Platinum Saints: I Cavalieri dello Zodiaco Cinese

Una fanfic di Andromeda La Notte

Chapter 17: 7! La pena del Contrappasso.

Anche Clay era stato riportato indietro nel medesimo tempio dal quale era stato preso in custodia da Corinto; non appena venne rimaterializzato all’interno della maestosa basilica sconsacrata difesa dal cavaliere del Gallo, vide la figura di Krios, inginocchiata di fronte all’altare, con le mani aperte verso il cielo in segno di preghiera, d’adorazione. Il suo vecchio avversario sembrava versare in stato di shock, come se avesse raggiunto la pace dei sensi.. I suoi occhi fulvidi di gioia, le sua labbra aperte a comunicare estasi... Se già Clay aveva più di un dubbio riguardo la sanità mentale del Tenente suo nemico, adesso potè rendersi conto che Krios non era un semplice blasfemo, ma che la sua follia aveva radici mistiche dall’origine ignota...

"Sta pregando il Dio dei cristiani! Che ne è dunque della sua eresia?"

Krios lo guardò con gli occhi spenti, perplesso, come se non lo riconoscesse.

Un grido assordante risuonò all’interno del tempio del Gallo, danneggiando visibilmente gli interni della chiesa e le colonne che ne delimitavano le navate; Clay riuscì a stento a non essere travolto dall’onda ultrasonica generatasi. Il cosmo di Krios tornò oscuro e si espanse pericolosamente attorno a lui, il suo viso tornò all’espressione maligna che Clay ricordava.. Il suo avversario era nuovamente dinnanzi a lui.

"Murdering Scream!" fu la risposta che ottenne dal Tenente del segno del Gallo. L’urlo acutissimo e nefasto produsse delle onde supersoniche che scossero il tratto di terreno tra lui ed il suo giovane avversario. Ma questa volta il cavaliere del Cigno non si lasciò trovare impreparato e sollevò tra se ed il nemico gli Anelli del Cigno, la tecnica base di difesa dei cavalieri nati nel segno della Croce del Nord. La barriera degli anelli del "Kolito" resse alla potenza del grido cosmico di Krios, per poi infragersi subito dopo che le onde soniche si furono quietate.

In quel momento, le letali piume di platino di Krios si staccarono dall’armatura ed iniziarono a volteggiare di fronte a lui.

Bastò il senso di quell’affermazione, principio base dell’educazione religiosa cristiana che aveva ottenuto, a fare titubare un attimo il cavaliere del Cigno, a farlo esitare.. E tanto fu sufficiente per dare il tempo al Tenente di indirizzare contro di lui la prima delle sue mortali Platinum Feather, che colpì Clay alla gola, producendogli un profondo taglio, per poco non tranciandogli di netto la carotide. Il ragazzo non ebbe nemmeno il tempo di realizzare pienamente la cosa, quando le altre piume partirono contro di lui. Fu la Polvere di Diamanti, ancora concentrata nel suo pugno e scagliata contro le armi di Krios, a salvare la vita di Clay. Le piume caddero a terra, completamente congelate; in loro l’energia delle stelle si spense in breve, senza nemmeno sciogliere lo strato di ghiaccio dalle quali erano state ricoperte.

Krios si sentì gelare d’un botto e, guardando al costato, si rese conto di essere stato intrappolato nella morsa del Kolito, il quale però sembrava plasmare di continuo la sua forma.

Non sufficientemente resistente a rinchiudere un cavaliere di platino però, poichè Krios riuscì ad infrangerla senza sforzarsi più di tanto, sacrificando il suo mantello rosso come il sangue. Il Tenente si scrollò di dosso i frammenti di ghiaccio, poi diede le spalle a Clay, dirigendosi verso l’enorme organo di platino situato alla destra dell’altare liddove, per la prima volta, il cavaliere di Athena lo aveva visto suonare.

Krios iniziò a suonare l’organo, dapprima molto lentamente, e nel farlo sussurrò: "Per correr miglior acque alza le vele, ormai la navicella del mio ignegno, e lascia dietro a se mar sì crudele. E canterò di quel secondo Regno, dove l’umano spirito si purga, e di salir al Ciel diventa degno..."

Se Clay avesse intrapreso gli studi classici e teologici a Mosca, sua città d’origine, così come da volontà paterna, invece di scappare di casa portando con se il sogno di diventare cavaliere, il giovane russo avrebbe di certo colto la dotta citazione del cavaliere del Gallo, e si sarebbe forse trovato meglio preparato a ciò che stava per accadergli. Il suo errore più grande fu quello di illudersi che le parole pronunciate dall’avversario fossero solo l’ennessimo farneticare di una mente malata. Quale irrimediabile sbaglio!

- Requiem Parasite Leechs! – cantò Krios nell’iniziare il suo lugubre concerto.

