CAPITOLO TRENTUNESIMO. IL SALUTO DEL FIGLIO

Avvolto da una coltre di nuvole, che lentamente andava svanendo, un pallone aerostatico sovrastava il medio versante di Samo, guidato da Tersite della Mongolfiera, Hero della Legione d’Onore. Era rimasto nascosto tra le nuvole protettive, create dal cosmo del guerriero, riuscendo a superare gli ostacoli rappresentati dal Kouros e da Borea, e Tersite avrebbe voluto condurlo fino alle porte dell’Heraion, nel tentativo di sorprendere Era con un attacco diretto, ma alla vista di Nesso in pericolo di morte aveva concordato con gli altri Heroes di uscire allo scoperto e affrontarlo coraggiosamente. Nestore dell’Orso, Comandante della Quarta Legione, balzò agilmente a terra, seguito dai suoi quattro compagni: Teseo del Camaleonte, sopravvissuto all’attacco del Kouros e di Iris a Micene, Penelope del Serpente, Consigliera di Ercole, Dione del Toro e Polissena della Strega, fissando Partenope con profondo disprezzo e aria di condanna.

"Mi sorprende che tu sia ancora vivo, stupido bestione!" –Esclamò Partenope, con disprezzo. –"L’ultima volta che ti ho visto eri aggrovigliato in un fitto problema! Ah ah ah!" –Rise sguaiatamente l’Emissario.

"Potrei dire lo stesso di te, traditore! Come hai fatto a salvarti? Chirone ci aveva raccontato di averti imprigionato in un quadro di Aureliano! Come ne sei uscito?" –Tuonò Nestore, mentre Penelope si chinava su Nesso, per aiutarlo a rialzarsi e curare le sue ferite. Bastò un lieve tocco delle sue mani delicate per richiudere i tagli e le abrasioni sul corpo dell’Hero del Pesce Soldato.

"Il siero del serpente può essere mortale veleno per i nemici o confortevole sollievo per gli amici!" –Sorrise la Sacerdotessa, mentre Nesso si rimetteva in piedi.

"L’angusto spazio di una tela è ben misera cosa rispetto all’universo su cui bramo imperare, ottuso di un orso! Grazie al mio cosmo, ornato da striature divine, sono riuscito a richiamare i fiori di melograno disseminati nella radura attorno al dipinto di Aureliano, allungando i loro steli, srotolando i loro lunghi filamenti fino ad entrare nella tela stessa, creando un ponte verso l’esterno e permettendo a me, Partenope il Sommo, l’ultimo degli Emissari di Era, di uscire a riveder le stelle! A rivedere l’universo sui cui presto la mia Regina impererà!" –Sibilò Partenope. –"Un universo di uomini come voi, dominato dall’unico esemplare che sia riuscito a cogliere il senso profondo dell’umana natura, piegandolo ai suoi scopi! La sottomissione!"

"Che stai dicendo Partenope? Anche tu sei un uomo come noi, dovresti combattere al nostro fianco, contro Era, non contro di noi!" –Rispose Teseo del Camaleonte.

"Parole ridicole le tue! Parole che rasentano la follia!" –Sghignazzò Partenope, prima di espandere il suo cosmo improvvisamente, generando violenti cerchi concentrici di luce che spinsero indietro gli Heroes della Quarta Legione, facendo dondolare anche la mongolfiera di Tersite, in balia dell’onda d’urto creata da Partenope. –"Come posso essere un uomo come voi, io, Partenope, che ho raggiunto vette che nessun altro uomo o Hero abbia mai scalato?! Sentite il cosmo dentro di me, udite di quali incredibili poteri è dotato?!" –Gridò, lanciando una manciata di rossi fiori di melograno contro la mongolfiera di Tersite, che subito si moltiplicarono divenendo centinaia, avvinghiandosi con voracità alle corde, alla cesta e al pallone e divorandoli. –"Melograni di sangue!!! Che il vostro tocco porti morte e distruzione!"

"Bastardo! Fermati!" –Gridò Teseo, alla vista della mongolfiera distrutta dai fiori di melograno e di Tersite in procinto di precipitare a terra. D’istinto, liberò la sua frusta e la scagliò avanti, afferrando il polso sinistro di Partenope, strattonandolo con forza. –"Oggi pagherai per tutti gli Heroes caduti a causa dei tuoi folli piani di conquista!"

"Teseo!" –Sibilò Partenope, fissando maliziosamente l’Hero del Camaleonte. –"Ti ho già detto che sei ridicolo e folle! E oltremodo imprudente a lanciarti a braccia aperte verso la morte!" –Aggiunse, avvolgendo la frusta di Teseo da centinaia di fiori di melograno, dal color rosso sangue, che le rotearono attorno, cibandosene e disintegrandola completamente, lasciando l’Hero ammutolito a stringere la polvere. Ma i Melograni assassini di Partenope continuarono la loro avanzata, avvolgendo Teseo in un rosso abbraccio di sangue, divorando la sua corazza e la sua stessa pelle, di fronte agli occhi straziati di dolore dei suoi compagni, attoniti e ammutoliti da tale orribile spettacolo. –"Questa è la punizione per chi osa levare la mano contro Era, arrogandosi il diritto di combattere per gli uomini, il cui animo è infetto e corroso dal dolore esistenziale! La vera purezza risiede nell’animo degli Dei! E tra tutti gli Dei, soprattutto in quello di Era, mia Signora e Grande Dea Madre, dispensatrice di affetto e maternità! Voi uomini arroganti dovresti inchinarvi a lei e venerarla! È cosa buona e giusta avere timore degli Dei e dei loro servitori!"

