EVIL NEVER DIES

IL MALE NON MUORE MAI

La neve stava iniziando a cadere, e il cielo si stava facendo più scuro di quanto già non fosse. Un fiocco di neve sfiorò il suo naso. Giaceva disteso a faccia in giù nella neve, immobile, non sentiva nemmeno il suo corpo. Era già morto? Forse no, ma doveva scoprirlo; aprì gli occhi:vide le sagome scure e sfocate degli alberi della foresta e neve tutto intorno a lui, i fiocchi che cadevano…All’ improvviso, avvertì un dolore lancinante attanagliare il suo corpo, e si contorse nella neve, con un gemito. Stringendo i denti, si sedette, appoggiando la schiena al vicino albero. Che cosa era successo? Perché il suo corpo era coperto di ferite profonde e sanguinanti, e la neve tutto intorno era macchiata del suo sangue? Perché si trovava lì? In quel momento, alzando gli occhi, si accorse di non essere solo.

In piedi davanti a lui lo guardava un uomo alto, con i capelli color lilla, avvolto in un mantello di pelliccia; indossava un’armatura d’oro, splendente, e sembrava circondato da un’aura di luce. "Chi sei tu? Chi ti ha ridotto così? Avevo saputo che nessuno si era salvato…" Disse "Io…Io sono…" Il giovane abbassò lo sguardo "Sono M…M…Aaaah!" Gridò, prendendosi la testa tra le mani: era stato come colpito da un improvviso e accecante dolore al capo. "Non so chi sono…" Gemette, disteso nella neve. Mur lo guardò: non era molto alto, era ammaccato e sanguinante, ma la sua armatura era intatta. Si inginocchiò accanto a lui, e gli posò una mano sulla fronte. "La tua mente…" Disse chiudendo gli occhi "…E’ cambiata…" Solo quando li riaprì si accorse della grande spada infissa nel terreno, lì accanto. La prese e la osservò: era ametista…Ma adesso non c’era altro tempo da perdere: si chinò accanto al giovane svenuto, e insieme sparirono.

Nella stanza del trono sedeva Hilda Polaris, da sola, sospirando. I suoi cavalieri, i migliori uomini di Asgard, ad alcuni dei quali era anche legata da un affetto profondo, erano morti…Si erano sacrificati per lei, credendo ciecamente nella loro signora, benché agisse sotto l’influsso del malefico anello…Oh, che cosa aveva fatto! In quel momento, si materializzò in mezzo al salone il grande Mur, il gold saint dell’Ariete e, ai suoi piedi, esangue, giaceva…"Megres!" Esclamò Hilda, alzandosi di scatto e correndo da Mur. "Che cosa fai qui, Mur? E Megres…Dove l’hai trovato? Hai notizie dei cavalieri di Atena?" Il cavaliere prese in braccio Megres, e disse: "Hilda, ha bisogno innanzi tutto di essere curato…Poi ti racconterò ogni cosa."

Poco tempo dopo, i due già sedevano in una stanza accanto a quella dove giaceva Megres; fu così che Hilda venne a sapere che ormai lo scontro con Nettuno volgeva al termine, e se ne rallegrò: "Vorrei tanto, se tutto andrà per il meglio, rivedere Pegasus e i Saints…" "Forse, chissà…Ma adesso dobbiamo solo sperare ed avere fiducia in loro…A proposito di Megers, invece…Temo che abbia perso la memoria…Non so quasi nulla di lui, di come sia stato il suo passato, di che cosa gli sia accaduto, ma ho avvertito un grande turbamento, e confusione in lui…Se non ti dispiace, vorrei portarlo ad Atene con me…Sento che è la cosa migliore da fare, soprattutto per lui." Hilda rimase un attimo in silenzio, quindi disse: "Grande Mur, sono d’accordo con te. Megres è uno strano cavaliere…chissà come si è salvato…Te lo affido, sperando che tu possa fare qualcosa per aiutarlo."

