Capitolo V: L'isola dell'esilio

-Di questo, almeno per ora, non ne avrò più bisogno – disse Clio togliendosi di dosso con la sinistra il saio e rivelando un corpo di donna temprato dal duro esercizio ma allo stesso tempo leggiadro, aggraziato e soprattutto protetto dall'armatura dell'Ofiuco. La maschera celava alla vista i tratti del volto, ed era incorniciata da lunghi capelli verdi.

Christ sembrava incurante di ogni gesto della sacerdotessa, poi proruppe con queste parole: - In Francia mi hai spiato, o mi hai fatto spiare – e con lo sguardo fissava l'isola che gradualmente appariva ai suoi occhi sempre più grande.

- Non dire sciocchezze -.

- Prima mi hai chiamato Christ, nessuno ad Atene mi ha mai chiamato così, per tutti voi io ero Hristov. Tu eri presente negli ultimi giorni che ho trascorso a Parigi, hai celato il tuo cosmo in modo tale che non potessi percepire la tua presenza -

- Queste sono cose che al momento non sono importanti -. Clio tacque per qualche secondo, poi, sentendosi come in obbligo di fornire una spiegazione – Una tecnica che mi ha insegnato il mio maestro – disse - Il Grande Sacerdote voleva essere certo che tu iniziassi la ricerca, conosceva questa mia abilità, e mi ha ordinato di controllarti -.

- Fin dal nostro incontro in Francia non sono stato altro che una pedina nella vostra caccia -

- Sai benissimo che non è così, questo è il modo in cui il Grande Sacerdote vuole redimerti agli occhi di tutti noi -

- E allora merito una spiegazione! – disse voltandosi verso Clio. La sua voce si era alzata di tono e tradiva una rabbia montante.

- Cosa vuoi sapere? Chi è l'artefice di tutto questo? E se anche sapessi il nome, questo lenirebbe il tuo dolore per la perdita degli amici e dell'equipaggio di questa nave? - durante tutta la discussione Clio non aveva smesso di manovrare il timone. Guardando gli occhi del cavaliere si sentiva ancora una volta obbligata a non tenerlo così all'oscuro di tutto. - Erato. Questo nome ti dice qualcosa? -

Christ riflettè per un istante, poi esclamò – tu e lei eravate entrambe allieve di Deioneo ma non capisco, lei fu bandita dal Grande Tempio ed esiliata...-

- Ed esiliata – ripetè Clio – proprio ad Atokos. Non lo sapevi vero? Non lo sapeva nessuno, solo il Grande Sacerdote. Erato si era macchiata della colpa di avidità e brama di ricchezze, usava il suo potere di cavaliere per scopi troppo personali, assaltava le navi cariche di ogni bene che solcavano l'Egeo. Avrebbe dovuto essere imprigionata a Capo Sunion ma Deioneo implorò il Sacerdote di risparmiarle questa pena. Commosso dalle calde parole del mio maestro mutò la prigionia nell'esilio. Fu condotta sull'isola di Atokos e affinché non potesse ripetere le sue empie gesta tre guerrieri furono scelti per vigilare su di lei. Quello che purtroppo il Grande Sacerdote non aveva previsto è che i tre da carcerieri sarebbero diventati suoi complici. Di più, adesso sono al suo servizio, depredando per conto suo le navi che fanno rotta per la Grecia -.

- Eel, era uno dei tre carcerieri? - domando Christ.

-Sì -

Durante quel dialogo la nave si era ulteriormente avvicinata e adesso Atokos poteva essere scorta con chiarezza. Appariva esattamente come Orso l'aveva descritta: una piccola lingua di terra che si ergeva di poco al di sopra delle acque marine, completamente rivestita di una vegetazione bassa e brulla il cui verde spento si alternava al luccicante biancore delle rocce nude. Non sembravano esserci folti boschi o foreste, solo di tanto in tanto qualche filare di pochi alberi. Quasi al centro dell'isola il terreno si elevava in una scoscesa altura, qualche decina di metri di altitudine, sufficienti però per avere un'ottima visuale di tutto ciò che vi era attorno. Ed infatti in cima si ergeva una costruzione in pietra, bianca anche questa, consumata dal tempo eppure ancora integra, la torre.