"Non ascolterò un minuto di più le tue idiozie, traditoreee!!!" –Gridò Nestore, scatenando con irruenza il suo attacco devastante. –"Ruggito dell’Orso Bruno!!!"

"Le emozioni tradiscono i tuoi gesti avventati, Nestore dell’Orso!!!" –Sogghignò Partenope.

L’assalto infatti, portato con rabbia e fretta, risultò impreciso e l’Emissario riuscì ad evitarlo, balzando in alto e sorpassando tutti gli Heroes, fino ad atterrare dietro di loro. Si voltò di scatto, scagliando contro di loro una manciata di fiori di Melograno, dal color bianco neve, che si conficcarono nel terreno, diventando all’istante grandi piante dai lunghi filamenti sinuosi che danzarono in aria, avvolgendosi attorno ai corpi degli Heroes, bloccando i loro movimenti. –"Riconosci questa tecnica, Comandante? Già una volta ti ho imprigionato in questo modo!"

"E già una volta mi sono liberato dalla tua prigionia, Partenope!!!" –Ringhiò Nestore, bruciando il suo cosmo e iniziando a tirare con forza con le braccia, strappando i filamenti e i robusti steli. –"Non vorrai usare le stesse tecniche per l’eternità?"

"Tutt’altro! Ho ben pensato di combinarle!" –Esclamò Partenope con un ghigno malvagio, sollevando il braccio destro verso gli Heroes e mostrando un fiore rosso di melograno, prima di scagliarne a migliaia contro di loro. –"I melograni dal fiore bianco servono per catturare le prede, fermando i loro movimenti e succhiando la loro energia, che diventa la stessa linfa vitale di cui i fiori si nutrono, accendendosi progressivamente di un color rosso scarlatto! Rosso sangue!!! Ma i fiori dai petali scarlatti sono già maturi, già adulti, non hanno bisogno di crescere ancora! Soltanto di distruggere! È questo il vero potere del Melograno Assassino, a cui nessuno può sfuggire! Se Tereo del Fungo e Eumolpo della Spica potessero parlarvi, dall’Ade in cui li ho precipitati, lo testimonierebbero!" –Ironizzò, osservando i rossi fiori danzare in aria, prima di posarsi sui petti dei sei Heroes intrappolati.

Ma i Melograni di Sangue furono raggiunti improvvisamente da una fitta pioggia di energia, simile a lacrime di un uomo, che sfrecciò nell’aria disintegrando i petali dei fiori, che appassirono di colpo, cadendo a terra, stupendo lo stesso Partenope, che si voltò di scatto verso la direzione da cui tale pioggia pareva provenire. E là incontrò i volti seriosi e accusatori di tre ragazzi che un tempo erano stati suoi compagni: Circe della Mandragola, Paride della Rosa e Morfeus del Papavero, gli Heroes superstiti della Quinta Legione.

"Non permetterti di nominare il Comandante Tereo o alcuno dei compagni che hai vigliaccamente tradito! Che hai vigliaccamente massacrato, recidendo ogni legame di fedeltà con la Legione dei Fiori!" –Esclamò Circe con decisione.

Approfittando di quel momento di confusione, Nestore dell’Orso bruciò al massimo il proprio cosmo, liberandosi di quel fitto groviglio di liane e fusti e strappandolo via, disintegrandolo con la sua ardente energia, prima di rivolgersi a Penelope, incitandola a correre da Ercole, assieme a Tersite, Nesso e Dione.

"Polissena ed io ci occuperemo di questo traditore! Voi proteggete il portatore della Lama degli Spiriti e raggiungete Ercole nell’Heraion!" –Esclamò Nestore, ponendosi di fronte a Partenope, con le robuste mani sui fianchi ed aria minacciosa.

"Resterò al tuo fianco, Comandante!" –Rispose Dione del Toro. –"Combattere contro gli errori del mio passato sarà il modo migliore per riscattarmi e liberarmi dei loro fantasmi!" –Aggiunse, mentre Penelope del Serpente annuiva e iniziava a correre via, seguita da Tersite della Mongolfiera e da Nesso del Pesce Soldato.

"Non sarai da solo, Nestore dell’Orso!" –Esclamarono Circe, Paride e Morfeus, balzando in avanti, fino ad affiancare i tre Heroes della Quarta Legione. –"Anche noi abbiamo un conto in sospeso con quest’uomo, un credito che neppure la sua stessa vita sarà sufficiente per poterlo estinguere! Poiché egli ci deve il nostro Comandante, i nostri amici, la piccola città ideale in cui abbiamo vissuto per anni, cullati dal nettare dei nostri fiori e sprofondati in una serena armonia interrotta dalla distruzione da egli portata!"

"La vostra non era un’armonia, Circe! Era un’utopia! Un mondo fuori dal reale ove vi siete confinati, stanchi e delusi dal materialismo del presente, rifiutando vigliaccamente di affrontarlo! Voi siete i veri codardi! Voi siete i responsabili della morte di Tereo e dei vostri compagni, come lo sarete della vostra rovinosa caduta verso gli abissi di Ade!" –Tuonò Partenope, sollevando un fiore rosso di melograno. –"Avete rinunciato a lottare e a combattere, rifugiandovi in un paradiso di oppio e di assenzio, con la pretesa di continuare a definirvi guerrieri di Ercole! Eroi! Del cui titolo tanto amate gloriarvi! Ah ah ah! Siete pietosi!!!" –Gridò, scagliando contro di loro una manciata di Melograni di Sangue, ma Circe fu svelto a rispondergli con il suo attacco sotto forma di piccole ma veloci gocci di energia.

