CAPITOLO 3

ARRIVO AD ANDROMEDA

Un’ora dopo, Francine, Leena, Roxane e Tomoko si trovavano nella loro stanza, un ampio salottino con due letti a castello poggiati contro le pareti e un piccolo bagno molto elegante.

Le ragazze si trovavano nei letti inferiori, cambiate per la notte, e intente a commentare gli avvenimenti accaduti da poco.

Francine era inquieta e sussurrava alcune preghiere, sgranando di quando in quando un rosario di legno, mentre le altre tre discutevano animatamente.

"Chissà che succederà adesso…" si trovò a pensare Leena, giocherellando distrattamente con l’orlo della veste, "Non lo so, ma dobbiamo essere pronte a tutto. Ricordo che la mia maestra era molto preoccupata quando ci hanno fatto partire in tutta fretta, diceva che eravamo tutti in pericolo. Poi, quell’orribile eclissi… Eravamo tutti terrorizzati." ricordò con un brivido Francine, alzando il capo dal rosario.

Roxane guardò Tomoko con sguardo timoroso.

L’amica non aveva più parlato da quando si erano congedate dalle loro accompagnatrici ed erano state mandate in camera, aveva continuato a fissare il vuoto con occhi vacui, "Tomoko, a cosa pensi?" le chiese dolcemente, scuotendola da quel torpore; la ragazzina dai capelli argentei alzò di scatto il capo, guardandola triste: "Al passato…" mormorò lei, passandosi una mano sotto la maglietta, in cerca di qualcosa, "Senti, tu eri in Grecia a quel tempo, non è vero?" chiese timidamente la rossa.

Un silenzio triste calò sulla stanza.

"Si… Ero lì.".

La voce sottile della ragazza quasi non si udiva, mentre lucenti lacrime scendevano dai suoi occhi e andavano a morire giù per le sue guance, infrangendosi sulla coperta del letto; la ragazzina strinse i pugni, "Potresti raccontarci qualcosa? Dobbiamo capire cosa stiamo per affrontare…" gli domandò dolcemente Unicorn.

Pegasus, lenta, annuì.

FLASHBACK

Era una calda giornata, malgrado fosse autunno inoltrato.

Il Santuario era immerso nella dolce luce del sole di primo pomeriggio.

Una ragazzina dai capelli lucenti si allenava ininterrottamente da parecchie ore, nell’Arena Centrale, malgrado la calura. Il suo cuore, però, era inquieto.

Sentiva che qualcosa stava per accadere.

Erano passati due giorni da quando gli ultimi Gold e il manipolo di Saints, guidato dalla Dea, erano partiti, e lei aveva paura; le avevano comunicato che, presto, sarebbe dovuta partire, lasciare i luoghi tanto amati.

Quella spaventosa eclissi era sparita da poche ore, ma nessuno le aveva ancora detto nulla, aveva paura per i suoi amici.

Ma soprattutto per Seiya.

Sapeva che qualcosa era successo, perché il giorno prima avevano ricoverato nell’infermeria del Santuario Jabu e gli altri, che avevano difeso Seika, la sorella di Seiya, che Marin-sensei aveva ritrovato da poco, persa in uno dei villaggi più vicini al Santuario; ma di Seiya, Shun e degli altri tre Saints non si sapeva più nulla.

All’improvviso, una voce di ragazzo ruppe il silenzio: "TOMOKO!!!!.

La ragazza, sudata, si voltò, il riverbero del sole le ferì gli occhi; "Tomoko-chan, Milady è tornata…" sussurrò trafelato Kiki di Appendex, piegandosi per la fatica; la giovane, stupita, non fece neppure in tempo a ribattere che subito fu raggiunta da tutti gli apprendisti e da una giovane donna dai capelli biondi, che la prese per un polso, sotto lo sguardo attonito del piccolo fratello di Mu di Aries: "Dobbiamo andare, non abbiamo più tempo." affermò la giovane donna, portandola via.

Quel giorno, seppe che Seiya e i suoi amici erano morti, salvando Saori.

Quel giorno, pianse come mai ebbe pianto in vita sua.

Aveva perso definitivamente le speranze.

FINE FLASHBACK

Nel salottino, un silenzio surreale era caduto sulle giovani ivi riunite.

"Poi sono stata imbarcata su una nave e condotta in Italia, sono stata affidata a una ex Silver, che mi ha continuato ad addestrare, fino a quando non mi ha comunicato della convocazione da parte di Athena." spiegò lei, impassibile.

Terminata la narrazione, le tre ragazze chinarono il capo, anche loro ricordavano fin troppo bene quegli anni, e ora, anche se non avevano più nulla da perdere, avevano paura.

Come potevano loro combattere contro un nemico si tanto potente?

"Ascoltate! È tardi," intervenne Leena, rizzandosi in piedi, "Forse riusciremo a parlarne meglio a mente fresca, domattina, che ne dite? In fondo abbiamo tutte bisogno di riposare, no?" propose, guardando le sue compagne.

"Hai ragione, domattina potremmo discuterne con più calma anche assieme ai ragazzi, forse potremmo capirci qualcosa di più!" asserì la Saint di Phoenix, infilandosi sotto le coperte, imitata da Hydra; Unicorn e Pegasus s’inerpicarono su per le scalette e cercarono di prendere sonno.

