivi i viventi non è l’amore né il culto della famiglia, ma qualcosa di più profondo e misterioso che attinge all’energia imprevedibile delle passioni, che fluttuano caotiche nel corpo e nello spirito di ognuno! Io sono il Dio di tutto ciò che vuole vivere, riportandolo al suo stato primordiale e selvaggio! Io sono la perfetta metafora dell’esistenza, e questo ardore che ti riverso contro è il mio gaudente Entusiasmo! Ah ah ah!"

La repentina mossa prese persino Era di sorpresa, spingendola indietro di qualche passo e facendola barcollare, mentre Ercole afferrava Ebe, offrendo la schiena al nemico e proteggendola dal turbine di passioni deliranti che stava distruggendo quel che restava della Glory e di tutto il paesaggio attorno.

"Devo… reagire…" –Strinse i denti il Dio dell’Onestà, la schiena seviziata da quell’incessante martirio. –"Devo farlo… anche per te!" –Aggiunse, guardando Ebe negli occhi, così come la Dea avrebbe voluto che tornasse a guardarla per quei tre secoli in cui erano stati lontani.

"Ridi, zotico! Ridi e muori! Ah ah ah! Godi del mio Entusiasmo!!!" –Gridava isterico Dioniso, battendosi le braccia sulle gambe, ebbro ormai del suo stesso potere.

"Presto non riderai più, Dioniso!" –Si limitò a commentare Ercole, avvampando nel suo cosmo e lasciandolo esplodere attorno a sé, fino a creare uno spazio sufficiente per tenere lontano il turbine di passioni. Un attimo dopo liberò le Fiere del Mito, lasciando che le loro zanne aprissero la via, scevre da qualsivoglia desiderio di piacere e desiderose soltanto di affondare nel corpo di un’altra vittima.

Ma il Nume Olimpico fu incredibilmente lesto e non appena s’avvide che le bestie infernali stavano dilaniando il suo Entusiasmo, portandolo a scemare, si spostò, togliendosi dalla loro traiettoria e lasciando che i denti aguzzi azzannassero l’aere. Fulmineo, giunse di fronte a Ercole, impugnando il Tirso a mo’ di spada, caricandolo di energia cosmica e puntandolo al cuore scoperto del Dio.

"Le passioni vincono sempre sulla ragione!" –Sentenziò, affondandolo in un petto caldo.

"Hai… proprio ragione, Signore del Vino…" –Mormorò Ebe a fatica, incontrando il suo sguardo.

Fu solo allora che Dioniso si accorse che la Coppiera degli Dei, con un’agile mossa, si era posta di fronte all’uomo che amava, immolandosi al posto suo.

"No… no… nooo!!!" –Gridò Ercole, realizzando, nello stesso momento di Era, quel che era accaduto. Il suo ruggito scaraventò Dioniso indietro, sollevandolo di diversi metri da terra, mentre l’impeto delle bestie del mito lo dilaniava, distruggendo parte della sua Veste Divina e strappandogli persino un pezzo di pelle, deturpando il suo volto.

"Figlia mia…" –Mormorò Era, versando per la prima volta lacrime sincere. Lacrime che aveva trattenuto fino ad allora, incapace di versarle per Partenope, per Argo e Iris, persino per Didone. Ma che adesso le palesavano una verità scomoda che aveva cercato di nascondere per tutto quel tempo. La sua indubbia umanità.

"Ebe… non temere… andrà tutto bene! Ti cureremo! Asclepio ti guarirà!" –Pianse Ercole, chinandosi sul corpo della sposa divina, che stringeva ancora il Tirso che le aveva sfondato la cassa toracica, fuoriuscendo dalla schiena.

Ma la donna scosse il capo, come se non volesse sentirne parlare. Si limitò a tastare la ferita al petto e a sollevare la mano insanguinata di fronte al volto, fino a sfiorare il cuore di Ercole.

"Non era questo quello che volevo per noi! Non volevo odio né rancore, né tanto meno guerra! Volevo soltanto te! Riuscire a farmi stringere ancora dalle braccia dell’unico uomo che abbia mai amato! E… ci sono riuscita!" –Mormorò, socchiudendo gli occhi.

Il suo cosmo divino, già provato per aver usato l’Ichor per superare le barriere del Monte Sacro e scendere in Ade, iniziò a scomparire, di fronte allo sguardo sgomento di Ercole, che la abbracciò singhiozzando, e a quello attonito di Era, che si portò una mano al cuore, sentendosi per la prima volta mancare.

Anche i tre figli di Ebe sentirono dissolversi il cosmo della madre e capirono che quello era il destino che aveva scelto. Alessiare sospirò, indossando la propria Veste Divina. Alessiroe cadde in lacrime sul pavimento di marmo, incapace di comprendere a fondo il suo comportamento ma triste per averla perduta. Aniceto ringhiò furioso e, rivestito della splendida cotta che Efesto aveva forgiato per lui, avvampò in un turbine di fiamme.

"Maledetto Ercole! Mia madre è morta per colpa tua! Tu me l’hai portata via! E io otterrò la mia vendetta, spazzando via le tue putride legioni!"

Non aggiunse altro e scomparve dall’Olimpo, apparendo d’improvviso di fronte alle mura di Tirinto e prendendo gli Heroes di sorpresa. Li travolse tutti, senza curarsi neppure di quanti fossero o come si chiamassero, sfondò il cranio di uno con un sol colpo di mano, prima di annientarne altri con onde di energia.

Quando si fermò per rifiatare si accorse che c’era rimasto soltanto un Hero in piedi di fronte a lui. Nesso del Pesce Soldato.

"Sarai tu il prossimo a morire!"