Capitolo 9: La Sala di Levante

Le cinque sagome avevano attraverso l’Italia dalla sua costa adriatica fino a quella tirrenica, partendo dalla Grecia ed arrivando poi sulle spiagge della Sicilia settentrionale, nella cittadina di Milazzo, da dove s’intravedevano le isole Eolie all’orizzonte e la prima, Vulcano, già si stagliava dinanzi a loro, mentre i cosmi delle battaglie appena iniziate già echeggiavano nell’aere.

A quella vista, la nostalgia prese possesso del cuore di Damocle, il cavaliere della Croce del Sud: non era mai stato in Sicilia prima, ma conosceva bene il Mar Tirreno, lo stesso che nella sua giovinezza aveva visto da Civitavecchia, o da altri luoghi che s’affacciavano sul mare sulla costa laziale.

Da qualche parte, più a Nord, si trovava la sua famiglia: i genitori ed il primo dei tre figli che avevano avuto, il più grande di tutti i suoi fratelli maggiori, Augusto, con la propria, di moglie, ed i figli… erano anni che non li vedeva, da quando era stato investito cavaliere, quando aveva potuto fare ritorno, per pochi giorni, a casa, per un saluto ai famigliari tanto amati.

"Dobbiamo muoverci, cavalieri, già le battaglie stanno scoppiando nel tempio di Eolo, come tempeste a ciel sereno.", aveva esordito Iulia dell’Altare, richiamando al presente il discepolo del Capricorno: in effetti, già tre scontri si distinguevano su diversi versanti del tempio.

"Sacerdotessa di Corvus, tu ti dirigerai all’ingresso settentrionale del tempio, mentre tu, Sagitta, andrai a quello meridionale…", ordinò subito l’allieva del Sommo Sacerdote, "Io posso andare all’ingresso occidentale, a voi, sacerdotesse, quello orientale.", suggerì allora il cavaliere di Crux, interrompendola, sperando di fare una cortesia, giacché ambedue le guerriere tornate dalla Polinesia, al contrario dei sopravvissuti alla campagna ad Accad, erano ancora stremate dalle battaglie recenti ed avevano vestigia ben più danneggiate. Inoltre, l’area orientale del tempio di Eolo sembrava essere l’unica dove al momento non si combatteva.

"No, cavaliere della Croce del Sud, andrai tu con la Sacerdotessa di Canis Maior fino all’ingresso ad Est, io mi dirigerò a quello ad Ovest.", ribatté secca la sacerdotessa dell’Altare, allontanandosi poi per prima, senza dar tempo a nessuno di replicare agli ordini impartiti.

Fu così che il gruppo proveniente dal Santuario si divise per cercare di aiutare quanti più Dominatori dei Venti possibili.

***

Arrivarono all’ingresso orientale senza particolari difficoltà, i due santi di Atena, ma lì non trovarono i segni di nessuna battaglia, non trovarono la distruzione propria dei guerrieri neri, la stessa che le tre sacerdotesse avevano incontrato raggiungendo gli ingressi di Tramontana, Ponente ed Ostro, non vi erano venti intenti a scatenarsi, né alcun seguace di Eolo ad attenderli, solo il più assoluto silenzio.

"Che questa sala non avesse un custode?", domandò la sacerdotessa di Canis Maior, avanzando incerta e guardinga, al fianco del cavaliere della Croce del Sud, "Non saprei, ma è meglio avanzare con attenzione…", suggerì con decisione l’italico guerriero, prima che le parole gli bloccassero in bocca, al pari del resto del corpo, inaspettatamente sollevato da terra, come Cassandra al suo fianco.

"Ottimo consiglio il tuo, seguace di Atena, peccato che giunge troppo tardi: avreste dovuto essere guardinghi nel momento stesso in cui il vostro cosmo s’è diretto verso questo ingresso, non adesso.", esordì una voce di donna, mentre una sagoma iniziava a delinearsi dal corridoio, avvolta in un tetro e possente cosmo.

"C…", cercò di dire Damocle, ma la bocca fu subito paralizzata da una morsa d’acciaio, una forza tale da trattenere ogni muscolo del cavaliere senza scampo alcuno, "Volevi imprecare, o solo chiedere il mio nome, cavaliere?", domandò di rimando la voce di donna, "Nel secondo caso, permettetemi di presentarmi!", continuò, ormai visibile nell’aspetto ai due.

"Sono colei che, seguendo la saggia strategia del Sagittario Nero è rimasta di guardia a questo ingresso; sono una dei Quattro allievi di Haoma di Virgo Oscuro, uno dei quattro cavalieri d’argento nero più potenti, Syrin della Bussola Oscura è il mio nome!", esordì decisa la guerriera.

Le vestigia che indossava erano completamente nere, nessuno dei due aveva mai visto la loro controparte fra i santi di Atena, con la strana corona su cui brillava l’ago della Bussola, una corona che si stagliava in mezzo ai lunghi capelli bluastri della donna, il cui viso era sottile e pallido, con brillanti occhi dorati incastonati nello stesso.

Il fisico era asciutto e la statura minuta, non appariva come una guerriera particolarmente valida, a chi la osservava, ma la forza con cui stava schiacciando con la semplicità di pochi gesti la sacerdotessa ed il cavaliere di Atena era sconvolgente.

