CAPITOLO XIV

L'occasione

Fra sudore, fatica e qualche ferita, la prima giornata di allenamento personalizzato si era conclusa un'ora prima del tramonto, dopo una serie interminabile di esercizi, interrotta brevemente soltanto da un momento di ristoro durante il quale maestri e allievi si concessero una pausa. Il clima sereno e ventilato aveva reso più tollerabile il carico di lavoro e a fine giornata tutti i giovani apprendisti, ritrovatisi all'arena dei tornei, insieme al gruppo dei maestri per un rapporto generale sulle attività svolte, apparivano entusiasti più che stanchi.

"Bene allievi, vi è stata concessa una tregua durante la quale potrete rilassarvi e recuperare le energie: potete ritornare all'Accademia e concedervi un bagno ristoratore o, se preferite, godervi il tramonto prima della meritata lavata, gestite come meglio credete il tempo che avete a disposizione..." diceva Sion, soddisfatto per la giornata trascorsa, che lo aveva sollevato dalla monotonia di palazzo, mentre rivestiva le lunghe vesti scure con cui si era presentato al mattino "...E' giunto per me il momento di ritornare al Santuario".

"Arrivederci Grande Sacerdote, a domani" risposero in coro i rispettosi allievi.

"Volete che vi accompagni, Eccellenza?" chiese gentilmente Vera, anticipando Micene.

"Resta pure qui, nobile Sacerdotessa..." le rispose "...posso ancora farcela da solo". Alzando una mano in segno di saluto, si incamminò ma, dopo qualche passo, voltandosi di nuovo, si rivolse al Cavaliere di Gemini:

"Ah, dimenticavo: Saga, ti aspetto nelle mie sale fra un'ora esatta, la giornata di un Primo Ministro non termina di certo così presto".

"Ma certo Eccellenza, non mancherò: appena avrò terminato con i rapporti vi raggiungerò" rispose con un mezzo inchino il Cavaliere.

Durante la scalata del monte del Tempio, il volto di Sion ritornò a farsi pensieroso: troppe questioni in sospeso, troppi fantasmi aleggiavano nella sua mente. Dalla lunga missione affidata ad Arles, che lo aveva privato per molto tempo del suo braccio destro, alla certezza di una nuova guerra, fino allo sguardo assente e pensieroso che il suo fiero Cavaliere della terza Casa aveva mostrato per tutto il giorno. Si volse verso il mare, non potendo ignorare la bellezza dell'infuocato tramonto sull'Egeo, ma si rese conto, con dispiacere immenso, di non provare più la stessa soddisfazione nell'ammirare la meraviglia di quell'angolo di mondo così vivo ma, allo stesso tempo, così in pericolo.

Intanto, all'arena, il concilio tra i vari Cavalieri sembrava stesse giungendo al termine: Saga, con una pergamena in mano, ascoltava proposte e richieste dei suoi compagni, cercando di pianificare un programma dedicato per i giorni successivi. Con voce impegnata e sguardo fisso sulla pergamena, si rivolse a Micene:

"Dunque per te va bene continuare l'addestramento alla collina di Sounion? Non vorresti usufruire delle palestre dell'Accademia o dell'arena?"

"Non ancora, Saga. Shura, Ioria ed io ci siamo trovati molto bene lì: ampi spazi e solitudine, non posso chiedere di meglio. Vero ragazzi?"

"Certo fratello!" rispose Ioria a nome di entrambi.

"Molto bene, è una decisione che mi avvantaggia nella preparazione dei programmi: dunque, Vera tu invece hai chiesto di poter usufruire delle attrezzature dell'arena per i prossimi giorni..."

"Se fosse possibile, naturalmente". Dopo qualche attimo di pausa, Gemini rispose accontentando la richiesta:

"Lo è: il Sacerdote mi ha detto di privilegiare le vostre scelte, quindi per i prossimi giorni sarai tu ad occupare questo luogo per tutto il tempo che riterrai opportuno e di conseguenza le caste inferiori verranno trasferite a Maliasteka per i loro allenamenti..."

