CAPITOLO III

Addestramento

I futuri Cavalieri si addormentarono, ripensando, ognuno in cuor proprio, al battibecco che si era generato poco prima. Non era stato il miglior modo per iniziare quella nuova fase della loro vita, ma alcuni cercarono di credere ottimisticamente che l'evento fosse stato qualcosa di più unico che raro, mentre altri, tra cui i principali responsabili della discussione, ritennero che ci sarebbero state altre occasioni per discuterne ancora, che lo avessero voluto o meno.

Il giorno dopo si iniziò a fare sul serio: sveglia presto e subito in arena per i primi addestramenti. A differenza del giorno precedente, l'aria era più fresca ed il cielo nuvoloso preannunciava pioggia imminente. Rinvigoriti dal riposo notturno, gli allievi apparivano molto rilassati, come se avessero dimenticato gli eventi della sera precedente, pronti piuttosto a qualsiasi impresa, tanto era forte il desiderio di iniziare ad allenarsi, dopo le eccitanti parole sull'addestramento e le Armature udite per bocca di Zenas e Sion. Nell'atrio dell'arena, dove il giorno prima avevano scambiato alcune parole, i giovani indossarono alcune armature da allenamento fatte di legno e cuoio.

"Finalmente il gran giorno è arrivato" sussurrò Milo all'orecchio di Camus che, allacciandosi uno spallaccio, annuì convinto.

Vennero chiamati nell'arena dove alcune Sacerdotesse guerriere, dopo essersi presentate, iniziarono ad elencare le attività che sarebbero state svolte nel corso della giornata, mentre alcuni Cavalieri di Bronzo e d'Argento stavano allestendo l'arena con grossi massi e tronchi d'albero che sarebbero serviti durante le prove.

Un breve riscaldamento precedette l'allenamento fisico vero e proprio. La Sacerdotessa più esperta del gruppo, Vera della Costellazione dell'Uccello del Paradiso, impartiva gli ordini sia alle sue sottoposte che ai Cavalieri di Bronzo e d'Argento: tutti si davano da fare, allievi e maestri, probabilmente per fare bella figura agli occhi dei Cavalieri d'Oro che osservavano il tutto dalla sommità delle gradinate.

Aldebaran si trovava a suo agio, sovrastando col fisico possente tutti i suoi compagni, ma gli attacchi scoordinati che portava non entusiasmavano molto i suoi maestri:

"Aldebaran non così! Lasci il petto scoperto se attacchi in quel modo e dai al nemico la possibilità di rompere le tue difese", diceva una Sacerdotessa.

"Non è vero, io sono forte come un toro e nessuno può fermarmi!" rispose il giovane, convinto dei propri mezzi.

"Avanti allora, fa' vedere!" lo provocò la Sacerdotessa, approfittando dell'irruenza del suo allievo per impartire la prima importantissima lezione. L'apprendista si lanciò all'attacco, restando però colpito in pieno petto dopo la carica da un colpo preciso scagliato dall'abile donna.

"Mi avete fatto male!" urlò Aldebaran, venendo prontamente ammonito dall'addestratrice:

"Te lo meriti, sei irruento nei movimenti ed attaccando con le braccia troppo aperte metti in crisi la tua difesa. Se un giorno sarai davvero il nuovo Cavaliere del Toro non potrai permetterti queste negligenze: il Toro deve saper bilanciare l'attacco con la difesa, non può contare solo sulla dirompenza fisica. I colpi bruti e scomposti non servono a nulla, ricordatèlo tutti, mi rivolgo ad ognuno di voi. Un avversario si sconfigge prima con la testa e poi con le tecniche e i colpi segreti. Dovete imparare ad utilizzare correttamente le vostre capacità ed adeguarle in base alle caratteristiche dell'avversario: nessuna risorsa è utile se non la si usa a dovere."

"Avete ragione, chiedo perdono" rispose in modo sommesso il buon Aldebaran.

"Su non fare così, ti rifarai presto, ne sono sicuro" lo confortò Mur, dandogli una pacca sulla spalla.

Dopo qualche consiglio di Vera, che nel frattempo aveva preso il controllo della situazione, congedando i suoi sottoposti, riguardanti la giusta postura da avere in combattimento quando ci si difende, gli allievi vennero sottoposti ad una prova un po' più impegnativa delle altre: era giunto il momento di testare le loro capacità innate ed il livello cosmico posseduto in quel momento, prima di ulteriori fasi dell'addestramento in cui la padronanza del cosmo sarebbe stata affinata con esercizi mirati.