"Non riconosco nessuna delle vostre armature, anche se quelle parzialmente distrutte della ragazza sembrano quelle di Canis Maior, mentre le tue, cavaliere, non so ben dire quali siano…", commentò con un che d’incuriosito la nemica e, in effetti, aveva ragione: per quanto fossero state le ultime a rinascere grazie al sangue di Ascanus dello Scorpione, dopo le altre sei, ed alle abilità dell’Ummanu del Golem, anche le vestigia della Croce del Sud erano ora differenti.

Il colore era un misto di rosso e verde; l’elmo non era più solo una maschera che celava i lati, lasciando la nuca scoperta, ma arrivava a proteggere interamente il capo del cavaliere, scendendo diagonalmente fino alla mascella e lasciando che solo una parte dei capelli, all’altezza del collo, fosse visibile.

Il tronco era ora coperto da un unico blocco che celava petto e spalle, come già prima, dando però maggiore mobilità e scivolando in un segmento ben più spesso, e bicolore, fino ad un diadema che si apriva su un gonnellino metallico, coprendo adesso anche la zona inguinale, dove risaltava il simbolo della croce, un tempo presente sull’elmo.

Gambali e coperture per le braccia non erano particolarmente differenti e forse fu quello, dopo qualche secondo, che fece propendere Syrin per il suo successivo commento: "Mi ricordano, vagamente quelle di Frinn della Croce Nera, o forse mi sbaglio?", chiese la donna dagli occhi dorati, prima di accennare un sorriso.

"No, resterò con il dubbio, non serve nemmeno che tu mi risponda.", rise maligna, facendo ulteriore pressione sul corpo dei due, tanto da incrementare il numero di danni sull’armatura di Cassandra e producendone di nuovo sulle rinate vestigia di Damocle.

Fu allora che il cosmo di Cassandra di Canis Maior esplose, lucente come una stella, abbagliando leggermente lo stesso santo della Croce del Sud, che capì le intenzioni dell’alleata solo nel momento in cui sentì la pressione farsi leggermente più lieve e fu allora che anche il cavaliere d’argento espanse con decisione la propria energia.

"Dannazione!", urlò, visibilmente sudata in viso, la Bussola Nera, quando alla fine lasciò andare la propria presa sui due avversari, che scivolarono malamente al suolo, atterrando comunque con attenzione.

"Immaginavo che bloccarci entrambi ti affaticasse, guerriera nera!", sbottò a quel punto la sacerdotessa ritornata dall’Avaiki di Ukupanipo, "Possiedi le doti della telecinesi, ma, per quanto addestrate, erano comunque difficili da controllare, te lo si leggeva in volto, nelle leggere smorfie che facevi ad ogni nuova pressione.

Sei potente, ma hai un potere che con grande concentrazione controlli.", la ammonì la sacerdotessa d’argento, "Inoltre, hai ragione, le vestigia che indosso sono quelle di Canis Maior!", confermò subito dopo, "Sono Cassandra, sacerdotessa di Atene ed allieva di Olimpia, la Leonessa d’oro!", si presentò.

"Della medesima dea sono anch’io un cavaliere, Damocle di Crux, discepolo del grande Kalas del Capricorno!", aggiunse subito dopo il santo di origini italiche.

"Dunque sarà una battaglia fra discepoli di custodi dorati? Poiché la Vergine d’oro nero è l’insegna del mio maestro, come già vi dissi!", ribatté divertita Syrin, "E non crediate che aver capito quali limiti ha la mia telecinesi sia per voi un vantaggio, perché ben più di una grezza pressione sulle vostre carni può fare la qui presente guerriera della Bussola Nera, anzi, permettetemi di dimostrarvelo!", esclamò ancora, allargando le braccia dinanzi a se.

"North Needle!", invocò l’oscura avversaria e dalle mani rapidi volarono dei dardi di pura energia psichica, dall’incredibile velocità, che si schiantarono contro i due guerrieri d’argento, prima ancora che questi potessero sollevare le loro difese.

I due santi di Atena sbatterono con violenza contro le pareti alle loro spalle, travolti dall’inattesa velocità di quel colpo, ma entrambi si rialzarono presto, pronti a continuare la battaglia, per quanto, da una parte, già Cassandra sanguinasse dal petto per la ferita subita, mentre dall’altra Damocle era illeso, con appena un graffio sulle rinate vestigia.

"Sacerdotessa di Canis Maior, fatti indietro, lascia a me questa battaglia, te ne prego. Sono ben più in forze di te e la mia armatura rinata a nuova vita mi dà ben maggiori difese.", suggerì il santo della Croce del Sud, "No, cavaliere, non mi farò indietro solo perché le ferite che segnano il mio corpo sono più fresche e le vestigia meno integre. Ho la mia Fede a sostenermi ed il ricordo di mia sorella ad incoraggiarmi!", incalzò decisa l’altra, espandendo il cosmo luminoso.

Il guerriero italico la scrutò per un attimo, poi accennò un gesto del capo, "Combatteremo spalla a spalla, dunque, cerca solo di non rallentarmi, sacerdotessa.", suggerì secco, incrociando il braccio destro dinanzi al sinistro ed espandendo il vasto cosmo, "Non dubitare di me, damerino.", lo schernì l’altra, pronta a sua volta.

"Crux Argentii!", invocò il cavaliere, "Anghellos Fotou!", fece eco la sacerdotessa, scatenando all’unisono i loro colpi contro la comune nemica, che, però, non si mosse, né parve sollevare alcuna difesa, semplicemente sorrise, allargando le braccia.

