Capitolo 8: La Leonessa d’Oro

Le Dodici Case dello Zodiaco sembravano così grandi, immani, ben più di quanto immaginasse, o, era più corretto dire, ricordasse.

"Forza, muoviamoci! Le Stanze del Grande Sacerdote di Atena sono ancora distanti e voglio bagnare la mia lama nel suo sangue il prima possibile!", urlò imperiosa la voce del Capricorno Nero, rubandolo ai suoi pensieri e, per fortuna, ai ricordi del passato.

La mastodontica figura vestita d’oro nero capeggiava la fila, le corna dell’elmo che s’intravedevano appena nella folta chioma verde smeraldo, le tetre vestigia che calzavano un corpo massiccio e temprato alla battaglia fin da prima della sua prigionia sull’Isola della Regina Nera, la scura ed immane spada sollevata con il braccio destro che dava il segno al gruppo di muoversi.

Quando erano arrivati in prossimità di Atene, i quattro guerrieri d’oro nero avevano deciso di dividersi: Virgo Oscuro aveva scelto di dirigersi verso la strada che conduceva al piccolo villaggio vicino al Santuario, Rodorio se ricordava bene, portando con se due dei propri discepoli, assieme ad Ippolita della Sagitta Nera ed a Gwyvin, un idiota piuttosto brutale, ma utile, se, come probabile, l’unico loro ostacolo erano dei miseri cavalieri di bronzo. Ad ogni modo, Dukhra era con loro.

Il Toro Nero aveva deciso di andare verso l’Arena degli scontri, attirato da un cosmo che sembrava conoscere; aveva portato con sé i suoi di allievi, quattro giovani guerrieri d’argento nero, fra cui Sinai.

Il resto aveva seguito il Capricorno e lo Scorpione Neri nella scalata alle Dodici Case, un resto che implicava quattro guerrieri d’argento nero. E fra quelli c’era lui, Cicno di Eracle Oscuro, che avanzava nella retrovia di quello che, ironicamente, era un sestetto nero e, altrettanto ironicamente, assieme a lui c’era lo stesso buffone che poche ore prima s’era presentato dinanzi al suo gruppo sulla loro isola prigione: Yuri di Cerbero Nero.

"Ecco la Prima Casa! Avanziamo, dovrebbe essere vuota, così come le successive tre, da ciò che sappiamo!", ordinò in quel momento la figura dalla mastodontica spada, al cui fianco restava silenzioso lo Scorpione Nero, provocando nuove domande nella mente di Eracle Oscuro.

Loro sapevano? E grazie a quali informazioni? Era un dubbio che da qualche tempo lo assaliva: chi supportava i guerrieri d’oro nero? Aveva chiesto a Yan Luo e Duhkra, persino a Sinai, che degli stessi erano allievi, ma ben poco aveva saputo d’interessante, eppure chi fossero gli uomini che negli anni avevano sostituito il passato Ariete Oscuro, o Gemini Oscuro, o altri dei dodici che li comandavano, era una domanda che lo incuriosiva non poco, così come il luogo dove Capricorno Nero aveva trovato quella tetra e possente spada che portava con sé, di certo non una delle armi di Libra Oscuro.

I pensieri di Cicno, però, furono interrotti da una voce, "Kataigidas!".

Una voce chiaramente femminile proruppe dall’interno della prima casa, prima che un bagliore accecante uscisse dalla stessa, una miriade di fasci luminosi che s’intrecciavano in una fitta rete d’energia cosmica, così veloci e numerosi che nemmeno Cicno riuscì a vederli tutti, mentre si disperdevano ai lati del gruppo, divelti dal fendente della mastodontica spada nera.

L’attacco era stato veloce ed inaspettato, ma il Capricorno Nero aveva saputo difendersi, e difendere chiunque fosse dietro la sua figura, il che implicava tutti loro, eccetto lo Scorpione Oscuro, che, comunque, non dimostrandosi eccessivamente inferiore all’abile colpo di spada, aveva saputo sollevare le proprie difese, evitando di subire danni vistosi da quella pioggia di energia luminosa.

"Chi sei? Rivelati!", ordinò con voce decisa il Capricorno Nero, mentre già un vasto e dorato cosmo si faceva strada, circondando la propria padrona.

"Olimpia del Leone d’oro, Sacerdotessa di Atena e Custode della Quinta Casa dello Zodiaco, ecco chi sono! La vostra corsa finisce qui, Ombre malefiche, prima ancora d’iniziare!", imperò la guerriera dalla maschera dorata.

"La quinta casa dello zodiaco? Sei lontana dai tuoi appartamenti, seguace di una divinità!", ribatté chi guidava i guerrieri neri, a Cicno non sfuggì il particolare modo in cui aveva etichettato la sua nemica.

"Al pari dei miei compagni. Abbiamo deciso che lasciarvi scorrazzare liberi per i primi quattro templi sarebbe stata un’onta nei confronti di Atena, quindi siamo scesi fin qui: ognuno dei miei tre parigrado attende alle case successive, anche se cercherò di rendere vana la loro attesa, fermandovi qui, sull’ingresso del Primo Tempio.", spiegò Olimpia, espandendo il proprio cosmo.

