V CAPITOLO:Duelli

Con il fragore di centinaia di cascate che scendono dalle montagne in un vortice di gocce scintillanti, i cento draghi di giada, che avevano sconfitto i tre potentissimi specter a guardia del Muro del Pianto, si diressero contro la sacerdotessa dei Pesci.

"Non starò certo a guardare Dauko di Libra! Piranhna Rose!" gridò la ragazza e le rose dai bagliori di tenebra saettarono contro il cavaliere di Libra.

Una esplosione di luce trafisse l'aria e avvolse i due contendenti, impedendo ad un ipotetico spettatore di capire che cosa fosse successo.

Quando l'esplosione si dissolse in polvere di oro e luce la sacerdotessa di Pisces era stesa al suolo svenuta e diverse crepe deturpavano la sua armatura d'oro.

Varie ferite squarciavano il suo corpo, ma la ferita che spiccava di più si apriva all'altezza dello stomaco, e da essa continuava a ruscellare sangue con impeto e violenza.

Dauko invece era in ginocchio, circondato da una nuvola di rose nere, e graffi simili, a quelli delle unghie di un gatto, si aprivano sulla sua armatura d'oro e sulle parti non protette da essa, da cui gocciavano perline di sangue.

Nello stesso istante il Tenbu Horin di Shaka si scontrava con fragore con il Lighting Bolt di Ioria, producendo una esplosione di oro e fulmini, pari a quella di due supernove che si scontrano nell'universo con fracasso.

Dopo qualche istante l'esplosione si dissolse e restituì due guerrieri feriti e ansimanti, che tuttavia non avevano intenzione di arrendersi.

Diverse ustioni bruciavano la pelle chiara del cavaliere di Virgo, mentre il suo potente avversario aveva sul corpo diverse ferite da cui sgorgava sangue che si depositava sul pavimento chiaro, formando una macchia che si allargava sempre di più, quasi a volerlo inghiottire.

"Shaka, non è necessario continuare questo massacro." mormorò ad un tratto Dauko con voce carica di tristezza.

Il cavaliere di Virgo fissò il suo compagno con stupore.

"Solo in un luogo Mur può essere fuggito! Nello Jamir! Conosce bene quel luogo e quindi potrà proteggere Kiki meglio rispetto a quanto avrebbe potuto fare nella Prima Casa dello Zodiaco."decretò il cavaliere di Libra.

"E' vero." concordò il custode della Sesta Casa.

"Tuttavia dimentica che anche io conosco bene quel posto. Ho provato sulla mia pelle le insidie di quelle montagne aspre e selvagge e so come contrastarle." mormorò il cavaliere di Libra.

"Molto bene. Guidami attraverso quelle impervie montagne." decretò il cavaliere di Virgo con voce calma e gelida simile ad una brezza siberiana.

Senza che Ioria potesse fare nulla per fermarli, il custode della Sesta Casa e della Settima Casa immediatamente si teletrasportarono.

"Oh no..." mormorò il custode della Quinta Casa e, per qualche istante, fu posseduto dal terrore. Tutto era definitivamente compromesso... Per quanto la sua forza scoppiasse come una stella nell'universo, Mur non avrebbe potuto fare molto contro due guerrieri come Shaka e Dauko...

Poi si riprese. Non potevano arrendersi dinanzi a questi ostacoli! Dovevano proteggere quel bimbo dal cuore puro come la neve! Di sicuro Athena avrebbe dato un segno della sua ripugnanza per un simile tributo di sangue!

Si chinò su Aphrodite, che giaceva svenuta al suolo e pose le mani su di lei.

Ben presto una lieve polverina d'oro scese sul corpo martoriato della custode della Dodicesima Casa e le sue ferite più gravi si richiusero.

La ragazza, dopo qualche istante, aprì gli occhi chiari e li fissò sul cavaliere della Quinta Casa.

"Cosa è successo? Dove sono finiti Shaka e Dauko?" chiese con voce tremante e carica di preoccupazione.

Lo sguardo del cavaliere di Leo si incupì.

"Si sono teletrasportati nello Jamir. Dobbiamo fermarli prima che sia troppo tardi! Per quanto forti siano i poteri di Mur, non potrà mai farcela da solo contro due guerrieri come Shaka e Dauko." rispose il giovane, ma l'ultima frase terminò in un sussurro strozzato e il ragazzo si strinse con un gesto spasmodico la spalla, da cui scorreva impetuoso il sangue, come un fiume in piena.

Aphrodite, senza parlare, posò le sue mani dalle dita sottili e candide sulla spalla del guerriero e una polverina dorata, dal fresco profumo floreale, si sparse su di essa, fermando il ruscellare del sangue e attenuando il dolore del giovane.