"Change of Direction!", invocò Syrin e ciò che accadde poco dopo lasciò ambo i guerrieri sbalorditi: l’attacco della stella Mirzam, così splendente, al pari della violenta croce d’argento, interruppero il loro volo verso il comune bersaglio, o, più correttamente, lo deviarono, compiendo entrambi un’ampia curva e lanciandosi l’uno verso il fautore dell’altro attacco.

Lo stupore permise comunque a Damocle di Crux di sollevare le braccia, bloccando con le stesse la stella d’energia della sacerdotessa alleata, ma altrettanto non si poté dire per Cassandra di Canis Maior, che fu colpita dalla devastante potenza distruttrice della croce d’argento, cadendo con violenza al suolo, con un’ampia ferita a croce sulla pelle.

"Maledetta!", ringhiò il cavaliere di Atena nei confronti della Bussola Nera, "Le tue vestigia sono di certo superiori a quanto m’aspettassi, o forse il suo attacco era davvero debole, ma, in ogni caso, non pensavate davvero di potermi sconfiggere così facilmente?", rise divertita l’allieva di Virgo Oscuro, sollevando di nuovo le braccia e bloccando ancora una volta il discepolo di Capricorn nella sua presa psichica.

"Come fai ad avere vestigia così più resistenti? O, forse, tutte le vostre armature d’argento sono tanto più resistente delle nostre copie oscure e solo la tua compagnia d’arme, laggiù è…", ma la domanda che Syrin stava porgendo al cavaliere si fermò quando non vide più Cassandra lì dove era caduta, ma solo una chiazza di sangue.

"Sono qui, Ombra!", urlò furiosa la sacerdotessa proprio dietro la Bussola Nera, che, voltandosi di scatto, fu investita da un diretto al volto, per quanto indebolito dalle molteplici ferite che, nelle ultime ore, la giovane guerriera di Atena aveva subito.

L’allieva di Virgo Oscuro barcollò leggermente, subendo appena un livido da quel colpo, ma più che sufficiente perché la sua concentrazione su Damocle si riducesse quel tanto necessario al cavaliere d’argento per liberarsi e scattare anch’egli all’attacco, sferrando un veloce fendente con le braccia dinanzi al petto, diretto contro la guerriera nera.

"Cadi!", urlò deciso il santo di Atena, "Lux Crucis!", invocò poi, prendendo di sorpresa l’altra, che non ebbe il tempo di sollevare la tecnica usata poc’anzi, ma sfruttò tutta la propria concentrazione per spostare Cassandra di Canis Maior che, presa di sorpresa, non riuscì ad impedire che la forza telecinetica, che la sollevava da terra, la spingesse contro il cavaliere d’argento, deviando leggermente la traiettoria dell’attacco di lui, quanto bastava all’altra per evitarlo ed attaccare a sua volta: "North Needle!".

Due dardi d’energia psichica trapassarono il braccio ed il fianco sinistri della sacerdotessa d’argento, per poi schiantarsi con violenza contro le vestigia del cavaliere dietro di lei, che, sbilanciato e confuso dal corpo dell’alleata ferita, non riuscì a difendersi, subendo ulteriori danni sull’armatura, seppur ancora niente di eccessivamente grave.

Cassandra cercò subito di rialzarsi, ma un fremito di dolore dal fianco e dalla ferita inferta proprio dall’attacco del compagno, la scossero, facendo leggermente cedere le sue ginocchia, fu allora che Damocle le poggiò una mano sulla spalla.

"Guerriera di Canis Maior, volevo essere educato, data la tua situazione, ma vedrò di dirtelo chiaramente: resta qui, immobile! Un siffatto aiuto mi è solo d’ostacolo!", sbottò a quel punto il cavaliere, invitandola a restare dov’era, mentre la oltrepassava, facendosi avanti verso la Bussola Oscura.

"Non dovresti trattare così quella povera ragazzina ferita, in fondo, è solo grazie a lei se sei ancora vivo, sai? Lei e quella tua armatura.", rise Syrin, "Se non fosse stato per lei, per ben due volte saresti già morto, sotto la presa del mio potere psichico, che avrebbe infine spaccato la resistente corazza che ti difende!", avvisò, allargando nuovamente le braccia.

Stavolta, però, il cavaliere di Atena fu più pronto e scattò lateralmente, allontanandosi dalla nemica sul suo lato destro, "Cosa ti fa credere che tu possa salvarti correndo?", domandò divertita la Bussola Oscura, senza nemmeno voltarsi, prima che Damocle, sollevato all’improvviso da terra, ricadesse indietro nel punto da cui era partito.

"Vela, Carena, Poppa e Bussola. Noi siamo considerati i Quattro guerrieri d’argento nero più potenti di tutti e non solo per i nostri maestri, malgrado tre di noi siano allievi di guerrieri d’oro nero, ma bensì perché di tutti e ventotto coloro che si dicono a noi pari, siamo quelli i cui poteri più s’avvicinano a quelli dei dodici che ci guidano.", spiegò con orgoglio Syrin, "Nel mio caso, il controllo dato dalla telecinesi è stato ulteriormente potenziato dalle abilità trasmessemi dal grande Haoma, rendendomi capace di seguire qualsiasi movimento, persino quelli alla velocità della luce, e qualsiasi cosa posso seguire, posso anche bloccarla e schiacciarla!", concluse la Bussola Oscura, stringendo la presa sul cavaliere della Croce del Sud, mentre le vestigia di questo, assieme al suo corpo, si piegavano in modo innaturale sotto quella stretta mentale.