"Una sfida interessante la tua, sacerdotessa guerriero, chissà se sarai in grado di portarla avanti!", esclamò il nero Capricorno, prima che una figura oltrepassasse quella mastodontica spada, affiancandosi ai due che li guidavano.

"Lasciate che sia io ad occuparmi di costei, assieme al mio parigrado!", esordì una figura che a Cicno era ben nota, mentre un sorriso divertito si dipinse sul suo volto.

"Frinn della Croce Nera, allievo dei Pesci Oscuri! Un’interessante proposta la tua, ma come credi di poter tenere testa ad uno dei cavalieri d’oro?", chiese Capricorno Nero, "Non da solo, di certo!", aggiunse una seconda voce, mentre anche un’altra figura si faceva avanti.

"Al pari di Frinn anch’io sono discepolo di uno di voi, guerrieri d’oro nero, così come Cerbero, dietro di noi, e so di dovermi dimostrare degno del mio valore, non solo per me, ma anche per chi mi ha concesso di apprendere quali immensi poteri posso utilizzare in battaglia!", esordì una seconda voce, appartenente ad un altro dei suoi parigrado.

Cicno non aveva mai parlato con nessuno dei due personalmente, ma sapeva che il secondo era Kevan del Triangolo Nero, il quarto allievo di Virgo Oscuro, l’unico presente al Santuario e che non aveva seguito il proprio maestro, mentre, d’altro canto, Frinn della Croce Nera era, uno dei tanti esaltati che seguivano la donna dei Pesci, in quel particolare giorno ben sicuro delle proprie doti, forse per il dono che stringeva fra le mani, un dono non molto dissimile da quello che Yan Luo aveva permesso che anche lui ricevesse, dopotutto.

"Ombre di cavalieri d’argento siete, eppure pensate di poter avere ragione di me, addirittura fermandomi a sufficienza da far passare i vostri compagni? Dovete sottovalutarmi parecchio, o sopravvalutarvi.", ipotizzò Olimpia, avanzando decisa.

"Al contrario, sei tu che ci sottovaluti, sacerdotessa di Atena!", avvisò Kevan, allargando le braccia dinanzi a se, "Triangulum Dominatoris!", invocò e, per la prima volta il guerriero di Eracle Oscuro poté vedere in azione quella medesima tecnica che tanto rendeva famoso l’ultimo dei quattro allievi di Haoma.

"Ora, andate! Questa sarà la nostra di avversaria!", suggerì Frinn ed il quartetto in nero residuo oltrepassò la sacerdotessa di Atena, come immobilizzata, dall’attacco del suo nemico.

Una volta Dukhra aveva spiegato in cosa consisteva la tecnica del Triangolo Nero, mentre parlavano dei poteri della Bussola Oscura, la restante dei discepoli di Haoma, le cui abilità, gli spiegava il suo compagno, non erano poi così dissimili da quelle di Kevan.

Abilità che, però, a spiegarle a parole, sarebbero state quanto mai difficili da comprendere rispetto a ciò che Eracle Oscuro vide oltrepassando la sacerdotessa d’oro ed i due che l’avrebbero affrontata, immagini che velocemente scomparvero alle sue spalle, mentre varcavano la Prima Casa dell’Ariete, lasciandoli alla loro battaglia.

***

Olimpia del Leone non avrebbe saputo spiegare a pieno cos’era successo.

Stava per attaccare, quando uno dei due nemici pronti a fermarla, aveva aperto le braccia ed eseguito un proprio colpo segreto, poi… il nulla.

Fu come se il tempo si fosse fermato, non riusciva a vedere o sentire niente muoversi, per quanto lei avesse consapevolezza di tutto ciò, fu come un lunghissimo istante alla fine del quale si trovò dinanzi a se solo quei due invasori neri, degli altri quattro non c’era più ombra alcuna.

La sua vista era ancora confusa quando li vide, incredibilmente vicini; l’udito era ancora più confuso, tanto che non riuscì a comprendere di preciso cosa stessero dicendo; il tatto, poi, era intorpidito all’inverosimile, così come il suo stesso corpo, che non avvertì nemmeno l’impatto dei due colpi nemici sulle vestigia dorate e con qualche istante di ritardo percepì lo spostamento, seppur minimo dovuto a quello stesso impatto.

L’armatura, però, resse a pieno contro l’attacco, impedendole di subire alcun danno e, quando si sentì di nuovo padrona dei propri sensi, Olimpia alzò di nuovo lo sguardo sul duo di guerrieri di bronzo nero, osservandoli con attenzione.

Frinn della Croce Nera, così era stato chiamato da chi indossava vestigia simili a quelle del Capricorno, era un ragazzo massiccio, dalle larghe spalle ed i corti e spettinati capelli scuri, gli occhi verdi, con indosso un’armatura nera che Olimpia aveva intravisto alcune volte indossata proprio da Damocle, discepolo di Capricorn, ma, più di questo, un particolare che prima le era sfuggito: le armi che il ragazzo impugnava, due massicce asce, di un materiale simile ad oro sporco, del tutto simili, per aspetto alle vestigia del Capricorno e dello Scorpione Neri.

