CAPITOLO VENTICINQUESIMO: SENTIMENTI UMANI

Niobe del Falco, Sacerdotessa di Ercole, giaceva inginocchiata a terra, sulla cima del colle di Larissa, sorreggendo il corpo gravemente ferito del suo capitano, il valoroso Agamennone del Leone, che si era battuto per tutta la durata della loro missione, anche per lei, che era rimasta piuttosto in disparte. Prima contro il Kouros, poi contro Borea, Vento del Nord. Adesso, esausto e privo della corazza del Leone di Nemea, frantumata dal figlio di Eos, Agamennone era tenuto in vita dal caldo cosmo di Niobe, che si era chiuso su di lui, ricreando un piccolo guscio protettivo ove regnavano il calore e l’affetto. L’affetto che da anni la Sacerdotessa provava per il valente capitano, l’uomo che le aveva emozionato il cuore fin dal primo giorno in cui aveva posato il suo sguardo su di lei, ancora fanciulla. Niobe sorrise, arrossendo sotto la maschera d’oro bianco, ricordando quei momenti.

Era ancora una bambina di sei anni, cresciuta prendendosi cura dei due fratelli minori, a causa della perdita dei genitori avvenuta quando era molto piccola. Sua madre, affascinata dalle leggende, le aveva dato il nome di Niobe, quasi volesse sfidare il destino e la sorte in cui era incorsa la Regina di Tebe. Questa infatti, sposa di Anfione, da cui aveva avuto sette figli e sette figlie, era stata così orgogliosa della sua prole che aveva osato burlarsi persino della Dea Latona, che di figli ne aveva avuti soltanto due, Apollo e Artemide. Per vendicarsi, Apollo e Artemide uccisero con le loro frecce tutti i figli di Niobe, ad eccezione di due. La Regina Niobe, in lacrime per la sofferenza, e per i sensi di colpa, si tramutò in un blocco di marmo, da cui scaturì una fonte, rimanendo per l’eternità con il suo dolore. Ciò che la madre di Niobe aveva quindi voluto sperare, donando alla figlia il nome dell’antica Regina di Tebe, fu che ella non fosse altezzosa né orgogliosa, ma umile, come una vera regina dovrebbe essere, e che vivesse la vita fino in fondo, nella gioia e nel dolore, nell’odio e nell’amore, senza trascorrerla a piangere nei rimpianti.

Niobe e i suoi fratelli crebbero in un vasto podere nei dintorni di Tebe, dove un vecchio filantropo raccoglieva orfani da tutta la Grecia, aiutato dalle sue governanti. In cambio chiedeva soltanto che i ragazzi lo aiutassero nella cura dei campi e dei suoi vasti orti. Fu proprio in questo podere, ove era giunto quasi per caso, dopo aver cacciato per giorni nelle pianure della Tessaglia, che Niobe incontrò un giorno il giovane Agamennone, che aveva chiesto al vecchio filantropo un posto per riposare una notte. Rimase subito folgorata dal suo bell’aspetto, indubbiamente piacente, e dai racconti delle sue avventure, delle cacce a cui aveva partecipato, delle spedizioni contro gli Ottomani a cui aveva segretamente aderito, che le sembrò di vedere in lui un eroe del Mondo Antico, il protagonista dei racconti e delle leggende che sua madre le raccontava da piccola, cullandola sulle ginocchia assieme ai fratellini.

Fu così che prese la decisione di seguirlo, nonostante fosse soltanto una bambina ed egli avesse quasi diciotto anni. Ma, per quanto duri furono gli anni successivi, Niobe non rimpianse mai quel giorno, perché in quel momento, anche se ancora non ne era cosciente, aveva messo la sua vita al servizio di un ideale superiore, lo stesso per cui anche Agamennone lottava: servire il Sommo Ercole ed entrare a far parte delle Legioni di Heroes. Niobe rimase affascinata dallo splendore della reggia di Tirinto, che le ricordava una versione molto ingrandita del podere in cui aveva vissuto e dove aveva lasciato i due fratelli, con la promessa un giorno di ritornare, per poter offrire loro un futuro migliore, che non fosse aiutare un vecchio nei campi.

