Capitolo III

Unicorno ! Settimo senso !

  

La grande Torre di Babilonia era composta da sei edifici, disposti l’uno sull’altro in ordine decrescente. Al di sopra dell’ultimo si trovava il tempio di Ishtar. Ciascun livello era collegato a quello superiore da una rampa di scale che terminava in una porta ad arco, i cui battenti di bronzo erano decorati con figure di leoni a rilievo. Sopra la porta, un’ampia apertura di forma rettangolare interrompeva la successione degli enormi blocchi di pietra e immetteva un po’ di luce nei profondi recessi della grande torre.

Asher, Aspides, Black, Ban e Geki giunsero in cima alla rampa di scale, e si trovarono di fronte alla porta del primo dei sei edifici, a guardia della quale stavano due statue di marmo bianco raffiguranti dei tori alati con testa umana. Prima di entrare, esitarono un momento. Chissà cosa avrebbero trovato all’interno.

Con uno sguardo di intesa, i cinque amici posero le mani sulla porta e la spinsero tutti insieme. Il rumore dei pesanti battenti di bronzo echeggiò per un’ampia sala affollata di colonne, i cui capitelli erano conformati a doppia testa di toro.

Sembrava che nessun cosmo albergasse in quel luogo. La navata centrale riceveva un po’ di luce dall’apertura sopra la porta, mentre quelle laterali erano immerse nella penombra. Dall’apertura si poteva vedere il sole percorrere il suo eterno cammino nel cielo: quando fosse scomparso alla vista, anche l’ora concessa per sconfiggere il cavaliere di Ishtar posto a difesa di quell’edificio sarebbe trascorsa.

Avanzarono lungo la navata centrale, ma d’improvviso furono sbalzati indietro da un colpo violentissimo. Sollevati in aria, ricaddero pesantemente sulle pietre del pavimento.

Asher fu il primo a rialzarsi, ma quando si rimise in piedi vide che tutti i suoi compagni giacevano a terra, privi di conoscenza.

Preceduto dal rimbombo di pesanti passi, il proprietario di quella voce emerse dall’ombra. Di corporatura robusta, portava un elmo ornato da due spesse corna ritorte, che lo rendeva ancora più imponente. La sfavillante armatura color della luna che indossava ricopriva per intero il suo grande corpo, e la candida aura cosmica che bruciava alle sue spalle pareva racchiudere in sé l’intera luce delle stelle. Il volto, largo, era incorniciato da una barba curata e pettinata a riccioli, che gli arrivava al petto.

Asher spiccò un salto in aria, e si lanciò contro Guan.

Guan lo attendeva, immobile, le braccia appoggiate sui fianchi. Asher arrivò a toccarlo, ma il suo attacco si infranse contro la splendente armatura. Senza compiere, apparentemente, il minimo movimento, Guan respinse il colpo di Asher, e sempre rimanendo perfettamente immobile scagliò il suo colpo segreto.

Asher fu scaraventato indietro, e la forza d’urto fu tale che nella caduta trascinò con sé numerose colonne. Disteso a terra, sputò un fiotto di sangue, che gocciolò ad arrossare le pietre del pavimento. Appoggiandosi ad una colonna, si rimise lentamente in piedi.

Guan gli si avvicinò, apparentemente sorpreso di vederlo ancora vivo.

Schiacciato contro un muro, dove lasciò una profonda impronta, Asher ricadde a terra.

Ma non ebbe tempo per pensare. Mentre era ancora riverso a terra, Guan gli calò un piede sul capo.

Il calcio di Guan precipitò Asher al di sotto del pavimento.

Asher navigava in una sorta di limbo. La sua anima stava per separarsi per sempre dal corpo, diretta al paese della morte.

Non seppe dire se si era trattato di una visione o di realtà. Ma una cosa sapeva : non poteva, non doveva arrendersi.

Guan se ne stava andando, quando avvertì qualcosa. Voltandosi, vide un cosmo violaceo sorgere dal buco scavato nel pavimento.

Sostenuto da un’aura di un viola brillante, Asher dell’Unicorno riemerse dalla buca.

Guan si preparò a scagliare nuovamente il suo colpo. Asher era pronto a riceverlo, e chiuse gli occhi per meglio concentrarsi sul proprio cosmo.

Fu un attimo. Asher intravide il movimento delle braccia di Guan, ma per un attimo soltanto, e l’istante successivo venne nuovamente travolto.

Questa volta, Asher riuscì a percepire più chiaramente i movimenti di Guan. Il cavaliere di Ishtar allargava le braccia che teneva appoggiate sui fianchi, e poi le portava in avanti descrivendo un semicerchio. Dopo aver scagliato il colpo, riportava le braccia sui fianchi, in posizione di difesa. Erano movimenti rapidissimi, ad una velocità pari a quella della luce…ma ora li aveva visti.

Bruciando ancora il proprio cosmo, Asher piantò saldamente i piedi per terra e incrociò le braccia davanti a sé, pronto a sostenere l’impatto del colpo. Pur spinto indietro dall’enorme forza d’urto, non cadde a terra, ma riuscì a contenerne l’immensa energia.

Con uno sforzo tremendo, Asher riuscì a respingere il Tuono del Toro Celeste, rispedendolo addosso a colui che l’aveva scatenato. Guan dovette difendersi dal suo stesso colpo, e pur riuscendovi fu sospinto verso il muro, dove si arrestò, spossato.

Asher era caduto in ginocchio, prostrato da quel confronto. Puntellandosi con una mano, riuscì a non crollare a terra.

Asher si scagliò contro Guan, puntando al centro esatto della testa, in mezzo alle corna ritorte dell’elmo. Guan si buttò contro Asher, a passo di corsa : pareva proprio un toro infuriato che caricava.

Con un salto fulmineo, Asher si sottrasse per un soffio alla carica di Guan, e l’istante successivo lo colpì con un calcio preciso proprio dove le grandi corna, unendosi, formavano la cresta dell’elmo. Per il colpo, l’elmo andò in frantumi, e i frammenti si dispersero a terra.

Guan si portò le mani al capo, incredulo di aver perso l’elmo. Poi abbassò le braccia e chinò la testa.

In quel momento, Aspides, Black, Ban e Geki accorsero.

Salirono insieme la grande scalinata che conduceva alla seconda terrazza, lanciando frequenti occhiate al sole che correva nel cielo. Restavano cinque ore.