Accanto a lui un altro giovane, sconosciuto il suo nome, un individuo longilineo e dai corti capelli grigiastri, con occhi azzurri e profondi, che scrutavano attentamente la maschera dorata della sacerdotessa, le tetre vestigia che lo ricoprivano quasi interamente, simili in tutto e per tutto, se non nel colore, a quelle di Amara, il più potente dei cavalieri d’argento. Era stato proprio lui a bloccarla.

"Non so come tu abbia fatto, Ombra del Triangolo, ma né tu, né il tuo compagno potrete trattenermi tanto a lungo ed impedirmi di raggiungere il Capricorno Oscuro e gli altri vostri pari.", avvisò decisa, il cosmo che scoppiava in riflessi di luce, "Poiché io sono Olimpia, la Leonessa Dorata consacrata ad Atena e chiunque sfidi la mia dea diventa una preda da abbattere!", minacciò infine.

"Fatti dunque avanti, leonessa! Assaggerai ancora ed ancora i poteri di Kevan del Triangolo Nero, discepolo di Virgo Oscuro, da cui ha appreso come governare il tempo e lo spazio!", imperò deciso il più esile dei due, subito seguito dall’altro: "E le asce distruttrici, dono di Libra Oscuro, ti aiuteranno a comprendere la vera forza di Frinn della Croce Nera!", minacciò l’altro, ambedue con il cosmo ampio e pronto alla battaglia.

Stavolta, però, Olimpia fu più veloce, "Kataigidas!", esclamò, scatenando il fitto reticolo di luce.

"Dietro di me!", urlò deciso Frinn e Kevan fu abbastanza veloce da fare quanto suggeritogli.

"Grande Distruttrice!", invocò l’Ombra, liberando la potenza dalla massiccia arma d’oro nero, disperdendo una piccola parte del potere dell’attacco fulminante della Leonessa di Atena, mentre fu il cosmo del Triangolo oscuro che protesse entrambi dal resto di quel potere.

Quando la furia dell’attacco dorato si fu quietata, la sacerdotessa di Atena guardò i nemici ancora in piedi, le vestigia danneggiate, per quanto loro fossero ancora illesi.

"Arrendetevi, prigionieri dell’Isola della Regina Nera, arrendetevi e tornate alla vostra Prigione, solo così non vi riserverò lo stesso destino che ben presto toccherà ai vostri compagni, se continueranno nella loro folle corsa.", li avvisò Olimpia.

"Non penserai di vincerci così facilmente? Sei potente, quello è certo, ma non dubitare delle nostre di capacità!", esclamò deciso Frinn, "In passato ho affrontato molti avversari potenti della tua casta, donna, e mai mi sono tirato indietro dalla battaglia!", ruggì ancora.

"In passato? E quando avresti combattuto contro dei cavalieri d’oro, Ombra di Crux?", chiese incuriosita la sacerdotessa di Atena, "Nelle mie passate vite, di cui la grande Persefone di Pesci Oscuri mi ha ridato memoria! Ho visto me stesso, diverso nelle vesti e nelle armi, combattere in questo stesso Santuario contro il cavaliere di Libra di allora, e prima ancora, ai tempi del mito, mi vidi affrontare, assieme ad altri due compagni, il Capricorno nelle sue terre natali.", raccontò con voce orgogliosa, "La mia possente ascia di allora contro le lame di quei due guerrieri e oggi, seppur di altre asce sia dotato, affronterò i tuoi artigli e di essi avrò ragione, assieme al mio compagno in questa battaglia!", concluse deciso il guerriero della Croce Nera.

"Sei pazzo, Ombra malefica…", commentò sgomenta Olimpia, prima che Kevan si portasse avanti, ponendosi fra i due, "Come ha detto il mio compagno, sei potente, sacerdotessa di Atena, ma, oltre ai ricordi ed alle certezze di Frinn, sappi che ad alimentarsi sono la nostra determinazione e, soprattutto, non sottovalutare la nostra intelligenza, poiché con queste armi potremmo anche batterti, anzi, di certo avremo ragione di te grazie ad esse.", affermò sicuro il guerriero del Triangolo Nero.

"Non dubito della vostra determinazione, ma riguardo l’intelligenza, valutate bene i fatti: il vostro attacco non ha portato alcun danno alle mie vestigia, ed era un colpo combinato, io, al contrario, ho prodotto con un singolo assalto diverse crepe sulle vestigia d’entrambi. Siete sicuri di poter avere ragione di me?", chiese ancora, con tono serio, la sacerdotessa di Atena, ottenendo uno scambio di sguardi fra i due guerrieri in nero.

"Forse hai ragione, seguace di Atena.", convenne, ghignando, il discepolo di Virgo Nero, "Che cosa?", sbottò subito l’altro, "Se attaccassimo come prima, io potrei solo rallentarti e Croce Nera da solo non avrebbe modo di vincere, ma utilizzando l’altra mia tecnica, sono certo che potremo ottenere un risultato migliore!", affermò deciso Kevan, espandendo il proprio cosmo, mentre già Frinn sorrideva beffardo a sua volta.

"Grande Distruttrice!", invocò il discepolo dei Pesci Oscuri, calando verso il terreno l’ascia sinistra d’oro oscuro, "Pyramis Imperii!", ordinò il suo compagno subito dopo.

***

La Sesta Casa dello Zodiaco era stata vuota per molti, moltissimi anni, da quando l’ultimo suo custode, Patanjali di Virgo, era morto.