- Lei è lì- disse Clio puntando l'indice verso la torre - di sicuro ormai si deve essere accorta della nostra presenza -. Rivolse quindi il capo verso Christ dicendo – fai attenzione, i pericoli non sono finiti, altri tre avversari ci aspettano -

L'altro sorrise leggermente – sono pronto -.

Arrestarono la nave poco prima di toccare le acque basse dell'isola, Christ gettò l'ancora per fermare il corso dell'imbarcazione mentre Clio ammainò le vele. Fatto questo entrambi si tuffarono in acqua e a nuoto colmarono la breve distanza che li separava dalla terraferma. Il litorale era roccioso ma gli scogli non erano troppo alti e frastagliati e salirli fu per loro uno scherzo.

Una volta ripreso il passo si guardarono attorno, non videro nessuno all'orizzonte ma percepivano la presenza di due cosmi ostili.

- Serpens, Dolphin, uscite allo scoperto, so che ci state osservando – disse urlando Clio poi, col medesimo tono, proseguì – avete tradito la causa di Atena, il Grande Sacerdote vi aveva affidato un compito cui per le vostre debolezze siete venuti meno, la vostra pena sarà la morte, la stessa che avete arrecato a tante persone innocenti -.

Udite queste parole Chirst lanciò il suo Crossblade contro uno sparuto gruppo di alberi abbattendoli al suolo. Nel preciso istante in cui le lame di luce toccarono i tronchi un'ombra schizzò fuori saltando in alto e ponendosi controsole, Christ alzò lo sguardo ma la lucentezza del sole meridiano lo accecò impedendogli di vedere che l'ombra stava tornando verso il basso roteando su se stessa. Un colpo, non capiva bene scagliato come, lo colpì in pieno petto scaraventandolo a terra.

- Stolto, chissà quale trucco devi avere usato per uccidere Eel, è bastato semplicemente mettersi controluce per eliminare ogni tua difesa – disse ridendo grassamente il guerriero che lo aveva colpito, rivestito interamente di un'armatura nera e bianca e con un copricapo che ricordava la testa di un delfino.

Christ nel frattempo si era alzato – Difendermi? - lo schernì - E da quale colpo? Non mi hai nemmeno fatto un graffio, piuttosto appronta le tue difese...-

- No – lo interruppe la voce di Clio – Tu prosegui, Dolphin è mio -

- E' me che ha sfidato – ribatté l'altro ma Clio sembrava irremovibile, posizionandosi anzi tra i due e sentenziando – Ho detto che è mio! -.

Christ comprese allora di non poterla dissuadere – Bene allora- disse -io proseguirò, ci vedremo alla torre -

- Alla torre – replicò Clio come ad accomiatarsi da lui, e Christ si allontanò.

- Dove scappi cavaliere – urlò Dolphin facendo un rapido scatto come a volergli correre dietro ma subito Clio intercettò la sua direzione di movimento dicendo – ho detto che sono io il tuo avversario -.

- Tutta questa premura per batterti contro di me? Quale onore! - disse sarcastico il guerriero ma presto le risa che provenivano dietro la maschera di Clio cancellarono il sorriso sardonico sul suo volto.

- Ho mandato lui avanti, in questo modo lo scontro lo terrà occupato più a lungo – pronunciò queste parole ancora ridendo – e potrò battermi io con Erato, ho un conto in sospeso con lei. Ma ora non è più tempo di parlare, preparati alla lotta Dolphin! -

- Non vincerari – urlò l'altro, saltando rapido in alto e ricadendo mentre roteava su se stesso come quando aveva colpito Christ.