"Oh, Saga, ma non voglio far scomodare tutti gli allievi del Cavaliere di Eridano soltanto per..."

"Non preoccuparti, Vera, Fedro aveva già dato la sua disponibilità a lasciare l'arena per concederla a noi: già quest'oggi si è recato al ginnasio di Esperides per lasciare l'arena disponibile al Sacerdote..."

"Oh, ma che noia!" sussurrò d'un tratto DeathMask all'orecchio di Shaka, con tono seccato.

"A te può sembrare noioso, ma senza organizzazione il nostro addestramento proseguirebbe molto più lentamente" rispose il compagno.

"Non lo metto in dubbio, ma il Sacerdote in persona ci ha concesso del tempo libero, perché siamo ancora tutti qui? Adesso ti faccio vedere io..." sorrise spavaldo il primo, rivolgendosi a Sibrando "...Maestro, maestro, possiamo andare a fare due passi? Non credo possiamo esservi d'aiuto in questa circostanza, ma se volete sapere come la penso, domattina sarò pronto a ricominciare anche se mi concedeste un misero pezzettino di terra". Gli occhi di tutti si posarono sul suo sguardo sbarazzino e dopo un attimo di silenzio imbarazzato Vera, con un sorriso, concesse ai giovani il meritato svago:

"E' vero DeathMask, non c'è ragione per cui restiate qui, andate pure, godetevi un po' di libertà".

Rallegrati dalla piacevole notizia, tutti i giovani si avviarono verso Rodorio, dopo un saluto rispettoso verso i propri maestri. Mani ai fianchi e sorriso soddisfatto stampato in volto, DeathMask si rivolse verso Shaka che, nel frattempo, si era avviato insieme agli altri.

"Sei davvero incorreggibile" gli sussurrò il giovane della Vergine.

"Lo so!" rispose con ulteriore soddisfazione il compagno.

"Ragazzi io torno all'Accademia, devo cambiare le bende alla ferita" fece Camus, mostrando la mano destra, fasciata con bende che ormai avevano preso il colore del sangue.

"Cosa ti è successo?" chiese Milo, incuriosito.

"Niente di grave, durante l'allenamento Aphrodite mi ha colpito con una delle sue rose. E devo dire che non è stato per nulla piacevole" disse rivolgendo uno sguardo al suo compagno.

"Scusami amico, ma volendo essere precisi, tu per primo avevi bloccato il mio braccio col tuo cosmo gelido".

"Già, già..." rispose il primo con tono canzonatorio, chiudendo gli occhi, fingendosi offeso.

"Dai Camus andiamo, vengo con te all'Accademia" fece Milo.

"Sono con voi", aggiunse Mur. I tre si diressero verso l'edificio poco distante.

"Beh, io non ho ancora voglia di tornare, vado a fare due passi in spiaggia, chi viene con me?" chiese Aldebaran.

"Eccomi..." rispose pimpante Ioria, felice di sapere che ci fosse qualcun altro nel gruppo che desiderasse spendere ancora del tempo all'aria aperta "...dai Shura vieni!" aggiunse. L'amico accettò, salutando il resto della compagnia.

Shaka intanto si era avviato silenziosamente verso la collina che fiancheggia Rodorio e la separa da Legrena, la cui sommità, a strapiombo sul mare, aveva scoperto essere un luogo perfetto per la meditazione, avvolto da una tranquillità unica, dolcemente scandita dal suono costante delle onde più in basso.

"E tu dove vai?" chiese DeathMask

"A meditare, lassù".

"E allora vacci da solo..." rise il primo "...dai belloccio, andiamo a fare due passi, non vorrai seguire anche tu quell'antipatico!" aggiunse abbracciando Aphrodite. Shaka non rispose, consapevole che DeathMask difficilmente avrebbe apprezzato l'arte meditativa a lui così cara, ma non lo biasimò in cuor suo.