Il suo allievo, Samadhi del Pavone, non aveva mai nemmeno cercato di acquisire le vestigia che erano state del maestro e ciò valeva anche per discepolo di tale allievo, l’unico che aveva concluso l’addestramento che l’anziano asceta offriva, lo stesso che ora era seduto in quella sala in meditazione, Amara del Triangolo.

Avvertiva tutti i cosmi intenti in numerose battaglie e più di tutto il silenzioso guerriero d’argento voleva intervenire in quelle battaglie, ma era ben consapevole che, durante gli scontri in Polinesia, il cosmo concentrato in tutti gli anni di ricerche era stato indebolito e, proprio per quello, aveva accettato l’ordine del Sommo Sacerdote di meditare, recuperare le energie, in attesa del momento adatto per intervenire su uno dei campi di battaglia.

Ma erano così tanti i campi di battaglia che lui percepiva attorno a se.

Amara percepiva i guerrieri neri che correvano lungo le scale del Santuario: in sei le avevano varcate, due erano ora fermi ad affrontare la Leonessa d’oro; i restanti quattro, dai cosmi molto vasti, erano invece occupati a salire le scale, diretti verso la Casa del Toro d’Oro; fra questi, almeno uno sembrava in qualche modo famigliare al cavaliere del Triangolo, mentre chi li guidava appariva terribile, per la vastità del suo potere.

Amara percepiva i cosmi dei cavalieri di bronzo, impegnati a combattere contro possenti avversari, i cosmi che esplodevano in scontri vincenti, o sconfitti come nel caso del Lupo di bronzo, mentre due più temibili avversari aspettavano in disparte, per quanto uno degli stessi fosse così sottile e ben confuso nell’ambiente, da renderlo difficile da riconoscere, erano di certo due. Un terzo, poi, si era spostato, dirigendosi ad incontrare i due guerrieri che stavano per giungere in soccorso dei giovani santi.

Amara percepiva anche i cosmi di Bao Xe della Musca e di Degos di Orione che già da un po’ combattevano in furiosi scontri con un gruppo di cinque nemici che gli si erano posti dinanzi nell’Arena di Atene; aveva avvertito l’infuriare della battaglia del vecchio cavaliere rimasto per tutto quel tempo al Santuario ed ora la battaglia che stava per approssimarsi anche per l’altra sacerdotessa, ma su tutti, uno era incredibilmente vasto e minaccioso: a malapena sembrava contenersi, come una tempesta pronta ad esplodere, il cui nucleo, però, aveva qualcosa di altresì noto al cavaliere del Triangolo.

Espandendo la propria concentrazione, Amara percepì le battaglie che si combattevano in Italia, nel tempio di Eolo: percepì le sacerdotesse guerriero ed il cavaliere della Croce del Sud, alcuni già intenti a combattere dei neri guerrieri, percepì i Dominatori dei Venti, poiché tali erano i loro nomi: alcuni avevano già vinto delle battaglie, restando allo stremo delle forze, altri stavano per incontrare i loro nemici e, infine, percepiva anche i cosmi degli oscuri invasori di quel luogo, tanti quanti quelli inviati ad Atene, e due, fra loro, seppur uno fosse abile a camuffarsi, risultavano essere ben più vasti di quello di un valido cavaliere d’oro.

Aveva seguito, grazie alla propria abile concentrazione, anche ciò che era accaduto in Francia: il cavaliere d’oro di Cancer ed il suo discepolo che affrontavano un cosmo vagamente noto, prima che un’altra presenza si scatenasse in tutta la sua furia, una presenza che risaltava su tutti, un cosmo immenso e confuso, che riempiva l’intero ambiente; il cosmo di un singolo nemico che per un lungo periodo aveva silenziosamente osservato lo scontro, prima d’intervenire in modo decisivo.

Ora il cavaliere di Cancer era caduto, mentre a malapena la fiamma vitale del santo della Lyra ancora vibrava.

Espandendo ancora di più la propria concentrazione, Amara percepì anche lo scontro che già si stava combattendo sull’Isola di Andromeda, dove quella che doveva essere l’ultima allieva di Edward di Cefeo era intenta a combattere contro un primo nemico, mentre un secondo ed inquietante cosmo aleggiava sul luogo dello scontro un’essenza potente, un’oscura ed atavica essenza; verso quel luogo si dirigevano i cavalieri d’argento, che ben presto sarebbero giunti in soccorso della giovane sacerdotessa di bronzo.

Aumentando ulteriormente la propria concentrazione, Amara percepì anche ciò che avveniva nei luoghi più reconditi: la Siberia e la Cina.

Lì dove si trovava il cavaliere dell’Acquario con l’ultimo dei suoi discepoli, erano arrivati dei nemici, ma erano persi, a ciò che sembrava, nelle fredde e bianche lande dell’estremo nord, incapaci di trovare il santo di Atena, persino per chi le guidava, dal cosmo maestoso e furioso come un maremoto.

Ai Cinque Picchi, intanto, il cosmo dell’anziano maestro di quei luoghi rallentava l’avanzata di due nemici, un cosmo era pari a molti degli altri che li avevano assaliti, per potenza, mentre il secondo di una furiosa e spropositata potenza, quasi quanto una mitologica e bestiale presenza.