D’un tratto, i beccucci superiori delle canne di platino del suo organo si animarono ed iniziarono a serpeggiare verso Clay, per poi conficcarsi in diversi punti della sua pelle e, come delle disgustose sanguisughe, succhiando la linfa vitale del malcapitato cavaliere. Clay non potè nemmeno tentare di opporsi alla nuova, sadica tortura che incombeva su di lui, poichè la musica dello strumento lo aveva completamente paralizzato. L’organo sanguinario stava bevendo della sua vita, brindando del suo sangue. Mentre ciò avveniva, Krios si rivolse a lui in questi termini:

- Sette sono le note di una scala musicale, come sette sono i giorni della Creazione, e così sette sono i vizi capitali dell’uomo, le colpe irremissibili delle quali adesso, io ti libererò, lavandole via nel tuo stesso sangue! Seven Deadly Sins’ Lullaby! – quasi cantò il Tenente.

Clay stava impazzendo dal dolore, mentre le sue nuove forze lo abbandonavano col suo sangue.

- Primo tra i vizi capitali, così come tra le tue colpe.. – gli disse Krios. - ..che il Do dell’Organo Sanguinario inizi il lugubre concerto di remissione! – prima di suonare una grave e lugubre melodia in tonalità della nota da lui menzionata.

- L’Arroganza tracotante

vien su come la mal’erba...

Scorra via seduta stante,

Una tal vena superba.

Remissione del peccato!

Clay fu raggiunto dalla melodia di requiem che spense la sua vista ottica e lo riportò in altro loco; prigioniero della musica del Tenente del Gallo, si vide però libero dalle canne dell’organo ma accerchiato da tutti e dodici i cavalieri di platino che, dopo averlo schernito, iniziarono a malmenarlo con estrema facilità. Clay cercava di reagire ma la sua temibile aria congelante sembrava non avere effetto alcuno sugli avversari, i colpi dei quali, invece, andavano sempre a segno, provocando danni irrevesibili al suo corpo e alla sua nuova armatura, il Cigno Danzante. Stremato, e prossimo alla morte, guardò ancora una volta verso l’alto ma, al posto di trovarsi davanti il volto del suo carnefice, incontrò gli sguardi sprezzanti e delusi degli altri cavalieri amici e, primo fra tutti, quello di Hyoga, il suo maestro, che disapprovava chiaramente la sua debolezza. Si rese conto di quanto avesse sbagliato: altro che cavaliere d’Athena! Era solo un pallone gonfiato, un bamboccio cresciuto che s’illudeva che aver conquistato un’armatura d’argento lo avrebbe portato alla pari con i mitici guerrieri sacri all’antica Dea greca della Giustizia! Superbo, presuntuoso, arrogante... E, mentre ciò pensava, gli occhi ripresero a funzionargli e si ritrovò nuovamente nella casa del Gallo di platino, con Krios di spalle che suonava l’organo ed ancora intrappolato nella morsa parassita del suo Organo Sanguinario. Il salasso continuava...

nelle umani genti molta...

d’altrui donna, fatto o mura,

che l’Invidia ad el sia tolta...

Remissione del peccato!

Per la seconda volta, la triste melodia di requiem fece sparire agli occhi di Clay, Krios e il suo organo, per offrire alla sua mente quello che, in un primo momento, gli apparve come spettacolo più piacevole. Shaina, che si stava scontrando con una donna dalle movenze feline che non poteva essere che Carola della Lepre, aveva attraversato l’avversaria con delle lame gemelle poste nel bracciale dell’armatura, sconfiggendola. Nel tempio del Cinghiale invece, un nuovo, potentissimo colpo del Dragone annullava l’energia fiammeggiante di Flegias, abbattendolo. Andromeda aveva poi la meglio sugli inganni di natura psichica di Moka e Marin poneva fine alle pretese di vendetta del viscido Lemnosin! Perfetto, i suoi compagni avevan tutti colpito nel segno! "E lui?" Si chiese. Ma d’improvviso vide il suo cadavare desnudo adagiato su una lettiga di pietra che doveva trovarsi nei sotterranei della basilica di Krios, e questi che, a luce di candela, lo inchiodava ad una croce di legno, fargugliando strane frasi e utilizzando il suo corpo per rimettere sadicamente in scena la Passione di Cristo! Perchè? Perchè a lui una tal sorte? Perchè proprio a lui un tal avversario?? Si sentì sfortunato, disgraziato, bisfrattato! I suoi compagni avevano di certo avuto nemici più semplici, era solo per questo che avevano potuto avere la meglio.. Ma a chi voleva darla a bere?!? In realtà, i suoi compagni erano più forti di lui, loro che da Athena erano protetti, quella Dea per la quale stava donando la sua vita e che non lo aveva nemmeno degnato di entrare in contatto con lui! E si rese conto, con disprezzo, di essere geloso; geloso dell’amore che Athena portava per i suoi paladini; geloso della loro forza; geloso, persino, dei loro avversari! Invidioso come non mai...

