Chapter Seven

Il ritorno non era stato migliore dell’andata.

La Nike, una bagnarola dal nome pretenzioso, aveva avuto ogni genere di problemi: cime che improvvisamente si spezzavano, avarie agli strumenti e piccole falle che periodicamente costringevano l’equipaggio a sgottare e Tales era stato, se possibile, persino peggio che all’andata, riducendosi a uno stato quasi catalettico.

I disagi sopportati però erano un ben misero prezzo per ciò che lo attendeva. Dopo quasi cinque mesi il sole di Grecia gli scaldava nuovamente le membra, il vento portava quel misto di aria salmastra e montuosa unica nel suo genere e le Dodici Case dello Zodiaco lo sovrastavano. In cima a esse sorgeva la Casa del Gran Sacerdote, tramite in Terra della dea Atena. Lo aveva intravisto in un paio di occasioni ma l’elaborato elmo dorato che portava gli aveva impedito di guardarlo in viso.

Camminando arrivò fino all’anfiteatro. Vi aveva sostenuto innumerevoli scontri "amichevoli" sia con Saga, contro cui immancabilmente perdeva, sia contro altri aspiranti cavalieri.

Finalmente arrivo alle pendici dell'immensa scalinata. L’intera via, lunga diversi chilometri, pareva deserta.

Non pretendevo certo la banda, ma un’accoglienza un po’ più calorosa non mi avrebbe fatto schifo… Chissà se Pez è ancora da queste parti? E poi ci sono anche Ioria e Micene! Ma da queste parti non si vede nessuno.

Con calma s'incamminò verso i dormitori. Con un po’ di fortuna il suo letto sarebbe stato ancora libero e potrò finalmente riposare. Non ebbe mai modo di scoprirlo.

Distava ancora una quindicina di metri dalla costruzione quando questa cessò di esistere come tale. Apparentemente senza motivo esplose. Non certo come le pirotecniche esplosioni di Hollywood, in cui immensi globi infuocati si ergono per decine, centinaia di metri, lanciando detriti in ogni dove. Molto semplicemente sembrò gonfiarsi d'improvviso e poi crollò su se stesso.

Immediatamente si riunì una piccola folla di manovali e guardie.

"TAAALEEES!!!!" si udì riecheggiare tra le pareti rocciose che li circondavano. Una voce preoccupantemente nota.

Girandosi lentamente su se stesso, Tales vide il Vecchio J.J. che gli si avvicinava in fretta. Anche da quella distanza si notava chiaramente la vena pulsante sul collo. Sulle prime non riuscì a collegare i due avvenimenti. Poi, riguardando il dormitorio distrutto, ebbe la brutta ma netta sensazione di essere nei guai.

Oh cacchio… pensò, deglutendo rumorosamente.

"Ehi, questa volta io non c’entro nulla! Sono innocente, lo giuro!" si giustificò immediatamente.

"Se non sei stato tu, allora chi diavolo è stato???" la vena sul collo ormai pulsava ad un ritmo forsennato.

La risposta arrivò molto in fretta.

Una seconda esplosione alzò un gran polverone e scagliò in aria una discreta quantità di detriti. Dalla polvere emerse un vero e proprio gigante, alto due metri per centocinquanta chili circa.

"La mia ovviamente è solo un’ipotesi, tra l’altro notevolmente azzardata, ma l’istinto mi dice che lui potrebbe saperne qualcosa."

"Taci! E’ ora di sistemare quel bastardo!" ringhiò in risposta il vecchio.

"Ok. Fai attenzione, mi raccomando. Ci vediamo dopo, bye!"

"Dove credi di andare lavativo?"

"A cercarmi un letto per dormire. Quello mi ha appena fatto saltare aria il letto!"

"Dobbiamo fermarlo! E mi serve il tuo aiuto!"

"Siamo al Grande Tempio, il luogo più sicuro della terra! Ci saranno decine di cavalieri pronti a darti una mano! Non ti serve il mio aiuto!"

"No! Sono partiti quasi tutti per una missione! E non c’è altro tempo!"

Infatti, mentre parlavano, il gigante aveva iniziato a prendere a pugni tutte le guardie che gli si avvicinavano per provare a fermarlo. Tales non li invidiava di certo, quel bestione aveva pugni grossi come prosciutti.

"Che stress… E va bene, però mi devi un favore. Un ENORME favore!"

"Come vuoi tu, ma muoviti!"

"Con calma e per piacere, non dimentichiamo le buone maniere. E ricorda, le cose si fanno sempre con la dovuta calma!" e si incamminò così verso il gigante a passo moderato.