"Pianto della Mandragola!" –Esclamò l’Hero, colpendo con le sue lacrime energetiche i fiori di melograno, facendoli appassire all’istante e cadere a terra privi di vitalità. –"La mandragola nel Medioevo veniva considerata una pianta dalle virtù fantastiche, a tratti miracolose, a tratti velenose! Così le mie gocce, simili alle lacrime della virtuosa pianta, sono portatrici di veleno e di morte, la stessa morte che ho riservato ai fiori a te tanto cari!"

"Risparmiami le lezioni di storia, Circe!" –Lo zittì Partenope, annoiato dai suoi discorsi. –"Per quanto sia un guerriero, ho ricevuto anch’io un’istruzione e conosco bene le virtù della mandragola! E so per certo che, per arrestare il suo potere, come per tutte le altre piante, bisogna reciderla alla radice!" –Ghignò, espandendo il proprio cosmo e generando violenti cerchi concentrici di energia, che falciarono le gambe di Circe, piegandolo a terra, chino sulle ginocchia sanguinanti. –"Ah ah! Non ti atteggi più a precettore? Si è già esaurita la tua profondità filosofica?" –Ironizzò, osservando gli sforzi di Circe di rimettersi in piedi, ansimando e perdendo sangue.

"Adesso basta, sbruffone! Abbiamo sopportato anche troppo i tuoi oltraggi!" –Esclamò Paride della Rosa, facendosi avanti con baldanza. –"Io stesso ho imparato che la boria in battaglia non aiuta affatto, anzi, rende sempre più soli! Una lezione di umiltà dovrebbe essere impartita pure a te!" –Aggiunse, espandendo il proprio cosmo, mentre l’immagine di una rosa regale compariva dietro di lui. –"Rovi di Spine! Affondate nella sua pelle! Che paghi con il sangue le colpe di cui si è macchiato!" –E immediatamente centinaia di rovi dalle spine affilate sorsero nel terreno attorno a Partenope, sollevandosi a gabbia attorno a lui e stringendosi sul suo corpo, per stritolarlo e penetrarlo con i loro aculei.

Ma Partenope, nient’affatto impressionato, bruciò il suo cosmo, iniziando a distruggere il groviglio di rovi che sempre più si chiudeva su di lui, finché un papavero non sfrecciò nell’aria, piantandosi proprio di fronte a lui, diffondendo il suo inebriante e narcotizzante profumo.

"In questo modo non potrai reagire!" –Esclamò Morfeus del Papavero, affiancando i due compagni. –"Perderai i sensi, sotto l’effetto delle fragranze del mio papavero paralizzante, naufragando alla deriva, come Ulisse incantato dalle sirene! Incontrerai una morte serena, senza accorgerti neppure dei rovi di Paride che penetreranno il tuo corpo, affondando nei rimorsi della tua vita!"

"Farneticanti ciance!" –Commentò Partenope improvvisamente, riprendendosi dal momentaneo stordimento, causato più dalla sorpresa che non dall’effettivo potere del papavero paralizzante su di lui. E bruciò il suo cosmo al massimo, disintegrando rovi, spine e papavero, di fronte agli occhi allibiti di Paride e di Morfeus, che vennero persino spinti indietro dall’onda d’urto generata, cadendo a terra, a fianco di Circe. –"La lezione impartita a Tebe ai vostri compagni non vi ha insegnato niente! Siete dei deboli, e come tali morirete, incapaci di comprendere la vera natura del potere! Quella che risiede nel profondo del cosmo! Ho pena di voi e della vostra misera esistenza! Pensare che qualche rovo e un fiorellino possano fermare Partenope del Melograno, Emissario di Era, servitore supremo della Regina dell’Olimpo, è pura follia! È mettere in atto un suicidio, per concludere la patetica rappresentazione della vostra vita! Morirete adesso e trascorrerete il resto dei vostri giorni in Ade a riflettere sugli errori compiuti! Annichilamento esistenziale!" –Gridò Partenope, aprendo le braccia al cielo e concentrando il cosmo su di sé, prima di liberarlo sotto forma di una devastante ondata di energia, che travolse in pieno i tre Heroes della Quinta Legione.

Anche il massiccio Nestore dell’Orso venne spinto indietro, accecato da tale abbagliante manifestazione di energia, mentre Dione del Toro si lanciava avanti, per afferrare uno dei ragazzi, il più vicino a lui, e sbatterlo a terra, per coprirlo in parte da quel devastante attacco. Quando la luce si diradò, Dione comprese di aver salvato Paride della Rosa, svenuto e indebolito tra le sue braccia, mentre di Circe della Mandragola e di Morfeus del Papavero non era rimasto niente.

"Quegli stupidi di Argo del Cane e di Gleno di Regula hanno dato la vita per distruggere la mia collana di melograno, vincendo il dolore della mia anima con la purezza dei loro cuori!" –Commentò Partenope soddisfatto, incamminandosi verso i quattro Heroes rimasti. –"Ma non sapevano che non ho bisogno della collana per far strage dei miei nemici! Con essa catturavo le anime, separandolo dal resto del corpo che diveniva un vuoto simulacro, morendo istantaneamente, come una rosa privata dalla luce del sole! Ma sono sufficienti i miei immensi poteri per annichilire soltanto il corpo, disintegrandolo completamente! E cosa resta ad un’anima ormai priva del corpo? Niente, se non disperdersi nel vento, fatua ed evanescente!"

"Sei un bastardooo!!!" –Gridò Dione del Toro, lanciandosi avanti, avvolto nel suo cosmo dal colore blu notte. Partenope, a tale vista, gli scagliò contro una manciata di Melograni di Sangue, ma Dione li travolse con la propria ardente energia, incenerendoli e sfrecciando nel mucchio fino a buttarsi contro Partenope, il quale riuscì a spostarsi di lato, evitando di essere spinto indietro, e ad afferrare un braccio dell’Hero, sollevandolo di peso e ribaltandolo sul posto.

