Capitolo VI

 

Da quando era scoppiata la Rivoluzione Francese, al Santuario giungevano ogni giorno notizie sui disordini in Europa. Tien-Zin era ossessionato dal pensiero di preservare il Grande Tempio dalla follia rivoluzionaria, e bastava un sospetto per essere accusati di tradimento e rinchiusi nella prigione sotto la scogliera. Adam, Shiddarta e Keimon erano guardati a vista, e per loro era ormai impossibile lasciare il Santuario per scendere tra il popolo di Atene. Tien-Zin li teneva sotto osservazione, aspettando una loro mossa falsa per gettarli in cella. Tutti i confini erano presidiati, e le spie del Grande Sacerdote erano dappertutto.

Radunatisi alla Casa dell’Ariete, i tre Cavalieri d’Oro chiesero consiglio a Sion. Anche lui era molto preoccupato, e non nascose i suoi timori.

 

Cinque Picchi, Cina

 

Dauko, vestito di una lunga tunica violacea abbottonata sul davanti, e ai piedi calzari con la punta all’insù, era seduto di fronte alla Cascata del Dragone. Indifferente al tremendo rombo, osservava il costante ed eterno movimento dell’acqua. Laggiù, sul fondo, era custodito lo scrigno contenente l’armatura di bronzo della costellazione del Dragone: da centinaia di anni, essa attendeva l’eroe che un giorno sarebbe venuto a reclamarla. Invece lo scrigno con l’Armatura d’Oro della costellazione della Bilancia si trovava nella piccola casa in tipico stile cinese dove Dauko abitava, lasciato in un angolo, quasi fosse un oggetto di poca importanza.

I due amici si ritrovavano dopo quasi un anno, e fra pacche sulle spalle, ricordi dell’addestramento, notizie di conoscenze comuni passò una buona mezz’ora. Arrivati insieme al Santuario, erano stati scelti dal Grande Sacerdote predecessore di Tien-Zin per diventare Cavalieri d’Oro dell’Ariete e della Bilancia, e mandati ad addestrarsi rispettivamente nel Tibet e lì, ai Cinque Picchi. I due luoghi non erano distanti, per lo meno in linea d’aria, e si erano fatti reciprocamente visita anche in quegli anni: infatti una parte dell’addestramento di ciascuno dei due consisteva nell’andare a trovare l’altro…a piedi, da solo, senza cibo né acqua e senza nemmeno un mantello per ripararsi dal freddo.

- Tu devi essere Shiddarta – disse ad un certo momento Dauko, tornando a problemi più seri.

- Sono io – rispose Shiddarta tendendo la mano. Si era tenuto rispettosamente da parte durante quella rimpatriata, e ora aveva finalmente l’onore di conoscere il grande Dauko della Bilancia: sebbene avesse solo un anno più di lui, lo considerava già un eroe.

- L’allievo di Tien-Zin, incarnazione di Buddha. L’Armatura della Vergine ti sta a pennello –

- Vi ringrazio, ma ho ancora molto da imparare. Sono diventato cavaliere senza conoscere nulla del mondo, e c’è così tanto da scoprire…specialmente in quest’epoca…-

- Avrai sentito dei disordini in Europa – gli disse Sion – Pare che in Francia sia scoppiata una vera e propria rivoluzione, e che anche gli altri regni ed imperi del continente vivano nell’incubo di una ribellione popolare. –