Giunti alla spiaggia dorata, al di là del piccolo porticciolo, Aldebaran, Shura e Ioria osservarono il mare e respirarono a pieni polmoni l'aria ricca di salsedine. Ioria si sgranchì le ossa e cascò al suolo, sbadigliando.

"Bella giornata oggi, ragazzi: intensa e ricca di soddisfazioni".

"Già, non male come inizio..." aggiunse Aldebaran, imitando il compagno "...racconta, quanto vi ha fatto sudare tuo fratello?"

Shura, intanto, si sedette lentamente in silenzio, ascoltando il racconto dell'amico. Quando Ioria nominò Excalibur, notò che Aldebaran lo stesse osservando con aria felice e soddisfatta e, seppur mostrandosi quasi distratto, ne fu in realtà molto orgoglioso. Accarezzando la tiepida sabbia con la grossa mano, Aldebaran sfiorò un piccolo ciottolo liscio e tondeggiante, lo afferrò, senza staccare lo sguardo da Ioria e attese che il compagno terminasse il suo racconto, dopodiché mostrò la pietra ai compagni e con aria di sfida disse:

"Vediamo chi fa rimbalzare più volte un sasso sul pelo dell'acqua?"

Ioria, competitivo e frizzante di natura, accettò immediatamente, balzando in piedi alla ricerca di un sasso adatto alla sfida. Anche Shura accettò e, voltandosi, si chinò per munirsi a sua volta.

"Comincio io" fece Aldebaran. Prese una breve rincorsa e lanciò un tiro potente, ma squilibrato.

"Uno, due, tre, quattro, cinque, sei. Dannazione, che tiro sbilenco!"

"Su, guarda e impara invece di disperarti, buono a nulla!" rispose spavaldo Ioria. Il giovane del Leone prese una rincorsa leggermente più lunga del compagno e lanciò un buon tiro che superò facilmente la precedente prestazione di Aldebaran:

"Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove, die. No, erano quasi dieci! Nove!" Si rivolse soddisfatto al compagno e con una pacca sulla spalla lo irrise scherzosamente.

"Ora tocca a me!" fece Shura. A differenza dei due amici, il giovane del Capricorno lanciò senza prendere alcuna rincorsa. Il suo tiro fu una vera scheggia e dopo i primi balzi, accompagnati dallo sguardo attento dei tre, Ioria iniziò a contare, aumentando ad ogni saltello del ciottolo il tono della voce:

"...cinque, sei, sette, otto, nove, dieci, undici, dodici! Grande, devi insegnarmi la tua tecnica!" Shura, che fino ad allora era rimasto immobile nella posizione del lancio, si rilassò, sorridendo soddisfatto.

"Ma non è possibile..." sbottò Aldebaran, prendendo in mano un'altro sasso "...Fate largo, questa volta non fallirò".

Dalla cima della collina di Rodorio, Shaka, appena giuntovi, stava osservando incuriosito il curioso gioco dei suoi compagni. Era troppo lontano per udire le loro voci, ma distingueva le loro sagome chiaramente: era giunto il turno della rivincita per Aldebaran e il giovane della Vergine lo osservò concentrarsi prima di scagliare un tiro davvero violento che schizzò via a gran velocità. Contò ben sedici balzi e contemporaneamente riuscì perfino a udire l'eco del potente urlo di gioia del giovane Toro. Osservò Shura e Ioria congratularsi con lui e sorrise appena, prima di incrociare le gambe e iniziare la meditazione.

Sotto un nodoso olivo, poco fuori al villaggio, erano seduti DeathMask e Aphrodite. I due non avevano avuto molte occasioni per stringere un legame forte e infatti i loro discorsi, almeno inizialmente, rimasero volutamente sul vago, fin quando il giovane di Cancer ruppe il ghiaccio con la sua solita irriverenza:

"Che bizzarro che sei, belloccio". Aphrodite, stupito, non volle rispondere. DeathMask, distogliendo lo sguardo, ma senza rinunciare al suo sorriso sfacciato, continuò gesticolando:

"Un Cavaliere d'Oro che gioca con le rose..." non riuscì a trattenere un sorriso, proseguendo con voce leggermente stridula "... se non è bizzarro questo, Aphrodite?"