Quel gesto fece imbestialire Nestore dell’Orso, che liberò il potere sopito dentro sé, richiamando l’Orso Kodiak, il più grande mammifero esistente al mondo. L’Ursus actos middendorffi si erse di fronte a Partenope, lasciando risuonare sull’intera isola di Samo il suo profondo ruggito, carico di risentimento verso un nemico spietato. Rapido e furioso, Nestore si chinò su Partenope, muovendo gli affilati artigli, e l’Emissario dovette essere molto veloce per scattare di lato in lato e non essere colpito. Una zampata secca di Nestore lo raggiunse alla schiena, strappandogli un grido di dolore, mentre sangue sgorgava dalla ferita sotto l’armatura crepata.

"Non crederai di vincermi con una tecnica così rozza!" –Sibilò Partenope, rimettendosi in piedi e bruciando il proprio cosmo, mentre un fiore di melograno dai lunghi steli verdi compariva sulla sua mano destra. –"Le dimensioni contano, ma solo se si possiede altrettanta agilità e riflessi!" –Aggiunse, liberando i lunghi filamenti del fiore, che si avvolsero alle gambe dell’Orso, fermando i suoi movimenti, prima che Partenope balzasse proprio in mezzo ai robusti arti, atterrando dietro l’Orso.

Nestore si voltò di scatto, per gettarsi su Partenope, ma i robusti filamenti lo impacciarono, mozzandogli i movimenti e facendolo barcollare, mentre l’Emissario balzava in aria, colpendolo al petto con un robusto destro, carico di energia cosmica, e abbattendolo, facendolo crollare giù lungo disteso, con il pettorale crepato. Atterrato nuovamente al suolo, Partenope sogghignò soddisfatto per i risultati ottenuti fino a quel momento. Fece per voltarsi per dare a Nestore il colpo di grazia quando si accorse di non riuscire più a muoversi, di non poter muovere neppure un muscolo, irrigidito in una posizione innaturale da un improvviso campo di forza che era piombato su di lui senza che egli se ne accorgesse. Con la coda dell’occhio, sforzandosi di roteare la testa, osservò Polissena della Strega, rimasto fino a quel momento in disparte, avvicinarsi a lui.

"Credevi davvero che non sarei intervenuto? Che avrei assistito con distacco alla sconfitta dei miei compagni?!" –Esordì l’Hero della Strega, ponendosi di fronte a Partenope, circondato da onde di energia psichica, che lo stavano tenendo bloccato.

"E tu credi davvero di potermi trattenere per molto? Di quanto tempo credi che abbia bisogno per liberarmi di questa morsa?" –Rispose Partenope, bruciando il proprio cosmo, senza però riuscire a muovere il corpo di un millimetro, ancora paralizzato dalle onde psichiche di Polissena. –"Come è possibile?! È così grande la tua forza?!"

"Là dove non arriva la forza bruta, arriva l’astuzia, Partenope!" –Commentò Polissena, con voce ferma ma tranquilla. –"Ti ho osservato per tutto il combattimento contro Nestore e gli altri, liberando le mie onde di energia psichica fin dall’inizio, lasciando che si posassero su te, come vampiri, aderendo al tuo spirito, entrando progressivamente dentro di te, ogni minuto un po’ di più, fino a prendere il completo possesso del tuo corpo e del tuo animo, impedendoti adesso qualsiasi movimento! Da solo non sarei mai riuscito a conseguire tale risultato, data la natura riottosa del tuo animo e date le tue robuste difese mentali, ma in questo modo, approfittando del tuo continuo guerreggiare contro i miei compagni, ho trovato campo libero, non essendo tu in grado di proteggerti sia dai loro attacchi che dai miei, ben celati e nascosti!"

"Ti sei finto disinteressato alla battaglia, ma in realtà stavi già lottando!!! Aaaargh!!!" –Gridò Partenope, sentendo fitte di dolore, pari a grida strazianti, lacerargli l’animo fino nel profondo. –"Ti credevo un burattinaio, un creatore di sogni e di incubi! Ma non in grado di prendere il possesso completo di un animo!!!"

"Non ho ancora il completo possesso del tuo animo, poiché vi è una forte resistenza in te, la cui matrice non sono riuscito ancora a comprendere!" –Rispose Polissena, continuando ad emettere onde di energia psichica, continuando a sondare la mente e l’animo di Partenope, per carpirne i segreti più intimi. –"Cosa ti fa odiare così tanto gli uomini, al punto da considerarli soltanto pedine da utilizzare per i tuoi scopi? E cosa ha fatto Era, Dea che gli uomini disprezza, per meritare tutta la tua fiducia, tutto l’amore che mostri per lei, pari soltanto a quello che un figlio prova per la propria madre?"

"Era è la Grande Dea, signora e madre di tutti i viventi! A lei ogni uomo deve amore e fiducia!" –Rispose Partenope, le cui difese psichiche venivano progressivamente erose, obbligato a parlare anche contro la sua volontà. Nestore, ritornato alle sue dimensioni originarie, e Dione affiancarono Polissena in quel momento, che li pregò di rimanere in silenzio, per non disturbare l’operazione, di per sé altamente difficile.

"Ma tu sembri avere un motivo più degli altri, Partenope! È la brama di gloria? È la prospettiva di immortalità? È il desiderio di soddisfare una tua intima passione che ti ha istigato a ordire questo complotto contro Ercole e i suoi Heroes?!" –Domandò Polissena, fissando Partenope negli occhi, senza che egli potesse opporre più alcuna resistenza, succube delle onde psichiche dell’Hero della Strega.

