DASVIDANIJA

I nostri dei sono degli idioti: giocano a rubarci l’anima, bambino.

Fuori imperversa la tempesta, ma la grande tragedia ci si sta svolgendo dentro. Non abbiamo domani, lo sappiamo entrambi.

Una volta ho creduto di credere, ho avuto la certezza di possedere un sogno.

Adesso non mi resta niente, nemmeno tu.

È stata tutta una questione di potere, bambino, nulla di più nulla di meno. Il dispotismo è mascherato dietro il nome di libertà, l’ingiustizia è chiamata ordine cosmico.

Fanciullo mio, non dimenticare, non dimenticare, non devi! Lascia che le loro voci scivolino via, che ti sfiorino la pelle per andare a depositarsi nel vuoto di ciò che è lontano… tanto lontano.

Non sono nulla ormai, nulla al di fuori di un ricordo. Non perdermi, non perdermi ancora.

Non è colpa tua se dobbiamo lasciarci qui, solo a metà strada o semplicemente all’inizio del cammino. Non hai nulla da rimproverarti: la tua innocenza è intatta, la mia no.

Vorrei poterti dire di non avere i mezzi per privarti di un candore che mi porto addosso; ma non è così. I tuoi occhi sono il retaggio di una purezza che non mi appartiene, non più. I tuoi occhi sono il mio peccato.

Peccato? No, io ho servito la Dea, dei disegni dell’Olimpo sono stata una muta pedina!

E per cosa muoio ora? No, non per esseri superiori, non per quelli che mi hanno portata qui, non per coloro che versano le tue lacrime impunemente.

Io muoio per te.

Sarebbe un errore farti credere che questo sia un sacrificio: comunque, prima o poi, tale sorte avrebbe steso su di me la sua gelida mano. Così sta scritto; il Fato, signore del cosmo, ha stabilito in tal modo.

Eppure, perché sono triste, bambino?

Perché mi rincresce tanto lasciarti andar via… solo?

Io rimarrò su questo mare, in questo mare, aspettando la redenzione.

Avresti dovuto salvarmi l’anima, piccolo angelo dai capelli biondi; invece te la sei presa per restituirmela… a pezzi.

Non piango, no; so ben che tu non vuoi, figlio. Non desidero regalarti la mia debolezza di donna, non ora.

Non guardarmi così… il tuo cuore traspare da ogni tratto del tuo viso.

Non chiederti perché non venga anch’io: troppe domande finiscono sempre col perdere senso. In fondo, ti porti la mia vita in una mano, la mia fede appesa al collo.

T’auguro, almeno, di non soffrire, perché presto ti accorgerai che la felicità ti fu interdetta, un giorno… Oggi comincia il tuo vagabondaggio, ma so che tornerai. Oh, sì! Tornerai da me! E allora, cosa oso domandare oltre ciò? Mi sarà dato di rivederti, di risentire il tuo sorriso, piccolo santo. Ci riabbracceremo, ci riabbracceremo anche, ma tardi, molto tardi. Adesso devi proseguire, continuare a piangere, a soffrire, a ridere a sperare, a capire, ad amare a… vivere.

I nostri dei sono degli idioti: giocano a rubarci l’anima, bambino!

I nostri dei non avranno pietà, non per me, non per te, non per nessuno.

Non andare alla deriva, non smarrirti nei meandri d’una guerra ingiusta. Ogni battaglia è priva di giustizia, anche quella che abbiamo combattuto insieme, per resistere un’ora in più, o forse un giorno, un mese, un anno… insieme.

Da domani, sosterrai senza me lo stesso scontro, ma non avrà importanza: vincerai, vincerai perché sei prole delle stelle.

Conta poco se sia giusto o meno, purché tu rimanga fra i viventi e riveda il sole mille volte, trovando qualcosa di buono fra la gente, qualcosa che gli dei non hanno creato, qualcosa che chiamerai… amore.

Combatti per lui, anche se non è un bene lottare, battiti per quello che ami, per quello che ti darà il coraggio di non morire.

Vedrai, presto troverai un altro volto da non scordare, un viso diverso dal mio.

Vedrai, presto, presto mollerai gli ormeggi e valicherei i limiti divini… presto rapirai la tua felicità.

I nostri dei sono bugiardi, ma il tuo desiderio di proseguire è sincero, è la favilla che rischiarerà la via.

Io dissiperò le tenebre, nelle tue notti solitarie, con tanti fuochi fatui in un alito di vento; ma non saprò guardarti, bimbo mio, ladro della mia innocenza.

Aspetterò qui, aspetterò per non portarti alla rovina, per renderti la possibilità di trovare la tua forza, di conservare l’integrità lucente dei tuoi sogni.

Aspetterò qui, aspetterò… è meglio per tutti, anche per chi ci governa da lassù.

La mamma, ora, non può darti più nulla, a parte una lacrima e l’ultima preghiera.

Ed io resto sola.