"Tu scherzi perché non conosci il vero potere delle rose dei Pesci" rispose offeso il compagno.

"Perché tu sì? Mi pare che in questi giorni tu non abbia fatto altro che giocare con dei normalissimi fiori".

"Le rose dei Pesci..." proseguì indispettito Aphrodite, difendendosi dagli sfottò "...sono fiori dall'immenso potere: durante l'allenamento odierno Vera mi ha insegnato la tecnica per poter incanalare il cosmo nelle tre rose del mio segno, la nera, la rossa e la bianca: sarà una pratica impegnativa e molto pericolosa, che mi costringerà a stare lontano da voialtri durante le prove per evitare che l'effetto delle rose possa contaminarvi ora che non sono ancora in grado di gestire appieno il mio potere. Esse possono avere l'effetto di un potente veleno su chi non è in grado di difendersi con un cosmo adeguato..." tacque per un secondo, osservando il compagno che, dall'espressione, sembrava credere a stento a tali parole, poi aggiunse voltandosi "...Tu, piuttosto, hai un potere davvero strano!"

"Non iniziare anche tu con questa storia!" sbottò il giovane del Cancro.

"DeathMask non fraintendermi, io capisco la tua situazione e credo che il tuo modo di pensare non debba essere biasimato. Non che sia giusto dubitare di Atena, in fondo sai bene anche tu che senza la sua divina intercessione saremmo uomini soli: pur provenendo da una terra lontana, il mito di Atena è giunto fino al mio popolo, tu che vieni da lidi vicini non puoi ignorarne gli insegnamenti".

"Proprio perché conosco il mito meglio di te, posso affermare certe cose: Atena è dea della saggezza e della guerra nobile, ti sembra saggio e nobile perpetuare un conflitto che dura dai tempi del mito?"

"E tu hai mai pensato che magari non è così semplice ergersi come unica divinità olimpica dalla parte degli uomini?" rispose Aphrodite animandosi, ma senza alzare la voce, per evitare che nessuno origliasse la conversazione, memore degli eventi di qualche sera prima.

"Ecco perché credo che serva maggior decisione ed un governo più forte. Che sia Atena a reggerlo, non ho nulla in contrario, ma che sia saldo, che trovi alleati in giro per il mondo e che non si limiti a reclutare ed allenare di nascosto giovani come noi..." si fermò per qualche istante, osservato attentamente da un Aphrodite pensieroso, poi, per essere ancor più incisivo, concluse con voce tranquilla "...io farei così, piuttosto che continuare testardamente ad arroccarmi in questo luogo che pare fondato fuori dal tempo e dal mondo. Detto francamente..." e qui riprese il controllo di se stesso, abbassando nettamente il tono di voce "...il Sacerdote mi sembra soltanto un povero vecchio, ha fatto il suo tempo ormai, cosa aspetta a dare il governo ad uno dei Cavalieri d'Oro? Sembrano svegli quei due tipi, non trovi?"

"Immagino di sì..." rispose l'amico guardandosi intorno preoccupato, prima di continuare "...ma non puoi parlare in questo modo del Sacerdote: è venerato quasi più di Atena dai suoi seguaci, è un vero baluardo..."

"Baluardo..." rise con una smorfia divertita il compagno "...un tempo forse! Micene e Saga sono uomini che mi ispirano molta più fiducia, soprattutto Saga".

"Per quale motivo?" chiese l'amico.

"Dal primo momento mi è sembrato molto più intrigante e distaccato, da' l'impressione di essere uno che sa bene il fatto suo, che non lascia mai niente al caso".

"Anche Micene mi sembra un ottimo Cavaliere".

"Certo, ma credo che si faccia troppo influenzare dai rapporti umani che lo legano ai suoi compagni e a noi. Ricordi due giorni fa, quando per la prima volta si avvicinarono a noi all'arena?"

"Certo, Micene si è seduto accanto a me, è stato davvero emozionante".