"Verrete chiamati uno per volta e dovrete cercare di fare quanti più danni possibile colpendo questi macigni con tutta la forza che riuscirete a sprigionare. Ma badate, non deve essere soltanto un colpo di forza bruta: se davvero sarete Cavalieri, allora dovrete imparate a gestire il cosmo che già riesco a percepire in ognuno di voi. Siete riusciti a risvegliare la vostra energia spirituale in età molto giovane, quindi avrete almeno per una volta provato la sensazione di esaltazione che ravviva il corpo e la mente quando si richiama il cosmo. Ricordate, ripensate ai momenti in cui vi siete sentiti più vivi che mai, al brivido che liberava il corpo dalle fatiche e la mente dalle paure, all'irresistibile vitalità che faceva vibrare le vostre vene! Quell'energia è il cosmo e dovrete riuscire a trasformarlo nel vostro potere supremo, provandoci già da ora" disse Vera con trasporto, rivolta agli allievi.

"Sì nobile Vera" risposero convinti tutti i giovani, ricordando il momento della loro vita nel quale sperimentarono per la prima volta il curioso effetto descritto in modo appassionato da Vera e che mai prima di allora, nell'ingenuità di bambini, avevano pensato fosse un potere tanto grande.

Si alzò un vento leggero e il clima sembrò peggiorare ma nessuno ci fece caso, soprattutto i giovani allievi, che non vedevano l'ora di tentare i loro colpi. Vera ricevette una pergamena da una delle sue collaboratrici, la srotolò ed iniziò a chiamare gli allievi:

"Mur, fatti avanti". Il giovane dello Jamir si avvicinò con la sua invidiabile tranquillità dipinta sul volto; Vera lo squadrò con lo sguardo, poi tornando con gli occhi sulla pergamena proseguì:

"Dunque tu sei Mur del segno d'Ariete. Appartieni alla stessa Costellazione del nostro Sommo Sacerdote. Bene, i poteri e le tecniche dell'Ariete sono fortemente legati alla materia astrale: polvere di stelle, turbini ed onde lucenti saranno le tue abilità un giorno, ma per ora fammi vedere di cosa sei capace, concentrati, rilassati, prenditi il tempo che serve e poi colpisci il macigno".

Intanto Shura, sottovoce, diceva ai suoi compagni:

"Io ieri ho avuto un piccolo assaggio dei poteri di Mur, è davvero molto bravo, state a vedere".

Mur posò una mano sulla grossa pietra, chiuse gli occhi e si concentrò; passarono i secondi e una strana polvere sembrò scaturire da sotto il palmo che toccava la roccia poi, con un gesto deciso ma non violento, fece pressione sul masso il quale venne perforato da parte a parte. Mur lasciò la presa e qualche piccolo punto luminescente si dileguò velocemente dalla sua mano.

"Straordinario, chi l'avrebbe mai detto che quel ragazzetto fosse già così capace..." esclamarono alcuni giovani Cavalieri di Bronzo che in precedenza avevano preparato l'arena disponendo massi e fusti, osservando in disparte.

Mur, soddisfatto, ritornò dai compagni che si congratularono con lui.

"E' il turno di Aldebaran della Costellazione del Toro!" Il giovane, sentendosi chiamare, si avvicinò prontamente.

"A differenza dell'Ariete..." spiegò Vera "...il Toro colpisce in modo molto diretto ed essenzialmente utilizzando due pose, a seconda delle situazioni e del peso che si vuol dare alla difesa ed all'attacco. Fammi vedere di cosa sei capace, concentrati e colpisci con tutta la forza che hai".

Aldebaran chiuse gli occhi e quando si sentì pronto rivolse, sicuro, lo sguardo alla roccia allungando le mani e tenendo i palmi ben aperti. Prese poi una piccola rincorsa e si scagliò con un grido potente contro il macigno, che crepò in più punti e si sbriciolò in un attimo. Pulendosi le mani in modo soddisfatto, con il suo consueto sorriso, tornò dai compagni che festeggiarono con un sorriso l'ennesima impresa.

"E' una vera sorpresa scoprire che siano già tutti così potenti ed abili nell'utilizzo del cosmo" pensava Vera estraniandosi brevemente dalla realtà. Ritornò al suo compito posando di nuovo lo sguardo sulla pergamena:

"DeathMask del Cancro fatti avanti...non è DeathMask il tuo vero nome, non è così?" fece all'allievo.