"Ehi bestione?!?" urlò, senza ottenere la sua attenzione.

"Ooooooh, ti vuoi fermare mammut pidocchioso?" riprovò con risultati affini.

"Adesso basta, te la sei proprio cercata ippopotamo sovrappeso!" ringhiò. E dalle parole passò ai fatti.

Senza ulteriori indugi scattò verso il gigante. Quello tentò di colpirlo con un lento ma poderoso pugno. Con una piroetta su se stesso Tales ebbe gioco facile a evitare il colpo dell’avversario e a rispondere con un violento calcio al suo fianco scoperto.

Il gigante cadde in ginocchio stringendosi il lato scoperto.

Tales chiuse la pratica con un diretto al viso che fece scattare all’indietro la testa del gigante, seguita in brave dall’intero corpo, scagliato a svariati metri di distanza.

Il gigante riaprì lentamente gli occhi. La testa gli pulsava dolorosamente, la mascella gli scricchiolava e le orecchie fischiavano. Accovacciato accanto a lui, vide un ragazzo dallo sguardo rilassato, una sigaretta che sporgeva da un lato dalla bocca ed un piede sul suo petto.

"Ehi bestione, ora ti sei calmato?"

Ancora nessuna risposta.

"Ma sei sordo, muto o scemo? Ce l’hai un nome? Ohi, mi capisci? Un N-O-M-E?"

"Lars."

Dall’accento e dai capelli biondi si direbbe uno del nord. Un tedesco forse?

"Da dove vieni?"

"TØnder, Danimarca sud."

"Benissimo, almeno ora so che non sei sordo, muto o scemo. Oh beh, sull’ultima ho ancora qualche dubbio. Ma ora mi spieghi diavolo hai fatto tutto questo casino?" gli chiese ancora. Grosso errore.

Lars si rialzò d’improvviso in piedi, scostando rudemente Tales con il braccio.

"Dove sei tu? Fare vedere! J.J.!!" urlò in preda ad improvvisa ira. Velocemente si guardò intorno alla ricerca del suo obiettivo. Individuatolo, scattò furioso verso il vecchio J.J. incassando il pugno, pronto a colpire.

"Io stacco tua testa!" urlava correndo.

Arrivato ad una mezza dozzina di metri di distanza dal vecchio scagliò un violento colpo energetico. Tales lo giudicò prossimo alla velocità del suono.

J.J. notò lo sguardo d’odio del gigante. La mia fine è dunque arrivata?

Dovette intervenire Tales in soccorso vecchio. Egli si mise a braccia incrociate tra i due. Il contraccolpo lo spinse un paio di metri indietro, scavando due fossi paralleli.

"Ora mi hai davvero rotto!" sbraitò allora il ragazzo, caricano gli arti di energia cosmica.

"Ecco un trucchetto Made in Italy!"

Sfruttando il suo cosmo per potenziare la velocità e la forza dei colpi, Tales si fiondò contro Lars, sfruttando l’impeto per infliggergli una devastante ginocchiata alla bocca dello stomaco, seguiti da un paio di ganci allo stomaco ed un tremendo calcio al viso.

Non riuscendo a reagire, il gigante fu costretto a subire i colpi, ritrovandosi disteso per terra decine di metri più indietro. Provò a rialzarsi ma non vi riuscì, così si limitò a restare sdraiato aspettando il colpo di grazia.

Tales si avvicinò senza fretta. La sigaretta che aveva in bocca si era spezzata durante la colluttazione, così la buttò e se ne accese un’altra.

"Ehi bestione, mi vuoi spiegare cosa diavolo ti è preso? Che ti ha fatto il Vecchio per volergli staccargli la testa? Persino io al massimo gli staccherei un braccio o una gamba!"

"Ehi, così non mi aiuti!" s'intromise indignato J.J.

"Non t'immischiare!" lo zittì allora il ragazzo, riportando la sua attenzione sul gigante.

Lars lo guardò con sguardo afflitto, quasi imbarazzato.

"Lui preso me Inge." Mugugnò finalmente.

"E che diavolo è Inge?"

"Inge è mia GaAs… mia oca."

"Oca?" chiese stupito Tales. Non si aspettava certo qualcosa del genere!

"Ja, lui dice che lei non sta con me e poi porta via da me!" nonostante la mole, Lars sembrava avere un animo sensibile al punto da essere sull'orlo delle lacrime.

"Ok, ci sono. Tranquillo bestione, ci penso io!" lo confortò, strizzandogli l’occhio.

