Prologo

Chi ha paura della strega?

-La strega deve essere là dentro!- disse uno dei cavalieri indicando agli altri un casolare al centro di una landa che sembrava essere stata messa a coltura, ma dal cui scuro terreno spuntavano piante di grano che sembravano nate già bruciate, avvolte da rovi spinosi in cui non vi era traccia di fogliame verdeggiante.

Muovendosi in formazione i cavalieri, con la destra sull’elsa ancora riposta della spada, avanzarono dal limitare della foresta verso il campo, facendosi coraggio e cercando di non curarsi delle voci che da qualche tempo a questa parte si erano diffuse circa i poteri di quell’essere infernale, capace di uccidere i più valenti uomini inviati come giudici di Dio a pronunciare ed eseguire la sua condanna capitale. Qualcuno di loro tremava, qualcun altro invocava il nome delle schiere celesti, altri ancora, in verità ben pochi, deridevano quelle che a loro sembravano infondate paure, convinti che quelle voci erano semplicemente frutto della fervida, e pavida, immaginazione degli ignoranti contadini della zona.

Nell’avanzare uno di loro era visibilmente scosso, al punto tale che la persona che gli era alla destra sentiva chiaramente i suoi denti battere.

- Ho bisogno di un prete- disse -devo raccomandare la mia anima a Dio, perché oggi non riuscirò a vedere il sole tramontare- e quelle parole impressero sui volti dei cavalieri già impauriti un aspetto maggiormente terrorizzato, prossimo al panico.

- Adesso tranquillizzati Jean – gli rispose l’altro – E’ vero, non è mai successo che noi fossimo inviati come rappresentanti del Tribunale del Sant’Uffizio, ma alla fine vedrai che tutto si risolverà nel migliore dei modi. Scommetto che non si tratta neanche di una donna, con ogni probabilità lì dentro si nasconde il capo di una qualche combriccola di malfattori che, parandosi dietro queste dicerie, scorrazzano indisturbati nella zona. E avversari come questi ne abbiamo affrontati parecchi fino ad oggi-.

Orami il gruppo aveva attraversato quasi del tutto il campo, e la casupola sembrava non distare più di dieci, dodici passi.

-Sguainate le spade- urlò quello che sembrava essere il loro capo. Un suono metallico di lame che scivolano lungo del cuoio risuonò nell’aria e pallidi scintillii rifulsero su di esse quando, afferrate con entrambe le mani e poste di fronte ai rispettivi proprietari, furono investite dall’accesa luce di un sole che si apprestava a tramontare, ma non per questo meno avvampante di una calda giornata di giugno.

-Deus lo volt- gridò il capo e –Deus lo volt- gli fecero eco gli altri. A quel motto i passi si affrettarono in direzione della porta.

- Michel- si udì chiamare e subito uno dei cavalieri si gettò verso quella protendendo la spalla destra in avanti, pronto a sfondarla. Dall’aspetto il legno sembrava stare marcendo e i cardini prossimi a cedere, un colpo fu infatti sufficiente per farla cadere a terra con un tonfo sordo.

Tutti i cavalieri si precipitarono dentro alzando in aria le spade, quasi come fossero pronti a calarle con fendenti micidiali.

- In nome di Dio noi cavalieri dell’Ordine del Tempio di Ger…- la voce si interruppe. L’unica stanza che componeva la casa era completamente vuota. Non c’era mobilio e nel pavimento in terra battuta non sembrava aprirsi alcuna botola.

- Vuota- constatò Jean riponendo la spada nella guaina e tirando un lungo sospiro di sollievo. Portò quindi la sua mano destra sulla fronte per darsi un qualche sollievo, ogni volta che passava momenti come questi la sua tensione si scaricava in un leggero mal di testa.

- Cosa ti avevo detto – disse avvicinandoglisi Michel – era una combriccola di delinquenti che deve essersi data alla fuga non appena si è accorta che stavamo per catturarli. Spiace smentirti, ma tra qualche ora vedrai ancora una volta il sole tramontare – e dicendo questo gli diede una pacca sulla spassa sinistra.

Al sentire queste parole il cavaliere che finora li aveva guidati si voltò di scatto affermando che una qualche verità nelle parole di Michel dovevano esserci e ordinando che un altro dei suoi sottoposti si recasse sul retro della casa per vedere se vi erano tracce della loro fuga, quando invece non fossero, volesse il Cielo, ancora nascosti in zona.

Con una certa qual calma e baldanza (il pericolo sembrava passato) questi si diresse verso la porta e, camminando sulle assi già sconnesse della porta uscì per fare il giro della casa e recarsi nel luogo che gli era stato ordinato di raggiungere.

Guardandosi ancora una volta intorno, come a voler rimarcare con lo sguardo che non vi era affatto pericolo il capitano disse - Se Dio ci assiste, saremo di ritorno alla nostra commenda (1) per la celebrazione dei vespri -

- Dio ci assiste, fratello Guido – sentenziò Jean – altrimenti non si sarebbe conclusa in questo modo la nostra spedizione odierna –

- Presto, venite fuori, gli infedeli sono qui!- grido il cavaliere che era uscito

-Come è possibile? In terra di Francia? Sono anni che non se ne vedono, e per giunta siamo distanti miglia dalla costa. Che storia è questa -.

I cavalieri stavano per precipitarsi fuori, molti di loro non si erano neanche ancora voltati, quando dal rettangolo dell’ingresso penetrarono degli strani esseri, simili a serpenti bianchi, che immobilizzarono i loro arti.

- Cosa sono, serpenti volanti?- disse Michel cercando di liberarsi dalla presa

- No, a me sembrano più dei tentacoli di medusa, sono pratico di esseri marini – rispose un altro – ho passato molti anni a solcare i mari prima di prendere il mantello bianco crucisegnato -.

Aveva appena finito di pronunciare queste parole che i loro corpi furono scossi e bloccati da qualcosa, una strana energia che attraversando quelle bande biancastre passava nei loro corpi, immobilizzandoli e bruciandoli. Infine queste si ritirarono. Del fumo promanava adesso dai corpi di quei cavalieri, e quasi contemporaneamente caddero a terra privi di vita.

Fuori tutto taceva, e sul retro il corpo di uno di loro giaceva a terra, in una pozza di sangue, con il cranio fracassato e pezzi di cervello che fuoriuscivano.

Dieci valenti uomini d’arme, dieci templari, avevano perso la vita in quella casa persa in un campo cosparso di piante di grano nate già bruciate e avviluppate da bruni rovi spinosi. Il sole non era ancora calato del tutto.

Note:

1) Era questo il nome delle sedi abitate dai templari in Occidente. In Oriente occupavano invece veri e propri castelli (detti krak)