ILDA DI POLARIS

IL GIORNO DEI MIEI RIMPIANTI

(di Aledileo)

È bastato un giorno! Uno soltanto! Per cancellare dalla mia vita l’amore e la felicità! Ma non basterà una vita, per quanto lunga e apparentemente serena, per strapparmi dal volto quell’immagine di tristezza che su di esso si è stampata, che con esso ormai si è fusa, fino a diventare un unicum, fino a diventare parte di me, parte della donna che ha tradito Asgard. Perché è così che mi sento, Orion! È così che mi abbandono ogni notte, tra le lacrime dei miei rimpianti, incapace di accettare l’atroce sorte che a causa mia voi Cavalieri di Asgard avete dovuto fronteggiare! A causa mia e della mia debolezza! Se soltanto fossi stata più forte, se soltanto fossi stata capace di oppormi al nefasto potere dell’Anello del Nibelungo, se soltanto fossi stata in grado di sollevare il capo e fissare con orgoglio Nettuno, sbattendogli in faccia la sua ipocrisia e la sua volontà di asservirci, forse molte cose sarebbero potute andare diversamente, forse le bianche terre di Asgard non sarebbero state macchiate dal sangue dei suoi difensori, né le grida di uomini di pace avrebbero risuonato negli immacolati boschi della nostra terra. Forse tu, assieme ai tuoi cinque compagni, saresti ancora vivo!

Forse Thor ancora caccerebbe libero nelle foreste ai margini del nostro regno, laddove le leggi promulgate dalla stirpe di Polaris ancora non arrivano. Forse Luxor continuerebbe a correre, in queste immacolate terre protette da Odino, assieme ai lupi suoi fratelli, sfidandoli nella corsa e cibandosi con loro di quelle sensazioni di intima naturalezza che loro soltanto erano capaci di dargli. E forse Artax sarebbe ancora qua, ad ascoltare mia sorella canticchiare nell’alba del primo sole di primavera, ad osservarla ridere, perdendosi nei suoi occhi, come hanno fatto per anni, fin da quando erano bambini. Fin da quando le loro vite si intrecciarono, come le nostre, Orion. Amici, fratelli, amanti.

Forse Mime ancora suonerebbe dolci ma fatali melodie, tra le rovine della dimenticata città che borda i confini meridionali di Asgard, ove il musico dall’animo inquieto amava passeggiare, tra le memorie insepolte di Folken, suo padre e maestro, e le speranze di un mondo dove la musica regni sovrana. E forse Megrez, dal cuore roso dall’ambizione e dalla brama di gloria, avrebbe potuto placare i suoi sentimenti, trovando in voi, Cavalieri di Asgard al pari suo, dei fratelli o degli amici, e non soltanto dei servi da utilizzare per i suoi loschi scopi. Anche con lui ho fallito! Come con te, e con tutti gli altri! Ho fallito e non mi do pace, Orion, poiché non riesco ad accettare questo ingrato e beffardo destino! Questo fato perverso che uccide i fratelli e condanna gli eroi, lasciando che i colpevoli continuino a vivere impuniti al posto loro. Al posto di chi, come te, avrebbe meritato una lunga vita a difesa della sua terra, a cui sempre è stato fedele, a costo persino di volgere il pugno contro la Regina da cui era stato investito. Contro la Regina che, troppo debole per ribellarsi, non poteva far altro che assistere, attonita e disperata spettatrice, al massacro di tutti i suoi ideali, alla fine di tutto ciò che riteneva sacro. La sua Terra. I suoi affetti.