Nel frattempo, nella stanza accanto, Megres si stava svegliando. Non appena aprì gli occhi, Flare, al suo fianco, esclamò: "Megres! Finalmente! Come stai?" Il giovane si mise a sedere. "Megres? Chi è costui? Dove mi trovo? Chi sei tu?" "Ma veramente…" Flare rimase interdetta, sgranando gli occhi. "Che cosa mi è successo, come mi sono procurato tutte queste ferite?" "Ma come! Tu sei Megres, hai combattuto contro i cavalieri di Atena, nella foresta…Sei un cavaliere di Asgard, il cavaliere dell’Ametista…Non ricordi davvero nulla?" Megres abbassò lo sguardo e assunse un’espressione concentrata "Cavalieri di Atena…Ametista…Ho già sentito queste parole…E così il mio nome è…Megres?" Flare annuì "Temo che tu abbia perso la memoria…" Mormorò. "Lo temo anch’io!"

Mur entrò nella stanza. "Megres, come ti senti?" Chiese "Molto meglio, grazie…" "Bene. Adesso non voglio sapere nulla. Voglio solo che tu, fra qualche tempo, quando starai ancora meglio, mi segua in Grecia." Megres lo guardò con aria interrogativa, quindi disse, più a sé stesso che a Mur: "La Grecia…Il Grande Tempio…Quindi tu sei un…un gold saint!" Mur annuì, sorridendo. Il sole splendeva alto e ardente sulla casa dell’ariete, e illuminava la stanza dove sedevano Mur e Megres. Il cavaliere d’oro aveva parlato al suo nuovo amico di Arles, delle dodici case, dei gold e dei bronze Saints; aveva proseguito con l’anello del Nibelungo e la lotta dei saints di Atena contro di loro, i cavalieri di Asgard. Adesso, terminò, i cavalieri erano impegnati a combattere contro Nettuno e a sventare i suoi malvagi piani di conquista. "Così io vengo ad Asgard, sono il cavaliere del cristallo d’ametista ed è stato uno dei bronze saints a sconfiggermi…" "Esatto e, non so come, hai perso la memoria." "E adesso che farò, che ne sarà di me?" Chiese Megres. "Combatterai, se vuoi, al nostro fianco: per Atena, per servire la giustizia." "Sì…" Mormorò Megres, mentre Mur usciva dalla stanza, lasciandolo solo.

Il ragazzo si alzò, avvicinandosi all’angolo dove stava la lucente spada d’ametista. Che bell’oggetto! E pensare che, a quanto gli era stato detto, era sua…La sfiorò e, improvvisamente, quel dolore bruciante alla testa, che lo accecava, riprese. "Aaaaa!" Gemette, cadendo in ginocchio, ma subito il dolore cessò…Quanto desiderava usare quella spada! Passò qualche giorno, e Megres rimase al Grande Tempio, presso la casa dell’ariete. Spesso gli capitava di rimanere solo e, a volte, cercava di ricordare, ma non ci riusciva proprio e, le prime volte, era persino preso da quel terribile dolore alla testa. Solo, gli capitava spesso di fare un sogno: stava in piedi nella foresta di Asgard, ridendo, e in una mano impugnava la spada d’ametista fiammeggiante, mentre nell’altra stringeva sette piccole pietre, sette zaffiri, e sentiva sé stesso ridere, e gridare: "E’ nel pugno di Megres la vostra inutile vita!" Ma, una volta sveglio, non riusciva a collegare a nulla quel suo strano sogno. Poi, un bel mattino di sole, Mur entrò nella sua stanza e disse: "Lo scontro è finito. Nettuno è stato sconfitto! I cavalieri saranno di ritorno questa sera!" Il ragazzo si rallegrò: aveva a lungo pensato al significato della parola "giustizia" e, da ciò che gli aveva raccontato Mur, aveva concluso che fosse ciò per cui i cavalieri combattevano, e che quindi fossero loro dalla parte del bene e della ragione. Ma una domanda lo tormentava: se i saints di Atena erano dalla parte della giustizia e del bene, allora perché lui aveva cercato di ostacolarli? Quella sera, i cinque bronze saints, vincitori, furono accolti con tutti gli onori, e anche Megres decise, vedendoli arrivare, di andare a salutarli e festeggiarli. Ma, mentre stava scendendo la gradinata di Marmo, Megres vide qualcosa che gli fece quasi perdere l’ equilibrio: era uno di loro, un bronze saint. I suoi capelli neri, lunghi e lucenti come l’ebano, gli occhi scintillanti grigio azzurri, l’espressione calma e serena, la voce modulata…Era lui, Sirio il Dragone, il cavaliere che l’aveva sconfitto! Non sapeva perché né come ma, in quel momento, si era ricordato chi fosse quel cavaliere dalla chioma scura e come l’avesse sconfitto, nient’altro. Scese la scala, e fu allora che tutti si accorsero di lui. "Megres! Che cosa ci fai tu qui?!" Esclamò Crystal "presto ragazzi, prendiamolo! Insieme possiamo farcela!"Fece Pegasus, scattando in avanti ma, fortunatamente, intervenne Mur, spiegando quello strano caso. I saints subito cambiarono atteggiamento, e Pegasus esclamò, dandogli un’amichevole pacca sulla spalla: "Benvenuto allora! Siamo felici di averti tra noi!" "Ci vuole un brindisi!" Aggiunse Andromeda. Avevano appena finito di vuotare i calici, che accorse Ioria del Leone, con la faccia scura. "Temo che ci sia ben poco da rallegrarsi. Ho appena avuto brutte notizie." Subito tutti tacquero, e il silenzio calò nel salone. "Lady Isabel, appena rientrata, ha ricevuto ordini da un nuovo malvagio: Callisto. Questi le ha ordinato di consegnargli il Grande Tempio." Prima che si scatenasse una pioggia di domande, Mur intervenne: "Ho sentito parlare di Callisto: è un sacerdote di Crono che vive con i suoi seguaci nelle steppe dell’Asia. Sta abusando del suo potere da tempo…Si dice che sia dotato di straordinari poteri e che trami nell’ombra sin da prima di diventare sacerdote." "Ha mandato un ultimatum!" La voce di Ioria risuonò nel salone "O Lady Isabel consegnerà il Grande Tempio, oppure sarà guerra. Ha dato un margine di tempo di due mesi. Preparatevi a combattere!" Con queste parole Ioria concluse il suo discorso, e subito le voci scoppiarono nel salone.

