EVIL NEVER DIES

IL MALE NON MUORE MAI

"Ma sei impazzito?!" Gridò Pegasus "L’hai lasciato andare! E oltre a fargli tornare la memoria, nonostante quello che ti avevamo detto, l’hai fatto anche diventare più forte!" Crystal era fuori di sé. "Davvero, Sirio, non l’hai fermato?" Chiese piano Andromeda, incredulo. Il Dragone scosse la testa. "Ma perché l’hai fatto?!" "Era giusto così." Sirio rimase calmo "Non potevamo sfruttarlo senza scrupoli, e poi lui soffriva. Non ci sarebbe servita a niente la sua forza." "Ma che stai dicendo!" Sbottò Crystal "Adesso ci attaccherà, come se non avessimo già abbastanza problemi!" Un pesante silenzio calò nella stanza. "Ormai ci rimane poco tempo!" Disse all’improvviso Pegasus "Dobbiamo tornare ad Asgard ed eliminarlo, altrimenti, rischieremmo di trovarcelo contro proprio adesso!" "No, non fatelo! Non ci ha fatto niente di male!" "Non ancora…Tu se vuoi restatene qua…Che cosa hai fatto…Vorrei sapere dov’è finito il mio amico Dragone…" Disse Pegasus, abbassando lo sguardo. "Vorrei sapere anch’io dove sono i miei amici…" Di nuovo ci fu silenzio, e Sirio sentì il suo cuore piangere. Non avrebbe mai immaginato, mai, che i suoi amici, i suoi fratelli, gli si sarebbero opposti a quel modo, senza sforzarsi minimamente di capire le sue ragioni…"E…Phoenix?" Si decise a parlare Andromeda. "Non abbiamo tempo di andare a cercarlo sull’ isola della Regina Nera…" Rispose Crystal "Dobbiamo partire subito, anche senza di lui!" I cavalieri lasciarono la stanza e Pegasus, per ultimo, una volta sulla porta, si voltò: "Addio Dragone, ti auguro buona fortuna, anche se non siamo più fratelli…"

Megres, intanto, stava camminando nella foresta di Asgard, ben deciso a terminare ciò che aveva iniziato. Orami era giunto dove voleva: al cimitero dei cavalieri, sul retro del castello di Asgard. "Megres!" Si voltò di scatto, ma Flare lo stava già abbracciando "Sei tornato finalmente! Come stai? Il grande Mur è riuscito a guarirti? Oh, sapessi, mi sono sentita così sola!" Si staccò e lo guardò. "Ma che ci fai qui adesso, sulla tomba di Artax? Che cosa vuoi…Oh, no, no! Non vorrai aprirla…ma perché?!" Megres sbuffò, spazientito: non pensava che una ragazzina gli avrebbe dato tanti problemi! Si voltò e, sorridendo, le posò una mano sulla spalla "Scusami Flare, devo farlo. Vedrai che quando sarai con Artax mi ringrazierai…" Senza emettere un suono, la giovane cadde a terra, trafitta al petto, macchiando del suo sangue la neve candida. Megres, indisturbato, prese lo zaffiro dell’armatura di Artax, che era sepolta con lui, e anche quelli di tutti coloro che erano stati i suoi compagni. Trovò, in un nascondiglio che sapeva, anche l’armatura di Mizar, che aveva ripudiato Hilda, l’unico, pensò Megres, che in quel momento avrebbe potuto proteggerla e, sogghignando, si allontanò tenendo stretti in pugno i sette zaffiri. L’unico mezzo per uccidere Hilda e prendere il suo posto era Balmunk, la spada di Odino, che si trovava sotto la statua del dio, nel salone principale. Tutto era vuoto e silenzioso, e i passi del cavaliere risuonavano sinistramente sul lucido pavimento. Nel silenzio più assoluto, pose sulla corona di Odino le sette pietre e, non appena l’ebbe fatto, la statua si circondò di un’energia luminosa color azzurro e fu allora che, mentre era sollevata a mezz’aria, Megres impugnò la spada. "Ah ah ah! Adesso sconfiggerò Callisto, e finalmente il casato dei Megres prospererà, ed io estenderò i domini del nord fino ai paesi caldi, ed oltre ancora! Il mondo vedrà di cos’è capace Megres! Ah ah ah!" "Megres! Che stai dicendo? Come hai fatto ad arrivare fin qui e a…" Hilda era appena entrata nel salone. "Spiacente Hilda cara, ma non abbiamo tempo di conversare! Muori!" E, impugnata saldamente Balmunk, con uno scatto felino le si portò davanti "Me-Megres…" Fu l’unica cosa che riuscì a dire la sacerdotessa mentre il giovane conficcava, con grandissimo piacere, la spada nel suo petto, senza fermarsi davanti a quegli occhi sbarrati, a quell’espressione esterrefatta. "Ancora respiri? Mi dispiace Hilda…" Disse, mentre la pozza di sangue si allargava sul pavimento. "Avresti forse