CAPITOLO SESTO: EROI AL TRAMONTO.

Neottolemo del Vascello guidò in fretta la Nave di Argo, per rientrare a Tirinto e curare il Dio dei Venti, che giaceva moribondo sul ponte di comando, intento a guardare, per tutta la durata del viaggio, il mondo scorrere sotto di loro. Non ci aveva tolto gli occhi per un secondo, estasiato da quel che da sempre aveva visto dall’alto, volando trascinato dai venti di cui era padrone. Ironicamente era persino giunto a ringraziare Era per l’incarico per cui millenni fa era stato scelto, proprio su suggerimento della Dea. Un incarico che lo aveva glorificato e che lo aveva portato ad amare il mondo, percorrendolo in ogni direzione.

Arrivarono a Tirinto che il sole splendeva alto a mezzogiorno e dall’intera cittadina si levavano rumori di gente operosa, affaccendata nelle attività quotidiane, soprattutto a riparare i danni subiti, fortificando le mura e il portone. La Nave di Argo apparve alta nel cielo, proiettando la sua lunga ombra sul cortile interno di Tirinto, attirando gli sguardi dei presenti, soprattutto di Marcantonio e Nestore, che discutevano di una possibile strategia da mettere in pratica.

"Neottolemo!" –Gridò il Comandante della Legione d’Onore, alla vista del compagno che sorreggeva il corpo stanco di Eolo, Dio dei Venti.

"Qualcuno ha bisogno di cure!" –Commentò il Nocchiero di Tirinto, aiutando Eolo a scendere dal vascello. Ma questi lo allontanò con un gesto cortese, faticando a restare in piedi, e chiedendogli di riunire all’istante gli Heroes rimasti.

"Le forze mi abbandonano, Eroi di Ercole! Ma c’è qualcosa che voglio fare prima di scendere verso gli abissi del Tartaro!" –Ansimò Eolo, prima di essere condotto alla fucina di Druso, dove Antioco, Pasifae e Penelope stavano aiutando l’alacre fabbro nell’impegnativo lavoro.

"Cos’è successo?!" –Incalzò Marcantonio dello Specchio, seguendo Neottolemo e Eolo.

"Era ha attaccato Eolo in Tracia, ospite di Eos, per vendicarsi di averla abbandonata durante la guerra! È stato grazie al sacrificio della Dea dell’Aurora che siamo riusciti a salvarci dalla sua furia!" –Spiegò il Nocchiero di Tirinto.

"Non ha perso tempo, quella strega!" –Commentò Nestore dell’Orso, sbattendo un pugno nel palmo dell’altra mano, desideroso di menar le mani quanto prima.

"Siate prudenti, Heroes!" –Parlò infine Eolo, con voce stanca e tremula. –"La vendetta della Regina degli Dei è appena iniziata! Una faida di sangue vi attende! Era non è affatto tipo da desistere! Forte delle sue convinzioni, o forse chiusa in esse, continuerà a muovervi guerra finché l’ultima pietra di Tirinto non sarà ridotta in polvere e i vostri corpi non saranno arsi dalla sua ira!"

"Sapremo tenerle testa, Dio dei Venti!" –Precisò Nestore dell’Orso.

"Mi dispiace…" –Aggiunse Eolo, con gli occhi lucidi di lacrime. –"Non avrei dovuto ascoltare Iris, ma un antico debito mi legava alla Regina degli Dei, e non sono stato abbastanza forte per dirle di no! Per rifiutare una guerra che non ho mai sentito!"

"Non abbiamo bisogno delle tue scuse, Signore dei Venti!" –Intervenne Neottolemo, che aveva sentito la nobiltà del cosmo di Eolo. –"Solo di vederti al nostro fianco…"

"Non c’è più tempo per me!" –Sentenziò Eolo. –"Ma posso fare ancora qualcosa… per rimediare alle mie colpe!" –E nel dir questo sfiorò uno squarcio che aveva sul basso ventre, bagnando la mano del suo sangue divino, prima di sollevarla e schizzare le corazze degli Heroes.

Ad eccezione di Neottolemo, tutti indossavano le Armature degli Eroi che Druso, lavorando senza sosta per tutta la notte, aveva ricostruito con perizia. Bagnate dal sangue di Eolo, le corazze parvero brillare, illuminarsi di una luce azzurra che traeva origine dalla sua divina essenza.

