Capitolo I

Il sole della Sicilia picchiava forte quel pomeriggio, quasi volesse cercare qualcuno su cui scaricare una collera che non è di questo mondo; una giustizia che poteva solo venire dall’alto, dal divino, perché su quella palla di fango chiamata Terra, specialmente su quel isola cosi dolce e dura al tempo stesso, non esisteva alcuna giustizia a cui l’uomo potesse appellarsi.

Quel pezzo di terra era da sempre stato teatro di violenze, fin dalla sua nascita secondo gli antichi miti, secondo cui sotto di essa vi era imprigionato dagli antichi dei un mostruoso gigante, Tifone, personificazione stessa della collera bestiale.

Ma nel corso della sua breve storia l’umanità si è dimostrata degna successore di questo mostro.

E quel pomeriggio l’ultimo delitto di quella lunga liste si era compiuta.

Non era di certo il più atroce, neanche il più importante; era una cosa assolutamente NELLA NORMA…

Ora io mi chiedo se quel delitto, anzi, che UN delitto, possa essere la norma.

Era morta una persona. Una semplice persona. Una persona…. con una famiglia.

Ed era lì la sua famiglia, di ritorno dalla messa, come ogni Domenica, che aveva visto tutto, il bandito che li stava aspettando a meta strada nella spoglia campagna sicula, la pistola che spara, il sangue che inizio a sgorgare dal ventre dell’uomo, il bandito che se andò canticchiando una canzone di Mina, "Brava", con un tono quasi di sfottò verso il loro dolore.

Un dolore visibile, quasi da incorniciare.

Lei, la moglie, una bella donna sulla ventina, con dei lunghi capelli neri e occhi che, pur se arrossati da un fitto pianto, si rivelavano di un bellissimo azzurro, era distesa sul terreno polveroso, quasi si fosse dimenticata che il suo vestito migliore si stesse tutto impolverando, ma non penso che in quel momento avesse molta importanza per lei. Stringeva fra le sue braccia suo figlio, non si sa se per dargli coraggio o semplicemente perché era lei che lo cercava.

Il bambino, dritto come una strada fra le braccia materne, sembrava quasi una versione in miniatura del morto, aveva corti capelli neri e due occhi presi dalla madre, che sembravano incatenati al corpo morto del padre che continuava a emettere sangue dalla ferita.

Il suo viso era impassibile, solo una lacrima scendeva giù dalla sua guancia, ma esprimeva un dolore quasi più disperato di quello della madre.

Perché lo avevano ucciso?

Lui non era un loro nemico, era un semplice contadino, che non aveva nient’altro che un piccolo terreno che lavorava personalmente ogni giorno, dall’alba al tramonto, come faceva suo padre, suo nonno e il padre del nonno prima di lui.

Una persona benvoluta da tutti, dolce, lieta della propria vita, che mai avrebbe cambiata per nulla al mondo. Una persona che amava sua moglie, che amava suo figlio.

Perché lo avevano ucciso?

Perché aveva impedito a suo figlio di far parte della loro "famiglia", come invece loro volevano?

Di diventare un "picciotto" al servizio del loro "padrino"?

Perché aveva evitato che suo figlio divenisse un assassino, vittima e carnefice di qualcosa più grande di lui?

Per questo lo avevano ucciso?

Si.

Punto.

Chi si opponeva, in qualunque modo, doveva essere punito, come monito.

La madre si rialzò lentamente, dopo aver mollato la sua dolce presa dal piccolo orfano, che ancora guardava il cadavere del padre.

Ormai dalla ferita non fluiva più sangue, segno che il forte cuore dell’uomo si era spento.

La madre si chinò, gli diede un bacio sulla guancia e disse:

"Tesoro, torna indietro e chiama Padre Michele. Digli che deve preparare la chiesa per un funerale."

Parole fredde, una verità di fatto.

Il suo grande amore era morto, suo figlio sarebbe cresciuto senza un padre, ma non potevano fare niente, solo andare aventi.

Questa era la nuda, cruda verità.

Il bimbo sembro risvegliarsi da uno stato di torpore, guardo con occhi pieni di lacrime la madre e disse con una voce fredda, sepolcrale:

"Si, mamma…"

--------------------------

La chiesa era piena.

Tutta la gente del paese conosceva il morto e tutta la gente del paese era andata a salutarlo per un’ultima volta, vestiti in un nero lutto che si scontrava sulle bianche pareti della chiesetta del paese.

Tutti sapevano perché era morto, ma nessuno ne parlava. Il silenzio, spezzato solo dal muto pianto, era assoluto.

Madre e bambino si trovavano ai primi banchi, seduti proprio di fronte la salma, che in quel momento il parroco stava incensando.

Dietro di loro stava seduto l’assassino.

Pregò con loro, si fece la comunione con loro, si scambio un segno di pace con loro.

Il bambino, nel momento dell’antico rito cristiano della pace, si bloccò proprio mentre stava per stringere la mano all’omicida di suo padre.

I loro occhi si incontrarono. Gli occhi castani e derisori dell’uno si scontrarono con gli occhi azzurri e accusatori dell’altro. Una grande rabbia crebbe nel cuore del piccolo.

Avrebbe voluto salire sull’altare, indicare con il suo piccolo dito indice quel animale ipocrita che non aveva neanche il diritto di respirare la sua stessa aria e di camminare sul pavimento sacro della chiesa, di dire dinnanzi a tutti CHI era l’assassino di suo padre. Avrebbe voluto.

Si strinsero la mano per dieci, lunghi, secondi.

A messa finita si incontrarono ancora fuori dalla chiesa e si guardarono di nuovo.

Poi il bambino si strattono con forza dalla presa materna, si avvicinò al picciotto e disse con voce calma e fredda:

" Mi chiamo Angelo. Vedi bene questa faccia, perché sarà l’ultima cosa che vedrai in questo mondo…"

Il malavitoso guardò un po’ sorpreso il bambino, mentre la madre tentava disperatamente di scusarsi, terrorizzata all’idea di perdere anche suo figlio. L’uomo scoppio a ridere, scompaio i capelli del bambino e disse:

" Si, certo! Come no! Facciamo così. Non mi farò ammazzare fino a quando non ti crescerà la barba e qualcos’altro. Se avrai ancora questa folle idea ti aspetterò a braccia aperte, e vedremo se sarà la tua faccia l’ultima cosa che vedrò, o l’incontrario…"

Dettò ciò si allontano verso casa sua, cantando "24000 Baci" di Celentano senza prendere bene neanche una nota, sicuro che quella era solo una minaccia senza senso.

Non si poteva di certo aspettare che il futuro di quel bambino e il suo….