potuto contrastarmi, se solo non ti avessi colta di sorpresa." Sorrise soddisfatto "ma cosa vuoi che sia...Morire è una cosa che capita!" Sfilò la spada dal petto della donna, pulendola dal sangue sul suo abito immacolato. Fatto ciò, uscì dalla sala ‘Adesso’ Pensò ‘Alla mia conquista si oppone solo Callisto…Non credo che i saints mi ostacoleranno…’ Sedette sui gradini del palazzo, inspirando l’aria gelida. Suo padre era un celebrante di Odino, e sedevano sempre su quei gradini a parlare, loro due, quando terminavano le feste sacre… "Oggi ho solo chiuso un vecchio conto in sospeso…Hilda spodestò mio padre, facendolo credere un incidente, ma io so che lo fece uccidere in un’ imboscata…"Mormorò "Era una buona a nulla!" Si alzò in piedi, esclamando: "Ha sempre pensato solo a sé stessa ma adesso io, Megres, vendicherò mio padre e me stesso, il mondo che cadrà ai miei piedi vedrà di cosa sono capace! Io…" Ma, improvvisamente, s’interruppe, sgranando gli occhi. Quel cosmo che conosceva…Stava svanendo…ed era lì vicino, poco lontano, sì poteva sentirlo…Sirio!

Mentre succedeva tutto questo, i tre cavalieri di bronzo erano giunti ad Asgard, e si aggiravano per la foresta, alla ricerca di Megres. "Maestro! Sono partiti! Io devo fare, o almeno tentare qualcosa, qualsiasi cosa! Ma come?!" La cascata quasi copriva il suono della voce di Sirio. "Sirio! Aiuta i tuoi amici, se lo desideri, lo puoi fare, Sirio…" "Come maestro? Vorrei raggiungerli, ma non riuscirò mai ad arrivare ad Asgard per tempo!" "Sirio, ascoltami!" Una voce risuonò nella testa del ragazzo "Sono io, Mur!" "Eh?!" "Il tuo maestro mi ha detto ogni cosa…Andrai ad Asgard adesso, e farai quello che ritieni più opportuno! Ti teletrasporterò io!" "G-grazie…" Riuscì appena a dire Sirio ritrovandosi, senza quasi accorgersene, con l’armatura addosso, nella foresta, tra le nevi di Asgard. "Sirio?!" Pegasus non credeva ai suoi occhi "Come diamine sei arrivato qui?" Sirio si riprese subito dallo stupore iniziale.

"Non c’è tempo per dare spiegazioni. Voi non toccherete Megres. E’ vero, è malvagio, ma non ci ostacolerà se noi non ostacoleremo lui, anzi, magari…" "Cosa sono tutte queste inutili chiacchiere?!" Sbottò Crystal "Ti avverto Dragone: lasciaci passare, oppure unisciti a noi, altrimenti…" Pegasus fece un passo avanti. "Ascoltatemi, vi prego!" "Non abbiamo altro tempo da perdere con te!" "Ma lui non vi ha fatto nulla!" "Non ancora…" Disse Andromeda "Taci Sirio! Non vuoi dunque lasciarci passare?" E fu quando Pegasus pronunciò quelle parole che Sirio capì che non avrebbero ceduto. "No!" Gridò, piantando saldamente i piedi nel terreno. "Combatterò fino alla morte! In nome della giustizia!" "Molto bene!" Per quanto Sirio fosse un cavaliere assai forte e determinato, che cosa poté mai fare contro gli attacchi congiunti di Pegasus, Crystal e Andromeda? Inoltre, il fatto che fossero stati i suoi amici più cari, la sua famiglia, i suoi fratelli, lo faceva esitare, non voleva colpirli…Così, si limitò a difendersi come meglio poté. I colpi dei tre si susseguivano, e la neve era sempre più scura. "Sirio, arrenditi prima di farti veramente male!" Disse Crystal, prendendolo a calci "N-no…mai!" "Peggio per te allora! Polvere di diamanti!" "Aaaaah!" "Catena di Andromeda!" "Fermatevi un attimo! Sirio, ancora non ti arrendi? Ci costringerai ad ucciderti?" "Ho detto che…che combatterò fino alla morte…" "Prendi allora! Fulmine di Pegasus!" Sirio cadde a terra gemendo. "Ora basta, non abbiamo più tempo da perdere con lui! Legalo a quell’albero con le tue catene Andromeda!" "Sì Crystal!" "No, fermi!" I tre si voltarono, sbalorditi "Megres!" "Non vi lascerò far ancora del male a Sirio! Siete venuti qui per me? Ebbene!" "Maledetto! Vuoi fare anche tu la fine di Dragone?!" Crystal strinse i pugni "Non credo proprio!" Megres scoppiò a ridere, gridando: "Anime della natura!" E, in men che non si dica, i tre saints si ritrovarono stritolati dai possenti rami degli alberi. Rise di nuovo, guardandoli dibattersi tra i rami: "Ah ah ah!" Credevate di passarla liscia?! Solo Sirio sapeva come contrastare le anime della natura, siete finiti!" Quando