"Meraviglioso!" –Commentò Antioco del Quetzal. –"È come se la mia corazza fosse viva! Mi sembra di sentirla respirare!"

"La leggendaria lucentezza e resistenza delle Armature degli Eroi è tornata! Il sangue reale del Signore dei Venti ha sopperito alla mancanza del frammento di Glory!" –Disse Druso di Anteus, osservando orgoglioso quel capolavoro a cui aveva contribuito.

Anche la corazza del Vascello, per quanto ne fossero rimasti solo pochi pezzi, brillò di vivida luce, ricostruendosi all’istante, addosso al corpo di Neottolemo, forte e resistente com’era stata in passato.

"Che l’Ichor del Signore dei Venti possa farvi volare lontano, Eroi della Speranza! Eroi del Mondo Antico! Lo spirito di Ercole, l’indomita fiamma che vinse le Dodici Fatiche di Euristeo, rivive in voi! Non lasciate… che si spenga!" –Mormorò il Dio, prima di chiudere gli occhi e spirare tra le braccia di Neottolemo, che ancora lo reggeva.

"Riposa in pace, Dominatore dei Venti!" –Commentò Marcantonio, e tutti gli Heroes rimasero in silenzio per qualche minuto, per rendere onore a un Dio che aveva saputo sfidare e vincere i rigidi dogmi a cui era stato costretto. Un Dio che, come Ercole, aveva saputo essere uomo.

Quindi Marcantonio mandò a chiamare Artemidoro della Renna, chiedendogli di preparare una salma per il Signore dei Venti, prima di raccogliersi in consiglio con gli altri Heroes, per deliberare una strategia comune.

"Dobbiamo essere pronti per un nuovo attacco! Era non tarderà a scagliarsi di nuovo contro le mura di Tirinto! E stavolta non si fermerà finché non saremo tutti morti!"

"Non vorrei che le previsioni di Eolo fossero troppo catastrofiche!" –Intervenne Nestore. –"Del resto Era è rimasta sola! Kyros, Boopis e Partenope sono morti, così come i suoi Oracoli! Chi ci manderà contro stavolta? Dei nuovi Kouroi?!"

"Non dei Giganti di Pietra saranno i nostri avversari, Nestore dell’Orso, ma satiri, menadi e Guerrieri Caprini!" –Intervenne allora una decisa voce di donna, facendo voltare tutti verso il cortile, dove l’elegante sagoma di Alcione della Piovra era appena comparsa. Al suo fianco procedeva a passo spedito Nesso del Pesce Soldato. Entrambi rivestiti dalle splendide Armature degli Eroi, restaurate dalla maestria di Shin dell’Ariete, discendente del popolo di Mu.

"Alcione!!! Nesso!!!" –Gridò subito il robusto guerriero, correndo incontro ai due Heroes, subito seguito da Penelope e dagli altri. –"Che gioia rivedervi! State bene?!"

"La generosità dei Cavalieri di Atena non ha limiti!" –Si limitò a commentare il Comandante della Legione del Mare. –"Sarà un onore combattere sotto la benedizione della Dea Guerriera, amica degli Heroes come lo è stata del nostro Dio!"

"Di cosa stavi parlando poc’anzi? Di satiri e Guerrieri Caprini?!" –La interruppe Marcantonio, con tono preoccupato. –"Questo significa dunque che il nostro nuovo nemico…"

"Sì, è il folle Dio del Vino e dell’Ebbrezza! Il figlio di Zeus e Semele!" –Precisò Alcione, raccontando dell’attacco del Satiro delle Alseidi ad Atene. –"Era si è rivolta a Dioniso per togliersi dall’occhio i fastidiosi moscerini rappresentati da noi Heroes!"

"Era ha visto bene!" –Commentò demoralizzato Antioco del Quetzal. –"Voglio dire, siamo realisti! Non siamo riusciti a vincere durante il primo scontro, in cui potevamo contare su novanta Heroes e su Ercole stesso, come possiamo avere delle speranze adesso, che siamo soltanto in dieci?!"

"I numeri non contano, ragazzo! Conta la forza del cosmo!" –Esclamò fiero Nestore, toccandosi le poderose braccia. Ma Antioco non ne fu affatto impressionato, e anche Penelope del Serpente e Pasifae del Cancro gli diedero ragione.