- Non potevi fare mossa peggiore – disse Clio nel vederlo pronto a colpire e posizionando a mezz'aria il suo braccio destro, piegando le sue dita dalle unghia affilate a mo' di artigli, poi urlando -ONUKS BRONTES!- si scagliò contro l'avversario nel momento esatto in cui questi stava per colpirlo con i piedi. Con estrema rapidità scansò gli arti inferiori e intercettò il corpo di Dolphin nell'istante in cui la rotazione aveva portato il petto di questi vicino alle sue dita. Non dovette fare altro che affondare queste nella corazza e nella carne dell'altro.

- Uno stesso colpo non può avere effetto due volte. Ti ho visto scagliarlo conto Christ, non potevi vincermi usandolo anche contro di me, io che sono un cavaliere d'argento – la sua mano era affondata ancora di più nella carne, trapassando da parte a parte il torace. La testa di Dolphin si era ormai inclinata in avanti, lentamente il suo corpo scivolava all'indietro, via dal braccio di Clio sporco di sangue, e crollando al suolo.

La sacerdotessa rimase ferma lì a guardare il corpo esanime dell'avversario, poi gridando con tutta la voce che aveva in gola e voltandosi verso la torre – Erato!- disse – Lo so che mi stai vedendo, guarda bene perché questo sarà il modo in cui anche tu lascerai questo mondo! -.

Poco dopo aver pronunciato l'ultima lettera vide un fascio di luce viola che dalla torre si propagava verso di lei. Man mano che si avvicinava sembrava prendere forma, la forma di un rapace gigante che voleva colpirla con gli artigli. Clio si preparò alla difesa ma qualcosa la colpì allo stomaco con una violenza tale da farla prima accasciare e poi crollare a terra priva di sensi.

***

Christ aveva proseguito il suo cammino guardingo, percepiva con forza il cosmo di un guerriero ma per quanti sforzi facesse non riusciva a capire dove questi si nascondesse. Controllava ogni cosa che potesse prestarsi a fungere da nascondiglio, alberi ma anche avvallamenti del terreno o rocce. Niente. Il sole ormai batteva forte e lui si sentiva avvampare dal calore. Per fortuna, in questo suo avanzare, si imbatté in uno stagno con un piccolo rivolo che lo alimentava, abbastanza profondo e, così almeno gli sembrava, con acqua limpida da potersi bere. Anche il cosmo dell'avversario sembrava scomparso, ragion per cui decise di fermarsi per un istante e di dissetarsi in quello specchio d'acqua. Si inginocchiò piegandosi in avanti ma quando le sue labbra erano sul punto di toccare la superficie dello stagno un grande serpente verde e viola lo afferrò per il collo stringendo forte la presa. Christ si sentì soffocare. Iniziò a colpire con il taglio della mano ciò che gli stava impedendo di respirare ma questa scivolava via sul corpo viscido di quell'essere. Non restava che colpirlo allora con il suo Crossblade, incrociò gli avambracci e li separò scagliando i fasci luminosi ma proprio in quell'istante il serpente lasciò la presa fuoriuscendo dall'acqua e tramutandosi in un essere umano. La sua armatura era dello stesso colore della pelle del rettile che prima lo aveva attaccato e l'elmo ne aveva la forma, ma la cosa stupefacente era che si trovava in piedi sull'acqua.

- Allora ti è piaciuta la mia sorpresa? – disse questi con grande baldanza, poggiando i pugni sui fianchi – vedrai che questa non sarà l'unica! -

- Tu devi essere il terzo carceriere – nel pronunciare queste parole Christ si stava riprendendo dalla presa che gli aveva stretto il collo, preparandosi allo scontro.

- Serpens è il mio nome – riprese l'altro – e di Erato sono uno dei tre guerrieri. Appronta le tue difese cavaliere! - e nuovamente si lanciò contro l'altro assumendo la forma di un enorme serpente.