"Vediamo cosa si romperà prima, ragazzo, se l’armatura o il corpo sotto di essa!", rise divertita la fuggitiva della Regina Nera, prima che un secondo cosmo catturasse la sua attenzione: "Ci sono anch’io, Ombra Malefica! Anghellos Fotou!", urlò Cassandra, caricando il cosmo nel pugno e scatenando il proprio attacco.

"Ne sono consapevole, ragazzina!", l’ammonì l’avversaria, spostando il corpo di Damocle e lasciando che l’attacco della sacerdotessa guerriero cozzasse contro le vestigia di lui, portandosi nella visuale della Bussola Nera, che troppo tardi s’avvide di come la guerriera di Canis Maior s’era ormai spostata, caricando il cosmo nelle braccia.

"Kunegos Fotismou!", invocò la seguace di Atena, scatenando il segugio divino dalle luminose fauci che lesto compì la sua corsa, investendo in pieno la nera armatura della loro nemica, che, presa completamente alla sprovvista, non ebbe tempo di portare alcuna difesa a proprio vantaggio, subendo il colpo e, allo stesso tempo, lasciando libero Damocle dalla propria presa mentale, per il dolore.

"Ti sono così tanto d’intralcio, cavaliere?", fu la prima domanda di Cassandra al parigrado, seppur era evidente, dalla voce stessa, quale fatica fosse per lei anche solo restare lì in piedi dopo i due attacchi subiti sulle vestigia ed il corpo già segnati per le battaglie in Polinesia.

Una risata dolente scaturì dalle labbra di Damocle, "Ti chiedo scusa, sacerdotessa, forse nella mia natura è ancora insito tutto ciò che ho appreso in molti anni e che solo tre giorni di battaglie non hanno poi cambiato tanto quanto sperassi. Ho promesso sul ricordo dei compagni caduti ad Accad che sarei stato un cavaliere migliore, un uomo migliore, che avrei combattuto al meglio per la dea Atena con chiunque mi fosse stato al fianco, ma ti ho visto come un peso fin dall’inizio, al pari di come vedevo la sacerdotessa dell’Altare.", si scusò deciso il cavaliere della Croce del Sud.

"Non ti attribuisco colpe per questo, cavaliere: sono ferita e stanca, questo è vero, ma non mi lascerò piegare dalle vicissitudini, poiché, al pari tuo, anch’io ho fatto una promessa sul ricordo di mia sorella Agesilea: che non mi sarei arresa dinanzi ai dubbi, che avrei combattuto fino alla fine per Atena, sorretta dalla mia Fede e da quanto ho appreso negli anni dalla nobile Olimpia e dalla mia stessa sorella.", ribatté cordiale la sacerdotessa d’argento.

"Combattiamo dunque, insieme contro questa nemica, Cassandra di Canis Maior!", esclamò prontamente il discepolo di Capricorn.

"No!", replicò pronta la voce di Syrin, "Cadete, entrambi per mano di questa nemica! Disruption of the Whole!!!!", imperò subito dopo, liberando attorno a se il proprio cosmo in un’ondata di puro potere psichico.

***

Le onde si schiantavano con forza contro le scogliere, quasi l’Oceano stesso volesse esprimere il proprio dolore in quel frangente del mondo, o almeno quella fu la sensazione della figura che uscì dalla grotta, guardandosi intorno.

"Il mondo può sembrare lo stesso, ma la natura avverte la mancanza di qualcosa di bello e di grandioso…", sibilò quella prima figura, le ferite ancora evidenti sulla pelle, lì dove le vestigia, di un candido bianco, erano andate distrutte.

"Non ti facevo un poeta, amico dei pesci.", scherzò una seconda voce, un altro individuo con un’armatura di fattura quasi identica, seppur era evidente una lieve differenza.

Il primo fu subito al collo dell’altro, bloccandolo con la mano sinistra, mentre già un cosmo carico d’elettricità lo circondava, "Non osare deridermi! Sai cos’è successo qui, te ne rendi conto? Il grande Ukupanipo è scomparso da questi mari!", urlò quello, "Cosa trovi di divertente in tutto ciò, Moko di Tiki?", chiese adirato l’altro.

"Il tuo egoismo! Vedi solo la scomparsa di Ukupanipo, vero, Torpedine? E cosa mi dici delle altre divinità? Pili, Ira, Lono… tutti gli Areoi morti a causa di questi Ladri di Divinità, a causa di tutti i traditori che ci hanno attaccato dall’interno!", sbottò quello che era stato il comandante dell’Avaiki alle Hawaii.

"A causa di un traditore che proveniva dalle tue schiere, la Lucertola Malefica!", sottolineò Tawhiri, "Te la sei cercata, pesciolino…", borbottò il guerriero del Tiki, espandendo il cosmo attorno a se.

"Adesso basta!", imperò una voce alle spalle di entrambi, prima che altre due figure uscissero dal tempio subacqueo che era stato del Signore dei Pesci.

Fu un gigantesco guerriero maori, con i segni delle battaglie del giorno appena concluso ancora sul corpo, ad uscire per primo, maestoso e virile, malgrado le ferite che lo segnavano, non v’era incertezza sul suo volto, solo una grande determinazione.