erano ormai sul punto di cedere, Megres esclamò: "Basta adesso!" E i tre caddero a faccia in giù nella neve, emettendo flebili gemiti di dolore. "Sarò io a finirvi! Preparatevi al colpo di grazia!" E, sfoderando Balmunk: "Ah ah ah! Poveri sciocchi, non avreste dovuto mettervi contro Megres!" Aveva già alzato la spada, ma esitò: se li avesse uccisi, Sirio avrebbe sofferto troppo: dopotutto, non aveva neanche voluto attaccarli, erano comunque i suoi amici…No, non voleva far soffrire Sirio. Abbassò la spada e la rimise nel fodero, borbottando: "Siete fortunati ad avere un amico come Dragone!" E, dopo aver dato un lieve calcio a Crystal, corse verso Sirio, che giaceva ancora nella neve. Si inginocchiò accanto a lui, lo appoggiò a un tronco d’albero e gli levò la neve dal viso. Gli occhi chiusi, i capelli neri e lucidi spettinati e sparsi sul volto. Il ragazzo glieli scostò, e timidamente allungò una mano: scorse con un dito il suo profilo, gli accarezzò la guancia morbida e le labbra schiuse. "Sirio, quanto mi dispiace…è tutta colpa mia se ora stai male…" Ma, in quel momento, il giovane strizzò gli occhi, e subito Megres si alzò in piedi, scostandosi. "M-megres…Mi hai salvato la vita…" Disse, mettendosi a sedere "Perché?…" "Tsk…Lascia perdere!" Si voltò, allontanandosi. "Aspetta! Dove vai adesso?" "Vado a trovare un certo Callisto…dovresti conoscerlo anche tu…Resta qui, mi raccomando, tornerò a prenderti presto!" Sirio non riuscì a dire una parola: Megres era già scomparso in mezzo agli alberi. "Che anche lui possa teletr…Oh!" Un fiocco di neve gli sfiorò il viso.

Callisto sedeva in una grande sala col pavimento di pietra, illuminata da grandi torce, su un trono riccamente addobbato, da solo. "kalos kai agaqos eimi!E’ proprio vero…come sei bello, Callisto!" Mormorò tra sé, rimirando il suo volto in un bellissimo specchio d’oro che teneva in mano. La sua pelle era abbronzata e liscia, senza un’imperfezione, e gli occhi dal taglio orientale erano scuri e liquidi, profondi, producevano uno sguardo quasi ipnotico. Il naso perfetto, le labbra vellutate e i capelli neri come l’ebano e lisci, lucentissimi, che gli cadevano in piccoli ciuffi sulla fronte, raccolti in una coda di cavallo tenuta insieme da due fermagli riccamente intagliati. Le mani erano lisce e agili, le dita lunghe e flessuose, aggraziate, e il collo meraviglioso, ornato da ciondoli e pendenti. Indossava una tunica di velluto rosso, arabescata sulle maniche, tenuta in vita da una fascia dorata. Si accarezzava una guancia, sorridendo a sé stesso nello specchio. Ah, quanto gli era costata quella bellezza, frutto di un patto con la dea Afrodite, che gli aveva donato la bellezza e la forza, la potenza di un fisico statuario, ma ahimé, per punirlo della sua avidità e vanità, gli aveva donato anche quello specchio, simbolo proprio della vanità, imprigionandovi la sua anima. La vita del sacerdote era in continuo pericolo: sarebbe bastato che si rompesse lo specchio, e anche la sua vita sarebbe finita. Improvvisamente, il silenzio fu rotto da dei passi decisi sul pavimento del salone. "E tu chi sei?!" Disse, scattando in piedi. "Salute a te Callisto, sacerdote di Crono!" "Cosa? Come diamine hai fatto ad arrivare fino a qui, che cosa vuoi? E come hai superato tutte le mie guardie?!" Esclamò "Se ne stanno fuori a godersi la mia teca d’ametista, non preoccuparti per loro…A te invece, ho riservato qualcosa di speciale…Come Balmunk!" "Eh? La mitica spada del dio Odino!" "Esatto! Sai, mi sono stufato di starmene ad Asgard a marcire e a guardare te che hai le manie di grandezza…Il mondo non può stare in mano a te, vanaglorioso e fasullo sacerdote…Sono qui per ucciderti!" Callisto capì che quelle erano minacce e, in tutta fretta, ripose lo specchio d’oro in uno scrigno ai piedi del trono quindi, sorridendo, si voltò verso Megres: " Ragazzino, potresti farti male! Vattene, finché sei in tempo!" "Povero illuso! Nessuno può chiamarmi ragazzino!" "Bene, l’hai voluto tu! Prendi!" E, alzando solo una mano, Megres cadde a terra. Il sacerdote avanzò: "Un moccioso come te dominare il mondo…Che fantasia hanno i bambini! Ah ah!"