Mur condusse i cinque bronze saints e Megres in una stanza isolata e, una volta soli, disse: "Ragazzi, Callisto non è un avversario da sottovalutare. Sospettavo che tramasse qualcosa. Certamente avrà aspettato l’esito dello scontro con Nettuno prima di uscire allo scoperto…" "Scusa, ma noi in questi due mesi cosa faremo?" Lo interruppe Pegasus "E come attaccherà?" Aggiunse Andromeda. "Lo scopriremo presto. Intanto, voi dovete allenarvi e riposare" Rispose il gold saint sedendosi. "E io cosa farò?" Domandò Megres "Potrai combattere con noi! Sei un forte cavaliere!" Esclamò Pegasus "Sì ma non mi ricordo più nulla…Vorrei allenarmi anch’io…" "Hai perso la memoria dopo aver combattuto contro di me, chissà che involontariamente non sia stata opera mia. Dato che ti ricordi me, poi, mi sembra ideale andare in Cina insieme, ai cinque picchi, così ti allenerai con me, e magari riacquisterai anche la memoria." Propose Sirio, con l’approvazione generale.

Ormai la luna splendeva alta in cielo, e illuminava di luce bianca il Grande Tempio e le rovine circostanti, le dodici case che rilucevano come pietre preziose nel buio della notte. "Sirio! Che fai qui da solo?" Pegasus si sedette accanto a lui sul muretto. "Pensavo…Come sarà questo Callisto? Il Grande Tempio forse è la prima delle tappe per il dominio assoluto…" "Già, anche secondo me, ma c’è un’altra cosa che volevo dirti…" "Che cosa?" "Ricordi com’era forte Megres? Di certo ci sarà d’aiuto in questa lotta, è stata davvero una fortuna che abbia perso la memoria e che adesso sia con noi…Non trovi?" "Beh…Veramente mi stavo chiedendo se non fosse il caso di tentare di farlo ricordare…Non sono molto d’accordo con l’idea di manipolarlo a nostro piacimento…" "Sirio, mi sembri impazzito! Megres, lo sai meglio di me, è malvagio, se tornasse indietro…No, teniamocelo amico e facciamo sì che la sua forza serva la giustizia!" Sirio chiuse gli occhi, con un impercettibile sospiro.