E fu proprio mentre raggiunse questa triste conclusione che, accompagnata a schizzi del suo stesso sangue che venivano canalizzati dalle canne dell’organo, la seconda visione di Krios si spense, e davanti a Clay riapparve l’avversario, ancora di spalle e seduto al suo organo.

che s’affana, urla e trasale,

sia strappata dal suo cuore,

l’Ira nera dell’umore!

Remissione del peccato!

Vittima per la terza volta del maleficio del requiem avversario, Clay si ritrovò in un vicolo borghese nel centro della sua città natale, Mosca; odori di leccornie a lui note emanate dalle barre di nocciola e torrone sfuso venivano scaldate dai venditori ambulanti lo riportavano alla sua infanzia, così come anche il suono di fisarmonica e le melodie melancoliche di Balalaika degli artisti di strada; poteva vedere, oltre i tetti delle case adiacenti, le guglie del Palazzo del Cremlino, mentre degli uomini di borghese stato bevevano del vin broulè caldo, conversando del più e del meno su uno spiazzale adiacente. Una giovane donna, coperta appena da degli stracci che un tempo eran stati vestiti, decorava con attenzione delle matrioske che avrebbe poi venduto al mercato del venerdì, e la cui vendita gli avrebbe procurato, forse, almeno i denari necessari per sopravvivere fino al prossimo mercato.. Mentre ancora era rapito da queste immagini, la sua attenzione fu catturata da un urlo straziante, l’urlo di una voce che conosceva sin troppo bene! Anzhelika, l’unica donna, oltre alla madre, che occupasse un posto speciale nel cuore di Clay; lei, quella ragazza dalle origini ucraine che era cresciuta con lui e poi costretta alla prostituzione dalla vecchia madre, alcolista e debitrice disoccupata di molti strozzini della capitale russa. Correndo dietro le grida della ragazza, Clay voltò l’angolo e, dopo alcuni istanti, mise a fuoco lo spettacolo disgustoso che gli si presentava dinnanzi. La sua Anzhelika, riversa al suolo, in lacrime, mentre un uomo di grossa stazza la sovrastava, tenendole alzata la lunga gonna dell’abito verde giada, mentre grugniva di piacere sopra di lei, attraverso lei, dentro di lei! E quell’uomo col kolbacco, quell’essere abbietto... era suo padre! Il padre di Clay, lo stesso bigotto che lo voleva forzare all’educazione religiosa, per farlo diventare ministro di Dio... ora stava profanando per l’ennesima volta la stella alpina a lui più preziosa.

La rabbia sembrò per un attimo quietarsi nel cuore del cavaliere, per il gusto amaro ma gradito che addentare il frutto della vendetta gli aveva fatto assaporare. Ma fu solo un attimo.. Quando la foschia innalzata dal suo colpo si diradò, Clay potè contemplare il risultato della sua opera. L’edificio che aveva colpito era del tutto gelato, le bianche macerie si andavano sgretolando per la temperatura estrema alle quali erano sottoposte.. Da una finistra sporgeva una sagoma, che Clay avrebbe preferito mai dover vedere, nè tanto meno doversi trovare responsabile del suo presente stato. Una giovane donna, dai lunghi riccioli rossi compostamente intrecciati in una corona di novella sposa tipica di quella parte della Russia; vantava una modesta bellezza che splendeva ancora nel volto immortalato dai ghiacci eterni della neve siberiana, sulla quale sembravano risplendere gli occhi verdi come smeraldi e dal taglio vagamente orientale. Sul suo volto, un’espressione di sopresa, di sbigottimento... di paura. Portava un bimbo in braccio, avvolto in una copertina di broccato da lei stessa ricamata, un neonato di pochi mesi di vita che, con bocca affamata, era rimasto così, attaccato al suo capezzolo, a condividere una gelida morta per assideramento con colei che le aveva dato la vita, e che le avrebbe dato ancora di più... "Sono stato io??" si chiese Clay "Non io, l’opera di una mostruosità tale!! Non la mia furia cieca e vendicativa!" cercò di auticonvincersi. Ma ancor più grande fu la disperazione del cavaliere di Athena nello scoprire chi era stata la prima vittima del gelo da lui sprigionato. Ai suoi piedi, con il corpo congelato ed una stalattite che le attraversava il ventre, il corpo morente di Anzhelika, che lo guardava sorpreso.

E fu in quel momento che, in un’ennesima esplosione di sangue, Clay ritornò in se, e di fronte al cospetto di Krios.

- La Pigrizia è, tra le colpe,

la che meno forse tocca,

ma l’Accidia anch’essa ha bocca,

sian le sue radici tolte! Remissione del peccato!

