Capitolo VII

UN AVVERSARIO DIFFICILE

Asher esortò Geki ad affrettarsi. Non c’era tempo da perdere, rimanevano solo due ore per salvare Patricia.

Ma il cavaliere dell’Orsa non si mosse.

In ginocchio al centro del cerchio, nel punto esatto dove Black aveva iniziato il suo ultimo volo verso le stelle portando con sé il terribile Asum, Geki non accennava a rialzarsi.

Ancora una volta, Black l’aveva salvato, come già durante la battaglia contro Khalì, quando aveva fermato il pugno, diretto al suo cuore, dello sfuggente Khrisna dello Spirito Nero. Ed ora, mentre lui giaceva a terra privo di sensi e il divino Asum stava per tagliargli la testa, era intervenuto ancora.

Geki comprese che non sarebbe mai stato all’altezza dei suoi compagni. Proprio lui, il gigante dalle possenti braccia, la cui stretta poteva strangolare i grandi orsi bruni del Canada, aveva bisogno di qualcuno che venisse a salvargli la pelle.

Asher comprese lo stato d’animo dell’amico, e corse via. Per la prima volta, il cavaliere dell’Unicorno era solo. Tutti i suoi compagni erano rimasti indietro. Forse vittoriosi, forse morti : non poteva saperlo.

Ciò che invece sapeva era che la vita di Patricia dipendeva da lui. Aveva solo due ore di tempo per salvarla, e di fronte a sé un ostacolo apparentemente insormontabile: Gilgamesh del Leone Sovrano.

Il più forte dei cavalieri di Ishtar attendeva Asher sulla soglia del quinto edificio. Anche la sua dimora era la più splendente di tutte : un palazzo ricoperto di piastrelle azzurre e dorate, percorse da un fregio a rilievo con figure di leoni. Ai lati della porta, due statue della possente fiera dalle fauci spalancate parevano voler ghermire il malcapitato che fosse riuscito a giungere fin lì.

Gilgamesh invitò Asher ad entrare, come il più perfetto dei padroni di casa, e lo precedette all’interno del quinto edificio. Le colonne di marmo bianco catturavano la luce che proveniva dall’apertura sopra la porta, e la riflettevano fin negli angoli più bui. La luminosità dell’ambiente si confondeva con quella del cosmo di Gilgamesh, il più vasto e potente di tutti.

Le sue parole furono accompagnate da un’esplosione del suo cosmo. Era davvero immenso, secondo soltanto a quello della stessa dea Ishtar. Alle spalle di Gilgamesh, Asher poté vedere la figura di un leone, gli occhi iniettati di sangue e gli artigli sguainati, e quasi gli parve di poterne sentire il tremendo ruggito.

Ma non poteva esitare. Doveva ritrovare dentro di sé il Settimo Senso, che già gli aveva permesso di vincere il Toro Celeste, Guan, alla prima terrazza. Non solo la vita di Patricia, ma la salvezza di tutta l’umanità dipendeva da lui : non poteva permettere che il mondo finisse nelle mani di Ishtar, la sanguinaria dea di Babilonia.

La battaglia tra l’Unicorno e il Leone Sovrano era iniziata.

Per lunghi momenti, i due avversari si studiarono, gli occhi dell’uno fissi in quelli dell’altro. Asher sapeva che quello sarebbe stato il combattimento più difficile. Gilgamesh sapeva che quel cavaliere di bronzo non sarebbe stato un avversario facile, come aveva creduto in un primo momento.

Né il cavaliere di Athena né il campione di Ishtar avrebbero mai indietreggiato.

La tensione era massima, i cosmi scintillavano alle spalle dei cavalieri, anche le armature parevano avvertire l’approssimarsi del tremendo scontro. Nel cielo infinito delle stelle, l’Unicorno si impennò, pronto a colpire con i suoi zoccoli il Leone Sovrano che già aveva sguainato gli artigli.

Gilgamesh non riuscì più a contenere la sua rabbia. Mise nel suo colpo segreto tutto il dolore e la disperazione che provava per la morte di Enkidu, uniti a un bruciante desiderio di vendetta. In quel momento, la sua fedeltà ad Ishtar, la promessa di aiutarla a trionfare nella battaglia per l’Universo contro tutte le altre Divinità gli parevano cose lontane, inutili, prive di senso. Altrettanto futile gli pareva la gloria che aveva sempre ricercato, per ottenere la quale si era gettato in imprese impossibili fin da quando era poco più di un ragazzo. Con la morte di Enkidu, anche il vecchio Gilgamesh era morto : e quello nuovo era ancora più terribile.

Il colpo segreto di Gilgamesh era di una potenza inimmaginabile.

Un’immensa esplosione di luce pervase la quinta terrazza, un colpo di violenza inaudita, che investì Asher in pieno. Il cavaliere dell’Unicorno non era riuscito a distinguere nemmeno uno degli innumerevoli colpi lanciati da Gilgamesh. Era un attacco alla velocità della luce, che poteva rivaleggiare alla pari con le tecniche segrete dei più forti fra i Cavalieri d’Oro.

