RISVEGLI

Prologo

La notte è scesa scura sul piccolo paesino della costa, i vicoli stretti e maleodoranti, sono imperniati di quella leggera foschia da salsedine, in giro solo qualche ubriaco e un paio di barboni. Le abitazioni basse ed adiacenti, formano un’immagine antica, quasi da dipinto settecentesco, una scenografia teatrale gettata via. Le colline intorno sembrano quasi voler inghiottire tutto e tutti per poi tuffarsi nel mare placido.

Le luci si riflettono fievoli sulle acque del vecchio porto dove riposano tranquilli pescherecci e piccole barche a remi, ancora impregnate del forte odore della pesca giornaliera. In lontananza, sul mare, qualche sporadica luce di imbarcazioni intente nel loro lavoro, tutt’intorno solo una distesa di reti stese a terra e silenzio.

Poco più in là una piccola e decadente casetta isolata, si affaccia sulla darsena.

Un giovane dorme stretto nel divano cigolante, la televisione è accesa, sul pavimento riviste, scatole di medicinali e qualche cartaccia.

Il suo sonno è disturbato, agitato, nella sua mente delle immagini offuscate e senza senso, memorie di un tempo che fu: nebbia, rovine, la Grecia antica, l’era del mito!

Una feroce battaglia imperversa, cadaveri di uomini e donne sembrano fare da macabra cornice ad una strada ormai distrutta, le case non esistono più, le urla dei sopravvissuti vengono smorzate da boati assordanti. All’improvviso un’enorme voragine si apre nel suolo, un ragazzo esamine a terra, il suo corpo pieno di gravi ferite, è rivestito da quella che sembra essere una strana armatura ormai quasi distrutta. Un ombra gli sia avvicina "Preparati a ricevere il colpo di grazia ragazzo e gioisci di questo, le tue sofferenze stanno per terminare, finalmente riposerai in pace".

Un attimo prima di ricevere il mortal fendente, una voce risuona nel cielo "Svegliati…….Svegliati…….Risvegliati Cavaliere, il dolore passerà, non darti per vinto, i tuoi amici ti aspettano, IO ti aspetto, hai ancora la tua vita, falla bruciare di un ardente splendore"

"Aarrrghh, anff, anff, o mio Dio ancora questo maledetto sogno, da tre mesi ormai mi perseguita, non riesco più a dormire da nessuna parte, questo divano mi sembra una tomba e questi maledetti sonniferi sono solo luride caramelle. Cosa significano quelle immagini? Tutti quei morti, sembra l’inferno sceso in terra. Perché quell’ombra vuole uccidermi? Quella voce poi, così malinconica ma allo stesso tempo fiera e piena di speranza, mi risuona in testa anche di giorno, la sento ovunque ed in ogni momento. Non so più cosa fare, ho seriamente bisogno di aiuto."

Inizia così una nuova giornata per Joy, questo il suo nome, cresciuto nell’orfanotrofio della città, operaio scaricatore al porto, fisico alto e snello scolpito da una muscolatura sorprendente per la sua età, appena diciottenne. I capelli corvini spettinati lasciati lunghi sulle spalle, gli occhi di un meraviglioso color azzurro ma dallo sguardo assente, il carattere duro, schivo e determinato, in apparenza inscalfibile ma in fondo buono ed amorevole. I suoi abiti rattoppati ed usurati e la perenne aria di chi ha un conto ancora aperto con la vita, alla ricerca continua di qualche tipo di perdono, ma ormai senza speranza.

"Ehi Joy, sei riuscito a dormire stanotte?" gli urla Tobey, suo compagno di lavoro.

"Hai per caso voglia di scherzare? Non vedi che faccia ho? Sembro la brutta copia di uno zombi. Comunque ho deciso di seguire il tuo consiglio, nel pomeriggio ho appuntamento con uno strizzacervelli giù in centro. Mi auguro che possa aiutarmi, non ce la faccio più"

"Te lo auguro davvero, amico mio. Anche perché se ti appisoli ancora sul lavoro, stavolta rischi grosso. Guarda là, anche stamattina abbiamo compagnia, è tornato il vecchio di ieri."

"Chissà che divertimento avrà a guardare tutto il giorno noi operai al lavoro. Mah? Dai Tobey andiamo altrimenti faremo tardi."

I due amici si allontanano sotto lo sguardo attento dell’anziano uomo, curvo sotto una sacca che tiene a tracolla e con un grosso cappello di paglia che copre la fronte. Ai piedi, gonfi e rovinati dal tempo, dei sandali, la mano tiene stretto un bastone su cui sono impressi degli strani simboli. L’uomo sospira e lentamente si volta riprendendo il suo lento cammino, mentre il sole inizia ad irradiare tutto con i suo primi raggi mattutini.