"Ti ringrazio." mormorò il guerriero di Leo con voce gentile.

Una luce dolce per qualche istante brillò negli occhi d'acquamarina della sacerdotessa, trasformandosi in un lampo di pura determinazione.

"Va bene. Sono con te Ioria." rispose la ragazza.

Qualche istante dopo i due giovani sfrecciavano come due meteore verso lo Jamir.

 

Intanto, dinanzi alla gigantesca statua di Athena, Saga e gli altri cavalieri d'oro aspettavano.

"Guardate... Ha obbligato Deathmask a compiere il sacrificio..." commentò con voce disgustata Milo di Scorpio.

"Chissà con quali parole lo ha costretto a macchiarsi le mani di sangue puro... Il cuore del cavaliere di Cancer è lacerato dalle troppe colpe di cui si è macchiato e da poco sta iniziando a purificarsi. Costringerlo a compiere un atto di cui è disgustato potrebbe trascinare la sua anima negli abissi della sofferenza." commentò Aldebaran.

Il cavaliere di Cancer, infatti, a differenza dei suoi compagni, che portavano le loro armature d'oro, indossava una tunica bianca con finimenti dorati e sulla testa recava un mantello, che gli conferiva un aspetto ieratico e solenne.

Tuttavia i suoi occhi, simili ad abissi marini, erano velati da sofferenza e dolore, come due specchi di limpido cielo oscurati da nuvole cariche di pioggia, e il suo viso era di un pallore marmoreo, simile a quello di una statua.

Nelle mani recava un coltello dall'impugnatura d'oro, tempestata di pietre preziose, che scintillavano di riflessi iridescenti. Con quell'arma avrebbe dovuto macchiare le sue mani di sangue puro e innocente... E a chiedergli questo era la dea Athena... La giusta sovrana della pace, che tante volte non aveva esitato a donare il proprio sangue in nome degli uomini, minacciati troppo spesso da dei dal cuore di tenebra come Hades...

"Saga, sei ancora in tempo per fermare questa atrocità! Non macchiare il tuo cuore del sangue innocente di un bambino!" gridò Micene avvicinandosi al Grande Sacerdote.

Il giovane, un tempo custode dell'armatura di Gemini, saettò sul cavaliere di Sagitter uno sguardo ironico.

"Proprio tu parli così Micene? Tu che eri disposto anche a sacrificare anche la vita di tuo fratello per Athena?" domandò retoricamente il Grande Sacerdote.

"Cosa stai dicendo? Non è... Non è la stessa cosa!" balbettò il custode della Nona Casa dello Zodiaco.

"Sì invece. Tu sei stato definito un eroe, un martire della giustizia e per Athena avresti anche sacrificato la vita di tuo fratello Ioria. Di fronte a lei, anche il legame di affetto che ti univa al custode della Quinta Casa perdeva importanza."

Tacque per qualche istante, poi riprese con voce fredda come la lama di una spada:"E proprio tu, che avresti ucciso tuo fratello in nome di Athena, osi darmi dell'assassino perchè sto per offrire un sacrificio alla nostra signora, andando contro i miei sentimenti?"

"A me non sembra che tu sia così triste di compiere questo omicidio." intervenne pacatamente Kanon fissando i suoi occhi di tanzanite in quelli simili del fratello.

"Cosa vorresti insinuare Kanon?" sibilò con voce tagliente il giovane Grande Sacerdote.

"Io non insinuo Saga. Mi limito a constatare con le parole quello che i miei occhi vedono. " replicò sempre con voce pacata il guerriero di Gemini.

" E cosa vedrebbero i tuoi occhi?" chiese sempre freddamente colui che un tempo aveva custodito l'armatura di Gemini.

"Non sarebbe un ritratto lusinghiero per te." rispose il giovane che, anni prima, aveva indossato l'armatura a scaglie d'oro del Dragone Marino, bruciato da un infinito desiderio di potere.

"Kanon ha ragione. Non sembri più il sacerdote dal cuore puro e sincero che conoscevamo un tempo..." intervenne Camus.

"Ma non vedete che le vostre parole non hanno effetto? Oramai il suo cuore è posseduto da un demone bruciato dal desiderio di sangue... Io preferisco agire contro di lui!" esclamò Shura con determinazione e, immediatamente, espanse il suo cosmo dorato, che brillò come sole ardente pronto a esplodere.

"Custode di Excalibur, sono anche io pronto alla lotta!" gridò Milo di Scorpio bruciando in una esplosione d'oro il suo cosmo di guerriero e, dietro di lui, brillarono di sinistri splendori le Quindici Stelle della costellazione dello Scorpione, sulle quali spiccava come un grosso rubino di Birmania Antares, l'ultima stella.

Un altro scontro stava per iniziare.