"Sarà una carneficina!" –Precisò la Consigliera di Ercole, con un sospiro.

"Non lasciamoci abbattere! Siamo Heroes di Ercole! Abbiamo vinto una volta, possiamo farlo di nuovo!" –Incalzò Nestore, cercando qualche sguardo d’aiuto. Ma persino nel volto di Alcione trovò una forte incertezza. Soltanto Marcantonio era rimasto in silenzio, strusciandosi il mento con una mano, perso nei suoi pensieri.

"Abbiamo vinto davvero, Nestore?!" –Parlò allora Nesso del Pesce Soldato. E la sua domanda lasciò tutti in silenzio per qualche interminabile secondo.

"Forse non tutto è perduto!" –Fu Marcantonio a riprendere a parlare, con una luce nuova negli occhi. Una, seppur minima, speranza di vittoria. –"Non siamo soli! Possiamo chiedere aiuto!"

"E a chi?!" –Esclamò Nestore sorpreso. –"A Laoconte, Archia e agli altri apprendisti che stiamo ancora addestrando? O ai contadini e agli agricoltori della piana di Tirinto? Sii serio, te ne prego!"

"Anche Atene ha già fatto il possibile!" –Intervenne Alcione. –"Con la Guerra Sacra terminata da pochi anni, non ci sono Cavalieri a cui possiamo rivolgerci!"

"Non dei Cavalieri di Atena combatteranno al nostro fianco, bensì degli Heroes!" –Esclamò Marcantonio, catturando l’attenzione di tutti.

"Uh? Spiegati!" –Domandò Nestore, interessato.

"C’è qualcuno che possiamo invocare! Coloro che scomparvero ai tempi del mito!" –Mormorò. E a molti parve che la sua voce fosse un sussurro. –"La Legione che ad Ercole voltò le spalle, scegliendo la via dell’infamia!"

"Che cosa?!" –Gridò Nestore, inorridito. –"Non dirai sul serio?! Marcantonio, al solo parlare di costoro rabbrividisco! Non posso credere che tu lo stia proponendo!"

"Abbiamo alternative migliori?!" –Rispose il Comandante della Legione d’Onore.

"Di chi state parlando?!" –Chiese Antioco, che, come Nesso, non conosceva questa parte della storia del Dio dell’Onestà.

"Fin dal Mondo Antico Ercole era sempre stato affascinato dall’idea di istituire una schiera di eroi che combattessero al suo fianco, proprio come Atena aveva i suoi Cavalieri! E millenni addietro, prima di ascendere all’Olimpo come un Dio, costituì la prima di esse! L’antesignana delle nostre Legioni!" –Raccontò Marcantonio, di fronte agli sguardi interessati, e un po’ timorosi, di Nestore e gli altri. –"Ma al momento dello scontro decisivo questa Legione non si presentò, volgendo le spalle agli ideali per cui aveva giurato di lottare, lasciando Ercole da solo e incorrendo nella maledizione sua e, in seguito, di tutti gli Dei! Così, stanco e demoralizzato, il figlio di Zeus intraprese una serie di viaggi, senza una meta precisa, deluso dal sogno in cui aveva creduto! Furono soltanto l’incontro e l’amore di Deianira a risollevarlo!"

"E alla luce di tutto questo noi dovremmo rivolgerci a loro?" –Ironizzò Nestore. –"Preferisco occuparmi di Dioniso da solo! Abbiamo già avuto la nostra razione di tradimento, con Partenope e gli Shadow Heroes, al cui confronto la colpa della Legione Maledetta è nettamente superiore! Hai già dimenticato Tereo, Damaste e gli altri Heroes sterminati dagli spergiuri?!"

"Pensala come vuoi, ma io andrò a cercarli!" –Sentenziò Marcantonio. –"Se nel loro sangue c’è ancora un briciolo d’onore, in ricordo di quel che Ercole si era aspettato dai suoi primi Heroes, io credo che combatteranno!"

"Illusione destinata a cadere…" –Commentò Nestore amaramente.

"Il mio maestro mi aveva raccontato la storia e le disgrazie della Legione Maledetta!" –Intervenne allora Pasifae del Cancro. –"Ti accompagnerò da lui! Sono convinta che egli sappia dove si nasconde!"

"Molto bene! Partiremo subito! Ogni istante è prezioso!"

