IV CAPITOLO: Sforzi

Presto il giorno giunse.

"No... Devo fare qualcosa... Non posso permettere che il mio amato fratello muoia su quell'altare, scannato come un agnello... Non voglio che muoia...." mormorò Mur osservando Kiki che rincorreva le farfalle, facendo risuonare di risate argentine, simili a campanellini argentati, il giardino di Aphrodite di Pisces.

La ragazza annuì. Quel bambino era una perla di innocenza e purezza in un ambiente, come quello del Grande Tempio, distrutto da una esistenza votata al dolore... Non potevano frantumare quel piccolo gioiello...

"Ancora non riesco a credere che Athena abbia chiesto Kiki come vittima sacrificale..." mormorò Ioria con voce cupa e triste.

Tutti concordarono, sentendo le parole del giovane combattente di Leo.

"Cosa possiamo fare per evitare questa tragedia?" mormorò il guerriero di Aries coprendosi il viso con le mani. Oramai, da quando gli era stato comunicato quest'ordine disumano, l'angoscia più pura devastava il suo viso e silenziose le lacrime scorrevano dai suoi occhi chiari. Per chi aveva combattuto per tanti anni? Per chi o cosa? Per chi o cosa aveva lottato, donando anche la sua esistenza terrena al Muro del Pianto, durante l'ultima lotta contro Hades? Per quale dea aveva sacrificato l'infanzia al piccolo Kiki? Per una dea dal cuore limpido e puro come acqua di fonte dai riflessi dorati o per una divinità dallo spirito ambizioso e bramoso di sangue che, a differenza di Poseidon e Hades, che avevano subito rese chiare le loro intenzioni, aveva avuto l'accortezza di celarle abilmente, con una sottile trama di inganni e bugie? Oramai non lo sapeva più... Aveva il cuore troppo devastato dall'angoscia e dal dolore... L'unica cosa che voleva era sottrarre suo fratello a questa trama infernale che rischiava di stritolare la sua giovane esistenza in una trappola di acciaio, intrisa di odio e sofferenza... Kiki non meritava di morire! Non meritava assolutamente di essere ucciso! Non era giusto!

Aphrodite ci pensò un poco, poi le venne un'idea.

"Mur, scappa. Porta Kiki con te più lontano che puoi. Io e Ioria cercheremo di tenere a bada Shaka e Dauko, quando verranno." tuonò Aphrodite disponendosi a combattere.

Il cavaliere di Leo annuì.

Ben presto giunsero alla dodicesima casa Shaka e Dauko.

"Dov'è Kiki? Athena reclama questo sacrificio." mormorò il cavaliere di Virgo con voce calma e gelida.

"Mur, presto scappa! Terremo noi a bada Shaka e Dauko! Tu pensa a portare in salvo Kiki!" gridò Aphrodite e fece comparire nelle mani due rose nere.

"Grazie amici."mormorò il cavaliere di Aries e, velocemente si allontanò dalla casa ed entrò nel giardino di Aphrodite.

 

I quattro guerrieri si fronteggiarono.

"Aphrodite, mi occuperò io di Shaka. Tu pensa a contrastare Dauko." tuonò Ioria e, subito, il cosmo del Leone dorato rifulse di dorati bagliori.

Dietro la schiena del guerriero della Quinta Casa comparve uno splendido leone dal corpo possente e muscoloso, la folta criniera rossastra scompigliata, i denti affilati come scimitarre protesi in un immane ruggito di guerra, e lo sguardo battagliero, talmente deciso che sembrava mandare fiamme rosso sangue dagli occhi.

"Va bene Ioria!" tuonò la sacerdotessa di Pisces e alzò il braccio sinistro, facendo brillare il suo cosmo, che fece rifulgere di splendori strani le rose nere che teneva in mano.

"Sei uno sciocco Ioria! Athena non darà mai il suo appoggio ad un cavaliere che non è disposto a fare qualsiasi cosa per lei!" gridò Shaka e anche lui espanse il suo cosmo dorato e aprì gli occhi, che, in quel momento, sembravano due lapislazzuli colpiti da una fonte di luce artificiale, a causa del loro colore violetto.

"Perchè non comprendi che questo sacrificio è necessario? Non possiamo condannare l'umanità in nome dei nostri sentimenti personali!" gridò Dauko e le lacrime cominciarono a rigare il suo viso di giovane ragazzo. Anche lui considerava necessario questo prezzo da pagare per la salvezza dell'umanità, tuttavia, a differenza di Shaka, il suo cuore piangeva lacrime di sangue...

Nonostante questo il cavaliere di Libra espanse il suo cosmo dorato, che brillò di bagliori di fiamma e dietro di lui comparve una splendida e gigantesca tigre dal corpo snello e poderoso e dal pelo color arancio, segnato da strisce nere che, tuttavia, non ne deturpavano la perfezione.