Tutti quei cosmi, superiori persino a quelli dei normali cavalieri d’oro, così simili a quelli del Leone Nero e della Lucertola Malefica, erano per Amara del Triangolo un chiaro segno della presenza dei Ladri di Divinità fra le Ombre Oscure, ne contava nove fra i nemici e doveva essere pronto di affrontare loro e gli altri invasori.

***

Olimpia del Leone provò una sensazione completamente diversa: stavolta l’istante non si bloccò dinanzi agli occhi, celati dalla maschera dorata, della sacerdotessa di Atene, bensì poté vedere con facilità il guerriero della Croce Nera che caricava lo scuro cosmo nell’ascia dorata, scatenando la corrente d’energia, tanto da riuscire ad evitarla con un agile movimento laterale.

Grande fu, però, la sorpresa di Olimpia del Leone, quando la stessa tecnica che aveva visto passarle di fianco la investì in pieno; o almeno l’idea che fosse la stessa fu la prima che la sacerdotessa ebbe nel percepire sulle vestigia dorate un fendente dalla grande violenza che la scuoteva, mentre gli occhi, così come le orecchie non avvertivano alcunché.

L’impatto non fu comunque così grave: l’armatura d’oro resse alla violenza di quel singolo attacco senza riportare danno alcuno, "Dannazione!", sentì urlare a Frinn della Croce Oscura, che s’era riavvicinato al parigrado, seppur la guerriera non fosse sicura su quando ciò era accaduto.

"I nostri attacchi non riescono a superare quella sua armatura!", sbottava nel frattempo il nero nemico al discepolo di Virgo Oscuro, "Che cosa facciamo?", incalzò ancora, mentre l’altro rimaneva immobile, intento a studiare l’avversaria. "Ti dirò io dove colpire.", sussurrò calmo Kevan, con un sorriso furbo dipinto sul volto.

"Pensate che vi darò di nuovo il tempo di attaccare? Mi state sottovalutando oltremodo!", minacciò Olimpia, lasciando esplodere il cosmo dorato, "Kataigidas!", urlò di nuovo, scatenando la fitta rete di fasci luminosi lì dove vedeva le figure dei due nemici.

Grande fu lo stupore della Leonessa dorata nel vedere il proprio assalto attraversare il nulla, prima che le due figure riapparissero, in posizioni ben diverse da quella in cui aveva indirizzato il proprio assalto.

"Povera sciocca, non hai ancora capito niente!", esclamò una voce, quella di Frinn, alla sua sinistra, ma l’Ombra della Croce si trovava alla sua destra, o almeno ciò era quello che si mostrava agli occhi, celati dalla maschera dorata.

Non ebbe però il tempo di riflettere su tutto ciò la Custode dorata che già, per l’ennesima volta, il fendente d’energia dell’avversario la travolse, impattando violentemente contro la stessa maschera che ne celava il volto, scuotendola e stordendola, mentre già il metallico sapore dell’oro le scivolava sulle labbra, proprio mentre un odore, aspro e rancido, di sassi e sporcizia, le si avvicinava, prima che qualcosa, di grosso e pesante, impattasse contro il suo volto, spingendola indietro, sbilanciandola, fino a farla cadere a terra.

Ci volle qualche secondo perché la sacerdotessa d’oro si riprendesse, o forse era solo una sua percezione dei secondi, questo non lo avrebbe saputo dire, ma per certo il sapore del sangue e la sensazione dell’aria che accarezzava la pelle del viso furono immediati quando si riprese, dandole la certezza che la maschera era volata via.

Una, però, ancora più sconcertante certezza si manifestò dinanzi a lei pochi istanti dopo: "Grande Distruttrice!", sentì urlare Olimpia, scattando subito in piedi, ma l’attacco non arrivò, bensì arrivò un secondo urlo nemico, poi un sordo suono di metallo che sbatteva contro metallo e quindi il rumore di qualcosa che cadeva al suolo. E fu dopo quei suoni che la guerriera di Atena vide la lama d’energia che poco prima l’aveva colpita, subito seguita dalla figura stessa di Frinn che sferzava il nulla con il piatto dell’ascia d’oro nero e, cosa più sconvolgente, vide la propria maschera cadere, come se fosse apparsa dal nulla, al suolo, poco lontano.

"Avevi ragione, Triangolo Oscuro, la maschera, quella era la parte più debole delle sue difese!", rise divertito il guerriero della Croce Nera, prima che il prigioniero fuggito apparisse, qualche metro più a destra della posizione di Olimpia, mentre ancora Kevan era immobile, nel punto da cui era partito l’attacco.

"Il tuo attacco, Triangolo Nero, è un’illusione di qualche sorta! Ed io ne sono ancora vittima…", rifletté a denti stretti la sacerdotessa d’oro, rialzandosi in piedi; "In parte hai ragione, mia affascinante nemica: sei ancora vittima della Piramide Imperiale, ma non è una banale illusione quella di cui sei prigioniera.", avvisò sicuro il discepolo di Haoma.

"Sarà un peccato rovinare quel tuo bel viso, guerriera di Atena, ma maledici l’armatura che tanto bene ti protegge se quella è l’unica zona che posso colpire senza problemi!", rise allora l’altro, il cui cosmo brillò ancora, tetro e gorgogliante di furia.