"Verrò anch’io con te, cugino!" –Esclamò una voce, comparendo alle spalle del Comandante della Legione d’Onore.

Alto e ben fatto, con mossi capelli biondi e un viso curato, che lo facevano sembrare più un nobile che un guerriero, il figlio della sorella del padre di Marcantonio si fece avanti spavaldo.

"Tu, Laoconte?!" –Esclamò Marcantonio, stupefatto. –"Ancora non hai completato l’addestramento e già vorresti scendere in guerra?!"

"Non è la guerra che mi attira, cugino! Ma la prospettiva di rendermi utile!" –Precisò Laoconte. –"Sono stufo di restare in disparte, ad osservarti partire in perigliose missioni, a sellare cavalli e lucidare corazze che non indosserò mai! Voglio anch’io far parte della storia! E quale occasione migliore di questa?!"

"È un’occasione per uscirne, dalla storia…" –Ironizzò Nestore, scuotendo il capo.

"Tutt’altro!" –Obiettò Laoconte, rivolgendosi a Marcantonio. –"Stando al vostro racconto si direbbe che questi guerrieri della Legione Maledetta non siano il massimo della nobiltà e niente vieta che decidano di attaccarvi! Tu e Pasifae potreste aver bisogno di aiuto e dubito che Nestore possa inviare degli Heroes in vostro soccorso, considerando quanto disperata sarà la situazione che dovranno fronteggiare!"

"In effetti… la difesa di Tirinto, e di tutti i suoi abitanti, è prioritaria! Le nostre vite in confronto sono un niente!" –Mormorò Marcantonio, prima di annuire col capo e dare una pacca su una spalla al cugino. –"D’accordo Laoconte, verrai con noi! Sarai il mio mulo di fiducia!" –Ironizzò, chiedendogli di preparare il necessario per il viaggio e di essere pronto in pochi minuti.

Laoconte obbedì, scattando via, mentre il piccolo consiglio degli Heroes si scioglieva e Nestore si avvicinava a Marcantonio, parlandogli a bassa voce.

"Spero che tu non debba pentirtene! Quel ragazzo mi sembra bramoso di onori e lodi, ma di poca virtù! Se capisci quello che intendo…"

Il Comandante della Legione d’Onore ringraziò l’amico per il consiglio e si congedò, lasciando Tirinto assieme a Pasifae del Cancro e a Laoconte, l’allievo che aveva addestrato negli ultimi anni, da quando suo cugino aveva abbandonato Atene e l’agiata vita della famiglia, attratto dalle prospettive di gloria che avrebbe potuto perseguire al servizio di Ercole. La sua fede era sincera, ma non genuina come quella degli altri Heroes, soprattutto di quelli della Prima Generazione, di cui ormai, Nestore, Neottolemo, Druso e Marcantonio stesso erano gli ultimi rappresentanti.

"Chissà che questa esperienza non serva a farlo crescere un po’!" –Commentò l’Hero dello Specchio, seguendo Pasifae per raggiungere il suo maestro, sperando di fare ritorno quanto prima, certo che la vendetta di Era sarebbe calata molto presto su tutti loro.

***

Proprio in quel momento infatti la Regina degli Dei era a colloquio con il suo nuovo alleato, sul medio versante dell’Olimpo, nei pressi del vigneto dove Dioniso era solito riposarsi e organizzare incontri. Ancora irritata dallo scontro con Eolo e Eos, Era ordinò al Dio del Vino di muovere su Tirinto quanto prima, decisa più che mai a estirpare la puerile minaccia degli Heroes, approfittando dell’assenza di Ercole.

"Così tanto lo temi, quel barbaro dal nerboruto petto?" –Commentò Dioniso, seduto tra ampi filari di vite, con Semele e alcune menadi che gli offrivano frutta e coppe di vino, mentre seguiva i preparativi del suo personale esercito.

"Non dire scempiaggini, Dioniso! La Regina degli Dei non teme nessuno!" –Si affrettò a precisare Era, di fronte allo sguardo perverso e divertito del figlio di Zeus. –"Fremo soltanto all’idea di sedermi sui ciottoli di Tirinto, stringendoli tra le mani e riducendoli in polvere! E godo, sì, onestamente godo, nel pensare a Ercole disperarsi per la sorte dei suoi cari! Degli eroi che, una seconda volta, non è riuscito a salvare!"