Niobe mantenne la promessa e dieci anni dopo, ottenuta l’investitura a Sacerdotessa del Falco e un posto nella Quarta Legione di Ercole, tornò a Tebe, con quattro carri pieni di viveri e di beni di consumo, per ringraziare il vecchio per averla ospitata anni addietro e per portare via i fratelli. Ma non trovò nessuno, neppure l’antico podere, soltanto un cumulo di rovine e campi isteriliti. Soltanto in seguito venne a sapere che gli Ottomani avevano assalito la campagna fuori Tebe, massacrando i giovani che avevano rifiutato l’autorità del sultano e portando via le donne.

"Come la Regina Niobe, anch’io ho peccato, sacrificando la vita di altri innocenti per egoismo personale!" –Si era ripetuta spesso Niobe negli ultimi anni, colpevolizzandosi per aver abbandonato i suoi fratelli. Per quanto Penelope del Serpente, sua intima confidente, e lo stesso Ercole più volte le avessero ripetuto di non sentirsi in colpa per eventi che sono andati al di là della sua sfera di previsione.

"Avresti voluto un futuro per loro!" –Le aveva detto un giorno Penelope. –"E loro lo hanno certamente voluto per te! Non privartene adesso! Non privarli di questa speranza!"

"Sono forse stata causa della morte dei miei fratelli, come la Regina Niobe lo fu dei suoi figli, ma farò il possibile per salvare te!" –Mormorò Niobe, stringendo tra le mani, in un caldo abbraccio, il corpo freddo di Agamennone, che lentamente, grazie al calore del cosmo che veniva infuso dentro di sé, parve riacquistare un po’ di colore, al punto da riuscire a muovere, forse istintivamente, le dita.

Neppure Niobe seppe quanto tempo rimase così, stretta all’uomo che aveva sempre ammirato e di cui aveva applaudito le gesta da lontano. Uniti nello stesso respiro. Fu un battito d’ali che a un certo punto la distrasse, obbligandola a sollevare lo sguardo verso il luogo ove giaceva il corpo esanime di Borea, per vedere un uomo, dallo sguardo nobile e dal portamento fiero, discendere dal cielo con la sua Veste Divina e atterrare proprio accanto al fratello. Era Euro, il Vento dell’Est, e Niobe sospirò, credendo che la sua ora fosse giunta.

"Fratello!" –Mormorò Euro, inginocchiandosi sul corpo di Borea, la cui Veste Divina era schiantata in più punti, soprattutto al petto, ove i fulmini di Agamennone lo avevano raggiunto, dilaniandogli il cuore. –"Ho fatto bene a preoccuparmi per il tuo ritardo! Pur grande e potente, e forse il miglior guerriero tra noi, sei dunque caduto, Borea? Ha smesso infine di spirare il gelido Vento del Nord?! Non sono riusciti questi uomini ad opporti parole di pace, per impedirti di spargere ulteriormente il seme della guerra che da secoli germoglia dentro tutti noi?!"

"Tuo fratello è caduto con onore!" –Esclamò improvvisamente Niobe, attirando l’attenzione del Dio. –"Ha lottato contro il mio capitano, Agamennone del Leone, fino allo stremo delle loro forze, annientandosi a vicenda!" –Aggiunse con sofferenza, prima di sfiorare lievemente il viso dell’Hero ai suoi piedi.

Ad Euro quel tenero gesto non sfuggì, e ne sorrise, prima che il suo volto tornasse ad adombrarsi alla vista del corpo esanime di Borea. Si chinò nuovamente su di lui e tastò il suo cuore, concentrando i suoi sensi, avvolgendo il fratello in un abbraccio confortevole e profondo, mentre la sua aura cosmica invadeva l’intera collina di Larissa. Niobe trasalì per un momento, riconoscendo quanto fosse diversa dall’aura battagliera del Vento del Nord e da quella sadica e assetata di sangue del folle Austro, Vento del Sud.