Di fianco a questo titano polinesiano, una fanciulla dalle vestigia bianche quanto quelle degli altri tre, elegante nel muoversi ed attenta, fu lei a parlare: "Capisco il dolore di entrambi voi, amici miei, ma in questo momento, più che in ogni altro, non possiamo essere divisi da differenze come l’Avaiki da cui proveniamo. Ora, più che mai, dobbiamo essere solo Areoi e combattere per onorare i compagni caduti e liberare le divinità cui siamo consacrati.", suggerì la donna.

"Hai pienamente ragione, Arohirohi, ma cosa possiamo fare in quattro? E dove colpire?", domandò ancora Moko, placatosi dopo lo scatto d’ira con Tawhiri.

"Sappiamo dove colpire: il luogo di provenienza della Lucertola Malefica.", rispose secco il massiccio maori, scambiando uno sguardo con tutti gli altri che, assieme a lui, avevano combattuto contro Maui. "L’Isola di Pasqua, esattamente, Squalo Bianco.", concordò l’Areoi della Tartaruga Marina, "E poi, non siamo solo in quattro.", aggiunse ancora la guerriera, volgendosi verso Moko e Tawhiri.

"Volete chiedere ancora aiuto agli stranieri, ai cavalieri di Atena?", domandò perplesso l’Areoi della Torpedine, "No, non loro, ma l’altro guerriero che s’era ritirato, prima ancora del mio maestro Afa e della nostra precedente comandante Tiotio.", rispose Toru.

"Di chi state parlando? Non ricordo nessun altro vecchio Areoi di cui mi aveva parlato il mio predecessore! Chi sarebbe questo tizio?", sbottò Moko, "L’altro sopravvissuto della fallita invasione di 15 anni fa.", rispose Arohirohi, "Di che cosa?", chiese ancora l’uomo di Tiki, "Stai zitto ed ascolta.", suggerì lo Squalo Bianco, spingendo l’altro a sedersi con un deciso movimento della mano sinistra.

"Quindici anni fa ci fu un tentativo, da parte di un piccolo esercito di guerrieri giapponesi, consacrati alla loro divinità del fuoco, Kagutsuchi, o qualcosa del genere, di conquistare l’Oceania.", esordì Toru, leggendo lo stupore negli occhi dell’altro, "Erano altri tempi, o almeno così mi disse il maestro Afa: il Giappone cercava sempre più d’espandersi… per secoli aveva tentato di conquistare e dominare l’Asia intera, ma gli dei di quelle terre non sapevano soddisfarsi con un solo continente e volevano raggiungere anche l’Oceania.

Fu così che furono inviati una dozzina di Areoi ad affrontare una ventina di nemici, a guidare le nostre schiere era il maestro Afa, Tiotio della Piovra, che ancora non era diventata la nostra comandante, e Oro dello Squalo Balena.

Ognuno di loro era seguito da tre Areoi, tutti consacrati e fedeli ad Ukupanipo, tutti leali fra loro e verso la patria e la casa, tutti assieme avanzavamo per difendere la nostra terra e l’Australia stessa, che era priva di alcun suo ordine guerriero. Tutti avanzarono incontro alla guerra.

Il mio maestro mi raccontò dei compagni che vide cadere, bruciati vivi dalla furia di quei guerrieri stranieri, e come loro anche Tiotio ed Oro.

Il maestro ci disse della sua battaglia contro Hoshi di Fuujin, uno dei comandanti dell’armata nemica: tre compagni caduti nell’affrontarlo, combattevano da ore, una barriera inespugnabile sulla costa orientale dell’Australia, ma poi, quando le pedine nipponiche caddero, una dopo l’altra, fu l’uomo del Vento a presentarsi sul campo di battaglia, una tale furia distruttrice che niente sembrava poterlo fermare.

Il mio maestro lo combatté nonostante le ferite ed alla fine riuscì a sconfiggerlo.", raccontò Toru, fermandosi solo in quel momento.

"Allora non capivo a pieno, immaginavo di capire, quando lo Squalo Tigre mi parlava delle ferite, di non aver combattuto per la gloria, ma solo per il sacrificio dei compagni.

Chi ero io per arrendermi? Ci diceva. Se poteva piegarsi per la stanchezza, per la paura di essere al loro fianco nell’Oltretomba, per la rabbia di non averli saputi salvare? No, non poteva, ci spiegava, affermando che aveva combattuto fino alla fine, restando l’unico vivo in quel fianco della battaglia.

Alla fine di quella breve guerra, solo uno dei nemici riuscì a sfuggire e ritornare alle proprie terre, e, allo stesso tempo, solo Afa, Tiotio ed Oro sopravvissero, i più esperti fra gli Areoi mandati in battaglia, gli unici abbastanza forti da uscirne vincitori.

Ed il maestro parlava sempre di aver sopportato il peso della vittoria ottenuta, come i suoi compagni.", concluse lo Squalo Bianco, riprendendo fiato e guardando l’orizzonte.

Un peso, la colpa di sapere che tanti compagni erano stati affidati loro, per guidarli, e che nessuno era sopravvissuto a quel compito… un peso che Oro non resse, abbandonando l’Avaiki di Ukupanipo, portando con se le sue vestigia e quelle che erano state di suo fratello, uno dei giovani che lui aveva guidato in battaglia.", concluse Toru, lasciando ad Arohirohi la parola.