"Io sono DeathMask!" rispose convinto il giovane a mani conserte, fingendo di essere offeso.

"Come vuoi..." disse Vera "...la tua abilità sarà sfruttare ed interagire con la materia spirituale, ma per ora vediamo cosa riesci a fare con questo masso".

I compagni di DeathMask rimasero stupiti quando udirono le parole di Vera: era dunque vero che il giovane di Cancer riusciva a percepire le anime dei defunti .

"Ecco spiegato il suo tormento" pensarono i giovani.

Intanto il giovane si stava concentrando, ma in modo diverso dai suoi predecessori: stava col capo abbassato e gli occhi chiusi, quando ad un certo punto iniziò a sussurrare, rivolgendosi a chissà chi:

"Aiutatemi...su aiutatemi...bene..." alzò un braccio, poi indicò la roccia e gridò "...adesso!" La roccia si frantumò di colpo sotto gli occhi stupiti di tutti i presenti.

"Vi ringrazio" sussurrò DeathMask, voltandosi alla sua destra.

"Straordinario, non trovi Saga?"

"Sì Micene, i loro poteri sono notevolissimi, ancor più ampi di quelli che avevamo preventivato".

"Già, il Sacerdote ci ha visto giusto anche stavolta! Ora tocca a mio fratello, sono proprio curioso!" rispose Micene, che non attendeva altro che osservare gli eventuali progressi dell'amato Ioria.

"Ruggisci fratello!" pensò in cuor suo.

Dall'alto della loro posizione i due Cavalieri d'Oro osservarono Ioria avvicinarsi alla roccia, attendere qualche secondo, per poi scagliare un deciso pugno che generò qualche piccolo fascio luminoso. L'ennesimo macigno cadde sotto i colpi dei giovani allievi.

"Bravo fratello mio, sono orgoglioso di te" sussurrò Micene, rilassandosi ed accennando ad un sorriso.

Dopo fu il turno dell'introverso Shaka, che aveva particolarmente impressionato i due Cavalieri d'Oro fin da subito.

"Avremo la possibilità di giudicarlo meglio ora, Micene".

"Vediamo se i nostri sospetti erano fondati".

Shaka si sedette nella sua consueta posa meditativa: bastarono pochi secondi ed il masso levitò in aria per poi venire distrutto. I Cavalieri d'Oro riuscirono, nel breve lasso di tempo in cui il giovane liberò il suo cosmo, a distinguere chiaramente un grande potere spirituale.

"Quel ragazzo ci nasconde qualcosa Micene, chi l'avrà addestrato prima del suo arrivo in Grecia? Sembra che abbia già acquisito il Settimo Senso! Seppur per un brevissimo istante, il cosmo di quel ragazzo mi è apparso nitido ed esteso." Il Cavaliere di Sagitter non rispose, limitandosi ad una smorfia pensierosa e riflessiva. Aggiunse qualcosa solo dopo qualche secondo:

"Vedrò di saperne di più..."

"Che intendi dire, Micene?"

"Mi rivolgerò al Sacerdote e chiederò il permesso di parlare in privato con quel ragazzo!"

Questa volta fu Saga a non rispondere, osservando negli occhi il compagno ed annuendo appena.

Venne il turno di Milo della Costellazione dello Scorpione, al quale Vera si rivolse con la solita decisione:

"Lo Scorpione attacca in modo estremamente rapido e preciso, fa' del tuo meglio Milo!" Quest'ultimo osservò con attenzione il masso assegnatogli, cercando qua e là i punti più adatti dove colpire. Con un urlo partì alla carica e colpì in modo veloce e preciso il macigno in più punti, perforandolo in diverse parti.

"Molto bene. Venga ora avanti Shura del Capricorno. A te verrà assegnato un grosso tronco di quercia, invece che una roccia. Dovrai tentare di tagliarlo perfettamente a metà: è il minimo che tu possa fare se ambisci a diventare il custode della Decima Casa, perciò avvicinati a quel fusto posizionato lì in fondo ed agisci!"

"Non c'è alcun problema nobile Vera" rispose Shura convinto, avvicinandosi al grosso tronco e preparando il suo braccio, così come fece il giorno prima quando mostrò all'amico Mur il suo potere. Con un urlo deciso tagliò perfettamente a metà il grosso fusto.

"Excalibur avrà un custode più che degno" pensò Vera, che poi chiamò Camus nato nel segno dell'Aquario.