Euro, figlio di Eos, è come il vento relativamente moderato, che spira dalle coste africane del Mediterraneo orientale, fino a lambire le coste ioniche, portando con sé aria calda e tepore! Rifletté la donna, osservando gli aggraziati movimenti del Dio.

"Mio fratello ha sempre amato la battaglia!" –Commentò Euro, con un sospiro. –"Come Zefiro e Austro! Nessuno di loro avrebbe rifiutato una chiamata alle armi da parte dei Signori dell’Olimpo!"

"E tu?" –Domandò istintivamente Niobe.

"Non la cerco, se è questo che vuoi sapere! Ma sono un Dio, non un vigliacco, pertanto la affronterò comunque, se è nel mio destino!" –Commentò Euro, lanciando uno sguardo deciso a Niobe, che si strinse istintivamente contro Agamennone.

"Il destino non è ciò che gli uomini strappano agli Dei combattendo?!" –Domandò Niobe retoricamente, prima di anticipare ogni risposta di Euro. –"Se vuoi attaccarmi fai pure, mi difenderò! Ma sappi che io, come te, non bramo guerra alcuna! Sono qua per prendermi cura del mio capitano, per donargli un po’ di quell’affetto che lui ha dimostrato così tante volte per noi suoi guerrieri, al punto da sacrificarsi per impedirci di combattere e di rischiare la vita! Non anelo una battaglia, ma non sarò così codarda da rifiutarla, fuggendo via e abbandonando un uomo che così tanto ha rischiato per me! Che così tanto conta per me!"

"L’amore che provi nei confronti del tuo capitano è un sentimento nobile, Sacerdotessa di Ercole!" –Precisò Euro, alzandosi in piedi. –"Ma basterà a salvarti? Sarà sufficiente combattere per riconoscenza verso un uomo caduto o per onorare il legame che ti unisce ad Ercole, senza esserne pienamente convinta?" –Chiese il Dio, prima di espandere il suo cosmo, celeste e bianco come il cielo terso, sollevando una violenta tempesta d’aria che scosse la sommità di Larissa. –"Quanto saranno forti i tuoi sentimenti, Sacerdotessa di Ercole, per impedire alla mia corrente d’aria di spazzarti via? Quanto saldi nel terreno sono gli ideali che ti sorreggono, che ti muovono nel tuo recalcitrante agire?" –Aggiunse, aumentando l’intensità della tempesta.

Niobe venne sbalzata in aria, mentre Agamennone rotolava malamente sul terreno, schiantandosi poco distante, ma la donna riuscì a mantenersi in posizione eretta, all’interno della corrente d’aria, spalancando le rosate ali della sua corazza del falco e bruciando il cosmo, che la avvolse in un luccichio di stelle.

"Credevo tu fossi diverso, Dio del Vento dell’Est, che tu rifiutassi la guerra violenta e che provassi onore e ammirazione per chi lotta per un ideale, disposto persino a dare la vita per esso e per gli altri! Ma forse mi sono illusa!" –Esclamò Niobe, tuffandosi in picchiata, all’interno della tempesta impetuosa, sbattendo le splendide ali rosate della tua corazza. –"Mi sono illusa che tu potessi comprendere i sentimenti umani, gli stessi che provi per tuo fratello! Se così è, allora rinuncia a questa lotta, Euro! In caso contrario sappi che Niobe del Falco non si tirerà indietro! Volo del Falco!!!" –Gridò la Sacerdotessa, piombando su Euro, avvolta nella luccicante sagoma di un rapace imperiale. –"Artigli del falco, ghermite!" –E liberò rapidi e taglienti fasci di luce, simili a fendenti di spada, che tagliarono l’aria attorno al Dio, abbattendosi al suolo ai suoi piedi, mentre Euro compiva veloci spostamenti laterali per evitarli, finché non sollevò entrambe le mani, aumentando il soffio del Vento dell’Est e scaraventando via la Sacerdotessa di Ercole.