"Sei sempre molto complessa, Era! Se non fossi pazzo, mi verrebbe da pensare che un po’ lo sia anche tu!" –Mormorò Dioniso, sorseggiando del buon vino. –"Posso soltanto assicurarti che non hai niente da temere! Gli Heroes non vivranno abbastanza per godere i frutti di questa splendida vendemmia! Ih ih ih!"


"Ben lo spero!" –Si limitò a commentare la Regina degli Dei, prima di andarsene e rientrare nella Reggia Olimpica, preoccupata che Zeus potesse notare le sue continue assenze e insospettirsi. Sempre che, troppo impegnato a sollazzarsi con le driadi e con Ganimede, si sia degnato di sollevare lo sguardo verso il fianco dove dovrebbe giacere la consorte del Signore degli Dei, trovandolo invece vuoto!

"Che isterica…" –Ironizzò Dioniso, terminando il delizioso nettare che le menadi avevano preparato per lui e alzandosi in piedi, per verificare dal suo Luogotenente lo stato dell’esercito. Solo allora si accorse che un secondo interlocutore si ergeva non molto distante da lui, nascosto da fitti filari di viti.

Silenzioso, avvolto nelle sue vesti regali, aveva ascoltato il nuovo colloquio tra Era e il Dio del Vino, non troppo sorpreso dall’astio che la sua consorte aveva rivelato nei confronti degli Heroes e di Ercole. Per i primi anch’egli non mostrava particolare interesse, ma al secondo era legato da un profondo affetto.

Avvicinatosi Dioniso, gli fece un cenno con il capo, autorizzandolo a procedere.

"Come comandi, Padre di tutti gli Dei!" –Esclamò Dioniso, inchinandosi di fronte a Zeus, Signore dell’Olimpo, che annuì, scomparendo in un lampo di luce e tornando nella sua Reggia. Quindi, rimessosi in piedi, il Dio del Vino raggiunse finalmente il suo Luogotenente, che confermò la preparazione dell’esercito.

"Siamo pronti per partire!" –Esclamò Idomeneo, l’uomo a cui Dioniso aveva affidato il comando della missione, mettendo al suo servizio anche i cinque Satiri Guerrieri che aveva addestrato, per quanto uno, Momio del Fauno, fosse già caduto. –"Quattro reparti di satiri, menadi e Guerrieri Caprini, di duecento membri ciascuno, marceranno su Tirinto al calar del sole, ognuno guidato da un Satiro Guerriero! E non si fermeranno finché la roccaforte non sarà conquistata! Io sarò di fronte a tutti, sollevando alta la coppa del Dio del Vino, da cui berremo per celebrare il nostro trionfo!"

"Un brindisi per ogni Heroes che uccideremo!" –Gridò una voce possente, quella del Satiro della Passione, che già pregustava il banchetto e i piaceri della vittoria.

"Uuuh! Vi prego! Non usate siffatti termini in mia presenza!" –Sibilò Dioniso, mimando un malore. –"La mia regale persona li detesta! Sgradevoli suonano a sentirsi, e terribili a immaginarli! Non uccideteli, no! Conduceteli per mano lungo la via del non ritorno! Sì! Mi piace così, mi piace!" –Sghignazzò, prima di intingere la mano in una coppa di vino rosso e sollevarla, inebriandosi di quell’aroma pungente. –"Ascoltatemi infine, mandria di ormoni scellerati! Ascoltate il Dio da cui la vostra esistenza dipende! Non fatemi pentire di avervi scelto, di avervi concesso l’onore supremo di vivere e morire in nome mio! Perché, se così sarà, vi perseguiterò anche in Ade, senza darvi tregua e privandovi dei piaceri a cui quotidianamente vi abbandonate nel vigneto sacro e nelle acque dello stagno! Temetevi dunque, e rendetemi onore!" –Gridò Dioniso, espandendo il suo cosmo e gettando gocce di vino su tutto l’esercito, ai suoi piedi radunato, eccitandolo con le parole e con una frenesia inestinguibile.

