SOTTO IL SEGNO DEL DESTINO

CAPITOLO 2: Battesimo del fuoco

 

Catena montuosa sconosciuta, Asia centrale, 30 aprile 1793

A un osservatore poco attento, la figura che saltava con facilità da un picco all'altro poteva sembrare un qualche animale di montagna, ma non esistono animali bipedi, dai capelli violetti e con una sacca di cuoio a tracolla. Sion non poteva usare la velocità della luce, questo era vero, però nulla gli impediva di ricorrere alla straordinaria agilità sviluppata in tanti anni di addestramento nel Jamir. I picchi su cui saltava davano su un vuoto di centinaia di metri, ma questo non spaventava il giovane, ben deciso a raggiungere la sua meta ad ogni costo. La sua mente acuta aveva già elaborato tutto il percorso del viaggio: avrebbe superato diverse catene montuose dell'Asia fino a raggiungere la Turchia, e di lì, via mare, sarebbe giunto alla meta del suo viaggio: la Grecia. Alcune ore dopo, superati i picchi e raggiunta una zona pianeggiante incastonata nel fianco della montagna, Sion si concesse qualche minuto di riposo: poi consumò un pasto frugale, a base di erbe raccattate qua e là tra le alture. Approfittò di quella pausa per provare a immaginarsi la sua nuova vita al Grande Tempio. Avrebbe conosciuto i mitici Cavalieri d'Oro; era vero, anche lui ne faceva parte, ma non aveva mai neanche indossato la sua Sacra Armatura… ciò non faceva che acuire il suo desiderio di vederla.

Perso nei propri pensieri, non si accorse dell'uomo incappucciato finchè questi non lo attaccò.

Villaggio del Pakistan settentrionale, 30 aprile 1793

"Comprate la mia carne! La migliore carne di cavallo di tutto il mercato!". Il frastuono del venditore stava decisamente infastidendo Dokko, dopo due giorni di viaggio attraverso l'Asia, a una velocità che un qualsiasi essere umano avrebbe solo immaginato (ma comunque parecchio inferiore alla velocità della luce), il vociare del mercato era l'ultima cosa di cui aveva bisogno. L'aspetto del villaggio era miserabile, con le sue capanne di fango che si reggevano in piedi per miracolo, ma Dokko aveva imparato ad andare oltre le apparenze. Il sorriso di un bambino, anche se povero e denutrito, lo riempiva di gioia e gli ricordava il compito primario di un Cavaliere: la difesa degli inermi. Aveva riflettuto molto su questo, negli ultimi due giorni.. ma da qualche minuto i suoi pensieri erano disturbati dal suo inseguitore. Quell'uomo incappucciato gli stava dietro fin da quando era entrato nel villaggio, e Dokko aveva deciso che era ora di finirla. Uscì dall'intrico di viottoli che formavano il villaggio e, quando stabilì di essere a una distanza sufficiente dagli abitanti indifesi, disse allo sconosciuto: "Chi sei?".

L'uomo non rispose, ma iniziò ad espandere il proprio cosmo.

Catena montuosa sconosciuta, Asia centrale, stesso giorno

I colpi luminescenti investirono Sion come una pioggia, ma il giovane riuscì a scansarsi qualche decimo di secondo prima di venire colpito. "Chi sei? Palesati!" disse Sion, ma non ottenne risposta. Lo sconosciuto cercò di colpirlo ancora, con una raffica di pugni che facevano stridere l'aria. Sion si scansò, e nel momento in cui l'uomo gli passava a fianco gli sferrò un terribile destro al ventre, che lo scagliò all'indietro di parecchi metri. Un uomo normale si sarebbe arreso, ma l'incappucciato si rialzò come se niente fosse, e riprese ad attaccare.

"Ora basta", disse Sion, evitando un altro colpo del suo misterioso avversario. Era ora di farla finita; se c'era una cosa che aveva imparato nei lunghi anni di addestramento, era la massima: "La miglior difesa è l'attacco". Così, il giovane dai capelli violetti iniziò ad espandere il proprio cosmo, mentre anche il suo avversario faceva lo stesso. Improvvisamente, lo sconosciuto compì un incredibile salto da fermo, e attaccò mentre era ancora sospeso in aria. Attorno al suo corpo comparve un'aura azzurra, poi una serie di fasci luminosi. Erano i suoi calci, molto più veloci dei suoi colpi precedenti. Nell'attimo stesso dell'attacco, Sion sorrise: aveva capito chi era il suo avversario. E lo aveva capito dal suo urlo di battaglia:

"GALOPPATA DELL'UNICORNO!".

