SOTTO IL SEGNO DEL DESTINO

CAPITOLO 6: La Riunione Dorata

Stanze del Gran Sacerdote, Dodici Case, notte del 6 maggio 1793

Dietro le grandi porte di bronzo, otto soli incarnatisi in esseri umani colloquiavano con l'uomo più potente di Grecia e, forse, del mondo intero.

La maschera del Sacerdote e la sua lunga veste nulla lasciavano trasparire del vecchio che correva affannosamente contro il tempo e i suoi stessi dubbi, mostrando invece la statuaria dignità degna del Celebrante di Atena. Egli contemplava quei giovani dalla forza immensa: tutti avrebbero potuto ucciderlo con facilità, ma tutti rispettavano profondamente la sua figura e ciò che essa comportava.

Tutti. tranne uno.

Arion di Leo era sempre stato considerato un bellissimo ragazzo: uno dei tanti doni che gli Dei avevano concesso al loro prediletto. Ora però, quella bellezza era sfiorita: benché il corpo, da flessuoso ch'era un tempo, si fosse tramutato in un blocco dinamico di ossa e muscoli, e il suo dolce volto fosse stato reso virile dalla corta barba che portava (persino la cicatrice che era visibile al posto del suo occhio gli dava un'aria di maturità), Arion aveva perso qualcosa. L'animo di quell'uomo, un tempo splendente e alato come il dio della Luce, era stato abbrutito e deturpato.

La sua luce si era offuscata: su Arion era caduta l'ombra del Destino. Così pareva anche a Sion e Dokko, che osservavano intimoriti quell'uomo tanto diverso dagli altri Cavalieri. Ogni guerriero dorato era unico, ma Arion era l'unico in cui la luce fosse raggiunta e neutralizzata dall'ombra.

Tutti i Cavalieri, comunque, si riservavano simili attenzioni: nessuno conosceva l'altro, e nessuno pareva fidarsi dell'altro.

Infine, il Sacerdote prese la parola.

"Cavalieri di Atena che fin qui siete giunti, ora vi verrà svelato il motivo per cui vi ho convocati. L'investitura che stanotte ha completato i ranghi dei Cavalieri d'Oro serve a preparare le armate della Dea alla guerra... un conflitto di cui nessuno, probabilmente, potrà vedere la fine..". La voce di Arion si levò improvvisa: "Poche storie, e dicci chi dobbiamo uccidere!". Il Sacerdote parve essere fisicamente colpito da queste parole, e al suo tremito Sion ebbe un sussulto, pronto a lanciarsi contro quell'insolente. Ma il Celebrante di Atena si riprese in fretta: "La tua irruenza sarà presto soddisfatta, Arion. Se ho ritenuto doveroso fare un'introduzione, era perché tutti capissero quanto grave fosse la situazione. Erano quasi due secoli che non veniva convocata una Riunione Dorata, ma non ho potuto fare altrimenti. Poiché alcuni giorni fa è avvenuto un evento destinato a sconvolgere l'ordine costituito del cosmo... un dio si è svegliato". I cavalieri tacquero, sconvolti. Il risveglio di un dio era un evento straordinario, che preludeva sicuramente a un'epoca di meraviglie senza precedenti. Ma.. quale dio si era

risvegliato? Un dio fatto di luce e gioia o un dio fatto d'ombra e disperazione? "Ade". Quell'unica parola calò sulla folla attonita come la folgore di Zeus; i Cavalieri, stretti attorno al Sacerdote in maniera quasi opprimente, si tirarono indietro spaventati. Ade non aveva bisogno di presentazioni fra i mortali: fratello di Zeus e nemico giurato di Atena, aveva scatenato numerose guerre per il possesso del pianeta Terra. Fra Ade e i mortali si erano sempre frapposti i Cavalieri, e, assai probabilmente, anche stavolta sarebbe stato richiesto loro un sacrificio.

Di sangue.

Il sacerdote iniziò a camminare tra i Cavalieri. La sua persona si manteneva imponente, nonostante l'età avanzata. "Il dio Ade rappresenta tutto ciò che noi combattiamo. Le sue armate di specter si stanno preparando ad invadere il mondo, di questo sono certo. Cavalieri, ciò che ora vi chiedo va oltre i limiti umani.. fermate le armate di Ade! Molti uomini comuni riterrebbero ciò impossibile, ma voi non siete uomini comuni! Siete stati forgiati per anni con il compito di fermare qualsivoglia minaccia si presentasse, per ergervi come scudo dei mortali! E questo." e la sua figura parve afflosciarsi, le parole perdettero d'intensità ". ci porta all'altra minaccia che dobbiamo affrontare..". "A questo posso rispondere io!" disse una voce, levandosi possente. I Cavalieri si voltarono nella direzione da dove essa proveniva, e scorsero stupiti una sorgente di luce dorata senza paragoni: il Cavaliere dell'Acquario era infine giunto. La sua armatura rendeva ancora di più il contrasto coi lunghi capelli bianchi, che indicavano una vecchiaia solo apparente. La sua figura si ergeva in una statuaria bellezza, che pareva in grado di mozzare il respiro al Tempo.

"Sono Odin dell'Acquario, giunto al Grande Tempio per ordine del Sommo Sacerdote di Atene!". Detto questo, si inchino dinanzi al celebrante di Atena. Quest'ultimo, calpestando il lussuoso rivestimento in marmo del pavimento delle sue Stanze, giunse alla figura che gli stava inginocchiata dinanzi. Odin pareva ora più piccolo, più umile e.. era possibile? Sembrava più vecchio.

"Dimmi tutto, Odin".

"Tre sconosciuti mi hanno fermato, lungo uno dei sentieri che portano ad Atene: mi hanno chiesto se ero un Cavaliere d'Oro. Ebbene, troverete tre statue di ghiaccio che fanno muta guardia al sentiero stesso... ma prima di morire, hanno proclamato la loro fedeltà a qualcuno. Ho l'autorizzazione a dire il suo nome?". Il mondo intero sembrò trattenere il respiro, mentre il Sacerdote faceva un impercettibile cenno del capo. Odin sospirò. Ciò che aveva temuto si stava realizzando: era giunta l'ora che i nuovi Cavalieri sapessero. Si raddrizzò lentamente, e disse tutto d'un fiato: "Tifone".

Prima che qualcuno potesse fare qualcosa, prima che qualcuno potesse dire qualcosa,

prima che qualcuno potesse anche solo pensarlo Atena apparve.

Fu un trittico di luce: ai lati stavano due sacerdotesse d'oro, quella del Cancro e quella della Vergine, che splendevano di una luce sovrannaturale.

Ma era niente in confronto alla figura che, come le due sacerdotesse, si materializzò dal nulla. Teneva per mano entrambe, e il suo cosmo era mille volte più rilucente.. infine, Atena fu del tutto visibile ai Cavalieri.

Sion avrebbe voluto piangere. Era una bambina cieca.