"Coraggiosa e onesta!" –Esclamò Euro, osservando Niobe venir sballottata in aria per parecchi metri, prima di schiantarsi a terra. –"Doti che ti fanno onore, Niobe del Falco!"

"Doti che avrei voluto incontrare anche in te, figlio di Eos! In te che sembravi essere davvero interessato e sofferente per le condizioni degli uomini e che rifiutavi i castighi divini che i tuoi fratelli spesso ci infliggevano, sotto forma di neve, pioggia o siccità!" –Affermò Niobe, rialzandosi e sistemandosi di fronte ad Agamennone, per proteggerlo. –"Te lo ripeto, Dio del Vento, io non voglio lottare, non è nella mia natura! Ma sono disposta a farlo se…"

"Se non è nella tua natura, allora perché combatti? Cosa ti spinge a scendere in campo, indossando un’Armatura che senti di non meritare?" –Domandò Euro, sinceramente incuriosito.

"Sono diventata Sacerdotessa di Ercole quasi per caso! Per inseguire un sogno di felicità, che ancora, dopo dodici anni, non si è avverato!" –Commentò Niobe, con un sorriso. –"Eppure persisto nel credervi! E nel credere nel mio Signore, per il quale non importa chi sei o cosa hai fatto nel passato, da dove provieni o se sei ricco o povero! Ad Ercole importa soltanto del cuore di un uomo! Io non lo conoscevo personalmente, ne avevo soltanto sentito parlare nelle leggende che mia madre mi narrava da piccola, ma credevo fosse un Dio! Lo avevo idealizzato, come i bambini fanno con i loro idoli, e credo proprio di non essere rimasta affatto delusa il giorno in cui mi sono trovata di fronte a lui, il giorno in cui ha accolto nella sua vita, come si accoglie un mendicante affamato alle porte di un castello! Da quel giorno ho vissuto con lui, a Tirinto, insieme agli Heroes che sono divenuti i miei compagni, ed ho capito i suoi ideali, la sua concezione del mondo e mi ha stupito realizzare che non sono molto diversi dai miei, né da quelli degli uomini di pace! Perché Ercole, prima ancora di essere un Dio, è un uomo!"

"Perciò tu combatti per lui!" –Commentò infine Euro.

"Combatto perché questi ideali non vadano perduti né vengano soverchiati! Combatto perché in futuro non vi siano più orfani come me, né schiavi, ma persone capaci di amare e di vivere liberi in armonia! Combatto per insegnare alle generazioni che verranno che nella vita è possibile sbagliare, ma bisogna avere la forza per ammetterlo e la decisione di andare comunque avanti, imparando dagli errori e cercando di non commetterli più!" –Affermò Niobe con decisione. –"Infine, combatto per un mondo d’amore, poiché io credo che non vi sia sentimento più grande e potente, capace di fare e disfare uomini e mondi a suo piacimento!" –Aggiunse, ricordando il dolore e la sofferenza che aveva sentito nel cuore della Regina Fenicia Didone, ancora carico di rancore a distanza di secoli.

"Ottime ragioni, le tue, Niobe del Falco!" –Esclamò Euro, abbozzando un sorriso. Prima di darle le spalle e tornare a prendersi cura del fratello, chinandosi su di lui. –"Ma tieni presente che al mondo esistono anche persone che non lottano per cause giuste e nobili, ma per motivi personali! Per gloria o per fama, per ricchezza o avidità, per ascendere al potere o per conquistare il trono di un regno! Persone disposte a calpestare ogni sentimento, ogni legame familiare, ogni emozione, pur di raggiungere lo scopo ultimo della loro missione in terra: il potere! Guardati da loro, ma sii in grado di difenderti, perché loro non ti chiederanno il permesso di passare dalla tua terra! Loro se la prenderanno! Come prenderanno coloro che oseranno opporsi al loro strapotere!" –Commentò Euro, istigando la Sacerdotessa ad essere forte. –"È un mondo sbagliato questo, dove i deboli vengono sottomessi dai più forti! Perciò, se vuoi proteggerli, cerca di non diventare debole a tua volta, o perirai insieme a tutti i tuoi ideali!" –Aggiunse, espandendo il suo cosmo.