Per la quarta volta, Clay cadde vittima di un’illusione.. Si trovava ora nella sua stanza, all’età di undic’anni, all’interno della casupola nella quale era cresciuto insieme al padre, alla madre e alla sorellina Vladlena, di appena sei anni. - Ruslan, la mamma vuole che portiamo i vestiti smessi in chiesa alla raccolta di beni per i bambini poveri! Mi accompagni? Non voglio andarci da sola! – gli aveva chiesto timidamente Vladlena. – Ma di cosa hai paura?? – l’aveva schernita Clay. – Vacci da sola! E’ appena dietro l’angolo! E poi a me non va di uscire! Sono stanco e preferisco stare qua in camera a giocare! – aveva poi messo in chiaro un giovanissimo Clay. - Ma, Ruslan..! Ti prego.. La mamma si arrabbierà se non facciamo quello che ci ha chiesto. E da sola ho paura! – aveva implorato la piccola, il cui rossore s’accendeva di contrasto contro le graziose trecce dorate e la carnagione color alabastro.

Vadlena era dunque uscita da sola, col carico di vestiti usati che a stento riusciva a sostenere su di se. Nel voltare l’angolo però, la bimba fu sorpassata alla sua destra da un enorme camion da trasporto; questo, per una brusca ed improvvisa sterzata dell’autista - forse dovuta al ghiaccio solidificatosi sulla strada - finì per andare a sbattere contro il muro sinistro della strada, fortunatamente mancando la bambinetta per un soffio. Vladlena ebbe appena il tempo di tirare un respiro di sollievo, quando gli stipiti del portellone in acciaio del grosso mezzo di trasporto cedettero, liberando il loro pesante contenuto e lasciandolo ricadere sulla malcapitata ragazzina.

Clay si era fatto strada tra la frenesia che si era impossessata degli spettatori, essendo uscito subito dopo del fragroso urto del camion contro l’edificio adiacente alla casa paterna. Grande fu il dolore del ragazzo nel trovarsi dinnanzi agli occhi quella cruenta e terribile visione: quintali di argilla semi-liquida, probabilmente prelevati da qualche vicina palude, si erano riversati dal camion su un corpo umano, semisotterrandolo. Ma fu un particolare a far cadere Clay nella più cupa disperazione: quella babbuccia rosa che veniva fuori dal cumulo di creta, una delle poche testimonianze che qualcuno era rimasto sepolto nell’incidente, non poteva che appartere a... -Vladlena!! – gridò con tutta la voce che aveva in corpo, per poi cadere in ginocchio, in stato di shock.

"Non la mala sorte!" aveva rimuginato Clay. "No, non quella.. Io ti ho ucciso, sorellina! Io che non potevo abbandonare i miei giochi e la mia stanza, perchè troppo pigro per accompagnarti, io che non ho saputo vegliare su di te! Sono solo un vile nullafacente che ti ha lasciato sola alla furia del fato! Ah, accidia mia dannata! E’ dunque a questo prezzo che dovevi farmi pagare la mia dipendenza dalle tue ammalianti moine?!?

A seguito di questo ennesimo travaglio, Clay riebbe l’uso della vista, giusto in tempo per vedere ulteriore sangue fuoriscire da lui ed essere risucchiato dalle canne vampire dell’organo di platino.

l’aria, l’acqua, il gelo, il tuono,

ogni cosa per se brama,

Avarizia... Via, lontana!

Remissione del peccato!

 