"Ecco, mentre tu eri incantato da Micene..." rispose con supponenza DeathMask "...io ho osservato il Cavaliere dei Gemelli. Ricordi? Rimase in disparte, impassibile e distaccato. Micene invece preferisce un approccio a mio avviso troppo morbido e gentile con noi, personalmente se dovessi immaginarmi Cavaliere d'Oro, preferirei essere come Saga".

Aphrodite abbassò lo sguardo, non sapendo cosa rispondere.

"Io credo che essi incarnino due modi di essere complementari..." disse, trovando infine le giuste parole "...non a caso sembra che i due siano ottimi amici, oltre che buoni compagni. Possiamo imparare molto da entrambi".

"Avanti, non ti stanno ascoltando..." lo interruppe DeathMask, dandogli una piccola spinta "...non aver paura di giudicarli!"

"Beh, DeathMask, ammiro molto Micene per la sua affabilità, la sua capacità di infondere fiducia e per il profondo rispetto che nutre nei nostri confronti, nonostante siamo solo dei giovani apprendisti. Ricordi la sua visita all'Accademia? E' un uomo che non prova vergogna nell'esternare la sua gentilezza, nonostante la grandezza della sua carica. Saga tiene per sé tutte le sue emozioni e sembra molto riservato. Difficile da giudicare da questo punto di vista, ma concordo quando affermi che si tratta di una persona dall'indiscusso fascino". DeathMask rise, chiudendo gli occhi.

"Cosa c'è adesso di così divertente?" chiese Aphrodite, con un filo di rabbia. Il compagno rise più forte.

"Ehi, ehi, stai calmo belloccio..." rispose DeathMask mettendo le mani avanti, come per scusarsi "...finora ti avevo sempre considerato una persona di poche parole e..." rise ancora, poggiando una mano sulla spalla del compagno "...anche un bel po' antipatica se devo essere sincero, ma fortunatamente mi sbagliavo: sei uno dei pochi che non vuole parlare con me con l'intento di farmi la predica tra una parola e l'altra..." Diede tre pacche vigorose all'amico e si alzò, sbadigliando rumorosamente, poi aggiunse per schernirlo "...peccato solo che tu sia ancora un bel bimbetto indifeso..."

"Non prendermi in giro, idiota! E poi hai solo un anno più di me!" lo interruppe Aphrodite, stizzito, alzandosi a sua volta.

"E vedo che hai anche un bel caratterino! Chi l'avrebbe mai detto?..." e non riuscì a continuare, ormai in preda ad una gran risata.

Dopo pochi istanti i due giovani amici udirono delle voci farsi sempre più vicine, ma ne riconobbero soltanto la prima:

"Quindi hai deciso di continuare ad allenarti?"

"Sì Micene, anche se sarà difficile farlo con regolarità, ci proverò. Chissà se un giorno potrò ambire ad un'Armatura".

"Hai un ottimo fisico e una buona tecnica, inoltre sei ancora abbastanza giovane per essere candidato alle vestigia".

"Grazie amico! Purtroppo, però, sono alcuni giorni che non mi dedico affatto all'allenamento: da quando mia madre si è ammalata devo sbrigare anche alcune faccende domestiche, oltre che lavorare nei campi".

"Senza l'aiuto di voi brava gente di Rodorio, che sostiene l'economia del Tempio, noi Cavalieri non potremmo svolgere il nostro compito, e di questo devi sentirti molto orgoglioso. Se un giorno potrai ambire ad un'Armatura, sarò molto felice di addestrarti personalmente, amico mio. A proposito, come sta tua madre?"

"Non sembra nulla di particolarmente grave: è a letto da qualche giorno, in assoluto riposo. Spero soltanto che si riprenda presto".

"Lo spero anch'io".

"Salute nobile Micene!" fece Aphrodite, interrompendo i due uomini.

"Salute a voi! Ancora in giro giovanotti? E dove sono gli altri?"

"Vostro fratello, Shura e Aldebaran hanno raggiunto la spiaggia..." rispose Aphrodite, indicando con la mano "...gli altri, ed eccezione di Shaka, sono già rientrati".