"Grande Distruttrice!", sentì urlare la sacerdotessa, ma l’immagine era ancora immobile nella posizione di attesa, nessun attacco era stato ancora scatenato; egualmente, però, Olimpia sollevò le braccia dinanzi a se, per interminabili istanti, prima che la violenta lama d’energia la investisse e fu in quel momento, mentre vedeva la figura di Frinn sferrare l’attacco, che la Leonessa d’oro si rese conto di quale sottile inganno era stata vittima fino a quel momento.

Il sorriso sul volto di Olimpia sembrò paralizzare per qualche istante i due nemici, "Che cos’hai da ridere, donna?", domandò l’allievo dei Pesci Oscuri, qualche istante dopo che la stessa sacerdotessa d’oro ne vedesse le labbra muoversi ed il cosmo esplodere luminoso sull’arma che impugnava, "Sei forse impazzita?", aggiunse, la bocca che si muoveva completamente fuori tempo rispetto alla voce.

"Al contrario, guerrieri neri, è giunto per voi il tempo di cadere. Ormai questa tecnica non ha più segreti per me, avete osato troppo sfruttando sempre la medesima strategia contro un cavaliere d’oro.", avvisò decisa la Leonessa di Atene.

"Follia! Nessuno può uscire vivo dalla Piramide Imperiale!", ruggì Kevan, mentre ancora i due erano immobili a guardarsi, "Esatto, sconfiggere così facilmente la tecnica maggiore che ha appreso da Haoma di Virgo Nero è vanità inutile!", concordò Frinn, mentre la bocca dell’altro stava pronunciando la risposta udita poco prima.

Il tempo parve improvvisamente accelerare agli occhi di Olimpia: le labbra della Croce Nera si mossero innaturalmente veloci, prima che scattasse avanti, con la mazza chiodata ricolma d’energia cosmica, scatenando il proprio attacco.

La Leonessa d’oro, però, non si mosse, mentre la nera lama energetica la sorpassava con violenza da destra, fu solo qualche istante dopo che compì due rapidi passi laterali, condensando l’energia cosmica nel pugno destro, "Kataigidas!", urlò decisa la guerriera.

Solo qualche secondo dopo la voce di Frinn echeggiò nell’aria, "Grande distruttrice!", urlava, prima che grida di dolore e stupore superassero quel possente eco di battaglia, mentre già appariva evidente lo stupore sul viso dell’Ombra del Triangolo.

Qualche secondo e la sacerdotessa vide il guerriero della Croce Nera cadere al suolo, le vestigia distrutte dal reticolo di luce, la vita che scivolava via dal corpo assieme al sangue.

"La battaglia è conclusa per te, Kevan del Triangolo Nero.", esordì la sacerdotessa dorata, volgendo al nemico ancora in piedi, "sei l’unico rimasto e, per quanto tu ti creda potente, non potrai superare le mie difese, poiché le tue tecniche non hanno un vero e proprio effetto offensivo. Sei solo capace di confondere i sensi dei tuoi nemici.", ammonì decisa la Leonessa di Atene.

Gli occhi le mostravano una figura immobile, per quanto stupita, le orecchie non tradivano alcun nuovo suono, come bloccati al momento stesso in cui lei aveva parlato, la pelle avvertiva solo il calore del sole sul viso e la carezza del vento, la bocca ancora amara per il sapore del suo stesso sangue, ma l’olfatto non la tradì nel sentire un acre odore che si allontanava, mentre un secondo, simile, era immobile nella posizione dove sapeva si trovava il corpo del nemico sconfitto.

Bastò quello, però, quello stesso elemento che le aveva permesso di capire dove il vero attacco di Frinn sarebbe giunto, e quando, per permetterle di scattare e piazzarsi lungo la strada dell’ultimo nemico; non lo vide, ma avvertì chiaramente la consistenza del corpo di quello, mentre lo investiva con un’involontaria spallata. Dopo arrivarono il rumore dei passi e quello del corpo che cadeva a terra ed infine l’immagine di Kevan che si spostava, per poi essere sbilanciato ai piedi della scalinata della Prima Casa dello Zodiaco.

Ci fu un istante in cui tutto attorno ad Olimpia parve vibrare, come uno specchio d’acqua su cui era stato lanciato un sasso, ma fu breve, giusto un istante, dopo il quale le labbra del Triangolo Nero si mossero in unisono con la voce che ne usciva.

"Come hai fatto? Come hai scoperto il segreto della mia tecnica ultima?", domandò perplesso il nero nemico; "Hai peccato d’ingenuità, ragazzo, pensando che la stessa tecnica, alla lunga, non fosse facile da scoprire per un cavaliere d’oro, come già ti ho detto, ma, più di questo, forse, è stata l’idea di colpire la maschera, che celava il mio volto, la vostra disgrazia.", rispose pacata la sacerdotessa d’oro.

"Che intendi dire?", balbettò il nero nemico, rimettendosi in piedi, mentre un furbo sorriso si dipingeva sul viso di Olimpia, "Intendo dire che la tua tecnica è un’illusione assoluta, che riesce a stordire completamente vista ed udito, così come il tatto, finché non vi è un contatto diretto con la vittima, ma non hai alcun modo di controllare l’olfatto ed il gusto.", rispose la sacerdotessa, "E se il secondo non è mai utile in battaglia, il primo può rivelarsi uno strumento per la vittoria, così com’è successo per me, dopo che, persa la maschera, gli odori non mi arrivavano più filtrati. Probabilmente mi sarebbe stato necessario maggior tempo per capire l’inganno, se non aveste diretto gli attacchi contro il mio volto.", concluse la Leonessa d’oro.