L’acqua della cascata dei cinque picchi scrosciava producendo un rumore continuo, e il pallido sole del mattino stava facendo capolino dietro le cime aguzze. "Guardalo Fiore di Luna. Sembra un bambino a cui è stato strappato tutto, smarrito e confuso." Disse Sirio, osservando Megres che, al limitare della foresta, si stava esercitando goffamente con la sua bella spada. "Dovevi vedere come la maneggiava ad Asgard…Quale agilità, quale sguardo, quale sicurezza sul suo viso…" "Su, su Sirio…non disperare, vedrai che presto tornerà come prima!" La ragazza gli accarezzò un braccio. "Lo spero. Voglio aiutarlo Fiore di Luna, a qualsiasi costo." Rispose Sirio, baciandola e allontanandosi. "Megres!" Esclamò. Il ragazzo si voltò: "Prima di tutto, anche prima di ricordare qualcosa, devi imparare a combattere come si deve. Avanti, cominciamo con qualcosa di facile!" Ma gli allenamenti furono infruttuosi: Megres schivava pochi colpi, e ne mandava a segno ancora meno. Quella notte, Sirio dormì poco. Sedette sul picco che dava sulla cascata, a meditare. "Perché non combatte più come prima? Era agile, veloce ed astuto; adesso, invece, anche se la malvagità è sparita dal suo sguardo, sento che c’è qualcosa che non va, sta soffrendo, non è sé stesso…Eppure avverto, nel suo profondo, un cosmo devastante, fortissimo, che sembra come sopito…" "