Christ si preparò allo scontro aspettando che l'avversario gli fosse vicino per sferrargli un pugno, ma appena lo colpì la mano scivolò sulle spire senza sortire alcun effetto

- E tu avresti sconfitto Eel? - disse sarcastico il guerriero – Non hai ancora capito che questi tuoi colpi non possono nulla sulla mia corazza? E' fatta di squame, viscide come quelle di un serpente. Ed ora è il mio turno: ALOSIS BROTOS- e con il suo corpo serpentino andò ad attorcigliarsi lungo il cavaliere, lentamente ma inesorabilmente stritolandolo.

Christ iniziò a dimenarsi e a cercare di allargare le braccia nel tentativo di liberarsi dalla presa ma ogni suo sforzo sembrava inutile. L'avversario stava stringendo adesso più che mai. Il cavaliere allora urlò forte, più per raccogliere le forze che per il dolore ma questo non fu compreso da Serpens che iniziò a deriderlo, convinto che stesse per soccombere.

- Urla pure – disse infatti – nessuno verrà ad aiutarti -

Ma Christ non voleva alcun aiuto. Stava bruciando con forza il suo cosmo, e adesso un'aura rossa circondava il suo corpo. Nuovamente allargò le braccia e questa volta il gesto sortì l'effetto: le spire del rettile stavano allentando la presa tanto che il cavaliere riuscì a divincolarsi e liberarsi completamente. Adesso toccava a lui colpire. Pose gli avambracci a mo' di croce e urlò – SOUTHERN CROSS THUNDERBLADE! -

- Non crederai che avevo solo questo in serbo per te – disse l'altro e poi urlò – DRACONTOS DEGMA! - lanciandosi fulmineo con le braccia protese in avanti contro Christ.

Un raggio cruciforme saettò nell'aria. Un fiotto di sangue cadde al suolo.

L'armatura di Serpens presentava adesso uno squarcio dalla forma di una croce all'altezza del cuore e da quell'apertura stillava abbondante un fiotto di sangue. Il guerriero aveva perso i sensi svenendo addosso all'altro. Christ cercò di scrollarselo di dosso ma si accorse che l'indice destro di Serpens era conficcato nel suo braccio, facendolo sanguinare.

- Forse miravi anche tu al cuore – disse – ma io sono stato più rapido – e con la mano destra estrasse il dito dal braccio facendo accasciare l'altro al suolo, a pancia in giù.

- Ed ora Erato a noi! - e riprese il cammino per giungere alla torre.

Il cavaliere della Croce del Sud si era ormai allontanato, fu allora che Serpens, con quel poco di forze che gli restavano, iniziò a ridere.

- Stolto cavaliere! - disse infine – non sai che il morso di un serpente è velenoso? Presto te ne accorgerai! - e continuò a ridere finché in lui non si spense qualsiasi alito di vita.

Christ era ormai prossimo alla torre ma dopo lo scontro aveva sentito crescere in lui un profondo spossamento che gli aveva reso difficoltosa l'avanzata. Attribuiva tutto ciò al calore.

"Avrei dovuto approfittare dell'acqua e dissetarmi" pensava tra sé "ma adesso non c'è tempo, lo farò dopo avere affrontato colei che abita quest'isola".

Era ormai giunto davanti al portale d'ingresso, chiuso dal ponte levatoio alzato. D'un tratto sentì il rumore di una corda che si allentava, poi vide le assi di legno lentamente abbassarsi fino a toccare il suolo dalla parte opposta del fossato. La spossatezza di Chirst aumentava e gocce di sudore freddo gli imperlinavano la fronte.

- Non devo lasciarmi vincere dalla stanchezza adesso – disse – dopo avrò tutto il tempo per riposare -. Stava per entrare quando dal portale uscirono orde di uomini abbigliati come i soldati del Grande Tempio.

- E questi da dove sbucano? - il cavaliere era stupito – poco importa, sono semplici soldati, non costituiranno per me un problema – e gli si gettò contro per affrontarli.