"Per anni nessuno seppe più niente di lui, secondo la maestra Tiotio era partito, in cerca della figlia di suo fratello, sposata con un qualche straniero, poi, cinque anni fa, Oro si presentò da Tiotio ed Afa, dicendo loro che aveva preso come allievo il proprio pro-nipote, ma che non avrebbe combattuto e, per quanto possibile, avrebbe impedito che il ragazzo dovesse a sua volta combattere, non per infedeltà verso Ukupanipo, ma perché già troppo gli dei gli avevano portato via.

La maestra ed Afa accettarono questa scelta, credo che solo io e Toru sappiamo dove egli si trovi adesso, lui ed il suo discepolo.", concluse la Tartaruga Marina.

"Come vedi, non siamo quattro, bensì sei, ed in sei attaccheremo i Ladri di Divinità e li scacceremo dalle nostre terre, liberando Ukupanipo, Pili e tutti gli altri!", tagliò corto Toru, avanzando verso il loro interlocutore di un diverso Avaiki.

"Credete che ci aiuterà? Costui ha abbandonato le battaglie, non sopportava più la guerra, come potremo convincerlo a ritornarvi?", domandò stupito Moko, "Ho delle idee in tal senso, ma vedremo di decidere una volta sul suo atollo.", concluse il comandante dell’Avaiki di Ukupanipo, prendendo per un braccio il parigrado di quello di Pili.

Fu la Tartaruga Marina a lanciarsi per prima in acqua, subito seguita dalla Torpedine e per ultimi entrarono lo Squalo Bianco ed il Tiki, per quanto questi li lamentasse, scomparendo dalle coste neozelandesi, fra le onde.

***

Quando Syrin della Bussola Nera aveva scatenato il proprio attacco, i due cavalieri di Atena avevano prontamente alzato le braccia, pronti alla difesa, ciò che, però, non si aspettavano fu ciò che in effetti avvenne: niente.

Un bagliore e poi niente più. Damocle si guardò intorno e vide sia l’alleata, sia l’avversaria, lì dove si trovavano fin da qualche minuto prima; Cassandra, al pari suo, sembrava guardarsi intorno dalla maschera argentea che le celava il viso, ma nessuno dei due s’era ancora mosso.

"Ebbene, miei cari? Intimoriti dal mio potere?", rise divertita la voce dell’Ombra oscura che sembrava circondarli, come se adesso si trovasse dappertutto.

Fu dopo qualche istante di ansioso silenzio che Damocle scattò in avanti verso la comune nemica e lì accadde l’impensabile: più il cavaliere correva in avanti, più vedeva l’altra allontanarsi, girare attorno a lui, confondendo ogni direzione. Scattava verso destra il santo di Atena, solo per vedere l’allieva di Haoma scivolare velocemente sulla sua sinistra; provava ad inseguirla, solo per rendersi conto di averla, inspiegabilmente, superata; cercava di tornare indietro, solo per scoprirsi di fianco a Cassandra, nel punto stesso da cui era partito.

Altrettanto capitava alla sacerdotessa di Canis Maior! Non era infatti rimasta ferma, aveva iniziato a correre anche lei verso la comune nemica, solo per trovare d’improvviso Damocle dinanzi a se, s’era persino fermata, ma nel momento stesso in cui lo aveva fatto, aveva scoperto di aver oltrepassato Syrin, quindi, voltandosi, aveva scoperto di essere di nuovo di fianco al cavaliere della Croce del Sud, nel punto da cui era partita.

"Ti vedo confuso, Crux, ed immagino lo sia anche la tua compagna d’arme, ma è normale, ormai vi trovate all’interno della mia Bussola Nera, avete perso! Una prigionia eterna è ciò che vi aspetta!", minacciò divertita la voce della guerriera oscura.

"Di cosa vai cianciando, Ombra malefica?", ruggì Damocle guardandosi intorno, sempre più confuso, "Di una quanto mai triste verità, per voi due: siete sconfitti! L’intera realtà vi è avversa ormai, siete piegati al mio dominio sul tutto!", li avvisò decisa.

"Il tuo dominio sul tutto? Sei forse impazzita? Ti credi una divinità?", domandò di rimando Cassandra, "No, non una divinità, bensì la discepola di chi potrebbe definirsi tale! Haoma di Virgo Oscuro è un uomo molto sapiente, che ha deciso che il vero potere non risiede nell’ascesi e nel focalizzarsi su se stessi per potenziarsi, ma nel piegare il mondo a donarci potere! Egli è uno con il Tutto e noi, i suoi quattro discepoli, abbiamo in parte appreso quelle stesse capacità!", incominciò a declamare Syrin.

"Nessuno può sconfiggere in uno scontro diretto Tolué, l’Intoccabile, mia compagnia fra i quattro più potenti guerrieri d’argento nero, né è possibile vincere in quel modo Duhkra, ma allo stesso tempo, nessuno può avere speranze di vittorie contro di me, o contro Kevan, che sul mondo circostante abbiamo il controllo!", spiegò esaltata l’oscura nemica, "Ed il mio controllo è questo, il mondo intero che vi circonda!", concluse, mentre le pareti della sala, lievemente danneggiate, scomparivano attorno ai due cavalieri di Atena, che si ritrovarono immersi in un’immensa, ed oscura, bussola.