"La mia vita e il mio operato sono nelle mani della Grande Dea Madre! Tutto ciò che ho fatto l’ho fatto per incontrare il suo compiacimento, per far sì che ella mi guardasse con occhi diversi, senza disprezzarmi per essere uomo, ma considerandomi come l’unico degno delle sue attenzioni! L’unico degno di sedere al suo fianco!" –Confessò Partenope. –"Era disprezza infatti gli uomini, almeno quanto Ercole li ama! La prima è una Dea, il secondo, anche se figlio di Zeus, rimane un uomo nell’animo, e come tale in grado di comprendere maggiormente i loro affanni! Ma un giorno, anche Era volle avvicinarsi a quel mondo terreno che aveva sempre disprezzato, poiché nient’altro aveva rappresentato che una distrazione da parte di Zeus, rispetto alle totali attenzioni di cui avrebbe dovuto fare oggetto la sua sposa! Così scese sulla Terra, conoscendo un uomo e rimanendo abbagliata dal suo splendore, dalla sua piacenza, dai suoi modi affabili e cortesi, stupendo persino se stessa nell’ammettere che così tanta bellezza riluceva nel mondo terreno! Quella stessa bellezza che Era avrebbe voluto trovare nel mondo divino, sull’Olimpo e soprattutto in Zeus! In lacrime, travolta dall’emozione del momento, Era si unì con l’uomo in una caverna ai margini di un bosco, mentre la pioggia battente all’esterno la faceva sentire come Didone quando aveva accolto Enea dentro di sé. Dalla loro unione nacque un figlio, che il padre mai riconobbe, scomparendo tra le tenebre del mondo, e che Era non poté mai confessare a Zeus né a nessun’altro, neppure ad Argo, suo fedele Oracolo, o a Didone, che aveva salvato millenni addietro dalla furia di un amore! Poiché nessuno di loro avrebbe compreso! Poiché ai loro occhi, per la prima volta, Era sarebbe apparsa debole e sconfitta!

Quel figlio, nato da uno sbaglio, non fece altro che aumentare l’ira di Era nei confronti degli uomini, di quegli uomini bastardi che l’avevano lasciata da sola, a crescere un bambino che non doveva nascere! Così, sotto mentite spoglie, lo affidò alle cure di una nutrice, che lo portò a Tirinto, alla reggia di Ercole, ove il figlio crebbe, divenendo un uomo forte e maturo, dotato di immensi poteri, ma continuando a covare nel cuore un profondo risentimento nei confronti degli uomini, instillatogli dal cosmo e dal sangue di Era presenti dentro di lui! Infatti, diciotto anni dopo, ottenuta l’investitura, il giovane si mise sulle tracce dei genitori e riuscì a trovare il padre, nascosto in un’isola dell’Egeo, massacrandolo senza pietà alcuna, realizzando la vendetta che illusoriamente credeva avrebbe lenito il suo animo ferito! Ma così non accadde! Perché anche dopo la morte dell’uomo, il giovane continuò a soffrire, a tirare pugni contro il terreno, maledicendo una sorte che non riusciva a comprendere!

E fu in quel momento che Era gli apparve, quasi un angelo disceso dal cielo, aprendo le braccia con un gesto affettuoso che al giovane parve l’invito di una madre a giacere nel suo grembo. In lacrime, la Regina degli Dei chiese perdono al figlio, per averlo abbandonato, affermando che non aveva avuto alternative, poiché egli non avrebbe potuto rimirare dal vivo gli splendidi fasti dell’Olimpo, ma soltanto ammirare da lontano un mondo di cui mai avrebbe potuto fare parte. Mai come figlio, sicuramente. Così, il giovane, deciso a mostrare alla Grande Dea Madre di essere diverso dalla totalità degli uomini, di essere a loro superiore e in grado di usarli per i suoi fini, le promise che un giorno avrebbero seduto insieme, ai tavoli imbanditi dell’Olimpo, lei come Dea Madre e lui come suo Oracolo! Capite adesso?!" –Ringhiò Partenope, tra le lacrime. –"Io ero quel giovane! Io sono quel figlio abbandonato che ha dedicato la sua intera vita a conquistare l’amore di una Madre, l’amore di una Dea che disprezza gli uomini! Per lei, soltanto per lei, per dimostrarle di essere migliore e superiore alla massa, ho ordito il più grande piano che neppure Era avrebbe saputo tessere, distruggendo le Legioni dall’interno! E sarei quasi riuscito nel mio intento se quel ragazzetto non avesse trovato la Lama degli Spiriti, una leggenda a cui né Era né io prestammo mai troppo ascolto, sbagliando!"

"Partenope…" –Mormorò Nestore, nel cui animo turbinavano emozioni diverse, in contrasto tra loro. Dal rancore verso l’uomo che aveva distrutto il mondo ideale creato da Ercole, al dispiacere per la sorte dei compagni, alla tristezza per l’errore in cui Partenope era caduto, all’odio viscerale per la Regina degli Dei, rea non soltanto di aver sempre disprezzato gli uomini ma di aver abbandonato l’unico verso il quale avrebbe dovuto dimostrare reale e sincero amore, l’amore di una madre.

"Non guardarmi con quegli occhi, Nestore! Non merito la tua pietà né quella di alcun altro!" –Ringhiò Partenope.