Sirio!" "Maestro!" "Conosco i tuoi turbamenti. Tu puoi aiutare Megres Sirio, aiutalo a ritrovare sé stesso." "Sì, ma…Come?! Tutta la forza che è latente a lui non servirà nemmeno a Pegasus e agli altri che vogliono sfruttarla finché non riuscirà ad usarla di nuovo a pieno!" "Non tormentarti Sirio. Accadrà quando meno te l’aspetti. Ti auguro la buonanotte." Il vecchio maestro si allontanò lentamente, sparendo nel buio. Sirio sospirò, e rientrò in casa anche lui. Il sole non era ancora sorto, ma una striscia sottile di luce più chiara separava le montagne dal cielo. Megres sedeva davanti alla casa, accarezzando la spada. "Mi chiamo Megres, e sono uno dei migliori uomini di Asgard…Allora perché, perché non riesco più a combattere?!" Il suo pugno si abbatté sul terreno, ma si fece solo male. In quel momento, sentì un fruscio tra gli alberi vicini. "Chi c’è?" Esclamò, scattando in piedi. Nessuno rispose. "Chi c’è?" Chiese di nuovo e, allora, si fece avanti un cavaliere. Indossava un’ armatura scura, color sabbia, coperta in parte da un mantello. I suoi capelli erano lunghi e biondi, e in spalla aveva una faretra e un grande arco. "Buongiorno. Tu devi essere uno di quei buffi cavalieri di bronzo di cui mi hanno parlato…Non sembri forte. E’ tuo questo?" Disse, mostrando uno zaffiro: quello dell’armatura di Megres, che era stata riposta in un tronco cavo. Il ragazzo sentì la testa bruciargli "Dammelo subito!" "Altrimenti? Non credo sai…Il mio signore, Callisto, mi ha mandato in ricognizione, e questa pietruzza sarà la mia ricompensa…" "Ho detto di posarlo e di andartene! Altrimenti io ti…Ti ucciderò!" Quelle parole suonarono starne alle orecchie di Megres. "Ma davvero? Scusa piccolo, volevo risparmiarti, ma credo che a questo punto dovrò ucciderti prima io, Scerpion dell’Arco!" Esclamò, levandosi il mantello ed impugnando il grande arco. Megres, furioso, strinse la spada: non sapeva perché, ma non avrebbe permesso a quello sbruffone di prendersi il prezioso zaffiro della sua armatura! "Uccidermi nanetto? Vedremo…Intanto, prendi le frecce sibilanti di Scerpion!" "Spada d’ametista!" Megres brandì l’arma, dalla quale avvamparono lingue di fuoco, che incenerirono le frecce. "Pagherai per aver insultato Megres !" Gridò, saltando "Teca viola dell’ametista!" Ma l’altro la schivò prontamente, sorridendo, beffardo. "E’ ancora troppo poco ragazzino! Assaggia la frusta dell’arco!" Nel frattempo, richiamati dal rumore, Sirio e Fiore di Lina erano usciti. ‘E’ sbalorditivo! Quella luce è tornata nei suoi occhi…Che abbia ripreso conoscenza?’ Si chiese Sirio. La corda dell’arco di Scerpion intanto si era avvinghiata al polso di Megres, immobilizzandogli il braccio, mentre il sangue luccicava sul terreno. "Ah ah ah! Continuando a tirare, ti staccherò il braccio, ragazzino!" "Smettila di chiamarmi ragazzino!" Megres, fulmineamente, con un colpo di spada tagliò ed incendiò la corda, saltando di lato. "Maledetto! Sarà l’arco a farti passare la voglia di giocare!" Sibilò Scerpion, lanciandogli contro il suo possente arco. "Teca viola dell’ametista!" L’arco rimase imprigionato nel minerale e l’avversario, disperato, scagliò le sue ultime frecce, che furono però evitate agilmente da Megres. "F-fermo, non uccidermi, ti prego…abbi pietà! Sono disarmato…Non puoi attaccare un uomo disarmato!" "Pietà?" Ghignò Megres, alzando la spada " Pietà? E chi dice che non posso ucciderti?" "I-il codice d’onore…Sono disarmato, ti sto supplicando!" "Ah ah ah! Me ne infischio del codice!" Scoppiò a ridere il ragazzo. "E’ nel pugno di Megres la tua inutile vita!" E, con queste parole, gli mozzò il capo con un sol colpo e, come se niente fosse, raccolse da terra lo zaffiro sporco di sangue, quindi cadde a terra, svenuto. "Megres!" Esclamò Sirio, correndo presso di lui "Ti senti bene?" Il giovane aprì gli occhi "Io…sì…Credo di sì…" "Vieni allora! Sei stato bravissimo a sconfiggere Scerpion!" Megres si alzò e lo seguì, dubbioso: perché l’aveva fatto? Stringeva ancora in mano lo zaffiro, ma si sentiva confuso, non capiva cosa gli stesse succedendo, né come dovesse agire…Gli girava la testa, gli faceva male…Ormai erano nel folto del bosco, e iniziò a sentirsi meglio, almeno fisicamente: i grandi alberi che coprivano il sole, le piccole radure, l’ombra fresca, gli erano familiari. "Ecco." Disse Sirio, fermandosi. "Adesso combatteremo. Voglio vedere il tuo cosmo esplodere, come prima, non importa se mi farai male, se mi ucciderai." "Stai dicendo che…che moriresti pur di aiutarmi?" Megres sgranò gli occhi, e l’altro annuì, serio. ‘Non voglio ucciderlo! Sta facendo tanto per me…Non voglio deluderlo né fargli del male…’ Si disse Megres ma, per quanto si sforzasse, rimase goffo e impacciato, ammaccato dai colpi di Sirio. "No, no, no!" Esclamò quest’ultimo, ormai verso sera. "Megres, c’è qualcosa che non va! Perché tutta l’energia di stamani è frenata, perché è riposta?" Il silenzio calò nella foresta che si faceva buia. Megres abbassò la testa e, quasi vergognandosi, rispose: "Per il mio…zaffiro." "E adesso? E adesso?!" Silenzio. "per Atena, per la giustizia, perché trionfi il bene?" Suggerì Sirio. "Sì." Rispose l’altro, ma era un sì automatico, per niente convinto. Sirio si voltò e sospirò "Ci vediamo più tardi…" Megres rimase solo nella foresta. Perché Sirio faceva tutto questo per lui, per aiutarlo? Gli voleva così bene? E perché, ogni volta che aveva quei pensieri, provava un leggero dolore alla testa, una fitta, e anche al petto? Che cosa faceva lui lì, a combattere per la "giustizia"?