Nel frattempo, aveva iniziato a nevicare e Sirio, benché dolorante, si era trascinato fino all’imponente castello di Asgard, per assicurarsi un riparo prima che si scatenasse una tempesta di neve. Ma, una volta entrato, un orribile spettacolo gli si parò davanti agli occhi: nel salone principale, Hilda Polaris giaceva a terra, morta, in una pozza di sangue, e la spada di Odino era sparita. "Megres! Vuole sconfiggere Callisto!" Mormorò Sirio "Ma perché non ha lasciato che lo facessimo noi? Gli avremmo facilitato il compito..Chissà…Devo raggiungerlo comunque, e subito! Potrebbe essere in pericolo! Grande Mur, ascoltami, ti prego…"

Megres si era rialzato. "Non capisco come mai avete tutti quanti la mania di chiamarmi ragazzino o moccioso. Ma non importa, adesso vedrai di cosa sono capace, maledetto! Spada dell’ametista!" E, sguainata la spada fiammeggiante, si gettò sull’uomo che, sorridendo beffardo, alzò una mano, creando una sfera luminosa a sua difesa. "No!" Megres abbassò la spada, furente. "Avresti potuto bruciarmi un capello!"Callisto sembrava profondamente offeso. "Se nessuno ti ha insegnato come ci si comporta con i grandi, dovrò farlo io…Aqanaton kallos!" Lampi di luce scaturirono dalla punta delle sue dita lunghe e perfette "Aaaaah!" Megres fu scaraventato a terra, spaccando il pavimento di pietra. Callisto tornò presso lo scrigno, e ne estrasse lo specchio. "Nessun danno, nessun problema. Il mio viso è lo specchio della mia forza!" Megres, facendo forza sulla spada d’ametista, si rialzò e, sguainata Balmunk, si gettò sul sacerdote. "Muori!" Gridò e, senza alcuna fatica, gli mozzò un braccio, quello con cui si stava lisciando i capelli. Callisto rimase impassibile. "EH?! NON E’ POSSIBILE!" Gridò Megres, sgranando gli occhi e facendo un salto all’indietro: il braccio era ricresciuto! Stessa manica di velluto scarlatto, stessa mano perfetta. Callisto però, quando si rese conto di avere lo specchio in mano, parve spaventato, e lo ripose in tutta fretta nello scrigno, quindi si riprese:"Mi hai fatto davvero sporcare! Macchiare di sangue i miei calzari! Impara che cosa sia la bellezza! Deinotath lamproths!" Un raggio di luce accecante fece chiudere gli occhi a Megres, e lo spinse contro il muro a velocità elevatissima, colpendolo in pieno petto. Le pietre franarono, e il giovane rimase a terra, ansimante, con la veste strappata e un rivolo di sangue che gli colava sulla tempia. Callisto non aveva una goccia di sudore sul viso, e il sorriso sulle labbra vellutate. Megres si rialzò, a fatica, tentando per l’ennesima volta: "Teca viola dell’ametista!" Ma il sacerdote raccolse in una mano il suo colpo, sbriciolando nel pugno la pietra viola. "Possibile che ancora non ti rassegni, sciocco ragazzino? Aqanaton kallos!" Megres, gridando, fu di nuovo scaraventato a terra. Callisto gli stava dicendo qualcosa, ma cosa…Che importanza aveva? Tanto valeva morire…No, non poteva! Doveva sconfiggerlo, ma sembrava un’impresa impossibile, Callisto era troppo forte per lui, respingeva i suoi attacchi come se niente fosse, e la sua bellezza si rigenerava immediatamente, come era successo col braccio, come avrebbe potuto batterlo?! Ad Asgard, con gli altri cavalieri, prima di riscoprire la sua vera forza, lui era, per tutti, il più debole fisicamente, ma tutta la sua forza, la sua arma migliore, risiedeva nell’astuzia, nell’ intelligenza…Aveva sconfitto così tanti avversari più forti di lui…Bene, era di nuovo il momento di usarla. "Adesso preparati, piccolo insolente! Sei anche maleducato, oltretutto, non ti sei presentato a me…Ma ormai, sei solo polvere! Prendi il colpo di grazia!" "A-aspetta…" "Come dici caro? Vedrai, farò presto, e non sentirai nulla!" Megres