"E dov'è il giovane indiano ora?"

"Ah, quel simpaticone è sempre molto socievole maestro Micene..." intervenne DeathMask sgranchendosi le ossa "...è lassù: sempre da solo, sempre in meditazione. E' così diverso da noi..."

A quelle parole, Micene aggrottò la fronte e scrutò lontano: era forse giunto il momento che tanto aveva atteso. L'uomo al suo fianco, fino ad allora rimasto in silenzio, intervenne per congedarsi:

"Micene, per me è giunto il momento di ritornare a casa".

"Certo, ma lascia prima che ti presenti a questi due giovani allievi: Aphrodite, DeathMask, vi presento il mio amico Galarian. Galarian, ti presento due dei futuri Cavalieri d'Oro!"

"Salve signor Galarian!" fecero i due giovani.

"Salute, è un vero onore per me conoscervi..." rispose il ragazzo con un sorriso, prima di aggiungere "...E spero di rivedervi presto! Arrivederci!"

"Arrivederci signor Galarian!"

"A presto Galan, pregherò per tua madre" sussurrò Micene all'amico, dopo un abbraccio amichevole.

"Vogliate scusarmi ragazzi..." fece poi il Cavaliere di Sagitter, rivolgendosi con un sorriso ai due allievi "...devo raggiungere il vostro compagno Shaka, vi auguro un buon proseguimento. Ci rivedremo domattina!"

"A domani maestro Micene!" risposero i due.

Shaka continuava a meditare, aprendo gli occhi, di tanto in tanto, per osservare il mare placido che, nel frattempo, aveva inghiottito quasi completamente il sole: il mare era forse la scoperta più piacevole che il giovane avesse fatto da quando aveva lasciato il monastero, incastonato sulle montagne ai piedi del tetto del mondo, per raggiungere la Grecia. Ad un tratto, mentre la brezza sembrò placarsi, udì i passi di Micene che, avvicinandosi, schiacciava la vegetazione arida e secca con le sue scarpe metalliche. Il Cavaliere del Sagittario si fermò a pochi passi da lui ed esordì gentilmente:

"Buonasera Shaka, mi dispiace aver interrotto la tua meditazione..."

"Niente affatto nobile Micene, siete il benvenuto" rispose il giovane voltandosi, pur rimanendo nella sua solita posizione. Era la prima volta che un importante esponente del Grande Tempio si rivolgeva a lui in modo informale, cosa che lo mise leggermente a disagio.

"Posso sedermi al tuo fianco?" chiese Micene.

"Ma certo". Il Cavaliere si affiancò, appoggiando un braccio sul ginocchio destro e lasciando penzolare la gamba sinistra nel vuoto del versante affacciato sul mare. Con parole misurate e molto pacate, Micene cercò di instaurare subito un rapporto quasi fraterno col giovane apprendista, sperando di guadagnarsi la sua fiducia:

"Bel panorama, non trovi?"

"Sì, mi piace osservare il mare, non l'avevo mai visto prima del mio arrivo in Grecia". Micene sorrise.

"Posso dire di essere nato in mare, caro Shaka: è un elemento che ha sempre fatto parte della mia vita". Poi decise di cambiare argomento, avvicinandosi pian piano all'obiettivo della sua visita:

"I tuoi amici mi avevano detto che ti avrei trovato qui: sai, se non sono troppo indiscreto, vorrei farti qualche domanda".

"Chiedete pure" rispose Shaka, intuendo però che rispondere non sarebbe stato semplice.