Asher precipitò all’indietro, abbattendo una colonna. Riverso sulla schiena, non fece in tempo a rialzarsi che Gilgamesh gli fu addosso.

Fu un attimo : Asher ritrasse istintivamente la gamba, e il pugno di Gilgamesh frantumò quanto restava della colonna. Un secondo di ritardo, e quel pugno gli avrebbe spezzato la gamba, mettendolo nell’impossibilità di scagliare il suo colpo, che proprio sulle gambe faceva affidamento.

Per la violenza di quell’attacco, Asher fu sollevato in aria, e ricadde a faccia in giù. Coperto di ferite, l’armatura già incrinata, col sangue che si allargava sotto di lui, cercò di rimettersi in piedi, ma non vi riuscì. Gilgamesh iniziò a colpirlo alla schiena, ed ogni pugno era preciso e ben diretto. Se non riusciva a sottrarsi alla sua furia, in pochi secondi gli avrebbe spezzato le vertebre.

Approfittando di un breve istante, Asher scivolò via, rotolando sul pavimento. Messosi fuori portata dai pugni di Gilgamesh, si rialzò, malfermo sulle gambe.

Il cosmo viola brillante dell’Unicorno avvolse Asher con la sua luce.

Il colpo di Gilgamesh era composto da innumerevoli scie luminose, che puntavano verso il nemico con una traiettoria ad arco, quasi a disegnare nell’aria la mortale zampata del leone. Il cavaliere di Ishtar era capace di scagliare decine di migliaia di colpi in un solo secondo, laddove un semplice cavaliere di bronzo poteva lanciarne solo un centinaio. Grazie alla sua notevole agilità, Asher evitò una dopo l’altra le luminose saette, avvicinandosi sempre di più a Gilgamesh.

Il calcio di Asher colpì Gilgamesh in pieno volto, scagliandolo all’indietro.

Ma la gioia di Asher fu di breve durata. Gilgamesh si rialzò quasi immediatamente, ben lungi dall’essere battuto.

Ancora una volta, Gilgamesh si preparò a lanciare il suo colpo segreto.

In quel momento, gli tornò alla mente la sua prima battaglia. Molto tempo era trascorso da allora, ma ancora ricordava il duello contro Ban, incontro inaugurale della Guerra Galattica. Aveva vinto grazie ad uno stratagemma…ma avrebbe funzionato contro il Leone Sovrano ?

Doveva provare. Non poteva fuggire per sempre di fronte ai colpi di Gilgamesh. Era il momento di contrattaccare.

Proprio mentre il cavaliere di Ishtar stava per scagliare il suo colpo, il corno dell’elmo di Asher si illuminò, e da esso scaturirono delle onde di energia cosmica. Risvegliatosi ancora una volta al Settimo Senso, Asher dell’Unicorno riuscì, grazie al suo potere, ad immobilizzare Gilgamesh.

Incapace di compiere il più piccolo movimento, il cavaliere di Ishtar tentò inutilmente di liberarsi.

Era l’ultima possibilità di Asher.

Gli zoccoli dell’Unicorno spezzarono le zanne del Leone Sovrano, e ne spuntarono i micidiali artigli. Tra le stelle, la selvaggia fiera ebbe il cuore trafitto dal magico corno del nobile animale.

Asher si era lanciato contro Gilgamesh dall’alto, e il suo calcio frantumò la brillante corazza del cavaliere di Ishtar. I frammenti della lucente armatura piovvero a terra come fiocchi di neve.

Gilgamesh era privo di qualsiasi difesa. Stupefatto, ristette per un momento, poi crollò in ginocchio. Era ferito gravemente, ma ancora vivo.

In piedi di fronte a lui, Asher non gli staccava gli occhi di dosso. Lo spirito combattivo di Gilgamesh era grande, e probabilmente aspettava solo una sua disattenzione per attaccarlo di sorpresa.

Ma il cavaliere di Ishtar non aveva più la forza per tentare una mossa a tradimento. E se anche l’avesse avuta, non l’avrebbe fatto. La lezione ricevuta aveva risvegliato in lui il senso dell’onore momentaneamente offuscato dal desiderio di vendetta.

In quel momento, Geki dell’Orsa fece la sua comparsa sulla quinta terrazza.

Premendosi una mano sulla terribile ferita, che pure non era mortale per un cavaliere del suo calibro, Gilgamesh si fece da parte.

Erano solo le parole di uno sconfitto che tenta di prendersi una estrema rivincita ? Asher non lo credeva. Quando lo avevano incontrato tra le rovine della città vecchia. Gilgamesh gli era parso un gradasso borioso…ma avevano scoperto a loro spese che le sue parole corrispondevano a verità. E quasi certamente anche adesso era così.

Asher e Geki si diressero di corsa verso la sesta terrazza, mentre Gilgamesh si accasciava a terra, sfinito. Rimaneva un’ora soltanto.