aveva intuito qualcosa. Lo scrigno, il piccolo scrigno intarsiato ai piedi del trono…dentro c’era qualcosa a cui il malvagio Callisto teneva particolarmente. "Basta giocare adesso! Addio piccolo! quhlla tou kallou!" Megres rotolò di lato, e solo il pavimento si sgretolò. Chiamando a raccolta le forze rimanenti, il ragazzo si alzò, correndo verso il trono. "Nooo!!!" Gridò Callisto, facendosi livido di rabbia e gettandosi all’inseguimento, non appena capiti gli intenti del nemico. Megres scivolò sul pavimento, afferrato a una gamba ma, ormai, aveva già in mano il prezioso scrigno. "NO! NON TOCCARE LO SPECCHIO!" Urlò il sacerdote, infliggendo a Megres una scarica elettrica nella gamba. "Muori Callisto…" Gemette il ragazzo, preparandosi a colpire. "Cedi il passo a…MEGRES DI ASGARD!" Lo specchio andò in frantumi sotto il suo pugno. "NOOOOOO!" Il dolore cessò, e a terra giacque solo un orribile corpo sfregiato e massacrato, insieme ai frammenti dello specchio di Afrodite. "Ce l’ho…fatta…" Megres si lasciò cadere sul pavimento. Sirio, che aveva avuto dei problemi col teletrasporto, spalancò in quel momento il portone della sala, trovandosi davanti quella scena. "Megres!" Corse verso l’amico. "Megres, hai ucciso Callisto…Da solo! Come stai?" Era sbalordito. Megres si sedette, e scoppiò in una fragorosa risata. "Ah ah ah! Finalmente, finalmente tutti vedranno di cosa sono capace, ed io potrò dominare il mondo! L’ impero di Megres inizia oggi, Dragone! Ah ah ah!" Sirio si scostò da lui mentre si alzava in piedi. "Cosa stai dicendo? Impero? Dominio del mondo?" "Anche tu mi sottovaluti, Sirio? Tutti voi avete sottovalutato le capacità di Megres finora, ma non è così, NON E’ COSI’, E ADESSO VEDRETE!" Sirio si accorse della scintilla di luce malvagia e folle negli occhi di Megres, della sua risata puramente cattiva: non avvertiva nulla di buono in lui in quel momento, solo un cosmo ostile: dov’era finito il Megres che gli aveva salvato la vita? "Megres, ti prego ascoltami! Non dire queste cose senza senso! Dominare il mondo non ti servirà a dimostrare la tua forza!" "Taci Sirio, vuoi ostacolarmi? Se non sei con me sei contro di me, scegli ora!" ‘Non posso lasciare che faccia così del male agli altri ma, soprattutto, a sé stesso…’ pensò Sirio. ‘Devo combattere con lui, anche se gli voglio bene, e riportarlo alla ragione!’ "Megres, sei folle! No sarò mai con te!" Gridò, sovrastando il fragore del temporale che si stava per scatenare fuori dal tempio di Crono. "Molto bene! Combattiamo!" Megres che, nonostante lo scontro con Callisto, sembrava diventato più forte di prima, si gettò su Sirio a spada sguainata, ma il cavaliere, pronto, gli afferrò il polso con la spada e, contemporaneamente, il suo pugno fu bloccato da Megres: era la posizione della battaglia dei mille giorni! Avrebbe vinto chi per primo avrebbe saputo cogliere e sfruttare a suo vantaggio una distrazione dell’avversario. Sirio saltò, lasciando andare il polso di Megres. "L’hai voluto tu!" Gridò "Colpo del Drago Nascente!" Megres prese il colpo in pieno petto, sfracellandosi contro il muro e accasciandosi a terra. Sirio si mise in posizione di difesa, parandosi con lo scudo del Dragone infatti, Megres fu subito in piedi, e gli si stava già scagliando contro. "Spada d’ametista!" Gridò, ma l’arma si fermò sullo scudo. I volti dei due erano vicinissimi. "Che senso ha…" Disse Sirio fra i denti, tenendo lo scudo con tutte le sue forze. Megres sogghignò e, in un lampo di luce, la spada fu sulla gamba di Sirio. "Aaaaah!" Gridò, mentre la gamba ustionata sanguinava copiosamente. "Dragone, che ingenuo che sei!" Megres gli si scagliò di nuovo contro, ma l’avversario era pronto con lo scudo e, questa volta, non aspettò