"La tua prova è questa Camus..." disse porgendo all'allievo il bracciale di un'armatura da allenamento, fino ad allora poggiata in terra "...prova a raffreddarlo, se ne sei capace!"

Camus prese in mano il pezzo dell'armatura, lo strinse forte ed iniziò ad assorbire l'energia interna del bracciale come se fosse la cosa più naturale al mondo, iniziando a congelarlo.

"Va bene così, puoi fermarti, vedo che agisci sugli atomi in maniera molto efficace, la tua sfida più grande sarà d'ora in poi il raggiungimento dello zero assoluto..." disse Vera, colpita dall'ennesima ottima dimostrazione "...Sai cosa vuol dire raggiungere lo zero assoluto, Camus?" chiese.

"No, nobile Vera, ma posso immaginare che tale termine indichi una temperatura molto bassa..." rispose l'allievo, mostrando una buona perspicacia.

"La più bassa raggiungibile in natura, per essere precisi, ma soltanto in teoria. O così dovrebbe essere: il cosmo è una fonte inesauribile di energia ma, allo stesso modo, può essere visto come serbatoio di enorme capacità, nel quale può essere convogliata l'energia interna di ogni elemento che ci circonda, avendo la possibilità di raffreddare all'istante l'ambiente circostante. In base alla tua abilità di manipolazione del cosmo, potrai avvicinarti sempre più a tale bassissima temperatura".

"Capisco..." rispose l'allievo "...cercherò di fare del mio meglio".

"Aphrodite tocca a te, vieni avanti" . Il bel giovane si fece avanti, richiamato dalla Sacerdotessa.

"Da qualche millennio i Cavalieri dei Pesci hanno modificato le loro tecniche, basandosi sulla creazione di rose di varia natura dall'inimmaginabile potere. A tal proposito, sei in grado di stupirmi anche tu, come hanno fatto i tuoi compagni?"

Aphrodite annuì e poggiò una mano in terra iniziando a generare attorno alle sue dita dei piccoli steli di un bel verde acceso.

"Sapete nobile Vera..." disse rivolgendosi soddisfatto all'addestratrice "...la prima volta che riuscii a fare questo pensai che fosse la mia immaginazione di bambino a giocarmi dei brutti scherzi. Ora grazie alle vostre parole, capisco che questo è il potere affascinante del cosmo".

"Felice di leggere entusiasmo nelle tue parole, giovane allievo, ma non perdere la concentrazione" fece l'addestratrice. Dopo qualche istante , Vera tornò con lo sguardo a terra, notando un bel fiore dai candidi petali.

"Vi ringrazio..." fece la Sacerdotessa, dopo la buona prestazione dell'ultimo allievo, con tono soddisfatto, passandosi una mano nei folti capelli castani "...avete offerto uno spettacolo interessante. Sapevo benissimo che sareste stati in grado di superare queste prove, i vostri cosmi sono sorprendenti ma..." e qui si fece più seria "...voglio assicurarmi che non pensiate che sia tutto così semplice. Gli aspiranti Cavalieri d'Oro devono affinare il proprio potere, elevare la propria mente, trascendendo la natura sensoriale delle percezioni e giungere ad una perfetta comprensione di se stessi e del mondo circostante. Badate, l'onore supremo che riceverete comporta responsabilità non da poco: un Cavaliere di Atena, a qualunque rango appartenga, si deve ergere indefesso a tutela della pace anche nei momenti più difficili, anche quando può sembrare che tutto sia perduto e voi, che avete nel destino le Armature più ambite e potenti, dovrete fare della vostra vita un modello da seguire, per tutti. Guardate!..." e puntò il dito verso la Meridiana dello Zodiaco, che spiccava candida tra le rocce del monte del Tempio, poco distante "...Lo sforzo impassibile ed eterno delle cariatidi che sorreggono la Meridiana. Voi, futuri custodi dei sacri palazzi, siate fieri ed instancabili portatori del vostro peso, come le vergini canefore al vostro cospetto".

Poi fu il silenzio, rotto solo dal vento proveniente dal mare che pian piano aumentava d'intensità, facendo spumeggiare in modo sempre più fragoroso le onde che si infrangevano sulle coste alte e rocciose del non lontano promontorio di Sounion, a sudest.

Fu Aldebaran, profondamente toccato da quelle parole, a rivolgersi dopo qualche istante all'addestratrice, stringendo forte i pugni:

"Nobile Vera, noi lo saremo! Noi ce la faremo, ne sono sicuro..." poi, riscontrando approvazione negli sguardi di alcuni suoi compagni, aggiunse convinto "...saremo in grado di affrontare al meglio ogni evento che il Fato vorrà porre sul nostro cammino".