Una nuova nota.. Una nuova illusione.. Un nuovo salasso era in procinto di iniziare. Clay si ritrovò stavolta nei campi di addestramento siberiano, mentre si esercitava con i compagni, Valeriy e Polina, un ragazzo ed una ragazza suoi concittadini di poco più piccoli di lui, anche loro candidati all’investitura del Cigno. I tre fanciulli, legati in principio da un forte legame di amicizia sviluppatosi sin dall’infanzia, erano scappati dalle rispettive case assieme, allo scopo di trovare il famoso Hyoga, colui che forse avrebbe loro permesso di perseguire il loro sogno di rifuggire la mediocrità, diventando cavalieri. Il novello cavaliere di Aquarius aveva difatto premiato la loro determinazione, accentandoli tutti e tre. I due però non erano riusciti a resistere fino alla fine ai pesanti ritmi degli allenamenti previsti da Hyoga: Valeriy aveva ceduto alle piaghe della stanchezza dopo meno di otto mesi ed aveva preferito ritornare a Mosca, a chiedere il perdono paterno per la fuga. Di lui non si seppe più molto senonchè un mercante di passaggio da Kobotek riportò la notizia che un ex-allievo del Maestro delle Energie Fredde si era arruolato come volontario di pace in occasione della Guerra del Golfo, dalla quale non era però più tornato. Polina, invece, aveva resistito per ben due anni ai ritmi imposti degli allenamenti in Siberia, conquistando una preparazione fisica invidiabile, più che sufficiente ad una futura sacerdotessa-guerriero. Forte era il sentimento di emancipazione e l’orgoglio femminile che la muovevano; nonostante questo, aveva lei stessa deciso di iniziare ad indossare una maschera, seppure contro la volontà di Hyoga, di idee più liberali rispetto alle usanze in vigore ad Atene e sull’isola di Andromeda. C’era però una cosa che a Polina proprio non andava giù: il fatto che, sebbene lei si stesse allenando di pari passo con Clay, il suo amico progrediva più rapidamente di lei, nella padronanza dell’energia cosmica in particolar modo. La fiamma stellare già irradiava da lui, senza nemmeno che Hyoga avesse ancora parlato loro in dettaglio sul come risvegliare il cosmo dentro di se. Il maestro e Polina aveva preso quello come un dono naturale di Clay, una predisposizione innata che la fanciulla sapeva di non avere e che, sebbene non generasse invidia nel suo nobile cuore, la gettava in una sorta di tristezza e rassegnazione di non poter mai diventare, un giorno, il nuovo cavaliere del Cigno. Le cose non andavano però così come lei e Hyoga pensavano. Il motivo per cui Clay era riuscito a riscoprire in se il nume del cosmo era un altro: rovistando tra i testi di consultazione del suo maestro – i quali giacevano nella modesta libreria, poco utilizzata da Hyoga, che era un istintivo più che un saggio - aveva trovato un manoscritto sigillato, che su di se portava l’effige del Versatore; il testo era stato scritto ed autografato dal precedente cavaliere di Aquarius, Camus, e conteneva rivelazioni e consigli pratici su come ottenere la conoscenza e padronanza delle energie fredde. Trovato di soppiatto un tale tesoro, Clay lo aveva consultato e studiato sempre all’insaputa di Hyoga e della collega, ottenendo i rusultati già menzionati. La melodia ipnotica di Krios aveva risvegliato tutti questi suoi ricordi, insieme col suo ennesimo senso di colpa... Rivide il giorno della partenza di Polina, la rivide abbracciare il maestro Hyoga e lui stesso, quasi teneramente, nel dire: "Ho deciso. Questa vita non fa per me; non ho la stoffa per diventare cavaliere, o almeno non come Clay. Sono rimasta troppo indietro, rispetto a lui. Per me è tempo di accettare questa verità.. e di voltare pagina." Hyoga aveva naturalmente obbiettato ma non c’era stato verso di farla desistere - mentre fredde lacrime le scendevano dagli occhi - dall’abbandonare il suo unico, grande sogno.. Per sempre.. E chi, pur avendo potuto, non aveva voluto, forse per paura di essere scavalcato, rivelare anche a lei i segreti fortuitamente appresi dalla letture dell’opera di Camus? Chi era stato tanto vigliacco da temere la concorrenza di una fanciulla, e tanto egoista da non dividere con lei un sogno comune? Chi, colui che non aveva mosso un dito nel proteggere le speranze di quella che da tempo era quasi come una sorella? Lui, vile.. Egoista.. Avaro di potere, di miserevole egoismo peccatore!

Altro sangue si riversò nelle canne dell’Organo Sanguinario, mentre Clay di nuovo tornava in se. Krios riprese quindi la parola.

- Se a pietanze prelibate

sol rivolge l’intelletto,

sian le colpe cancellate,

d’Ingordigia reo e inetto!

Remissione del Peccato!

Clay si ritrovò in una sala da pranzo, agghindata con decorazioni natalizie e ed una tavola imbandita al centro, la stessa della quale, da bambino, aveva partecipato insieme col padre, entrambi invitati da un ricco amico di famiglia al Cenone della Vigilia. Clay non era riuscito ad aspettare che l’ora di cena suonasse e si era intrufolato di soppiatto per saggiare quelle prelibatezze, in casa sua piuttosto rare. Il padrone si era però accorto, al momento di mettersi a sedere, che qualcuno aveva osato prendere della cena natalizia esclusivamente dedicata a lui e ad i suoi ospiti, tra cui come detto anche Clay e padre; dopo essersi umilmente scusato con gli invitati, l’uomo aveva subito mandato a chiamare la governante che si era occupata di imbandire la tavola, una giovane vedova di quarant’anni il cui marito l’aveva lasciata con tre figlioli a carico ed uno ancora in grembo; il nobile, più nel sangue che nel cuore, l’aveva più volte interrogata sul come e sul perchè, sul chi avesse mai potuto.. La donna, umiliata di fronte agli invitati, aveva scongiurato di non sapere nulla, scongiura che non aveva fatto presa sul signore, convintissimo ch’ella avesse trafugato qua e là del cibo per portarlo di nascosto alla prole. Dispose allora una punizione umanamente terribile: la donna in cinta e i suoi tre figlioletti furono costretti ad osservare a stomaco vuoti ed in piedi la lunga cena del padrone e degli ospiti, che gozzovigliavano senza ritegno, raccontandosi fandonie ed intonando canzonacce, tra un pezzo di Goulash e una fetta di salame praghese. L’unico a non avere molto appetito - e per il precedente spuntino, e per il senso di colpa che lo affliggeva - era proprio Ruslan che osservava i volti affamati dei ragazzini, le cui pupille gridavano forte una parola sola: "fame". Quello della donna po..., il cui stato di gravidanza e la compassione per i propri pargoli, le provocavano un dolore straziante quanto frustrante, era insopportabile spettacolo per il giovinetto. Il banchetto si concluse solo verso le tre di notte, quando il padrone di casa invitò gli ospiti a gettare gli ossicini rimasti del Goulash – l’unica cosa sopravvissuta alle fameliche bocche dei pasteggianti – ai figli della donna, neanche fossero cani, che dovettero mettersi in ginocchio ed abbaiare per avere in premio quello che anche un cane stesso avrebbe forse rifiutato. Anche Clay fu invitato a gettare i suoi resti al più piccino, di soli cinque anni; e così dovette fare. La donna, in un collasso di tristezza e rabbia, venne poi meno e l’urto contro il pavimento le provoco un’emorragia interna, che le diede subito un penoso aborto. "Pazienza!" commentò ridendo il meschino signore. "Vorrà dire che il prossimo Natale ci sarà un bastardo in meno da sfamare!" Clay era disgustato dal cinismo e la cattiveria del suo ospite, ma ancor più dal suo stesso atto! Quanto dolore era riuscito a provocare, per aver peccato d’impazienza, per non aver sostenuto la voglia di ingozzarsi di cibo, lui che pure non si trovava in condizione di povertà e che non aveva quindi scusanti. Aveva rubato, mentito, e visto ad altri scontare pene sue proprie... Un ennesimo errore aveva segnato la sua vita, e quella di un bambino ancora in grembo di cui aveva indirettamente segnato la fine, a causa solo d’un insano appetito. Dal peccato, si era stavolta lasciato prendere per la Gola!