"Danzate menadi! Cantate satiri! Marciate Guerrieri Caprini! Siate la forza vitale della mia fertilità!" –A quelle parole l’intero esercito si alzò, abbandonandosi ad una cacofonia di suoni. I satiri suonarono i flauti, le menadi danzarono, strusciandosi le une con le altre, e i Guerrieri Caprini sollevarono le spade al cielo, benedette dal vino sacro che il Dio stava facendo piovere su di loro. I figli che la sua pazzia aveva cresciuto. Un esercito di folli, privi di raziocinio, travolti dal culto dionisiaco. –"Che l’ebbrezza sia con voi, e che possa colpire a morte anche i vostri avversari!" –Sentenziò il Dio, con perfido sguardo, dando ordine di ricomporre le fila e di marciare verso Tirinto.

Prima che il Luogotenente prendesse congedo, Dioniso gli si avvicinò, mostrandogli colui che li avrebbe affiancati nell’impresa. Un uomo, non troppo alto ma robusto, dai mossi capelli rossi, rivestito da una corazza blu dalle sfumature viola, con un mantello di pelliccia sulla schiena. Il Luogotenente lo aveva visto un paio di volte, a gozzovigliare nel vigneto assieme ai satiri e a Semele, e sapeva bene chi fosse. Una Divinità legata alla terra e alla fertilità dei campi. Pan, Dio delle Selve.

"Pan verrà con voi!" –Decretò Dioniso, con un tono che non ammetteva obiezioni. –"Le sue qualità guerriere non hanno niente da invidiare ad altre, più gaudenti, che ben conosciamo! Ih ih ih!"

Pan chinò il capo in segno di rispetto, incamminandosi verso il Luogotenente, conscio del doppio incarico che Dioniso gli aveva assegnato. Non soltanto sconfiggere gli Heroes, ma anche tenere d’occhio lo stesso comandante dell’esercito di cui il Dio, a causa del suo trascorso, non si fidava ciecamente.

"Folle sì, ma non stolto!" –Ironizzò Dioniso, congedandosi dall’euforica armata e tornando nel cuore del vigneto, dove soltanto Semele e uno sparuto gruppetto di satiri e menadi, inabili al combattimento, erano rimasti. Non avendo bisogno della loro compagnia, il Dio li congedò tutti, approfittando di quel momento per riflettere.

Fu allora che lo raggiunse una voce ben nota, non per la tonalità, assai impersonale, ma per il suo particolare modo di esprimersi.

"Non crederti al sicuro, Dioniso potente, poiché il tuo nemico è astuto e previdente!" –Esclamò una figura, apparendo poco distante dal Dio. Seduta a gambe incrociate, con gli occhi nascosti dai lunghi capelli bianchi che gli cadevano sul volto, indossava un’accattivante armatura rosa e verde. –"Ha saputo del tuo attacco, e si è quindi mosso in fretta, per cercar l’aiuto della Legione Maledetta!"

"Legione Maledetta?! Che storia è mai questa, Sileno?" –Gridò il Dio, pretendendo immediate spiegazioni dal suo Praticante, esperto nell’arte della Divinazione.

"Quindici uomini, che Ercole aveva fatto eroi, lo tradirono, lasciandolo ai problemi suoi! Impauriti dalla morte, scelsero l’eternità di una vita macchiata dalla viltà! Pare che tuttora come spiriti si aggirino, in terre dove in molti cercandoli morirono!"

"Come spiriti?! Sono dunque morti?!"

"Il dono di morire mai l’hanno ricevuto! Finché ad Ercole non pagheranno il giusto tributo!" –Sentenziò Sileno.

"Il giusto tributo?!" –Rifletté Dioniso. –"Vuoi dire combattere per lui onde lavare l’onta del tradimento? Non posso permetterlo! Questo rischio non deve essere corso!"

"Non preoccuparti troppo, solo il dovuto! Ben poco gli Heroes possono aspettarsi da chi a lungo ha malvissuto! Ma se di lor così tanto ti preme, affidami il compito di spegnere questa loro speme!" –Affermò Sileno. E Dioniso annuì, chiedendogli di neutralizzare quanto prima quella minaccia.

Sileno non aggiunse altro, limitandosi a sollevare lo sguardo verso il cielo, ove il sole stava scivolando verso occidente. In quel momento uno stormo di corvi si levò alto, gracchiando con forza e Sileno sorrise, inebriandosi di quella profezia di sventura.

Lo stesso stormo di corvi neri fu avvistato da Alessiare, uno dei figli divini di Ercole, affacciato a una finestra della sala nel Tempio dove il Dio aveva vissuto per molto secoli. E capì che non era affatto di buon auspicio.