per scagliargli da distanza ravvicinata un altro Drago Nascente. Megres cadde di nuovo a terra, ma di nuovo si rialzò quasi subito, gridando: "Dragone, devi morire! Assaggia la spada di Odino!" E, sguainata l’arma, con un salto, gli fu addosso, "Excalibur!" Gridò Sirio, allungando un braccio: la mitica spada donatagli da Shura del Capricorno. "Perché mai dovrei morire adesso?" Gridò, affondandola nel braccio di Megres, mentre la sua difesa era sguarnita. "Ahi! Maledetto, chiunque si opponga a Megres deve morire!" E, tenendosi il braccio sanguinante, si lanciò di nuovo in avanti, ma Dragone questa volta non usò Excalibur, ma lo scudo, sul quale, con enorme disappunto di Megres, Balmunk si infranse. "No! Non è possibile! Hai oltrepassato ogni limite Dragone, muori! Teca viola dell’ametista!" Sirio si portò davanti lo scudo ma, sentendo Megres ridere, rimase di sasso: lo scudo era intrappolato nel minerale! "Maledizione! Gli attacchi con la spada l’hanno indebolito, e adesso è inutile!" Esclamò, guardando Megres che rideva a crepapelle, farneticando sulla sua morte e sulla conquista del mondo. Fu allora che capì che non avrebbe riportato alla ragione il suo amico con mezze misure. Doveva ucciderlo. Fu colpito dalla rivelazione come da una doccia gelida. Non voleva ucciderlo, era il suo amico…Ma, se l’avesse lasciato in vita, avrebbe commesso un atto contro Atena, contro la giustizia, un atto egoistico, compiuto solo per seguire i suoi sentimenti. Ah, com’era ingiusto il mondo! Adesso, si trovava a dover scegliere tra il dovere e la fedeltà verso Atena e i suoi sentimenti, l’affetto che nutriva per Megres. E ora, che cosa avrebbe fatto? Megres stava ancora ridendo, ignaro di quanto stesse accadendo nel profondo di Sirio. ‘Ho preso la mia decisione.’ Pensò il Saint, allargando leggermente le gambe e stringendo forte i pugni. "Megres, preparati!" Gridò "Brucia mio cosmo, fino al tuo limite estremo! Ancora una volta, dammi la forza! COLPO SEGRETO DEL DRAGO NASCENTEEEE!" Il colpo partì dal pugno di Sirio velocissimo e carico di potenza proprio in direzione di Megres, che si limitò ad alzare la spada, usandola a mo’ di scudo. Strinse i denti, sostenendo tutta l’energia verde brillante sulla sua spada d’ametista. Le palpebre erano serrate, il sudore si imperlava sulla sua fronte e le gambe tremavano sotto quella forza incredibile che stava per schiacciarlo. "IAAAAAAAAH!" Gridò, respingendo il potentissimo colpo con la spada. Con un fragore infernale, il tetto crollò, e anche le pareti, spazzate via da tanta potenza. Il temporale infuriava, con tuoni e lampi, mescolando alla pioggia veloce la polvere che si era alzata nella frana. Dalle macerie emersero due corpi ansanti e ammaccati. "Megres!" Gridò Sirio con quanto fiato aveva in gola, per sovrastare il frastuono del temporale. "Stai pronto a provare tutta la potenza del Drago!" "Dovrai aspettare prima di pavoneggiarti con me, Sirio! Magari un’altra volta! Per te è il momento di morire!" Gridò l’altro e, con un balzo, sparì. In men che non si dica, Dragone se lo ritrovò davanti, il solito ghigno malvagio, la stessa scintilla negli occhi. Questa volta, la spada di Megres mandò in frantumi lo scudo, e raggiunse il braccio di Sirio. "Aaaah!" Il cavaliere si accasciò a terra, e subito l’altro ne approfittò, prendendolo a calci. "Ah ah ah! Stupido! Non ti avevo forse avvertito? Chi si mette contro Megres muore!" "Aiutami Atena…Da-dammi la forza di…Colpirlo…" Ansimò Sirio, chiudendo gli occhi e preparandosi ad espandere il suo cosmo. Ben presto, si circondò di una luce verde brillante, e alle sue spalle, in mezzo ai fulmini della tempesta, apparve un drago. Megres, sbigottito, si allontanò, spaventato. Sirio