Quindi colpì con l’indice e il medio della mano destra il cuore di Borea, conficcando le dita, cariche del suo cosmo lucente, nell’organo sacro, mentre un fiotto di sangue sgorgava fuori dalla bocca del fratello, che iniziò ad ansimare, a tremare nervosamente, a borbottare parole incomprensibili. Euro lo calmò con il suo cosmo, di fronte allo sguardo interessato di Niobe, prima di lasciare che tutta la sua energia, tutta la sua potente aura cosmica, scivolasse come pioggia sul suo corpo per entrare nel cuore di Borea e riportarlo alla vita.

L’operazione durò qualche minuto, durante i quali Niobe si rannicchiò assieme ad Agamennone, per concedere ulteriore calore al capitano. Quando rialzò lo sguardo verso Euro, che pareva ormai completamente disinteressato da lei, Niobe vide con sorpresa, e con una certa apprensione nel cuore, che Borea, il Vento del Nord, stava cercando a fatica di rimettersi in piedi, aiutato dal fratello, che lo pregava di non sforzarsi troppo.

"Euro!" –Esclamò Borea, un po’ stordito. –"Cosa è successo?! Dove.. siamo?! Ho vaghi ricordi annebbiati… L’ultima cosa che ricordo… l’ultima immagine davanti ai miei occhi…" –Balbettò Borea, prima di accusare una violenta fitta al cervello, che lo portò a sollevare le braccia per stringersi la testa, mentre i suoi occhi parevano ipnotizzati di fronte alla maestosa immagine di un possente leone dalle fauci aperte, circondato da fulmini dorati e azzurri, che puntava verso il cuore. –"Il mio cuore…" –E mosse la mano per sfiorare l’organo e solo allora si accorse che la sua Veste Divina si era riformata sul suo corpo, riparata autonomamente, grazie al cosmo di Euro, quasi non avesse subito neanche un graffio durante lo scontro con Agamennone, il ricordo del quale stava lentamente tornando ad emergere nella mente di Borea.

"Stai bene!" –Commentò Euro con un sorriso, prima di accasciarsi, debolissimo e pallido.

"Fratello!" –Esclamò Borea, afferrando Euro prima che cadesse a terra e tenendolo tra le braccia.

"Non… preoccuparti per me!" –Parlò il Vento dell’Est, con voce pacata, accennando un sorriso. –"Hai sempre avuto ragione, sai? Quando sostenevi che la guerra non era adatta ad uno spirito mite come il mio! Infatti non riesco a comprenderne a pieno le motivazioni! Non riesco a capire cosa spinga gli uomini a lottare tra loro, a uccidersi a vicenda, rinunciando all’effimera mortalità della loro esistenza, soltanto per soddisfare un capriccio, un debole capriccio! E forse, in fondo…" –Aggiunse, tirando un’ultima occhiata verso Niobe del Falco. –"Non riesco neppure a comprendere tutta questa indifferenza, tutta questa ostilità degli Dei, nei confronti degli uomini, né a condividerla!"

"Euro!!! Euro!!!" –Esclamò Borea, strattonando il fratello, per risvegliarlo. Ma Euro gli tolse la mano, facendogli cenno di andarsene. Adesso, privato del suo Cosmo Divino, con cui aveva restituito energia al fratello sconfitto, era diventato un uomo come tanti, e come tale non avrebbe accettato di morire tra le braccia di un Dio. –"Stupido, Euro! Tu non morirai quest’oggi! Non adesso! Ti porterò da Era! Lei è la Grande Dea Madre e saprà ridarti le forze!"