Ho chiesto tante volte a Odino di prendere la mia vita, e di donarla a te, Orion, e ai Cavalieri tuoi compagni, caduti per colpa di uno sbaglio che non sono stata in grado di evitare! Glielo chiedo ogni volta in cui mi reco al pinnacolo di ghiaccio, per pregarlo e rendergli omaggio. Ma il Dio degli Asi non ha mai prestato ascolto alle mie parole, troppo indaffarato nella vera Asgard, troppo intento a organizzare gli eserciti dei suoi einherjar, preparandoli per la fine del mondo, per porre lo sguardo su di me, su una stupida e fragile donna, capace soltanto di lamentarsi per un destino ingrato. Ma se un giorno dovesse ascoltarmi, e confido che ciò accada, poiché in Odino ancora credo, voglio che sappia che può, anzi deve, prendere la mia vita! A patto che il mio sangue ed il mio cosmo servano per darla nuovamente a voi, a patto che possano farvi vedere nuovamente la luce della vostra bella Asgard.

È così strano, Orion, così strano che ormai non ci faccio più caso, ma il velo che ci ha separato un tempo, tenendoci distanti fisicamente, adesso sembra scomparso. Quel velo di dignità, di fedeltà ai costumi e alle tradizioni, di rispetto da parte del primo dei Cavalieri verso la sua Regina, adesso sembra essersi dissolto, come neve al sole, lasciando soltanto un opaco strato di tristezza. E tanti, troppi, rimpianti. Col senno di poi, guardandomi indietro, adesso, vorrei cambiare tante cose, vorrei dirti frasi e pensieri che non ho mai potuto pronunciare, obbligata a celarli dentro il mio cuore, a tenerli nascosti al mondo, perché non si addicevano al mio ruolo di Sacerdotessa del culto di Odino, una donna che, prima di ogni altra cosa, doveva essere forte e decisa, salda nel terreno e nelle sue condizioni e soprattutto integerrima. Una donna che avrebbe dovuto mettere la difesa e la salvezza di Asgard al primo posto, nella lista delle sue priorità, lasciando che i sentimenti, soprattutto quelli personali, scivolassero via, per non precluderle in alcun modo lo svolgimento della sua funzione. Ma essi in realtà non mi hanno mai abbandonato, essi in realtà sono sempre stati parte di me. D’altronde, come si può chiedere ad una donna di non amare?

Per anni ho sempre rimandato, per anni ho aspettato, per anni ho contenuto gli affanni del mio cuore, immaginando che fossimo entrambi ancora giovani, immaginando che fossimo soltanto due ragazzi, di appena vent’anni, e che molte lune ancora avremmo visto sorgere sul mare artico. Ma alla guerra, che così tanto presente è stata nella memoria e nella cultura della nostra gente, avevo cercato di non pensare e se lo avevo fatto ti avevo sempre visto vittorioso e trionfante. Ti avevo sempre immaginato immerso nel sangue del drago Fafnir, con la spada Gramr sollevata verso il cielo, imbevuta della luce delle stelle dell’Orsa. Tu, Orion, l’invincibile. L’invulnerabile. L’unico che abbia amato così tanto la sua Regina da dare la vita per lei.

Vorrei avere avuto la possibilità di dirti quanto tenevo a te, e a tutti i Cavalieri tuoi compagni. Vorrei aver avuto la possibilità di dimostrarti che l’affetto che per te provavo, fin da quando entrasti nella mia vita e fin da quando le tue gesta vennero cantate lungo le terre del mare artico, era vero e sincero. E soprattutto non era soltanto l’affetto di una Regina per il primo tra i suoi Cavalieri, ma l’amore di una donna verso colui che avrebbe voluto fare Re, verso colui che sempre ha considerato il suo Re. Divisi dal destino, uniti dal ricordo, così Orion ti lascio adesso, sfiorando la fredda superficie di questa lapide, annaspando nell’amore che non ho potuto dichiararti, nella riconoscenza che non sono stata in grado di dimostrare, nelle parole che mai ho potuto dirti. Perché non ho avuto tempo, perché mi è stato proibito, perché il mondo che credevo perfetto e immortale è cambiato in pochi giorni, e della Asgard degli eroi speranzosi di un tempo, che confidavano nell’abbraccio protettivo di Odino e nella promessa di un raggio di sole, non è rimasto niente, soltanto un ricordo. E anch’esso ormai è già perso nel mio cuore.

© ALEDILEO