Gli artigli della tigre erano sguainati e mandavano lampi sinistri d'acciaio e le sue zanne, simili a coltelli affilati, erano protese in un immane ruggito di guerra.

Ma quello che incuteva timore era lo sguardo dell'animale. Le iridi sembravano annegare nel fuoco di uno spirito guerriero indomito e feroce e risplendevano di sinistri bagliori di sangue e fiamme. Sembrava che quel possente animale volesse uccidere solo con lo sguardo.

"E' vero, ma non possiamo sacrificare neanche la nostra umanità. Dovremmo essere i primi custodi dei valori umani per i quali abbiamo tanto combattuto e per i quali tanto, troppo sangue è stato versato." rispose Aphrodite ricordandosi del suo combattimento contro Shun di Andromeda, uno dei leggendari eroi di Athena. Prima di spegnersi aveva capito una cosa importante... Prima di essere cavalieri erano custodi di valori propri dell'umanità che sapeva elevarsi alle altezze dell'infinito... Non poteva rinnegare quei valori, nemmeno per la loro signora...

"Ora capirai cosa vuole dire mettersi contro Athena Ioria! Tembu Horin!" tuonò il cavaliere di Virgo e lanciò contro il giovane avversario una sfera energetica di luce, che si dirigeva contro di lui come una stella pronta a esplodere al contatto con il suolo.

"Lighting Bolt!" replicò Ioria con voce decisa e una granuola di sfere energetiche attraversate da potenti fulmini si abbattè contro il cavaliere di Virgo.

"Mi dispiace Aphrodite dovere combattere contro di te... Ma la salvezza dell'umanità richiede anche questo! Rozan Hyakuryuha!" tuonò Dauko e centinaia di draghi di giada si diressero contro Aphrodite con il fragore di centinaia di cascate che precipitano in una nuvola di goccioline scintillanti.

 

Per qualche frammento di istante Mur osservò Kiki, mentre correva e inseguiva le farfalle, che leggere sfrecciavano attraverso l'aria limpida, riempendola con i loro colori sfolgoranti, e due grosse lacrime, limpide come pure gocce d'acqua di fonte colpite dalla luce abbagliante del sole, brillarono sulle sue ciglia, facendole rassomigliare a pezzi di onice lucente. L'innocenza più pura brillava negli atti del suo amato fratellino... Una purezza non sporcata dal dolore che aveva segnato la sua breve esistenza... E Athena cosa gli chiedeva? Di sacrificare per lei il suo spirito puro... Era sì un cavaliere di Athena, ma era anche un fratello che si vedeva privato dell'ultimo ricordo della sua famiglia distrutta... E non avrebbe permesso a nessuno di distruggerla! A nessuno! Nessuno gli avrebbe portato via quanto aveva di più caro e prezioso! Nessuno gli avrebbe sottratto suo fratello! Non ora che potevano stare un po' insieme, in uno dei pochi periodi di pace concessi ad un cavaliere... Un piccolo frammento di pace e serenità in un mare di sangue, fuoco e dolore...

"Che angoscia..." mormorò passandosi una mano sulla fronte. Perchè tutto questo stava accadendo? Per quale motivo?

Si avvicinò al bambino silenziosamente, come una leonessa quando si appropinqua ad una gazzella o ad una antilope ignara, intenta a brucare i magri arbusti della savana africana, e, con moderata violenza, lo colpì dietro il collo con il taglio della mano destra. Non aveva avuto il coraggio di dirgli la verità... Si sentiva stringere il cuore in una mano d'acciaio al pensiero di dovergli dire che Athena aveva deciso di prendersi il suo spirito come, un tempo, fece Artemis, dea della luna e signora della caccia, costringendo Agamennone a uccidere la sua amatissima figlia Iphianassa, perchè la flotta greca potesse partire per Troia e iniziare una guerra che si sarebbe distesa in dieci lunghissimi anni, intrisi di sangue e dolore...

Il bambino, colto di sorpresa, si accasciò al suolo senza emettere un gemito.

"Mi dispiace Kiki di averti fatto del male, ma era necessario... Era necessario per sottrarre la tua giovane vita ad un destino crudele... Non potrei mai perdonarmi di perderti così, senza combattere per salvarti." sussurrò Mur sollevando il suo piccolo corpo con il braccio destro con delicatezza, come se avesse paura di fargli del male, e teletrasportandosi lontano, nel Pamir. In quel posto desolato e aspro, ove si era ritirato per riparare le armature, aveva possibilità di difendere meglio il suo amato fratello. E lo avrebbe fatto... Anche a rischio della sua stessa vita...