Pakistan settentrionale, stesso giorno

L'esplosione sollevò una nube di terriccio che oscurò per un momento il campo di battaglia, dando a Dokko un attimo di respiro. Il giovane guerriero della Bilancia aveva deciso di non reagire ai colpi del suo nemico, per vedere di che pasta fosse fatto: e si stava accorgendo che si trattava di un assai valoroso combattente. L'incappucciato balzò rapidamente in avanti, interrompendo le riflessioni di Dokko e cercando di colpirlo con una ginocchiata al volto. Il giovane lo evitò con facilità, muovendosi a parecchie migliaia di chilometri l'ora. Infine, lo sconosciuto si decise a mostrare il suo colpo segreto, costretto com'era dall'impossibilità di colpire il suo giovane avversario: vibrò un pugno, ma a parecchia distanza da Dokko. Cosa spera di fare? Pensò il giovane. Sono davvero troppo lonta... "FRECCE DI SAGITTA!". E l'aria si riempì di frecce luminose. Per un decimo di secondo, Dokko rimase completamente interdetto: poi si accorse che le frecce luminose lo attraversavano senza fargli del male, e allora non ci capì davvero più niente. Ma tanti anni di addestramento non potevano essere cancellati da pochi minuti di combattimento: Dokko chiuse gli occhi, sgomberò la mente e si concentrò su quanto accadeva attorno a lui.

Udì il sibilo della freccia reale appena in tempo per scansarla.

Un sorriso si disegnò allora sul suo volto: "Mio mascherato avversario", disse, "hai appena perso lo scontro. Non sai che la stessa tecnica non può funzionare per due volte di fila contro un Cavaliere?". Detto ciò, evitò una dopo l'altra tutte le frecce reali che gli venivano scagliate contro. Infine, si concentrò e decise di attaccare con il Drago Nascente, una delle tecniche più antiche e venerate di tutta la Cina. Sentì il flusso del suo sangue invertirsi quando il suo cosmo venne fortificato dalla volontà di superare i propri limiti naturali, che stavano assai stretti al Cavaliere: infine, raccolse tutta l'energia nel suo pugno destro e si scagliò contro il suo avversario, che era rimasto immobile a lanciare ondate su ondate di inutili frecce luminescenti. Ciò che ricordò successivamente non fu il Drago che compariva alle sue spalle, né il gemito dell'avversario, né il sapore del trionfo (parzialmente guastato dal fatto che aveva usato il Drago Nascente al suo minimo potere), ma solo quell'urlo, che si era levato sino al cielo e oltre:

COLPO SEGRETO DEL DRAGO NASCENTE!

Asia centrale, stesso giorno

Sion si lanciò direttamente contro il suo avversario, evitando i suoi rapidissimi calci: poi colpì il suo nemico, che ora sapeva essere un Cavaliere, mentre era ancora sospeso a mezz'aria. E stavolta colpì alla velocità della luce. I suoi pugni colpirono il nemico al volto, al ventre e sulle braccia. L'uomo ricadde a terra con un tonfo, mentre Sion era ancora in piedi. I suoi colpi avevano disintegrato il mantello con cappuccio che ricopriva il suo avversario: questi si rivelò essere un uomo sulla trentina, dai lunghi capelli neri, con le braccia nude coperte di cicatrici. L'uomo si rialzò lentamente, guardando Sion con circospezione. Poi, il suo volto si distese in un largo sorriso, e lo sconosciuto tese la mano al guerriero dell'Ariete. "Sono stato inviato dal Grande Tempio, giovane Cavaliere. Il mio compito era quello di metterti alla prova, una prova che hai brillantemente superato! La tua grande forza supplisce alla tua inesperienza. Orsù, stringiamoci la mano! Io non sono tuo nemico, così come spero tu non lo sia per me! Il mio nome è Alioth, della costellazione dell'Unicorno".

Sion, dopo un attimo di esitazione,gli strinse la mano. "Sion dell'Ariete".

Grecia, Attica, 5 maggio 1793

"Avanti", disse a Dokko il giovane dai capelli biondi, che alcuni giorni prima si era presentato come Albireus di Sagitta. I due avevano quasi raggiunto la sommità della collina, oltre la quale si trovava uno dei luoghi su cui più aveva fantasticato in tutta la sua vita. Il Cavaliere d'Argento gli aveva detto che aveva brillantemente superato la prova, grazie alla sua astuzia e alla sua capacità di riflessione e alla sua forza, naturalmente. Mentre Dokko era perso nei suoi pensieri, il Cavaliere d'Argento aveva raggiunto la sommità della collina, e guardava qualcosa al di là di essa. "Affrettati", disse Albireus. "E' uno spettacolo che non potrai mai dimenticare".

Dokko raggiunse infine la collina, e i suoi occhi si colmarono di amore. Nella luce del mattino, vide la città di Atene, ma la ignorò. I suoi occhi guardarono i templi aldilà di essa, che si stagliavano contro il cielo terso. Il sole creava giochi di luce sul marmo bianco, di cui erano fatte anche le scalinate. Dokko si mosse con lo sguardo, attraversando le Case: Ariete… Toro… Gemini… Cancer… Leo… Virgo… e infine la Casa di Libra. Dokko si commosse fino quasi alle lacrime, ma continuò a guardare, sempre più su… fino alle stanze del Sacerdote, fino alla statua di Atena. "Sono a casa" disse.