"Non curarti dei segni, Alessiare!" –Esclamò la soave voce di sua sorella.

"Dovrei?!" –Mormorò Alessiare titubante. Come figlio di due Divinità, e abitante dell’Olimpo, non temeva il trascorrere del tempo, né la senilità che colpiva gli uomini. Ma per tutto quel giorno, da quando Ganimede lo aveva informato del ritorno di suo padre, era stato ansioso, come mai prima di allora. E pareva vedere ovunque oscuri presagi di guerra.

"Temi per nostra madre, e ciò ben si addice al tuo carattere quieto e protettivo!" –Sorrise la ragazza, sedendo sul letto. –"Comprendo il tuo stato d’animo, ma t’invito a tranquillizzarti! Lei è una donna forte, una Dea! E per quanto un tempo abbia sofferto, e sofferto tanto, a causa di un uomo che non la meritava, sono certa che il tempo ha saputo cancellare il suo dolore! Lasciando soltanto l’amara consapevolezza dell’abbandono subito, un’offesa che mai potrà essere cancellata!"

"Credi davvero che nostra madre più non soffra per Ercole? Che nelle sue notti bastarde non pianga per lui, invocando il suo nome fino a perdere il fiato? E che la rabbia sia l’unico sentimento che provi?!" –Ironizzò Alessiare. –"Io non lo credo!"

"Non mi sorprende!" –Esclamò una terza voce, disturbando i due fratelli. –"Tendi sempre a vedere il lato umano delle cose, Alessiare, e questo mi infastidisce! Hai forse dimenticato chi siamo? Anzi, ciò che siamo! Entità venerate dai popoli di tutto il mondo, con qualunque nome ci chiamino. Dei!"

"E questo ci rende immuni alle emozioni, Aniceto?" –Alessiare inarcò un sopracciglio, un po’ sorpreso e un po’ sarcastico.

"No, ma ci rende in grado di controllarle! E farne nostre alleate in battaglia!" –Continuò Aniceto. –"A differenza degli uomini, che delle emozioni e dei sentimenti sono succubi, gli Dei sanno farle proprie! Il freddo raziocinio del nostro rango ci porrà sempre un gradino più in alto delle bestie umane!"

"Bestie che ci hanno generato, e che da millenni ci venerano con offerte e preghiere!" –Precisò Alessiare.

"Non capisci! O non vuoi capire!" –Ribatté Aniceto, scuotendo il capo e sedendo accanto a sua sorella Alessiroe.

"Forse! Oppure sei tu quello che non capisce!" –Mormorò Alessiare, riavvicinandosi alla finestra e tirando uno sguardo all’esterno. Notò così l’aggraziata sagoma di sua madre, rivestita di uno dei suoi abiti più belli, che riluceva di vivido oro sotto il sole olimpico, camminare leggiadra nel vialetto del tempio, allontanandosi in silenzio.

Il ragazzo sospirò, dispiaciuto per lei e per tutta quella situazione irrisolta che durava ormai da secoli. Sapeva che poteva esserci soltanto un posto dove la madre si stesse recando, dopo aver trascorso le ultime ore a riflettere, chiusa nelle sue stanze.

Le porte del Tempio di Zeus si aprirono alla Coppiera degli Dei e Ermes in persona, fidato consigliere del Signore del Fulmine, le andò incontro, simulando un sorriso di facciata, che non riuscì a nascondere il suo evidente nervosismo.

"Quale sorpresa!" –Mentì imbarazzato il Messaggero degli Dei.

"Sono qua per conferire con il Signore di tutto l’Olimpo!" –Esclamò la donna, con voce decisa. –"E vorrei farlo adesso!"

Ermes annuì, prima di voltarsi e farle strada attraverso i corridoi della Divina Reggia, fino a condurla di fronte al grande portone d’oro bianco, al di là del quale sedeva l’essere più potente del Monte Sacro. Suo padre.

Senza bussare, il Messaggero degli Dei spinse le porte verso l’interno e la donna lo seguì, ritrovandosi al cospetto del Sommo Zeus.

"Mio Signore…" –Esordì Ermes, inginocchiandosi ai piedi della scalinata di marmo bianco. –"Vostra figlia Ebe, Divinità della gioventù!"