"Non ho bisogno di un’altra vita, fratello! Perché in questa ho già ottenuto tutte le risposte alle domande che mi ero posto!" –Commentò Euro, prima di chiudere gli occhi. –"Il cosmo, oltre che per offendere, serve per aiutare gli altri! È buffo che proprio dagli uomini abbiamo dovuto imparare questa lezione! Non credi, fratello? Non credi che vi sia qualcosa di giusto e di meritevole nelle loro azioni?!" –E più non parlò il Vento dell’Est, spegnendosi in pace tra le braccia del fratello per cui aveva dato la vita.

Borea rimase per qualche minuto in silenzio, con il corpo di Euro tra le braccia e le lacrime che gli rigavano il volto maschile, prima di sospirare, ritrovando il suo sopito coraggio. Depositò il corpo di Euro a terra, osservando la Veste Divina del Vento dell’Est separarsi da lui, privata ormai del suo Cosmo, e ricomporsi sotto forma di totem, prima di voltarsi verso Niobe, che aveva assistito a tutta la scena, con il cuore che le palpitava follemente.

"Tu!" –Ringhiò Borea, il cui sguardo assunse nuovamente i tratti arroganti che aveva avuto quando era disceso nel salone del palazzo di Didone. –"Hai avvelenato tu la mente di mio fratello! Lo hai incantato con i tuoi sciocchi discorsi, approfittando del suo nobile cuore, portandolo a preferire la morte piuttosto che ad una vita guerriera!"

"Sbagli, Vento dell’Ovest, e anche di molto! Non soltanto accusi un innocente per una morte che non sei stato in grado di evitare, ma dimostri anche di non aver affatto compreso il senso ultimo del gesto del tuo nobile fratello!" –Rispose Niobe, con voce ferma, ergendosi di fronte a Borea, che non la fece terminare di parlare, scagliandole contro un violento assalto di energia fredda.

"Taci, strega! Mi hai portato via mio fratello! Non basterà ucciderti mille volte per questo!!" –Gridò Borea, con il volto rovinato dalle lacrime e da un dolore che neppure lui avrebbe mai immaginato di provare un giorno. Un dolore che lo faceva sentire più umano che divino, e che, come tale, detestava. –"Lacererò il tuo cuore tra indicibili tormenti! Vento del Nord!!!" –E le diresse contro un’impetuosa corrente fredda, che travolse Niobe, scaraventandola contro un mucchio di roccia poco distante, iniziando a ricoprirla lentamente di ghiaccio, per bloccare i suoi movimenti.

"Cosa credi? Che a me non dispiaccia? Tuo fratello è stato il primo, e l’unico, tra tutti i nemici incontrati, a dimostrare rispetto e comprensione nei confronti degli uomini! Quella comprensione a cui tu non arrivi! E nel far questo infanghi il ricordo di tuo fratello Euro!" –Esclamò Niobe, mentre il freddo le penetrava nelle ossa, rendendole difficile ogni singolo movimento. Ma stringendo i denti cercò di rimettersi in piedi, spalancando le ali della sua corazza e schiantando la morsa di ghiaccio che si stava chiudendo su di lei. –"Io combatterò, anche per onorare la sua memoria, che tu hai tradito!" –E si sollevò in volo, assumendo la forma di un magnifico falco ricoperto di argentei e rosati bagliori. –"Volo del Falco!" –Gridò, piombando in picchiata su Borea, scagliando contro di lui, con tutte le poche forze che le rimanevano, violenti fendendi di energia, che il Dio non ebbe alcun problema ad evitare.

"Non ti permetterò più di parlare di lui! No! Non ne hai alcun diritto, donna! A causa tua Euro si è spento! Bastarda!" –Ringhiò Borea, intensificando la corrente glaciale, fino a generare un vero uragano che travolse Niobe, scaraventandola in cielo, avvolta da un’impetuosa tormenta di gelo, prima di farla schiantare a terra, dolorante.

Con sdegno, Borea si avvicinò a lei, osservandola rantolare sul terreno ghiacciato, con le ali fracassate e numerose crepe sulla corazza, mentre tentava di rimettersi in piedi. La guardò dall’alto, senza provare per lei alcun sentimento di comprensione, nemmeno un minimo di pietà, soltanto un odio profondo che la morte di Euro aveva incrementato. Sollevò il braccio destro, volgendo il palmo verso di lei, che a terra gemeva, mormorando parole indistinte, e vi concentrò il suo cosmo, freddo come il ghiaccio eterno, prima di sbatterlo verso il basso.