Una risata agghiacciante lo riportò alla realtà: Krios si era abbandonato a delle risa isteriche, mentre il sangue della sua vittima iniziava a piovere su di lui, ricadendogli addosso lui come la più macabra delle pioggie.

Mentre così diceva, però, si accorse di qualcosa di strabiliante... Il cosmo del suo avversario si era riacceso, nonostante l’estrema anemia di cui soffriva ormai il suo corpo. Krios si rese allora conto che le canne del suo organo si stavano congelando, proprio nei punti in cui si infiltravano sotto la pelle di Clay.

Sfortunatamente, Clay non ebbe il tempo di liberarsi dalle canne, la cui presa era già riuscito a compromettere con l’energia gelida sprigionata dal suo cosmo, prima che il versetto finale del Seven Deadly Sins’ Lullaby fosse recitato.

che alle voglie rende schiavo,

la Lussuria delle carni

dal suo corpo ordunque lavo!

Remissione del Peccato!

Agli occhi di Clay, apparverò tre bellissime donne russe; le vesti succinte e i generosi decoltè tradivano la loro identità: erano tre cortigiane, famose al Cremlino per essere riuscite più di una volta a salvare il paese armate solo delle loro sottane e delle loro prosperose curve; quelle stesse donne che avevano rappresentato ed ispirato le prime fantasie erotiche di un Ruslan adolescente, adesso si muovevano sopra di lui, sfiorandolo, accarezzandolo, baciandolo, leccandogli il collo e i capezzoli inturgiditi. Lo spogliavano dell’armatura, poi della maglia, mentre loro stesse si slacciavano a vicenda i corpetti, lasciando scoperti i seni rotondi e sodi; le loro labbra vollutuose di color vermiglio, facevano risalto contro i denti bianchi e perfetti.. Mentre una di loro lo baciava furiosamente sulle labbra, le altre due scendevano ad accarezzare i suoi pettorali, poi gli addominali... Proprio mentre Clay cadeva in preda dei suoi istinti più bassi e si abbandonava alle tre colleghe, si sentì colto da un improvviso malore: sentì la sua temperatura corporea alzarsi, avvertì un fortissimo prurito alla pelle, mentre il suo viso veniva segnato da sudore freddo e piaghe; un forte senso di nausea lo prese e, nell’alzare il volto di scatto, vide le sue tre lussuriose compagne per quelle che erano diventate: tre lebbrose a stato terminale, con gli occhi gialli e la pelle del viso cadente, che proseguivano la loro opera su di lui, non curanti del loro novello stato. "Vade retro!" Scongiurò Clay. "Via da me!" ma le tre continuavano iperterrite ad andare oltre e la povera vittima non aveva più la forza di liberarsi. Prima di abbandonarsi, questa volta ad un incubo e non ad un sogno erotico come la volta precedente, si disse: "Vedi, Clay.. queste vengono a te per aver peccato d’impurità per una vita, fantasticando in continuazione sui piaceri della carne e intorbidando la tua anima con lordi e peccaminosi pensieri. Ah, lussuria ammaliante, ch’io possa da te essere libero!"