"J.J., vieni subito qua! E vedi di muoverti!" sbraitò verso lì impaurito ed intimorito ex militare.

Lentamente e con cautela J.J. si diresse verso i due, pur mantenendosi ad una distanza di sicurezza.

"Che c’è?"

"Gli hai tolto il papero?"

"Lei oca." Lo corresse il danese a bassa voce.

"E’ uguale, non facciamo i pignoli! Allora J.J.?"

"Bèh, veramente…sai, le regole del Gran…"

"Si o no?" tagliò corto Tales.

"S-si."

"Benissimo, allora ridagliela, così il mio amico Lars si calmerà. Vero bestione?"

"Ja, ja!"

J.J. allargò le braccia. "Ma non posso, è contro le regole!"

"Tu mi devi un favore no? E tu lo sai cosa fanno i Cavalieri a chi non mantiene le promesse vero? Io voglio che tu ridia quella benedetta oca a Lars, così chiuderemo finalmente la storia!".

"Dannazione… E va bene, gli ridarò quella stupida oca!" capitolò il vecchio.

"Rilassati bestione, ora è tutto risolto, ti ridaranno Inge!"

"Grazie ragazzo, Lars è molto felice! Io sempre servire a te!" esclamò felice il gigante con il volto rigato dalle lacrime, stringendo il braccio di Tales così forte da fargli temere che glielo avrebbe spezzato.

"Come dici tu, ma adesso smettila di piangere e soprattutto lasciami andare!"

Liberatosi finalmente della stretta, raccattò la sua sacca, salutò i due disputanti, non senza ricevere una sfilza di rimproveri da J.J., ed andò a cercarsi un posto ove dormire. Ma non fu una ricerca lunga.

"Tales! Finalmente ti ho trovato!" urlò infatti una voce alle sue spalle. Voltandosi il ragazzo vide la prima faccia veramente amica dal suo ritorno in Grecia. Micene di Sagitter gli si parava dinanzi sorridendogli allegramente. Il frastuono provocato da Lars lo aveva attirato fin lì diritto dalla persona che stava cercando.

"Ohi Micene, ne è passato di tempo!"

E Micene se ne rendeva conto semplicemente guardandolo. Il volto era più abbronzato, ma anche più maturo e gli occhi avevano assunto uno sguardo più deciso, come se niente potesse fermarlo. Fisicamente era cresciuto di diversi centimetri sia in altezza sia nella musculatura, che ora risaltava netti e scolpiti sotto la maglia. Un cambiamento impressionante considerando che non si vedevano solamente da qualche mese.

"Anch'io son lieto di rincontrarti! Com'è andata la traversata?"

"Uno schifo, ma ormai ho fatto il callo alla taccagneria del Grande Tempio. Piuttosto mi stavi cercando?"

"Certo che ti stavo cercando!" esclamò Micene con naturalezza. Poi, notando lo sguardo interrogativo di Tales, aggiunse: "Ma come, non ne sai nulla?"

"E cosa dovrei sapere?"

"Che d’ora in poi sarò io a seguire il tuo allenamento!"

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Seguirono diversi mesi di lunghi ed estenuanti allenamenti, cui una persona normale forse non sarebbe sopravvissuta. E probabilmente anche molti aspiranti cavalieri sarebbero periti per la fatica e le privazioni. Ma dopo aver superato anni di addestramento con Saga di Gemini ed aver vissuto per cinque mesi in un vulcano con Death Mask di Cancer, per Tales allenarsi con Micene era quasi piacevole. Alcuni giurano persino di averlo sentito dire che fosse una "pacchia".

Ma in effetti era tutto fuor’che una "pacchia". Si alzavano all’alba e, dopo un caffè ristoratore, cominciavano subito ad allenarsi. Principalmente si trattava di esercizi per controllare il potere dei fulmini, campo nel quale Micene era maestro indiscusso. Il suo Atomic Thunderbolt avrebbe potuto spazzar via tutti gli alberi di una foresta nel raggio di centinaia di metri, se solo Micene lo avesse voluto. Tales non era ovviamente al suo livello ma, dopo l’esperienza accumulata con Death Mask, stava migliorando ad una velocità sorprendente. In un mese imparò a gestire l’energia dei fulmini e a convogliarla nella forma e nel modo che preferiva,

L’assenza del giovane Ioria, partito per un viaggio in cui affinare le sue abilità guerriere, permetteva a Micene di dedicarsi esclusivamente al suo nuovo allievo.