Ma sorprendentemente l’attacco glaciale non riuscì a raggiungere Niobe, protetta da una cupola di energia, un avvolgente guscio di calore che respinse le fredde correnti del Vento del Nord, liquefacendole all’istante. Borea, sorpreso, osservò Agamennone rimettersi in piedi, dietro il corpo stanco di Niobe, ansimando per la fatica, ma con una fiera luce di determinazione negli occhi.

"Ancora ti sollevi, Agamennone del Leone? Sei dunque immortale come la bestia del mito da cui trai potere?" –Esclamò Borea, per la verità non troppo sorpreso.

"Ho ancora la forza per proteggere chi mi è caro!" –Commentò Agamennone, avvicinandosi a Niobe e osservandola, sdraiata a terra e ferita. –"Per proteggere chi non ha temuto di rischiare la vita per me, nell’infondere nuovamente calore al mio corpo infreddolito!"

"La nostra battaglia già si è conclusa! Perciò spostati, non sei tu l’oggetto della mia vendetta! Ma la donna che giace prostrata ai tuoi piedi, sporca di sangue e di vergogna!" –Ordinò Borea, aumentando l’intensità del suo cosmo.

"Per avere lei, dovrai prima avere me!" –Rispose Agamennone, bruciando quel che restava del suo cosmo, ripresosi grazie al caloroso apporto di Niobe.

"Sia!" –Si limitò a commentare Borea, prima di sollevare il braccio destro verso il cielo, mentre fulmini blu, limpidi come il ghiaccio più puro, si schiantavano sul palmo della sua mano, elettrificando l’intero suo corpo. –"Fulmini di ghiaccio! Penetrate nella carne di questo misero uomo, saziandovi con il suo sangue!" –E scagliò le violenti folgori contro Agamennone, il quale tentò di difendersi con il suo cosmo, ma essendo molto debole non poté evitare di essere trafitto, sentendo il corpo dilaniato da scosse violente, da un freddo improvviso che raggiunse le sue vene, congelando il sangue che scorreva all’interno.

"Non vi è modo di sfuggire a questo colpo! I Fulmini di Ghiaccio raggiungono il sangue dentro le vene, congelandolo all’istante e arrestandone la circolazione all’interno del corpo umano, uccidendo così, in maniera bruta e schietta, la mia vittima! Perdonami, Agamennone, se ho usato contro di te tale tecnica perversa, contro un uomo che, seppure tale, si era dimostrato degno della mia stima! Ma tu mi ci hai costretto! Tu che non hai voluto cedermi il corpo della donna rea di aver condotto mio fratello alla morte!" –Esclamò Borea.

"Tuo fratello è morto per nulla!" –Commentò Agamennone, con le ultime forze che ancora gli rimanevano. –"Se tu continuerai nei tuoi folli e accecati propositi di vendetta! Non hai sentito le sue ultime parole? Io le ho udite, dall’abisso in cui ero precipitato, e ancora risplendono nella mia mente, come la luce calda delle stelle! "Non credi vi sia qualcosa di giusto e di meritevole, nelle azioni degli uomini mortali?" ti chiese! Ma tu non hai saputo rispondergli! Perché? Forse perché ti pesa ammettere che lui, come Niobe ha fatto con me, è stato in grado di provare dei sentimenti umani, e che proprio sulla spinta di quei sentimenti ha sacrificato se stesso per salvare qualcuno a cui voleva molto bene, cedendogli la propria fiamma vitale?!"

Borea non rispose, concentrando il cosmo sul pugno destro, pronto per un nuovo attacco, mentre Agamennone, le cui vene stavano congelandosi all’interno del suo corpo stanco e pesante, lo anticipava travolgendolo con il suo ultimo assalto.