"Giusto" rispose convinto Milo.

"Ben detto" ruggì esaltato Ioria.

Intanto i Cavalieri d'Oro furono distratti da un rumore di passi che si facevano sempre più vicini. Si voltarono.

"Ah, siete voi due" disse Saga, togliendosi l'elmo.

"Grande Saga, Grande Micene vi porgiamo i nostri omaggi" furono le parole dei nuovi arrivati, inginocchiatisi al loro cospetto.

"In piedi nobili Cavalieri d'Argento, dite pure" replicò il Cavaliere di Sagitter.

Uno dei due prese la parola, mostrando una pergamena che portava il sigillo del Tempio:

"Come ci avete ordinato, venerabile Micene, Sibrando ed io abbiamo incontrato il capitano dei lancieri ai piedi delle Dodici Case, venendo in possesso del documento ufficiale di assegnazione dei nuovi allievi ai futuri insegnanti, redatto dal Grande Sacerdote proprio questa mattina: come potete leggere la lista è su questo pezzo di carta ma,..." proseguì, facendosi ancor più riverente nei confronti dei due superiori "...con il dovuto rispetto, credo che ci sia un errore di compilazione: non vedo il nome del Cavaliere dei Gemelli tra i futuri maestri dei giovani..."

Micene rise, rivolgendosi verso il compagno parigrado, impedendo al Cavaliere d'Argento di terminare la frase, poi aggiunse in modo disteso:

"Nessun errore Leno, il Cavaliere di Gemini non avrà alcun allievo per sua stessa volontà: ha chiesto di poter organizzare e supervisionare i futuri allenamenti senza che gli venga assegnato alcun novizio".

"Capisco, perdonate se sono stato indiscreto" rispose il giovane e rispettoso Leno, abbassando leggermente il capo su cui risaltava una lunga chioma di capelli color oro che fuoriusciva dalle aperture metalliche dell'elmo della sua Armatura.

"Valoroso Cavaliere non hai nulla da farti perdonare, ma dovresti sapere bene che il Grande Sion è uomo molto accorto" rispose Micene per sciogliere il leggero imbarazzo, prendendo in mano il documento che Leno gli aveva porto.

"Il Sacerdote non poteva scegliere maestri migliori per i futuri Cavalieri d'Oro, osserva anche tu Saga: ai Cavalieri di Aquario e Pesci è stata assegnata Vera dell'Uccello del Paradiso, al Cancro ed alla Vergine il qui presente Sibrando della Coppa, al Toro ed allo Scorpione Leno dei Cani da Caccia, mentre, come ben sappiamo, al Sacerdote va il Cavaliere d'Ariete mentre a me non solo mio fratello, ma anche il Cavaliere del Capricorno".

"Complimenti per la vostra nomina Cavalieri d'Argento, e complimenti a te per il doppio incarico Micene" fece Saga, verso i tre presenti.

"Vi ringraziamo. Col vostro permesso torniamo ad allenarci: ora che abbiamo ricevuto questa grande responsabilità faremo del nostro meglio per esserne all'altezza" dissero Leno e Sibrando con una rispettosa riverenza, prima di ritornare alle loro attività.

"Andate pure, che la dea sia con voi" rispose Micene.

Intanto l'addestramento dei giovani proseguiva sotto l'occhio vigile e attento di Vera, ancora inconsapevole della nomina, quando un fulmine squarciò all'improvviso il cielo, precedendo la preannunciata pioggia.

"Basta così per oggi, ritornate a Rodorio e riposatevi!" disse Micene, rivolgendosi ai presenti nell'arena. Si rivolse poi verso Saga con voce tranquilla:

"Ritorniamo alle nostre Case, domani renderemo note le assegnazioni. A proposito, volevo chiederti: che ne dici di scambiare qualche colpo sull'isolotto di Arché un giorno o l'altro, prima che mi vengano assegnati i due allievi?"

"Anche domani Micene..." disse Saga, aggiungendo ironicamente "...non vedo l'ora, è da un po' che non assaggi più i miei pugni".

"Taci sbruffone, potrei dire lo stesso!" rise divertito Micene, poggiando una mano sulla spalla dell'amico.

I due si incamminarono rilassati, chiacchierando sotto la leggera pioggia che cadeva silenziosa sul Tempio, diffondendo nell'aria fresca l'inconfondibile odore di terra bagnata.