Ma, se per le sue compagne presto giunse il sonno ristoratore, per Tomoko non fu così semplice: ricordi e fantasmi dal passato invasero la sua mente e il suo cuore, e solo verso l’alba riuscì finalmente a prendere sonno.

Un sonno agitato, tormentato da una strana voce, che la chiamava.

**************

Le giornate passarono veloci.

Il gruppo di nuovi Saint, sotto la guida delle Sacerdotesse, continuava ad allenarsi duramente, giorno e notte, alternandosi sul pontile.

Ormai la loro destinazione era vicina.

**************

Calò finalmente l’ultima notte a bordo del natante.

Una figura alta e magra spiccò silenziosa un balzo sulla plancia, immerso nel calmo silenzio della notte argentea.

Con le movenze sinuose di un gatto, scivolò lungo tutta la plancia, andando a sedersi, senza il benché minimo rumore, a prua, scorgendo una massa scura all’orizzonte, stagliata nel cielo trapunto di stelle; la luce della luna, per un momento, la illuminò, delineando le forme sinuose e agili della giovanissima Saint di Pegasus, che fissava l’immenso oceano di notte, la prua che fendeva le onde.

Con un sospiro, ella trasse da sotto la veste che indossava, un lungo e semplice chitone, un ciondolo in fine oro bianco e argento, dalla forma bizzarra.

"Che ci fai qui fuori a quest’ora?".

Una nuova voce fece trasalire la ragazza dai capelli argentei, che si voltò; i suoi occhi color cioccolato incrociarono quelli color smeraldo di Andrea, che la fissavano preoccupati.

La giovane sospirò di sollievo: "Andrea!" esclamò lei, "Mi hai spaventata!", il ragazzo rise sommessamente, sembrava molto divertito, "Davvero? Scusa, ma sono stupito, che ci fai qui fuori in piena notte?" chiese, non trattenendo le risa.

Tomoko chinò il capo.

"Non riesco a dormire, ormai ci siamo. Quella laggiù è Andromeda." Interloquì lei, indicando una massa scura all’orizzonte, distinguibile solo grazie alla luce della luna, "Già… Sono parecchi anni che non la vedo, sono felice di ritornare. Anche Edward ha fatto l’addestramento con me, per noi è un po’ come tornare a casa, sai?" sussurrò il ragazzo, poggiando i gomiti sulla ringhiera, e fissando l’orizzonte con aria sognante, quasi commossa. Tomoko si poggiò accanto a lui: "Io non ci sono mai stata, ma conoscevo un ragazzo che ha fatto l’addestramento qui… Purtroppo, è morto assieme al mio migliore amico. Erano fratelli, sai?" mormorò la ragazza; "Allora tu conosceresti Shun dell’Andromeda, il mio predecessore?" interloquì stupito Andrea.

Tomoko annuì: "Certo, non molto bene, ma ero molto affezionata a lui e a tutti gli altri, mi hanno aiutato molto durante l’addestramento in Grecia, per un periodo furono proprio loro ad allenarmi, soprattutto nel periodo tra l’una e l’altra Guerra, quella contro Poseidon, ero appena arrivata, e quella di Hades." Spiegò lei, col viso triste.

Cadde il silenzio.

"Posso chiederti una cosa?" domandò il bruno ragazzo dopo alcuni minuti in assoluto silenzio, "Tu come hai conosciuto i cinque Guerrieri Divini?" pigolò debolmente, assomigliava così tanto al più giovane dei Saints, "Seiya-chan era cresciuto nell’orfanotrofio dove ho vissuto per parecchi anni anche io. Erano anni che lo conoscevo, quando poteva veniva a trovarci. Un giorno, non so perché, venne Lady Saori, accompagnata da Seiya e dagli altri, non l’avevo mai incontrata. Fu in quell’occasione che capii, capii che dentro di me c’era un enorme cosmo latente, l’aveva percepito lei, Athena, e così partii per la Grecia. Passarono lunghi anni d’addestramento, dove io venni sottoposta a lunghissimi ed estenuanti allenamenti, sviluppando impressionantemente il mio Cosmo, ma poi, dopo la Guerra, fui mandata in Italia. Questa è la mia storia." Spiegò la ragazza; al Saint di Andromeda parve quasi che si fosse liberata di un grande peso.

In quel momento, udirono un gran chiasso, e si spaventarono non poco, accorgendosi solo in seguito che erano tutti i loro amici, già svegli e pronti a scendere: "Buongiorno!!" salutò Ed, correndo incontro al bruno Saint di Andromeda, cominciando a parlare fitto fitto con lui, tutti erano eccitati all’idea di partecipare a un Chrisos Synagein, non era molto comune che dei giovanissimi Bronze come loro partecipassero, e si sentivano onorati all’idea.

Intanto, l’alba aveva cominciato a sorgere, illuminando d’oro la superficie del mare e le pendici del vulcano dell’isola, uno spettacolo superbo; Tomoko, che si trovava presso i due compagni, udì distintamente parole di commozione venir fuori dalla voce del biondo Edward: "Guarda, amico. Siamo a casa.".

Andromeda era lì, davanti a loro.

Il loro viaggio era giunto al termine.