"Non è pietà la mia, ma disprezzo!" –Rispose Nestore. –"Comprendo il tuo dolore, il sentimento che hai provato nell’apprendere di essere solo al mondo, e non voluto dai tuoi stessi genitori, poiché è lo stesso che ho provato anch’io quando realizzai di essere stato abbandonato! Ciò che non comprendo, e che non approvo, è invece il tuo tentativo di mostrare ad Era quanto sia facile e pieno di soddisfazione l’utilizzare gli uomini per i propri scopi, soltanto per ottenere lo sguardo compiacente di una madre! Ti illudi di poter comprare il suo amore vendendo la tua stessa stirpe, ma in realtà servi soltanto ai suoi scopi di dominio, utile solo per corrodere le Legioni di Ercole e avvilire il Dio dell’Onestà, favorendo la Dea nella battaglia finale! A nient’altro, Partenope! Per questo provo disprezzo per te, per il modo meschino in cui hai agito, per il servilismo che hai accettato di subire soltanto per ingraziarti una Dea che non ti ha mai voluto, una madre che non ti ha mai amato, regalandoti come un oggetto ad una sconosciuta nutrice di Tirinto!"

"Taci, bastardo! Tu non puoi sapere quante lacrime Era ha versato per il suo errore!" –Gridò Partenope, bruciando il proprio cosmo, nel tentativo di liberarsi. –"Quanto ha pianto nelle sue notti solinghe per placare l’animo addolorato per la sua sorte e per quella del figlio che non aveva chiesto, ma che aveva comunque avuto, senza disporre assieme della possibilità di crescerlo!"

"Della volontà di crescerlo!" –Precisò Nestore, acidamente.

"Era è la Regina dell’Olimpo, sorella e sposa del Sommo Zeus! Come avrebbe potuto giustificare la nascita di un figlio illegittimo? Con quali parole avrebbe potuto spiegarlo a Zeus, all’uomo che tanto aveva combattuto e odiato nei secoli precedenti per le poche attenzioni e il poco amore di cui l’aveva fatta oggetto? Avrebbe dovuto mostrare a tutti il suo errore, la sua fragilità, la sua umanità!" –Esclamò Partenope, espandendo al massimo il suo cosmo e liberandosi dalla prigionia psichica di Polissena.

"Mi sorprende davvero che tali parole provengano dalla tua bocca, dalla bocca del figlio abbandonato, che dovrebbe provare per la madre lo stesso odio che ha provato per il padre, colpevoli entrambi di non averti saputo donare amore!" –Sospirò Nestore, preparandosi alla battaglia. –"Ma per dimostrarti che sei nel torto e che combattere i nemici di Era non significa conquistare il suo amore, io ti combatterò!" –E liberò il Ruggito dell’Orso Bruno, al quale l’Emissario di Era cercò di opporsi con i suoi Anelli di Luce. Lo scontro tra i due poteri spinse entrambi indietro di qualche metro, ammaccando le loro corazze, mentre Polissena della Strega cercava di recuperare il controllo su Partenope, grazie alle sue onde di energia psichica.

"È inutile, Polissena! Non riuscirai più a fermarmi! Adesso che hai risvegliato in me sopiti ricordi e sensazioni che avrei voluto dimenticare, adesso che mi hai obbligato a mettervi al corrente del mio segreto, non c’è più niente che tu possa fare, soltanto combattere per la tua vita! Perché non vi lascerò fuggire! No, vi ucciderò io stesso, elevandovi a trofeo della mia indiscussa superiorità! Come Polissena, la più giovane delle figlie di Priamo, fu sacrificata sulla tomba di Achille, così io sterminerò tutti voi, che avete violentato la mia anima, osservando le vostre carcasse ardere sul rogo purificatore, in onore della Grande Dea Madre!" –Ringhiò Partenope, dirigendo migliaia di rossi fiori di melograno contro i tre Heroes. –"Melograni di Sangue!!! Riprendetevi il segreto che ci è stato estorto con l’inganno!!!"

"Onde psichiche!" –Esclamò Polissena, liberando onde di natura mentale che travolsero i fiori di melograno, fermando la loro avanzata e distruggendoli con un’esplosione di luce, che irritò Partenope, ormai privo di ogni razionale controllo.

"Bel colpo, Polissena! Adesso è mio! Armenti di tori furiosi!!!" –Gridò Dione del Toro, balzando avanti e liberando il suo violento attacco. Mandrie di tori scatenati, composti da pura energia cosmica, sfrecciarono sul selciato sassoso del colle di Samo, calpestandolo con i loro duri zoccoli, con le corna impregnate di una potente energia e puntate verso il nemico. Partenope tentò di opporsi travolgendo la mandria di tori con i suoi Anelli di Luce, ma questi riuscirono a falciarne soltanto un gruppo, senza evitare che il resto degli armenti travolgessero l’Emissario, spingendolo molti metri addietro, con la faccia a terra e l’Armatura Divina macchiata di sangue.

"Maledetti!!!" –Ringhiò Partenope, rimettendosi in piedi, pulendosi con la mano il sangue che colava dal suo labbro rotto. –"Vi ridurrò in cenere di cenere, annichilando i vostri corpi fino a che non rimarranno neppure le ombre di ciò che siete stati un tempo!"

"E cosa siamo stati, Partenope?" –Domandò Nestore, con tono malinconico. –"Cosa siamo stati per tutti questi anni? Per questi lunghi anni in cui hai vissuto a Tirinto e camminato al nostro fianco, mangiando alla nostra tavola, dormendo sotto il nostro tetto, e continuando a tessere nell’ombra la tela del tuo triste inganno?"

"Un manipolo di esaltati, che credono di poter salvare il mondo dalla rovina che comunque pioverà su tutti loro! Una mandria di briganti, contadini, derelitti, rifiuti umani, orfani e abbandonati, che nient’altra soddisfazione ha avuto se non vantarsi di aver servito Ercole nelle stalle di Tirinto! Un cumulo di rovine umane che ha perso tempo nel sollevare una perduta città del passato, che i Kouroi di Era hanno nuovamente distrutto! Un gruppo di falliti!" –Tuonò Partenope, fissando con occhi carichi di sangue Nestore, Dione e Polissena.