Ma nonostante questo i due non erano mai veramente soli. Come promesso, o come sosteneva Tales minacciato, Lars li seguiva come un segugio, eseguendo tutti i loro ordini eccetto uno. Con sommo disappunto di Micene non c’era verso di allontanarlo da Tales, nemmeno se lo minacciavano o lo imploravano. Ma in fondo al ragazzo piaceva averlo intorno, in un certo senso lo rassicurava. E poi gli faceva un mucchio di lavoretti che lui non avrebbe mai fatto.

Infine giunse un giorno tanto atteso quanto storico per l’aspirante cavaliere. Dopo aver passato due mesi ad allenarsi per migliorare il controllo sui colpi elettrici e a studiare nuovi modi per sfruttarli, riuscì finalmente a creare una scarica abbastanza potente e veloce da riuscire a far schiantare Micene contro una colonna.

"Ooops… Scusa, non l’ho fatto apposta, non volevo!" si scusò subito Tales, memore dell’esperienza, tutt’altro che piacevole, con Death Mask.

"Non te ne curare, anzi! Mi allieta sapere che finalmente il mio lavoro è terminato!" gli rispose il Cavaliere d’Oro, appoggiandosi stancamente alla colonna semidistrutta.

"Terminato? Dovrò dunque tornare in Sicilia?"

"Niente del genere. Dammi una mano ad alzarmi, in casa ho qualcosa da mostrarti."

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"Ehi Lars!"

"Uhm?"

"Secondo te quant’è che è li dentro?"

"Io crede circa una ora."

"Ma che diavolo starà cercando?"

"Io non so."

"Era una domanda retorica bestione, non era necessario che rispondessi."

Erano esattamente 57 minuti che i due aspettavano davanti una delle entrate laterali della IX casa. E Tales ne era parecchio infastidito oltre che impaziente.

"Mi sono rotto. Andiamo a vedere che diavolo sta combinando."

"Ja."

Entrati in casa si guardarono intorno alla ricerca di Micene. Poi sentirono dei rumori provenire da una delle stanze e si affacciarono alla soglia. La scena che gli si parò davanti li lasciò a bocca aperta.

Micene di Sagitter, il più anziano ed esperto tra i Cavalieri d’Oro, paladino della giustizia e baluardo posto a difesa del Grande Tempio era letteralmente sommerso da una montagna di spazzatura composta da vecchi articoli sportivi, giocattoli rotti ed ammennicoli vari.

"Non è che mi dareste un aiuto a liberarmi?"

Dopo che lo ebbero liberato si spiegò.

"Scusate il caos, ma sapete com’è, qui abitano due ragazzi soli ed il nostro unico aiutante, Galaan, è partito con Ioria.

"Eheh, ti posso capire vecchio mio. Ma adesso ci vuoi rivelare che stai cercando?"

"Aspetta un secondo, ma dove è finita? Ah eccola!"

Micene tuffò il braccio nel cumulo di cianfrusaglie e tirò fuori una specie di grossa scatola grigia finemente intagliata.

"O dei… E’ quello che penso io?" mormorò Tales.

"Beh, non è una macchina sportiva, ma credo che ti piacerà comunque!"

Tremante, Tales tirò la maniglia che sporgeva da uno dei lati del contenitore. Fasci di luce bianca attraversarono la stanza, obbligando i presenti a coprirsi gli occhi. Nel frattempo la scatola, ormai rivelatasi come uno scrigno, si era aperta, lasciando vedere una specie di statua di metallo. Completamente bianca con piccoli tocchi di giallo, raffigurava un uccello ad ali spiegate, fornito di tre lunghe code che terminavano in una specie di piuma.

Fu Micene il primo a rompere il silenzio.

"Ecco la bronzea armatura dell’Uccello del Paradiso! Essa nasce oggi con te! Essa vivrà con te! E infine essa morirà con te! Ma che la fama che insieme guadagnerete viva per sempre!".

Il totem si scompose e si dispose su di Tales, rivelandosi snella e compatta. Il diadema ricordava un uccello il cui becco difendeva la fronte, mentre le ali spiegate coprivano le orecchie e le tempie, uno spesso pettorale la cui forma ricordava un sinuoso volatile che solca il cielo completato da doppie spalliere arcuate si pose a difesa del torace così come un cinturino che ricordava un gonnelino copriva l’inguine. Infine gli arti erano difesi da bracciali e schinieri, mentre dalla schiena discendevano le tre lunghe code notate in precedenza.

Per un lungo istante i tre fissarono l’armatura. Questa volta fu Lars a rompere il silenzio.

"Tu tieni oggetto così prezioso in sgabuzzino?"