Sirio sedeva sotto la cascata, con le gambe incrociate, e il rumore dell’acqua gli riempiva le orecchie. ‘Finché Megres non combatterà in nome di quello in cui crede, essendo sé stesso, non darà il massimo. Non so perché, ma mi sono affezionato a lui…Non permetterò che Pegasus e gli altri lo sfruttino!’ Si disse. La notte stellata era scesa. "Sirio non vieni?" Chiese Fiore di luna sulla porta di casa. "No…io ti raggiungerò dopo…Buonanotte." Rispose assente, seduto su un masso e come ipnotizzato dal continuo movimento dell’acqua della cascata. La ragazza sospirò, e rientrò in casa. In quel momento, sentì di non essere solo e, voltandosi, vide Megres al suo fianco. "Sirio…che cos’è la giustizia?" Nel buio, i suoi occhi verdissimi luccicavano. "Chi lo sa…Io combatto per quello che credo sia buono e giusto ma altri, anche tu per esempio, possono pensare che altro sia giusto…" "Io non lo so…Non ci capisco più nulla…Mi sento come bloccato da qualcosa…Sento come se volessi fare qualcosa ma non ci riesco, è come se ci fossero due parti di me che premono e mi soffocano…Mi sento impedito…" Sirio ascoltò attentamente, quindi disse: "Megres, se tu non ricordi più nulla, dovrò ricordarti io com’era prima." Trasse un profondo respiro. "Quando combattemmo, ad Asgard, tu eri un’altra persona: astuto, sleale, di una malvagità inaudita, senza alcuna pietà, pensavi solo a te stesso…Sei cambiato…" "Da-davvero ero così?" Il giovane era quasi incredulo. "Sì! Tu sei Megres! Guarda la tua spada! Non hai voglia di impugnarla, di usarla? E lo zaffiro della tua armatura…" Si bloccò improvvisamente, sbarrando gli occhi. "Aspettami qui!" Esclamò, correndo via. ‘Nelle armature alberga lo spirito del cavaliere a cui appartengono…Devo fargliela indossare!’Pensava, correndo nella foresta. Poco dopo, fu di ritorno con l’armatura di Megres. "Avanti, indossala!" Incalzò. Megres, timidamente, indossò l’armatura, ponendo, infine, lo zaffiro al suo posto. Fu allora che accadde un fatto straordinario. Megres cadde a terra, urlando di dolore ma, intanto, un’aura splendente ed enorme, color violetto, lo circondò "Incredibile!" Sirio era sbalordito "Questo…questo cosmo, quest’energia…" Il cosmo che Megres aveva sprigionato come in un’esplosione era di una potenza inaudita: la polvere si sollevava da terra in mulinelli, e gli alberi ondeggiavano. Poi, tutto quanto cessò, così com’era iniziato. Sirio, caduto a terra, mormorò: "E’ sbalorditivo il cosmo che aveva dentro…" Megres si alzò, levandosi la polvere di dosso e riponendo la spada dietro la schiena.

"Adesso ricordo ogni cosa! Io sono Megres!" Lo disse con voce sicura, sprezzante e consapevole. Sirio si alzò. "Perché hai fatto questo Dragone? Perché mi hai fatto riacquistare la memoria facendomi tornare, come dite voi, malvagio e spietato, invece di sfruttarmi a vostro vantaggio come volevano i tuoi compagni? Se fai così, il male non morirà mai!" "Male sarebbe stato anche approfittarsi di te e di quello che non eri. E poi, dopo tutto, è mio compito combattere il male…Se non ce ne fosse più, che cosa farei?" Sirio sorrise, e anche Megres ridacchiò. "Adesso potrai combattere usando tutto il tuo straordinario cosmo per quello in cui credi, qualunque cosa sia." Aggiunse "Già…Me ne torno ad Asgard…Arrivederci Dragone e…Grazie." Sorrise di nuovo, tendendogli la mano. La notte era silenziosa e trapunta di stelle. Sirio sorrise, e strinse la mano. "Non ti farai più cogliere impreparato da me, Megres del cristallo d’ametista. Arrivederci. Sei un cavaliere forte e, chissà, un giorno ci incontreremo, e allora combatteremo di nuovo, faccia a faccia. Aspetto quel giorno."

TO BE CONTINUED……………