"Non serve nemmeno che vi attacchi, ormai siete condannati!", rise ancora la tetra voce che li circondava, "Lo vedremo!", minacciò decisa Cassandra, il cosmo brillante che la circondava, "Vedremo se Lelalpo, il Segugio Divino, non saprà trovarti!", affermò con tono determinato, scatenando poi la potenza del Kunegos Fotismou.

Grande fu lo stupore della sacerdotessa nell’avvertire l’urlo confuso di Damocle, mentre barcollava, colpito alla schiena dalle fauci del Segugio d’energia.

"Visto? Non serve che vi attacchi, vi ucciderete da soli, o impazzirete! Credo sia questo il vero senso del perdere la Bussola!", e risa sguaiate scoppiarono tutto attorno ai due cavalieri, sempre più confusi.

"Una delusione, non avevo altro da aspettarmi da te, damerino!", sbottò d’improvviso una voce dietro Damocle, ma quando questi si voltò, non vide niente: vi era il più completo vuoto, raggelato dal silenzio di quella situazione, né l’alleata, né l’avversaria stavano parlando, però, il santo di Crux udì una voce, una voce a lui ben nota.

"Ti lasci sconfiggere così? Da questa sottospecie di Ombra? Le tue erano dunque parole buttate al vento, cavaliere?", domandò ancora la voce, che solo allora l’italico guerriero riconobbe: "Husheif!", esclamò stupito, "Tu sei…".

"Morto, lo so bene, caduto durante la battaglia ad Anduruna, come Menisteo, ed al pari suo, sono stato orgoglioso nel sentirti rivolgere quella silenziosa promessa al cielo, ma, ora, sono parecchio deluso dalle tue azioni, come sempre, ti dimostri ben più abile a parole, che non con i fatti.", lo ammonì la presenza che aleggiava attorno a lui.

"Credi forse che m’aggrada questa condizione? Cosa posso fare? Non vedo la mia avversaria, non so come colpirla senza ferire ulteriormente la sacerdotessa di Canis Maior!", sbottò quello con preoccupazione.

"Eppure ricordo che, quando ci fu da combattere Mummu di Apsu, l’Ummanu dalle vestigia orride, non avesti preoccupazioni di questo genere, ti sei fatto avanti per affrontarla, forte di quella sicurezza che ti è sempre stata propria, assieme alla vanità, affermando che era discepolo di Kalas di Capricorn e che come lui non aveva difficoltà a combattere in nessuna condizione, o la memoria mi gioca brutti scherzi, ora che sono defunto?", chiese beffarda la voce del cavaliere del Reticolo.

"Cos’è successo al guerriero che mi affrontava costantemente in allenamento al Santuario? All’abile spadaccino che senza timore ha combattuto da solo contro quella traditrice della sua gente, malgrado la nausea che le particolari tecniche di lei provocavano? Al cavaliere che ha rivolto una promessa ai due compagni caduti in battaglia? Forse è bastato un così breve lasso di tempo perché tutto ciò sfiorisse, si sciogliesse come neve al sole? È così dunque?", incalzò deciso il defunto guerriero parlando nella mente del compagno d’arme.

"No, non è affatto così, ma sembra che mi servisse udire la tua fastidiosa voce, rimembrare le lagne che ho dovuto soffrire per tanti anni affinché anche altre memorie tornassero alla mia mente, pestifero spirito!", ribatté l’altro, riportandosi in posizione di guardia, "Ora, qualunque forza abbia permesso che il ricordo, o la presenza di te, Husheif del Reticolo, potesse tormentarmi ancora, spero che ti riporti indietro. Sappi che onorerò la promessa fatta, il ricordo di Menisteo, e, magari, anche il tuo.", aggiunse con un sorriso sottile sul volto, mentre il cosmo iniziava a bruciare tutto attorno al cavaliere della Croce del Sud.

Cassandra ancora si guardava intorno, pronta a qualsiasi nuovo attacco potesse provenire contro di lei, ma fu qualcosa di diverso a raggiungerla, una sensazione, qualcosa che già aveva provato, sia in quella battaglia, sia in precedenza, combattendo assieme al cavaliere del Triangolo: una voce che le parlava attraverso il cosmo, la voce di Damocle.

"Sacerdotessa di Canis Maior, dobbiamo concludere questa battaglia, oppure veramente finiremo prede della follia che la nostra nemica profetizzava.", esordì il cavaliere, "Da soli, probabilmente, nessuno di noi due potrebbe sconfiggerla, troppo forte il suo controllo sui cinque sensi attorno a noi: l’udito non la percepisce, i rumori sono come echi confusi che ci circondano; la vista è completamente sotto il giogo delle sue illusioni; l’olfatto ed il gusto sono ancora meno utili in questo frangente ed il tatto sembra essere ingannato anch’esso da questa malia!", continuò, analizzando la situazione, "Ci resta però qualcosa che va al di là dei cinque sensi, il cosiddetto sesto senso: l’intuito. Il mio è forse un azzardo, ma è la nostra unica possibilità! Concentra il tuo cosmo, così come farò a mia volta: sferra un attacco il più ampio possibile, come raggio d’azione, che noi si possa raggiungere la comune avversaria, prima di noi stessi.", propose il santo d’argento e subito Cassandra comprese il rischio e la follia di quel piano, specie per lei, le cui vestigia erano ormai ridotte a frammenti, adesso, per l’ennesima volta, sporchi del sangue delle nuove ferite subite durante quella prima battaglia.