Sferrò pugni, calci, ma allorché ne colpiva uno questo spariva per riapparire poco dopo. Per molto tempo fu impegnato in questo scontro che lo stava soltanto sfiancando senza che nessuno di quei soldati fosse vinto. Poi ricordò le parole del comandante incontrato a Brindisi, e capì.

- Non sono uomini veri, né tantomeno fantasmi – si stava guardando attorno mentre gli avversari lo colpivano senza procurargli alcuna ferita – è tutta un'illusione creata da qualcuno: Erato! -

Incurante dei soldati si lanciò dentro la torre, finché non fu in una grande sala da cui partiva una rampa di scale elicoidali. Decise di salirle, ma quest'impresa gli costò una fatica immane.

- Cosa mi sta succedendo? - si interrogò tra se – non può essere stanchezza, una rampa di scale non può sfiancare a questo modo un cavaliere di Atena -.

Fu a quel punto che udì delle risate riecheggiare nella torre. Raccolse allora tutte le forze che aveva e salì i restanti gradini, fino a ritrovarsi in un'ampia sala vuota. Nessun mobilio, nessun camino o arazzo alle pareti, solo due monofore da cui la luce poteva penetrare tenue nella sala, dove nel fondo, nascosta dalla semioscurità, era seduta una persona. Nel vedere Christ questa si alzò andandogli incontro, ridendo nuovamente.

- Credevi davvero di avere vinto con tanta facilità i miei guerrieri? - la figura stava uscendo dalla penombra, rivelandosi essere una donna che indossava un'armatura grigia che ne celava completamente l'aspetto, lasciando scoperte soltanto le dita con unghie affilate.

- Erato? - Christ cercava di aguzzare lo sguardo per poterla vedere con chiarezza ma gli riusciva difficile, la vista si stava annebbiando.

- Sono io! - la voce proveniva da dietro una maschera vampiresca che le celava il viso – e tu sei stato vittima di Serpens, il serpente che prima di morire ha iniettato il suo veleno!-.

- Il dito conficcato nel mio braccio – esclamò l'altro.

- Già il dracontos degma, il morso del serpente, un colpo capace di convertire parte del cosmo di chi lo lancia in un'energia venefica che s'insinua nel corpo dell'avversario, dapprima localizzata nel punto colpito, ma che pian piano si espande sempre più. Le mie illusioni servivano solo a farti perdere tempo perché il colpo avesse il suo pieno effetto, proprio quello che sta succedendo adesso -.

Christ percepiva che ormai le forze lo stavano abbandonando.

- Non pensare che questo possa fermarmi, CROSSBLADE!- e lanciò il suo colpo ma con così poca forza che l'altra non dovette neanche scansare il colpo, le lame di luce non scalfirono nemmeno la sua armatura.

- Dannazione! - imprecò il cavaliere, poi sentì le forze abbandonarlo completamente e cadde a terra.

Lentamente Erato si avvicinò al suo corpo e si inginocchiò.

- il Grande Tempio ha deciso che era ora di punirmi e ha mandato qui qualcuno. Comunque non eri tu colui che poteva destarmi preoccupazione, addio cavaliere! – e alzò la mano destra per colpirlo -ONUKS... -

- Ferma Erato! - una voce di donna l'aveva fatta bloccare. Clio era entrata nella sala.

- Hai nascosto il tuo cosmo mentre io ero impegnata con lui, in modo che non mi accorgessi che ti eri ripresa. Dovevo immaginare che quel colpo non ti avrebbe potuto fermare a lungo. Sei tu l'avversario che più temevo – nel dire quelle parole si era rialzata.

- Sai bene che Deioneo ha insegnato questa tecnica ad entrambe. Quanto al fatto di essere qui, io stessa ho chiesto al Grande Sacerdote di essere impegnata in questa missione per vendicare il nome del nostro maestro che tu hai infangato con la cupidigia! -

- Quando nella vita non restano altre gratificazioni... – sospirò l'altra – come te mi sono allenata per essere cavaliere d'argento, ma tua è stata tale investitura, ed a me, sebbene il mio cosmo sia pari al tuo, Deioneo ha riserbato altra sorte: cavaliere di bronzo del Serpente, senza neanche avere la possibilità di battermi per il possesso di quella dell'Ofiuco -.