lentamente si alzò, privandosi dell’armatura che, senza scudo, non era di grande aiuto per proteggerlo. "Preparati al mio Drago Nascente, Megres! COLPO SEGRETO DEL DRAGO NASCENTE!" Questa volta, il colpo andò a segno, e Megres fu scaraventato tra le macerie in un immenso lampo di luce. L’unico rumore adesso era quello della pioggia. Sirio si inginocchiò, esausto. Ma qualcosa si stava già muovendo tra le rovine: Megres, piantando la spada a terra e appoggiandovisi, era di nuovo in piedi, anche se sanguinante e malconcio. "Dragone…" Ansimò "devi…morire…" ‘Ma come ha fatto a rialzarsi?!’ Pensò Sirio, stringendo i denti e cercando di ritrovare in sé le energie. Non voleva ucciderlo, gli voleva bene, anche se era cambiato, doveva tentare almeno un’ultima volta a convincerlo. "Megres!" Gemette, inzuppato dalla pioggia "Ti prego ascoltami! Smettila con queste assurdità sul dominio del mondo! Dammi retta, ti supplico! Io sono Sirio, sono tuo amico! Ti scongiuro, fai come ti dico, in nome della nostra amicizia!" Megres, che stava per colpire, abbassò improvvisamente la spada, sgranando gli occhi e socchiudendo la bocca. "In nome della nostra amicizia!" urlò di nuovo Sirio, con i capelli che gli frustavano la schiena, mossi dal forte vento. Megres lentamente rialzò la spada. "N-no…" Mormorò. Sirio chiuse gli occhi, riempiendosi di nuovo di energia cosmica e cercando di non pensare a quello che stava per fare. ‘Atena…Mio Cosmo…’ Disse nella sua mente, chiamando a raccolta le forze che gli restavano. Sulla sua schiena apparve il tatuaggio del drago. Alzò le mani al cielo, dove si erano condensati dei fulmini e, raccogliendone l’energia, gridò, portando le mani avanti: "COLPO DEI CENTO DRAGHI!" Il colpo partì, distruttivo e carico di potenza, l’energia azzurra attraversò lo spazio tra i due, percorsa da scariche elettriche che sprigionavano una luce accecante, tanto che perfino Sirio fu costretto a buttarsi a terra con gli occhi chiusi. Uno schianto immenso, il buio, la luce accecante poi, solo la pioggia sulla sua schiena, e il suo rumore. Sirio si alzò timidamente, guardandosi intorno: Megres giaceva in mezzo a quello che era stato il pavimento del salone. Il Saint si rialzò. Megres non avrebbe tardato a rialzarsi anche lui, di certo non era ancora morto. Sirio rimase vigile, in attesa, ma il ragazzo non si muoveva. La tempesta si stava calmando. "Megres!" Chiamò Sirio "Alzati e combatti!" Ma non accadde niente. Il cavaliere corse a inginocchiarsi accanto a Megres, voltandolo e sostenendolo. Il movimento del suo petto era impercettibile, ma era vivo. "Megres?" Chiese "Avanti…Dì qualcosa…" Sussurrò, spaventato. "S-Sirio…" "Sì sono qui…" Il giovane schiuse gli occhi verdi, ormai privi di qualsiasi luce; lo sguardo era perso nel vuoto, la pazzia non regnava più nei suoi occhi, ma solo un tenue sbigottimento; poi rivolse lo sguardo a Sirio e sussurrò: "Sento che…ho combattuto per l’ultima volta…" Mormorò, muovendo appena le labbra. Sirio ebbe un sussulto "No…Io…io non…" Le lacrime che gli rigavano le guance, mescolandosi alle gocce di pioggia, gli impedirono di parlare. "Cosa vuoi che sia…" L’ombra di un sorriso apparve sulle labbra di Megres "…Morire è una cosa che capita…" "Io non…Non volevo ucciderti…non ho potuto fare altro…" Sirio aveva colpito con tutta la sua forza, col suo colpo più potente proprio per ucciderlo, per la giustizia, e per il suo amico improvvisamente cambiato, che voleva ucciderlo, divenuto malvagio perché lui stesso aveva permesso che lo diventasse. Certo, l’aveva fatto per giustizia, ma la stessa giustizia poco prima gli aveva detto di uccidere quell’amico. Non voleva crederci, aveva sperato fino in fondo che non fosse vero, che fosse