Per l’ultima volta, l’organo adoperò su di lui una suzione che lo privò d’altro sangue, per quello che ne era rimasto. Clay stavolta aveva perso i sensi, di lui non rimaneva più che involucro praticamente privo di linfa vitale, che si era tutta riversata su Krios, il quale si agitava di gioia ed eccitazione come un invasato al contatto con essa, neanche fosse stata manna del cielo.

Così disse Krios, nell’eseguire in morente l’ultima parte della sua rapsodia, per poi sonoramente chiuderla con l’accordo di Do maggiore. L’ultima nota venne incanalata dalla canna centrale dell’organo, quella conficcata vicino al cuore di Clay ed iniziò a correre verso di lui.. Era dunque la fine, per il cavaliere del Cigno?

Parve di no, perchè la nota energetica fu improvvisamente rallentata nella sua corsa lungo la canna dell’organo, che gelò all’istante, frantumandosi in mille pezzi. La stessa cosa accadde un istante dopo anche a tutte le altre canne, lasciando in questo modo Clay libero dalla mortale stretta dell’Organo Sanguinario. Il corpo salassato del giovane cadde a terra, in un tonfo.

Per risposta, si vide arrivare contro cinque rose di colore giallo, che lo oltrepassarono ed andarono a piantarsi nel suo prezioso strumento musicale...

- Da dove vengono questi nauseanti fiori?? – si chiese il cavaliere.

Nel tempo di un respiro, sentì qualcuno nell’ombra gridare "KAMIKAZE ROSE!"; altrettanto rapidamente le rose si illuminarono, per poi esplodere con una veemenza indicibile, che gettò lo stesso cavaliere, ancora seduto all’organo, al di sotto dell’altare, facendogli picchiare violentemente il volto contro il pavimento di marmo e facendogli perdere il diadema. Krios si rialzò stordito e nel voltarsi, si accorse che ormai poco rimaneva di quella che rappresentava la sua arma migliore. In preda all’ira, guardò dinnanzi a se, allo scopo di capire a chi dovesse la perdita del suo strumento più prezioso.

- Un’aria congelante capace di spezzare il platino e delle rose che in loro nascondono ordigni nucleari! Chi siete, invasori?? Rivelatevi, ordunque.

Due cosmi si accesero luminosi in direzione dell’entrata della basilica sconsacrata del Gallo, e due voci ne accompagnarono subito l’entrata in scena dei possessori.

Nel frattempo Aphrodite stava utilizzando il potere della "Rosa di Sublime Carezza" sul giovane Clay.

Il cavaliere di Athena si diresse verso l’avversario, per raggiungerlo con un calcio alla nuca. Krios subì il colpo in pieno, finendo contro un muro, ma reagì usando la stessa parete per rilanciarsi contro Camus, sferrandogli una gomitata al volto. Camus, dal canto suo, assestò una serie di pugni alla bocca dello stomaco di Krios, non ferendolo gravemente ma riuscendo a congelare la superfice delle sue vestigia di platino. Questi emanò quindi un grido ad alta frequenza che spinse Camus parecchio all’indietro, dissestando il suo equilibrio. Fu allora che il Tenente gli lanciò contro le affilate penne del Gallo di Platino, come fosse stato un lanciatore di coltelli impazzito; l’ex-Gold Saint richiamò però nelle sue mani le energie fredde, e deviò tutte le fatali piume colpendole violentemente con i pugni di ghiaccio. Le piume si conficcarono contro pareti, pavimenti e soffitto; una tornò perfino contro Krios, producendogli un profondo taglio a volto. "Ti sei distratto!" disse Camus nell’eseguire un nuovo attacco, "le polveri di diamanti gemellari". "Twins Diamond Dust" evocò, mentre i cristalli della neve siberiana iniziavano a spirare da entrambe le sue mani! I due turbini d’aria congelante si diressero verso Krios, che però non si fece trovare impreparato ed assorbì con le labbra il doppio vortice, per poi espellere tutta quell’energia, potenziata dalla pressione, contro colui che l’aveva lanciata. "Non sei l’unico ad avere un tal genere di difese!" gli rispose Camus, rapidamente staccando le spalliere delle sue vestigia, per ricomporle nell’Anfora con la quale aveva salvato Aphrodite dal sinistro arcobaleno. "Aurora Absorption!" esclamò mentre l’attacco a lui diretto veniva risucchiato all’interno dell’Anfora. Puntando poi il formidabile vaso contro l’avversario gridò: "Preparati ad avere su di te il riflesso congelante dell’Aurora! Aurora Reflection!" Così dicendo, liberò tutta l’energia contenuta nell’Anfora, cogliendo Krios impreparato e facendolo schiantare contro il frontone dell’altare, direttamente sul tabernacolo, che andò in mille pezzi.

- E’ sconfitto. - commentò l’ex-cavaliere di Aquarius.

- Non ancora. – lo corresse Aphrodite, un instante prima che il cosmo avverso riesplodesse con furia ancor maggiore di prima. Krios fuoriuscì quasi illeso dalle macerie, di certo un po’ malconcio ma sicuramente non ferito gravemente. Lo scontro non era ancora terminato.