- Forse non Deioneo, ma il fato questo aveva stabilito – sentenziò Clio.

- E perché dovrei accettarlo? Perché supinamente dovrei piegarmi a decisioni che non condivido? - rispose l'altra stringendo il pugno destro – sentivo una grande rabbia crescere dentro me, tanti anni spesi tra dolore e sacrificio vanificati da quella scelta che poneva qualcun'altra sul gradino più alto. Poi decisi: se non potevo ottenere l'onore, mie sarebbero state ricchezze e vita agiata. E quando sono stata esiliata in quest'isola, che gioia sapere che altri uomini del Grande Tempio condividevano questa stessa brama: Eel, Dolphin, Serpens, non ho dovuto fargli nessun lavaggio del cervello, mi è bastato fargli comprendere quanto oro e altri preziosi avremmo potuto incamerare...-

- E' solo per invidia che hai deciso di intraprendere questa strada? No, le tue parole Erato sono solo farneticazioni - la interruppe Clio - preparati allo scontro -

- E scontro sia! Ma bada che non sono un cavaliere di bronzo qualunque -

- No – disse il cavaliere dell'Ofiuco -infatti ti consideravo una sorella! -.

Entrambe si posizionarono pronte a sferrare il loro colpo e nella sala riecheggiò all'unisono il grido – ONUKS BRONTES!-. L'una diretta contro l'altra, il braccio proteso in avanti e la destra con le dita piegate ad artiglio. La loro forza era pari, nessuna aveva avuto la meglio sull'altra. Di scatto, nello stesso istante, si voltarono e tornarono alla carica per sferrare ancora una volta il loro colpo. L'esito fu lo stesso.

Clio fece per voltarsi e ripartire alla carica, ma ebbe appena il tempo di fare una rotazione del corpo di 180 gradi che questo fu investito da decine di guanti metallici con la punta delle dita acuminate. Con destrezza ne scansò una buona parte, ma erano troppi, e una seconda scarica la bloccò alla parete alla sue spalle. L'ultimo, con le dita posizionate a mo' di presa, si conficcò nella parete all'altezza del collo.

Erato rise.

- Cavaliere d'argento dell'Ofiuco – stava continuando a ridere, di un riso smodato e carico di rancore – raccomanda ad Atena la tua anima perché stasera ti ritroverai a vagare per i Campi Elisi. E non preoccuparti per la tua armatura, io ne sarò un degno custode – e si preparò a colpirla per l'ultima volta.

- Erato, amica, cara a me come una sorella, quanto ho sperato che vedendomi un'ombra di pentimento, in ricordo dei giorni che furono, giorni nei quali la giustizia era la tua stella polare, potesse attraversare il tuo cuore – disse Clio con un velo di tristezza nella voce – ma vedo che così non è. Non mi lasci altra scelta – e raccolse tutte le forze per espandere al massimo il suo cosmo. Un'aura viola cominciò ad avvolgere il suo corpo e quando questa iniziò a rifulgere Clio si scostò dal muro facendo cadere a terra i guanti che l'avevano bloccata un attimo prima, poi – questo sarà lo scontro finale – disse e si posizionò per sferrare il suo colpo.

- Una sola di noi ne uscirà viva – subito incalzò l'altra anche lei ormai prossima a lanciarsi gridando il nome della sua tecnica.

Ancora una volta le due sacerdotesse caricarono l'una contro l'altra, ma lo scontro questa volta si dimostrò impari. Clio bruciò tutto il suo cosmo rivelando una forza sproporzionata rispetto ad Erato, che al percepirla fu travolta da una scarica di terrore che corse per tutto il corpo. Anche la velocità era diversa. Clio, come tutti i cavalieri d'argento, poteva raggiungere la velocità del suono, cosa che le permise di colpire per prima, mandando in frantumi il pettorale del cavaliere del serpente.