"Illusione? Inganno? Ancora non capisci la natura del mio potere, vero, sacerdotessa di Atena?", domandò irritato il nero nemico, "Al contrario, ho capito chiaramente il segreto dietro i tuoi attacchi: la prima tecnica, quella che ha permesso agli altri quattro di avanzare, era come una cappa che oscurava tutti i sensi, mentre questo colpo supremo, come lo definisci, muta secondo le tue scelte le percezioni tutto intorno alla vittima. Questo è il trucco insito negli attacchi che sferri.", rispose decisa Olimpia.

"Non sono trucchi!", sbottò furioso Kevan, "Il mio maestro è Haoma di Virgo Oscuro, egli non insegna trucchi, egli spiega come rendersi parte del tutto, come diffondere il proprio cosmo nell’ambiente circostante, utilizzandolo, mutandolo secondo i propri desideri, come essere l’ambiente circostante!", esclamò orgoglioso, "Tu parli di illusioni, inganni, trucchi; ciò che ho fatto era molto più profondo e virtuoso: ho manipolato l’ambiente, ho piegato la realtà per come tu la percepivi, forse non sono riuscito a piegarla a pieno, come possono fare gli altri tre allievi del possente Haoma, o come fa egli stesso, ma ti assicuro che, se al posto di Frinn, vi fosse stato uno fra Dukhra, Syrin o Tolué, non avresti avuto tutte queste opportunità per scoprire i segreti dietro i miei attacchi!", minacciò sicuro il Triangolo Nero, aprendo poi le braccia.

"Triangulum Dominatoris!", invocò il fuggitivo dell’Isola della Regina Nera, scatenando il primo dei propri attacchi e scattando poi lungo la scalinata, ma non per oltrepassare la dorata nemica e raggiungere i compagni che già combattevano, come sentiva dai loro cosmi, nel tempio del Toro d’Oro, bensì per raggiungere il proprio maestro ed i compagni d’addestramenti, che combattevano un po’ più lontano.

Fu una dorata onda d’energia a sbilanciarlo, facendolo inciampare e cadere per diversi scalini fino alla base delle Dodici Case di Atene, "Non ti permetterò di scappare, guerriero nero, quel diritto lo hai perso nel momento stesso in cui avete fatto saltare via la mia maschera.", avvisò la voce decisa di Olimpia, mentre Kevan si voltava ad osservarla, gli occhi verdi della Leonessa d’oro che lo scrutavano impassibili.

"Quando il volto di una sacerdotessa di Atena viene visto da un uomo, questa ha due sole scelte: innamorarsi di lui, o ucciderlo.", sentenziò decisa Olimpia, il cosmo che vibrare abbagliante nel pugno destro, "Kataigidas!", imperò rilasciando tale energia.

In un istante, lento come quelli che le vittime dei suoi colpi subivano, ma allo stesso tempo egualmente veloce ed incontrollabile, Kevan del Triangolo Nero fu investito da tutta la potenza dell’attacco nemico: le vestigia distrutte, la pelle bruciata, il corpo dilaniato e la vita che lo abbandonava già prima che cadesse a terra.

"Addio, Triangolo Oscuro. Purtroppo per te, il mio amore è la mia fede in Atena, a nessun altro può essere rivolto.", tagliò corto Olimpia, la Leonessa d’oro, volgendo le spalle al nemico morto ed avanzando fino a raccogliere la propria maschera dorata, che riportò a celare i suoi lineamenti.

In quello stesso momento, acuto e possente, s’accese alla seconda casa il cosmo di un altro cavaliere d’oro, la battaglia aveva raggiunto le stanze del Toro.

Homines 4: La Gaelica

"Brienne, non è questa la via che gli dei ci mostrano! Non così agiscono i druidi agli antichi culti consacrati!", quelle le parole che il Saggio Consiglio aveva pronunciato, all’inizio.

Erano sette, quello il numero di uomini, nei loro candidi mantelli, che la circondavano, parlandole; era stata portata da loro in catene, perché troppo selvaggia, troppo gravi le sue colpe, a detta delle genti dei villaggi vicini, eppure lei non la vedeva in quel modo.

"Forse la via mostrata dagli dei non è più quella giusta!", sbottò la massiccia donna guerriera, agitandosi e creando scalpore per quella che era, in fin dei conti, una bestemmia alle orecchie dei presenti.

"Ditemi, saggi druidi, c’erano forse le armi da fuoco che ci sono adesso, c’era tutta l’industrializzazione che c’è adesso? Il mondo, quando gli dei celti camminavano fra noi, era così com’è adesso? No.

Ed allora cosa ci fa credere che le regole di allora valgano ancora adesso? Cosa ci fa credere che solo con la preghiera e l’adorazione della natura, solo cercando di trasmettere un messaggio di pace e comunità con i boschi sacri, noi potremo convincere i popoli di ora, che hanno dimenticato gli antichi riti, a seguirci?", chiese la massiccia fanciulla.