- Sono al corrente di tutto. Forse pensate che dopo aver lasciato il Santuario mi sia trasferito subito qui, ma non è così. Ho viaggiato per tutta l’Europa, dormendo dove capitava e facendo i lavori più umili per guadagnarmi il pane. Sono stato in Spagna, in Francia, in Italia, in Austria, in Germania, in Inghilterra. E ovunque ho visto la stessa disperazione, la stessa povertà, la stessa rabbia. La Rivoluzione Francese insegnerà a tutta l’Europa che il tempo degli aristocratici è finito, e che d’ora in avanti chiunque voglia governare una qualsiasi nazione dovrà avere ben presente, e temere, la forza delle masse popolari. Tien-Zin è un folle se spera di preservare il Santuario da tutto questo. Anche i cavalieri sono uomini, e come la gente comune non sono più disposti a sopportare simili ingiustizie: e queste avvengono proprio al Santuario di Athena. Prima del mio viaggio in Europa, non mi ero reso conto di quanto in basso fossimo caduti. Non oso pensare a cosa potrebbe accadere se le Forze Oscure ci attaccassero adesso…probabilmente moriremmo tutti, senza avere nemmeno la forza di dare il colpo della bandiera…-

- Cosa possiamo fare ? – chiese Shiddarta – Io sono cresciuto dentro il palazzo del Grande Sacerdote, e non avevo mai visto quanta miseria ci fosse oltre quelle pareti dorate. E’ solo grazie a Sion, e ad Adam, se ho finalmente aperto gli occhi. –

- Spero che i tuoi occhi saranno ben aperti, perché ci servirà tutto il potere del tuo cosmo. – disse Dauko, sorridendo solo a metà – Hai nominato Adam dello Scorpione. Dov’è ora ? –

- Si trova nei suoi possedimenti sull’isola di Milos – rispose Keimon – Ufficialmente ha chiesto di allontanarsi dal Santuario per controllare l’andamento delle sue proprietà, ma Tien-Zin lo tiene sotto controllo, e ha inviato dietro di lui numerose spie. –

- Milos è perfetta – disse subito Dauko, la cui mente stava già lavorando – Abbastanza vicina ad Atene per potervi arrivare in poco tempo, ma abbastanza lontana dagli occhi di Tien-Zin per poter agire indisturbati. Andiamo ! –

Si spogliò della tunica, e rientrò in casa, uscendone poco dopo con lo scrigno dell’Armatura d’Oro sulle spalle. Ora indossava una semplice tenuta da addestramento in cuoio e bronzo e calzari in tipico stile greco, e la leggera brezza che si era levata scompigliava appena i suoi capelli rossi.

 

Isola di Milos, Grecia

 

Non poteva più muoversi. Era come se le gambe, divenute pesanti come piombo, gli si fossero incollate al terreno. Completamente inerme, l’uomo, una delle spie mandate da Tien-Zin, vide Adam dello Scorpione venire lentamente verso di lui.

Mentre il terrore riempiva gli occhi dell’uomo, Adam puntò il dito indice della mano destra verso di lui, mirando dritto al cuore. L’unghia iniziò ad allungarsi fino a divenire ricurva, colorandosi di un rosso vermiglio.

La spia avrebbe voluto urlare, ma non riusciva più a fare nemmeno quello.

Una sottile linea rossa si originò dal dito di Adam, e penetrò con precisione chirurgica nel cuore dell’uomo, che si accasciò senza un grido. Era la migliore delle spie al servizio del Grande Sacerdote, ma era solamente un uomo: la prima puntura fu sufficiente ad ucciderlo.

Adam condusse gli altri nella sua casa, una grande e ben tenuta residenza di campagna. Alle pareti della sala erano appesi i trofei di caccia, ciò che restava delle innumerevoli fiere che Adam aveva ucciso nei boschi e sulle montagne. Il sole che entrava dalle finestre illuminava ambienti arredati con gusto e semplicità al tempo stesso: tutta la casa era espressione del carattere del suo padrone, un nobile sì, un ricco aristocratico, ma sobrio e moderato.

Si sedettero tutti nella grande sala, e discussero a lungo, elaborando piani su piani di fronte all’ottima cena preparata da Skiatos e dagli altri servitori. Infine si ritirarono, sapendo che, di lì a pochi giorni, si sarebbe compiuto il loro destino. In un modo o nell’altro.