"Io credo che tu ti stia sbagliando!" –Affermò Nestore, con voce calma. –"Noi Heroes siamo semplicemente uomini! E come tali abbiamo vissuto al meglio la nostra vita, impegnandoci per ciò che credevamo santo, per ciò che ritenevamo importante per noi e per le genti di questo mondo! Cosa ne sarebbe stato di tutti i popoli dell’Argolide e del Mediterraneo se in questi anni Tirinto non fosse esistita? Essi ne hanno trovato giovamento, sia in termini di scambi di prodotti agricoli e commerciali, sia in termini di difesa, sia in termini più intimi, più personali, vedendo infatti in essa la prospettiva di un futuro! La prospettiva di una rinascita che prima di tutto è una rinascita interiore, mettendo in pratica uno dei dettami fondamentali di Ercole, uno dei più semplici: un inno alla vita e alla gioia di far parte del mondo. Anche se imperfetti, anche se mortali, anche se consapevoli di poter sbagliare. E Dione ne è la dimostrazione più evidente!"

"Belle parole, Nestore! E forse sono pure veritiere! Ma non cambieranno la realtà dei fatti né vi salveranno da fine certa ed inevitabile!" –Ringhiò Partenope, chiudendo le braccia a sé per poi aprirle di colpo, raccogliendovi tutto il suo cosmo carico di rancore, pronto per scagliare il suo massimo attacco.

"I fatti non devono essere cambiati, devono soltanto essere interpretati nella giusta prospettiva, Partenope!" –Intervenne allora Dione del Toro. –"Credimi, anch’io, come te e come Nestore, ho provato il dolore dell’abbandono, a causa di una donna che ho amato e da cui credevo di essere amato! Quella donna l’hai conosciuta anche tu, poiché lei, come me, accettò la tua proposta di inserirsi nelle Legioni di Ercole per distruggerle dall’interno! Era Opi della Lepre, uccisa involontariamente da Euristeo ieri pomeriggio davanti ai miei occhi!" –Confessò Dione, chinando per un momento il capo, rattristato.

"Opi ed io ci conoscemmo anni addietro, quando trainavo carri al mercato di Atene, iniziando a frequentarci con costanza e impegno, condividendo interessi comuni, soprattutto un forte senso di diversità rispetto alla maggioranza dei nostri coetanei! Ancora non sapevamo cosa fosse, ma era il cosmo che portavamo dentro di noi, e che grazie all’istruzione di Argo, Oracolo di Era, che posò il suo sguardo su di noi per farne pedine di un gioco sporco che non aveva mai rinunciato a condurre, riuscimmo a far emergere! Diventammo guerrieri abili e potenti, scattanti nella corsa e resistenti nei combattimenti corpo a corpo, ma ancora non avevamo ben chiaro a cosa dovessero servire tutti questi nostri poteri, tutte queste doti particolari che rendevano concreti i pensieri sulla nostra diversità, provati fin dalla tenera età! Fu l’incontro con Era, e con te, suo Emissario, a segnare una svolta nelle nostre vite! Quando accettammo l’incarico che ci proponesti, indubbiamente fu Opi la più convinta e fedele, che non io, ingenuamente abbagliato dall’amore che provavo per lei e incapace di elaborare un mio pensiero in contrasto con il suo! Succube di questo amore che mi ero illuso di trovare, ho vissuto per anni a Tirinto, nella speranza che la serenità della città potesse offrirgli un’occasione per sbocciare! Ma mi ero sbagliato, poiché ogni giorno trascorso a Tirinto, ogni giorno trascorso insieme agli Heroes e ad Ercole, non faceva che accendere la brama di potere negli occhi di Opi, convincendola sempre più della necessità di mettere in atto il progetto di Era! Per questo motivo mi era vicina, per usarmi per i suoi scopi, soltanto per quello! Forse Opi si era accorta, ancora prima di me, che i miei giorni a Tirinto erano giorni di vera felicità, che il male annidato tra quelle quattro mura, di cui Argo ed Era ci avevano parlato, era in realtà soltanto la paura dell’ignoto di una vecchia Divinità dimenticata da uomini che non ha aveva mai compreso e l’isterico servilismo del suo Oracolo, ma niente di più! A Tirinto non c’è il male, Partenope, ma vi regnano invece amore e comprensione! La stessa comprensione che Ercole ha dimostrato per me, ieri notte, quando mi sono inginocchiato di fronte a lui, alla presenza del mio Comandante, per invocare il suo perdono! Avrei accettato anche la morte, per pulire il mio cuore dai rimorsi del passato, ma Ercole, magnanimo e comprensivo come soltanto un Dio che ha vissuto mille anni tra gli uomini può essere, mi ha concesso il suo perdono, sorridendomi serenamente!"

"Hai già sofferto abbastanza!" –Mi ha detto stanotte, poggiandomi una mano sulla spalla e ascoltando il mio cuore. –"Credo sia ora che tu inizi a perdonarti!"

E io ho cercato di ascoltare il suo consiglio, anche se tutt’ora, mentre lotto a fianco del mio Comandante, continuo a torturarmi per il male che avrei potuto causare se fossi andato fino in fondo, se avessi avuto il coraggio di portare a compimento il piano ideato da Opi, aprendo le porte di Tirinto a Eolo e a Iris!"

"Tu hai dimostrato più coraggio di qualunque altro Heroes, Dione!" –Esclamò Nestore, con un sorriso. –"Un coraggio che appartiene soltanto agli uomini, artefici assoluti del proprio destino! Il coraggio di scegliere!"