"Dicono che la forza del nostro cosmo sia intinta di luce e di speranza, che ci provengono dalle stelle, nostra guida nella vita! Se davvero è così, ascolta la lucentezza della mia anima, e sappi trovare in essa un insegnamento! Artiglio del Leone di Nemea!" –Gridò Agamennone, scagliando il suo ultimo assalto contro Borea, il quale, più in forze rispetto a lui, non ebbe problemi a pararlo incrociando le braccia di fronte a sé e congelando i fulmini incandescenti di Agamennone.

Quando abbassò le braccia, esaurita la potenza dell’attacco del guerriero di Ercole, Agamennone era già morto, proprio come immaginava. Il corpo distrutto dall’interno. Uno strato di brina che separava gli strappi sulla pelle emaciata. Niobe, distesa accanto a lui, pareva allungare una mano verso il corpo dell’uomo che aveva amato per anni in silenzio, dell’uomo che non era riuscita a salvare. Borea li osservò entrambi dall’alto del suo orgoglio ma non provò niente, neppure un minimo di soddisfazione, neanche un moto di piacere per la vittoria ottenuta. Concentrò il cosmo sulle mani, per liberare una violenta raffica di vento freddo che li avrebbe spazzati definitivamente via, ma esitò. E neppure lui seppe spiegarsi perché. Non aveva senso sporcarsi ulteriormente le mani, con una donna che sarebbe morta assiderata nel giro di pochi minuti, sprecando preziose energie che Euro gli aveva ceduto spontaneamente.

Sì, spontaneamente! Rifletté Borea, capendo infine le parole di suo fratello e degli Heroes di Ercole. Non vi era stato alcun inganno, alcun avvelenamento della mente di Euro da parte di Niobe o di chiunque altro. Euro, nel pieno della sua magnanimità e della sua nobiltà d’animo, aveva sacrificato la sua vita per salvarlo e per salvare anche se stesso, rifuggendo così una guerra che non sentiva di dover combattere, di cui non sentiva le motivazioni. Ti ho sempre creduto un debole, fratello! Commentò Borea, avvicinandosi al corpo inerme di Euro e sollevando il braccio destro, volgendo il palmo verso di lui. Ma credo che tu fossi più forte di tutti noi! La tua forza d’animo, la potenza dei sentimenti che albergava in te, e che noi ottusamente criticavamo come fanciullezza, come romanticherie o deboli frivolezze, ti ha permesso di uscire a testa alta da questa guerra, senza sporcarti le mani, né macchiare il tuo spirito di gesti che non avresti mai saputo giustificare, poiché mai avresti potuto condividerli! Perciò ti stimo, e forse ti invidio! Rifletté il Dio, ricoprendo il corpo di Euro con un freddo strato di ghiaccio, fino a creare un involucro simile ad una bara di gelo, ove il corpo del fratello avrebbe riposato per secoli. Porterò adesso le tue spoglie nell’Isola del Tirreno, ove dimorerai per l’eternità, cullato dai venti del nostro padre adottivo e sempre libero di viaggiare con la mente lungo i sentieri del cosmo! Grazie, fratello mio, e addio! Pianse infine Borea, caricando la bara di ghiaccio sulle proprie mani e sollevandosi in volo.

Prima di partire tirò un ultimo sguardo ai corpi di Agamennone e di Niobe, sicuro che un giorno li avrebbe incontrati nuovamente. Forse anche loro, degni dei nomi eroici che portavano, si sarebbero reincarnati in qualche giovane futuro, in qualche Eroe delle generazioni che verranno, per continuare a combattere a fianco di Ercole per la giustizia. Sospirò un momento, riflettendo che la guerra non era ancora finita e che avrebbe dovuto comunque presentarsi al cospetto di Era. Nonostante tutto era ancora un guerriero, il migliore dei figli di Eos, e aveva un vincolo di fedeltà da onorare e, per quanto le parole di Euro risuonassero imperterrite nel suo cuore, Borea non era tipo da venir meno a un giuramento. Sbatté le ali e volò via, trasportato da una freddo vento del Nord.