un’illusione, che Megres si sarebbe rialzato, ma aveva appena capito che non sarebbe stato così. "L’ho fatto perché…perché…Non cercare di capirmi…"Abbassò la testa, cercando di ricacciare indietro le lacrime. "No…ti capisco Sirio, capisco chi combatte per quello in cui crede. L’ho fatto anch’io poco fa…" "Perché? Perché non hai lasciato che fossimo noi a sconfiggere Callisto? Avremmo potuto combattere insieme!" Gemette Sirio "Perché…perché io sono sempre stato considerato un debole. Da piccolo, da Hilda, che uccise mio padre, che mi odiava, dai miei compagni che mi schernivano, e anche da mio padre…Io gli volevo un gran bene, ma lui…Volevo solo dimostrare a tutti di che cosa ero capace, che ero veramente forte, che potevo farcela da solo…" "Ma non ce n’era bisogno! tu sei forte! Coraggio, vivrai!" Disse Sirio "No Sirio, morirò…E voglio ringraziarti prima:mi hai salvato. E poi, è grazie a te che ho capito di essere veramente forte, di potercela fare!" Sirio non disse niente, non piangeva neanche più. Megres ridacchiò sommessamente: "Immagino che tu adesso vorrai che mi penta di tutte le cose malvagie che ho commesso…" "N-no…" "Infatti non ho intenzione di farlo…Aaah!…" "Megres non parlare!" "Ssssh, Sirio. Solo di una cosa mi pento: ho tentato di uccidere te, amico mio, in preda alla follia, quando invece ti voglio un gran bene…Ecco perché, dato che volevi saperlo, nel bosco ti ho salvato la vita…" "Oh Megres!" Le lacrime ricominciarono a scendere, e Sirio afferrò la mano di Megres, stringendola tra le sue "Anch’io te ne voglio!" Sentì che il suo amico gli aveva messo qualcosa in mano: era lo zaffiro di Odino. I due si guardarono, e Megres gli sorrise "Dragone…E’ il momento di salutarci. Ho un debito enorme di gratitudine con te, chissà se prima o poi lo colmerò…E smettila di piangere: abbiamo combattuto come volevi, ricordi? Hai vinto…Sei tu il più forte, ma un giorno…un giorno…Riuscirò a sconfiggerti…" Megres sorrise, e chiuse gli occhi. Le lacrime di Sirio gli lavarono il sangue dalle guance, la pioggia lavava via la polvere e le ferite dai loro corpi, ma non poteva sciogliere il dolore che Sirio provava dentro. Aveva perso tutto, Megres, i suoi compagni Saints, era rimasto solo…Aveva ucciso il suo amico…Quella era la giustizia per cui combatteva? Il temporale si era scatenato di nuovo… Sirio si alzò in piedi, stringendo i pugni e circondandosi della sua aura cosmica. Il suo disperato grido si levò in cielo, forte ma inutile, sovrastando i tuoni, il vento, l’incessante battere della pioggia, unici spettatori le impassibili montagne e la steppa desolata. Singhiozzando, si accasciò sul corpo ormai senza vita, bagnandolo con le sue lacrime amare e stringendolo a sé.

La notte stava per finire, e il cielo era chiaro, l’aria fredda ai limitari della foresta di Asgard, vicino al palazzo. Stava per sorgere una bella giornata di sole. Sirio stava inginocchiato sulla neve, presso una lapide nel cimitero dei cavalieri, dietro il palazzo. Vi appoggiò una mano, sospirando: "Sei stato un grande cavaliere, Megres di Asgard." Nell’altra strinse lo zaffiro, e una lacrima fece un piccolo foro nella neve. Improvvisamente, Sirio sentì la mano di qualcuno sulla sua spalla, e si voltò. Era Pegasus. "Mi dispiace. Potrai mai perdonarci, fratello mio?" Sirio si asciugò le lacrime, si alzò e, sorridendo, abbracciò i suoi amici. "Andiamo!" Disse, lanciando un ultimo sguardo alla lapide. I quattro si allontanarono mentre, oltre le cime innevate di Asgard, sorgeva alto il sole.

fine

Nota al testo dell’autore: le frasi in greco antico significano rispettivamente, nell’ordine in cui appaiono: "Sono bello e buono"; "Bellezza immortale"; "terribile splendore"; "tempesta di bellezza".