"Forse Vercingetorige chinò il capo quando arrivarono i romani? No, egli combatté per la libertà del suo popolo e delle loro terre e questo ho intenzione di fare anch’io, combattere! Combattere perché il mondo venga sanato da questa infestazione di disinteresse, di disprezzo più assoluto per la natura.", continuò decisa, "E’ vero, ho ucciso un gruppo di uomini che volevano distruggere un’intera foresta per far espandere le loro fredde città di pietra e metallo, ho usato i poteri del cosmo, che non mi sono ignoti, per devastare i loro sogni di devastazione e per questo mi condannate? Per aver fatto ciò che tutti vorrebbero fare, difendere la natura che ci è tanto cara?", domandò con tono disgustato.

"Tu non capisci, fanciulla, è questa la più triste delle verità. Non sai che è terribile ciò che hai fatto, contro la natura e contro il volere stesso degli dei celti.", esordì con rammarico uno dei druidi.

"Parli di Vercingetorige, ma egli perì per mano dell’invasore romano, egli perì per cercare di salvare la sua gente. Vuoi forse fare la stessa fine?", chiese un altro di loro.

"Se è l’unico modo affinché il mio messaggio venga ascoltato, allora sì, così farò!", sentenziò decisa colei che chiamavano Brienne, "Combatterò ed ucciderò perché l’uomo non compia più sacrilegi contro la natura", sentenziò.

"Eppure sei tu che compi sacrilegi contro la vita, fanciulla.", la ammonì un altro dei presenti, "Il tuo amore per la natura è sincero, o almeno tale sembra, ma la tua brama di violenza e la mancanza di rispetto per la vita umana poco sono adatti ad un druido.", avvisò un altro.

"Per questo, Brienne, ti condanniamo all’esilio da questi luoghi e ti sleghiamo da qualsiasi giuramento con i culti degli antichi dei celti. Non sarai più un druido, né potrai mai più esserlo.", affermò secco uno dei sette.

"Non potete farmi questo, piuttosto uccidetemi!", ringhiò lei, "No, bambina, la vita è importante per i druidi e noi non ti strapperemo via la tua.", rispose uno dei suoi giudici, "Non ti sarà però concesso di rubarne altre che siano innocenti.", aggiunse un altro, "Per questo è stato deciso che sconterai il tuo esilio in un’Isola Prigione, un luogo dove tutti gli ingiusti sono confinati, sotto la supervisione dei santi della dea Atena, che difende la Giustizia in Grecia.", spiegò colui che per primo aveva parlato.

I sette unirono le loro mani, sollevando un inno di preghiera, le catene che trattenevano Brienne si spezzarono, ma la giovane non ebbe il tempo di muoversi che un cerchio di luce l’avvolse, facendo scomparire tutto attorno a lei.

Quando la luce scomparve, la massiccia guerriera era sull’Isola della Regina Nera.

Le ore divennero giorni, i giorni, settimane e le settimane, mesi, che a loro volta diventarono anni.

In quel lasso di tempo, colei che era stata rinnegata dai druidi si scoprì ben lieta di combattere ed uccidere qualsiasi altro prigioniero le si opponesse. Di battaglia in battaglia, fino a raggiungere la vetta del Nero Esercito, così come il Sagittario Oscuro lo chiamava.

Lì Brienne ottenne la sua prima armatura, l’armatura del Capricorno Oscuro e lì conobbe chi condivideva la sua stessa diffidenza verso gli dei, se non addirittura un odio persino superiore, l’Acquario Nero.

Fu sempre lì che furono avvicinati da coloro che si definivano Homines e che le offrirono un potere ancora più immenso di quanto lei già non possedesse, e, oltre ciò, la libertà e la possibilità di rendere gli uomini liberi di scegliere senza seguire le leggi divine, qualcosa che le avrebbe permesso di salvare la natura, così come voleva.

Fu così che Brienne rinunciò al suo nome e divenne la Gaelica.

Grazie a colui che tutti dicevano provenire dalla Mongolia, Temujin, sia lei, sia Acquario Oscuro, poterono entrare ed uscire tranquillamente dall’Isola della Regina Nera, senza il rischio che i loro carcerieri lo impedissero.

Per lo più, scoprì, gli Homines macchinavano nell’ombra, guidando eserciti con solo pochi di loro a comandarli, come gli Ummanu e l’Armata d’Africa, e già parlavano di altre schiere, a Nord, ad Occidente ed in luoghi a lei ben più ignoti.

Alcuni dei suoi nuovi "confratelli", altresì, presero il posto di diversi dei cavalieri d’oro nero, mentre si preparavano per realizzare il loro piano.

Ed adesso il tempo era giunto: le Ombre s’erano mosse e stavano invadendo il mondo, lei stava guidando la scalata al Santuario di Atena, la divinità che li aveva tenuti incarcerati.

Non aveva potuto combattere la donna guerriero che li aveva accolti alla prima casa, ma altri tre cavalieri d’oro li attendevano e con l’immane spada che lo slavo aveva forgiato per lei, avrebbe dipinto le mura di quel luogo con il sangue dei propri nemici, poiché lei non era semplicemente Brienne, la druida scacciata, non più, ora lei era Epona, la Gaelica.