"Siamo rimasti molto colpiti dai vostri poteri: siete giunti al Tempio che eravate in grado di manipolare più o meno volontariamente il vostro cosmo..." Micene aveva deciso di non andare subito al sodo della questione, ma si rese conto fin da subito che della semplice retorica non sarebbe stata utile nei confronti di un ragazzo acuto come il giovane indiano, ruppe perciò gli indugi e proseguì con più incisività, mentre Shaka ascoltava in silenzio: "...tu, però, a differenza dei tuoi compagni sembri possedere non soltanto mirabili capacità nonostante la giovane età, ma anche una grande consapevolezza dei tuoi mezzi, come se prima di giungere in Grecia avessi preso parte ad un addestramento mirato per diventare, cosa assai strana in verità, Cavaliere della Vergine..." a quelle parole Shaka fece un profondo respiro, consapevole del fatto che, prima o poi, qualcuno avrebbe approcciato l'argomento. D'altronde sapeva bene che quel Kan mostrato in allenamento lo aveva smascherato agli occhi dei maestri.

"Non crediamo di sbagliare nelle nostre supposizioni..." continuò Micene, in tono più serio, alludendo ai suoi compagni Cavalieri "...ma te lo chiedo lo stesso, Shaka: sei stato allenato da qualcuno prima di giungere in Grecia?"

Il giovane non ebbe il coraggio di rispondere e abbassò istintivamente lo sguardo.

"Non devi sentirti in imbarazzo..." cercò di consolarlo Micene "...e scusami per essere stato così scortese, ma in qualità di Cavaliere d'Oro e maestro vorrei che mi aiutassi a capire e scoprire se le mie supposizioni siano esatte". Sorrise. Shaka finalmente prese coraggio ed iniziò a parlare, volgendo il capo verso Micene, ma tenendo sempre lo sguardo basso:

"In qualità di miei maestri d'arme, avete il diritto di sapere ed io ho il dovere di rispondere, nobile Micene: è vero, sono stato allenato fin dalla più tenera età nelle arti marziali e nella meditazione applicata alla lotta e sono giunto qui in Grecia con un buon bagaglio di tecniche. Tecniche proprie del Cavaliere della Vergine!" Sospirò dopo aver ammesso il suo grande segreto.

"Continua pure, non avere timore".

"Che io ricordi, medito quotidianamente da sempre ed affino la mia mente ogni giorno a stretto contatto con la natura che mi circonda. Sono abituato alla quiete ed al silenzio, cosa che mi spinge a ritirarmi fin quassù quando ne ho l'opportunità. Grazie alla concentrazione ho risvegliato il mio cosmo in tenera età e l'ho coltivato finora, raggiungendo alcuni importanti obiettivi quando mi trovavo ancora in India. Inutile tacere oltre: come ho dato già modo di mostrare, so ben adoperare la tecnica difensiva chiamata Kan, che oltretutto è la prima abilità che appresi. Ma non è stata mia intenzione fare sfoggio delle mie capacità..." disse cercando di giustificare lo spettacolo offerto giorni prima "...non ho voluto umiliare DeathMask in quell'occasione: non avevo altre possibilità per controbattere, senza la barriera mi avrebbe di certo sconfitto. Se c'è una cosa di cui sono certo è che i miei compagni siano abilissimi anche se non padroneggiano ancora le tecniche proprie dei rispettivi segni zodiacali". Micene sorrise.

"Queste parole ti fanno onore Shaka. Ora continua ti prego, il tuo racconto è molto interessante". Micene, sperando che un atteggiamento amichevole riuscisse a sciogliere il muro di pudore che il giovane aveva creato tra sé ed il suo interlocutore, appariva rilassato e disinteressato, celando tuttavia un pizzico di inquietudine in cuor suo. Shaka continuò:

"Dopo il Kan ho appreso l'arte mentale che consente la trasmigrazione dell'anima e che voi qui al Tempio chiamate col nome di Volta di Minosse, due anni fa ho preso piena consapevolezza del potere spirituale della capitolazione dei demoni, che voi conoscete come Abbandono dell'Oriente, infine, poco prima del mio arrivo in Grecia, ho iniziato un esercizio mentale molto intenso che nelle intenzioni iniziali mi sarebbe stato utile per padroneggiare la tecnica suprema dell'attacco unito alla difesa, il Sacro Virgo. Grazie a maestro Sibrando potrò affinare queste tecniche ed apprenderne di nuove, mi ha confidato, infatti, di essere stato allievo dell'ultimo Cavaliere della Vergine." Il giovane di Virgo tentò di sviare l'attenzione di Micene, introducendo nella conversazione elementi estranei alla sua situazione personale precedente all'arrivo in Grecia, come il riferimento agli insegnamenti del Cavaliere della Coppa ed il suo legame con il precedente Cavaliere d'Oro della sesta Casa. Micene, tuttavia, non cadde nel gioco di parole , misurando a sua volta parole e gesti per esporre la domanda più difficile, alla quale non era sicuro avrebbe ottenuto una risposta:

"Sì, è vero, è stato allievo del maestro Ojas, ricordato da tutti come uomo saggio e misurato, ma io non ho mai avuto il piacere di conoscerlo, essendo giunto al Tempio dopo la sua partenza per l'Oriente..." fece una pausa "...La storia che narri è affascinante davvero, ma mi spinge con forza a farti una domanda forse un po' indiscreta..." dopo una seconda pausa chiese infine: "...chi è stato il tuo maestro?" Shaka ammutolì, in un misto tra imbarazzo e terrore.

Micene, in quel silenzio, intuì probabilmente ciò che il giovane cercava di nascondere per pudore, ben consapevole della secolare alleanza che univa il ministero di Atena alle sfere più alte del buddismo orientale, ragion per cui decise di non insistere ulteriormente, come il Grande Sion gli aveva consigliato di fare, in uno dei loro incontri al Santuario, durante il quale il Cavaliere aveva espresso la sua disponibilità a parlare con il sorprendente giovane; si alzò perciò in piedi per un saluto:

"Non preoccuparti, ho già abusato abbastanza della tua cortesia". I due vennero in quel momento distratti da un rumore di passi.

"Ho interrotto la vostra discussione?" chiese Shura in lontananza. Shaka si alzò a sua volta.

"Vieni pure allievo, io stavo giusto per andar via" fece Micene in tono cordiale.

Il giovane del Capricorno si avvicinò velocemente, tenendo qualcosa nella mano sinistra.

"Cos'hai in mano?" chiese Micene.

"Sono more, le ho trovate ai piedi della collina in mezzo a tutti quegli arbusti. Il clima clemente di questo inizio di autunno ha permesso una maturazione prolungata, prendete, sono davvero squisite!"

Micene accettò volentieri mentre Shaka, dopo un secondo incitamento di Shura, ne prese una.

"Davvero ottime nonostante siamo ormai fuori stagione. Ben fatto, allievo" sorrise. Fece, poi, qualche passo per congedarsi dai due, rivolgendosi a Shaka:

"Grazie del tempo che mi hai concesso, sei stato molto gentile, ti ringrazio" e si allontanò.

"Grazie a voi maestro Micene" rispose titubante il giovane.

I due giovani compagni rimasero soli sulla cima della collina, guardandosi negli occhi. Shura si portò altre due more alla bocca, macchiandosi le dita col succo di qualche chicco.

"Cosa vi siete detti?" chiese il giovane spagnolo.

"Nulla di importante. Alla fine chi ha vinto?" chiese prontamente Shaka, cambiando discorso. Shura non seppe cosa rispondere, per cui il primo rivolse lo sguardo in basso, verso la spiaggia. Voltandosi, il giovane Capricorn intuì e rispose con un sorriso:

"Ah, la sfida dei ciottoli! Aldebaran è imbattibile, ha una forza mostruosa in quel braccio, ma su prendine ancora" aggiunse, porgendo la mano con i frutti al compagno, che questa volta accettò subito.

"Squisite vero?" chiese soddisfatto. Shaka annuì.

"Andiamo ora, si fa sera".

"Hai ragione Shaka, è quasi ora di cena e ci aspetta ancora un meritato bagno caldo".

I due compagni, che mai prima di allora avevano conversato da soli, discesero discutendo della giornata appena trascorsa e mangiando insieme le more rimanenti, mentre il buio avvolgeva l'Attica meridionale, consentendo al firmamento di brillare in quella serata serena e placida.