Ancora una volta Erato stava ridendo, mentre gocce del suo sangue stavano macchiando il pavimento della sala.

- Che illusa che sono stata, volermi scontrare contro un cavaliere d'argento. Deioneo aveva ragione, non ero degna di indossare l'armatura dell'Ofiuco. Tu sì! – .

Stava per crollare a terra quando con uno scatto Clio si protese verso di lei sorreggendola.

- Hai ricevuto la giusta punizione – Erato non poteva vederlo ma capiva dal timbro della voce che sotto la maschera Clio stava piangendo - Ora i tuoi misfatti ti sono stati perdonati. Che la tua anima possa riposare in pace – stette in silenzio per un attimo poi – prima di lasciare questo mondo ti prego di dirmi un'ultima cosa, in ricordo della nostra antica amicizia: perché ti sei recata in Francia? Qual era lo scopo? -

- Il Graal... lui vuole il Graal... - furono le ultime parole che pronunciò.

- Il Graal? - chiese Clio – E chi è lui?- ma Erato aveva ormai esalato l'ultimo respiro.

Distese il corpo della sacerdotessa morta sul freddo pavimento e raggiunse quello di Christ.

Lo scosse. Ma anche lui sembrava privo di vita. Poi, d'un tratto – Serpens – pronunciò flebilmnte – il suo colpo -

- Il dracontos degma, certo – esclamò Clio – ti ha colpito con quello. Non preoccuparti, so io come guarirti dal suo veleno -

La sacerdotessa girò il corpo del cavaliere in posizione supina, si chinò su di lui, chiuse la mano destra a pugno col solo dito indice proteso e con quello esercitò una leggera pressione sul ventre dell'altro, conficcando soltanto la punta dell'unghia nella carne. Un piccolo fiotto di sangue sprizzò da quella ferita. Fu poi la volta degli avambracci e infine del torace, all'altezza del cuore. Adesso i fiotti erano quattro.

Quindi si alzò, e andò a sedersi su una sorta di scranno, il solo sedile presente nella sala, ed attese. Per ore non successe nulla. Il giorno stava ormai morendo e il colore acceso del sole che riusciva a penetrare attraverso le strette monofore riverberava su quella poca superficie di pietra bianca una tonalità tra il giallo e l'arancione, facendo calare nelle zone che non ne erano colpite un'ombra scura. Clio si alzò e si diresse verso una delle aperture per osservare lo spettacolo del tramonto. Finalmente udì un rumore metallico alle sue spalle, Christ si era ripreso e si stava alzando.

- Cosa mi è successo – chiese – perché ho queste ferite che creano sul mio corpo la forma di una croce? -

- Ho dovuto riattivare le tue stelle dominanti per rendere nullo l'effetto della tecnica di Serpens – Clio si era voltata.

- Conoscevi l'antidoto al suo veleno – il cavaliere della Croce del Sud si era ormai pienamente ripreso ed era in piedi.

- Se non io chi? La mia costellazione è quella dell'Ofiuco, colui che porta il serpente, e per portarlo devi saper neutralizzare i suoi attacchi! -

Mentre ascoltava quelle parole Christ si guardò attorno e vide il corpo esanime di Erato.

- Vi siete scontrati – disse.

La sacerdotessa non rispose. Si diresse verso la porta e qui – è ora di lasciare questo posto – sentenziò - bisogna fare ritorno al Grande Tempio, là forse potrò avere una risposta alle domande che attanagliano la mia mente -

- Ma la nostra impresa è conclusa? - chiese l'altro.

- Credo purtroppo che siamo solo all'inizio – fu la secca risposta di Clio.

Entrambi varcarono la porta, scesero la scalinata, abbandonarono la torre e si diressero verso la riva.