"Sei soltanto un vigliacco e un menzognero, Dione!" –Ringhiò Partenope. –"Doppiamente traditore, poiché hai tramato sia contro Era che contro Ercole! Se questo sfogo era il tuo patetico tentativo di chiedere scusa alla Regina dell’Olimpo allora sappi che non è riuscito! E pagherai!"

"Allora non hai capito niente, Partenope!" –Lo zittì Dione. –"Non ad Era devo delle scuse, ma ad Ercole e ai miei compagni, per essere stato cieco, abbagliato da un amore che credevo di vedere nei gesti interessati di una donna che mirava soltanto a servirsi di me! Nello stesso identico modo in cui Era ha usato te per tutti questi anni!"

"Taciii!!!" –Gridò Partenope, dirigendo un violento attacco di energia contro Dione, che sbatté al suolo l’Hero del Toro, crepando il suo elmo e i suoi coprispalla. –"Non osare ancora nominare invano il nome della Grande Dea Madre o…"

"Continui a chiamarla Dea o Era, Partenope, ma non l’hai mai chiamata madre! Mai ti sei rivolto a lei come suo figlio, privando te stesso persino di questo diritto!" –Esclamò Dione, rialzandosi e ansimando. –"Io credo che, come io mi ero convinto di vedere un amore che non c’era nei gesti falsamente interessati di Opi, tu abbia convinto te stesso di non essere degno dell’amore di Era soltanto perché sei un uomo! Ti sei torturato per anni per una colpa che pensavi di portare nel cuore, infetto dal sangue e dal cosmo di una Divinità creatrice che altro non è se non la suprema fonte di disprezzo verso gli esseri umani!"

Partenope non rispose, stringendo i pugni con rabbia, mentre attorno a sé esplodeva il suo cosmo dirompente, obbligando Nestore e Polissena a sollevare le braccia, ponendosi sulla difensiva. Ma Dione del Toro avanzò davanti al suo Comandante, voltandosi verso di lui e rivolgendogli un sorriso.

"Alla vostra comprensione, Comandante Nestore, io dedico il mio ultimo attacco!" –Esclamò Dione, bruciando al massimo il proprio cosmo e liberando le furibonde mandrie di tori energetici. –"Armenti di tori furiosi!!!" –Gridò, scagliando l’attacco contro Partenope, che tentò di contrastarlo con il suo massimo potere: l’Annichilamento esistenziale, con cui aveva ucciso Circe e Morfeus poco prima.

L’onda di luce devastante prodotta da Partenope annientò lo scalpitio degli zoccoli furiosi delle giumente di Dione, inghiottendole in un’esplosione di luce, che abbagliò Nestore e Polissena, e lo stesso Emissario di Era, obbligandoli a coprirsi gli occhi con un braccio. Quando la luce calò di intensità e i tre riuscirono a vedere nuovamente, Partenope notò che di Dione non vi era più traccia e per un momento sorrise maliziosamente, credendo di averlo eliminato, come aveva fatto con gli altri suoi avversari precedenti. Ma improvvisamente due robuste mani lo afferrarono da dietro, stringendo con forza le sue braccia contro il busto, facendo scricchiolare la corazza e le ossa al di sotto di essa.

"Dione! Zotico ignorante! Come osi? Togli le tue mani da me!!!" –Gridò Partenope, facendo esplodere il suo cosmo.

"No!" –Rispose candidamente Dione, stringendo sempre di più la presa, mentre Nestore e Polissena arrivavano preoccupati di fronte ai due. –"Ho tentato di dimostrarti che Ercole è nel giusto, che gli uomini meritano di vivere la loro vita, pur con tutti gli sbagli che compiono! Con tutti gli sbagli che compiamo! Ma non ci è mai data la possibilità di sbagliare, senza che ci sia data anche l’opportunità di rimediare ai nostri errori! Di dare la vita affinché i nostri errori possano tramutarsi in speranza per le libere genti!"

"Dione!!!" –Gridò Nestore, mentre il cosmo di Dione cresceva oltre ogni limite, sovrastando quello di Partenope, che scalciava furibondo, nel tentativo di liberarsi da una morsa che ormai lo stava sopraffacendo. –"Non farlo, ti prego! Ercole ti ha perdonato! Liberati dal senso di colpa!"

"Ercole e voi tutti, Heroes e amici, mi avete perdonato, ma io non l’ho ancora fatto! Opi forse aveva ragione, a considerarmi un debole, poiché effettivamente lo sono! Fossi stato più forte non mi sarei mai prestato ad un simile inganno, ma avrei saputo reagire!" –Confessò Dione, mentre il suo luminoso cosmo avvolgeva Partenope e se stesso, fin quasi ad inghiottirli. –"Con questo gesto, eliminando l’uomo che aveva instillato in me il male, riuscirò forse a perdonare me stesso! Riuscirò forse a trovare pace! Addio compagni miei, addio amici con cui ho avuto la fortuna di condividere un sogno!"

"Fermatiii!!! Ci perderemooo!!!" –Gridò Partenope, ma la sua voce venne sovrastata dalla violenta esplosione del cosmo di Dione, che avvolse il proprio in una stretta mortale, liberando un’enorme quantità di energia che spinse indietro Nestore e Polissena. –"Io… volevo soltanto il tuo amore, Era! L’amore… di mia madre!"

Quando Nestore e Polissena, ammaccati e feriti, riuscirono a rimettersi in piedi, trovarono soltanto i resti delle corazze del Toro e del Melograno, quasi incenerite dall’enorme potere scatenato da Dione. In mezzo a quel che rimaneva delle Armature degli Eroi, Nestore notò infine un fiore di melograno, bianco e puro, come la neve, e si augurò che anche Partenope adesso avesse potuto trovare la pace dell’anima.