Aveva una sola opzione la sacerdotessa d’argento, un’opzione rischiosa, ma, come già aveva detto al cavaliere della Croce del Sud, non si sarebbe fatta da parte, avrebbe dato il massimo per onorare la sorella caduta nella battaglia in Polinesia.

Fu così che Cassandra di Canis Maior concentrò l’energia luminosa del proprio cosmo nel pugno destro, "Stella Sirio, che brilli suprema nella costellazione del Cane Maggiore, ascolta la mia preghiera e guida il mio pugno, in nome di Atena e della Giustizia!", sussurrò fra se la giovane allieva di Olimpia del Leone, "Broké Fotismou!", invocò la guerriera, scatenando la fitta rete d’energia cosmica dinanzi a se, affinché s’allargasse sulla destra, poi, però, non rimase immobile, subito lasciò che l’energia si liberasse anche dalla mano mancina, disperdendosi nel senso contrario, così che due intricate reti d’energia corressero in ogni direzione, partendo dalla sua posizione.

Damocle della Croce del Sud, interrotto il collegamento mentale con la propria alleata, non rimase in attesa degli eventi, piuttosto, incrociò il braccio destro dinanzi al sinistro, "Lux Crucis, illumina il mio cammino, trova l’avversaria che con questa malia ci vuol portare alla follia!", urlò il cavaliere e sferrò il proprio attacco, non una, non due, ma dieci volte, una di seguito alla successiva, senza mai fermarsi, colpendo in ogni direzione con precisione e furia implacabili.

Una fitta rete di luce lo sfiorò quasi alle spalle, prima che si voltasse, lasciando che uno dei suoi fendenti si bloccasse vicendevolmente con il colpo della compagnia, ma poi fu il silenzio, prima che un urlo echeggiasse nella sala, un urlo che disperse quella tetra illusione, rivelando ai due guerrieri di Atena la stanza del Levante, dove entrambi erano arrivati.

La videro segnata dalla furia dei loro molteplici assalti, ma, in mezzo alle incrinature della pietra ed ai danni del mobilio, videro anche la loro avversaria, in piedi, sanguinante, con le vestigia nere danneggiate vistosamente in più punti per la combinazione dei loro colpi.

"Maledetti…", lamentò furiosa Syrin, osservandoli, avanzando con fare incerto, ma fu Cassandra a scattare con ben più foga e determinazione, per quanto la sacerdotessa avesse il corpo segnato da ferite ben più gravi, trovandosi però bloccata dalla presa psichica della nera nemica.

"Volete che ricominci con questa diversa tortura? Poco male, poiché ho già deciso che la vostra sarà una morte lenta, come nessun altro ne ha subite per mia mano!", ruggì furiosa la Bussola Nera, "Il dolore ti rende distratta, Ombra malefica…", la ammonì con fatica la sacerdotessa d’argento.

"Fai silenzio!", imperò l’altra, piegando il braccio sinistro di lei in modo innaturale, "Lo avevo immaginato fin dal pugno che aveva spezzato la tua concentrazione, tu non sei abituata allo scontro fisico, non tolleri la sofferenza!", avvisò Cassandra, prima che, con un urlo di sofferenza acuto, riuscisse a riportare il braccio in una posizione più consona.

"Maledetta!", ringhiò Syrin.

"No, sei tu, Ombra, ad essere sciocca ed arrogante e, almeno su una delle due cose, sono un esperto!", la ammonì la voce di Damocle di Crux, prima che un bagliore accecante distraesse l’Ombra nemica, portandola a lasciare la presa mentale sulla sacerdotessa d’argento.

"Crux Caelium!", invocò il cavaliere di Atena e, in un lampo di pura velocità, oltrepassò l’avversaria, sferrando un violento e mortale fendente a croce, che si aprì la strada attraverso le vestigia d’argento nero, distruggendole, dilaniando le carni sotto le stesse e lasciando Syrin al suolo, ormai priva di vita.

"Ma…", non ebbe nemmeno tempo di finire di parlare la Bussola Oscura, scivolando via dalla vita, così come il sangue scivolava dal corpo di lei.

Fu in quel momento che la guerriera di Canis Maior cadde anch’ella in ginocchio al suolo, ma subito il santo di Crux le fu accanto, sostenendola per il braccio buono, affinché non finisse a terra, "Grazie, sacerdotessa, non fosse stato per il tuo aiuto, probabilmente non sarei riuscito a superare le sue difese con quest’ultimo attacco.", esordì lui, "Al contrario, hai dimostrato grande spirito d’iniziativa e capacità in questa battaglia, cavaliere.", rispose lei.

"Non tutto è stato merito mio, un amico mi ha permesso di ricordare che arrendersi non è fra le mie prerogative.", scherzò l’italiano, aiutando l’altra a rialzarsi del tutto, "Se pensi di potercela fare, andremo avanti insieme, altrimenti resta pure qui, mi occuperò io dei nemici che restano sul nostro cammino.", suggerì schietto Damocle.

"La superbia non ti è sconosciuta, cavaliere, ma non preoccuparti, non rallenterò il tuo cammino, combatterò anzi al massimo delle mie capacità al tuo fianco, te lo assicuro.", ribatté lei e l’altro non disse alcunché, semplicemente, con un cenno affermativo del capo, iniziò ad avanzare verso il corridoio che dall’ingresso orientale del tempio di Eolo avrebbe condotto verso la sala centrale e verso ulteriori nemici, mentre intanto altre battaglie si combattevano in quelle stanze.