- Non ho mai fronteggiato un avversario con un’energia cosmica di questa portata. – commentò Camus.

- Oltre a ciò, i suoi occhi emanano una luce sinistra, insana.. Nonostante tutto, forse sarà proprio la sua follia a perderlo. – aggiunse Aphrodite.

- Hai ragione, ma finchè avrà indosso quelle vestigia, dubito che riusciremo ad arrecargli danni significativi. – precisò il maestro di Hyoga.

- Vuoi lasciare provare me? – si propose allora il cavaliere della Rosa Malefica.

- Non è necessario. Non sarai tu a finire questo scontro. – replicò Camus sommessamente.

- Cavaliere dell’Anfora, non sottovalutarmi.. Se la tua aria congelante non ha effetto sulla sua armatura, tenterò io di oltrepassare le sue difese col polline dei miei fiori. Non essere così orgoglioso da rifiutare il mio aiuto! – protestò Aphrodite.

- Non è questo. Quando ho detto che non sarai tu colui che concluderà questo scontro.. – precisò Camus. - ..non mi riferivo a me.

Tali sibilline parole furono subito chiarificate dall’apparire progressivo di frammenti di neve cristallizzata, che venivano emanati da qualcuno che si trovava alle spalle dello stesso Aphrodite. Molto fu lo stupore di quest’ultimo quando il collega gli prese la mano destra e lo tirò in avanti, invitandolo a seguirlo.

Krios si rese subito conto della fuga nemica ma non ebbe il tempo di partire all’inseguimento, poichè un cosmo ancor più gelido di quello che aveva percepito in Camus catturò la sua attenzione. Nel voltarsi, potè constatare cosa... o meglio chi fosse la fonte di quel potere straordinario: Clay, il suo vecchio nemico, di nuovo in piedi, sembrava ora versare in un stato di trance.

La tenaglia formata dal bello del Gallo fu però fermata dalla nude mani di Clay che, con un sforzo nullo a vedersi, ne separò le lame energetiche, facendole schiantare ai suoi lati. Fu allora che il cavaliere d’Athena formò una croce perfetta con le braccia...

 

A fatto avvenuto, una corrente d’energia congelante collegò le quattro sfere, unendosi in una croce d’energia fluente che innalzò Krios e lo croficisse nel ghiaccio. Il flusso energetico sembrava ormai essersi distaccato dal cosmo di Clay, e pareva adesso alimentarsi di forza propria: in realtà, quel colpo utilizzava il principio di conservazione dell’energia, evitando che essa si disperdesse, ed incanalandola di continuo in un cerchio sottile e quasi invisibile che congiungeva ed alimentava in ciclo le quattro sfere. Una morsa senza fine, che forse non si sarebbe mai spenta, e che avrebbe permesso al colpo di Clay di attraversare e gelare perpetuamente il corpo immortale dell’avversario, sigillandolo per sempre.. Krios non riuscì nemmeno a prendere fiato, mentre i suoi organi interni venivano devastati dalle strutture cristalline che si facevano prepotentemente spazio tra le sue membrane. In un ultimo anelito di forza, il cavaliere riuscì a muovere col suo cosmo una delle penne di platino che un tempo gli avevano fatto da armi; la piuma volò al di sopra del suo capo ed incise su ghiaccio una scritta dall’emblematico significato: "I.N.R.I". Il flusso costante dell’energia della croce inghiottì subito l’ultimo vaneggiamento del Tenente, la cui piuma ricadde a suolo; nella caduta, la stessa tranciò la collana del rosario che Krios teneva al collo e questo cadde giù senza essere inglobato dalla croce, per poi scivolare ai piedi di Clay. Era dunque quello il segno di resa del Tenente che proferì solo poche parole di commiato, per poi spegnersi nell’ibernazione: "Padre Mio, perdonalo perchè non sa quello che fa!"

Clay raccolse la croce e si avviò verso l’uscita della basilica; nel volgere un ultimo sguardo al nemico, ne contemplò il crocifisso per dire, semplicemente: "Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te."

All’uscita del tempio, stremato, svenne alla luce della Luna. Non trovò però nessuna dura scalinata di roccia contro la quale sbattere violentemente, perchè scivolò invece su un tappeto di rose di colore rosa che qualcuno aveva abbandonato sulle scale apposta per lui...

 

FINE PRIMO ATTO

 

 

A PAVONE, PER ESSERE DAL PRINCIPIO IL MIO PIù ATTENTO LETTORE E CONSIGLIERE

A SHIRYU, AMICO E GRANDE EDITORE A CUI DEVO LO SPAZIO PER QUESTA PUBBLICAZIONE

A FAGIAN, PER AVER DECISO DI DARE LUCE GRAFICA AI MIEI PLATINUM SAINTS

 

Ó Andromeda La Notte per tutti i personaggi inediti

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