Platinum Saints: I Cavalieri dello Zodiaco Cinese

Una fanfic di Andromeda La Notte

Chapter 18: Guerriero senza vestigia – Lao Hen della Tigre

 

Corinto della Capra si era appena ripreso dall’assalto improvviso di Bellerofonte e primo fra i suoi pensieri fu la sorte di Ikki, l’unico cavaliere che non era riuscito a prendere sotto la propria ala protettrice.

Guardò poi oltre l’orizzonte celeste della notte di Mekar, in direzione del luogo ove aveva teletrasportato Ikki.

Ikki si risvegliò nei pressi d’un bosco dal selvatico aspetto; rigogliosa vegetazione ivi cresceva tutt’intorno, e sembrava ammantare di un verde salubre le fattezze semi-nascoste d’una sporgenza roccea di una decina di metri d’altezza. Come constituisse sottile trama della roccia, un velo d’acqua di sorgente scorreva leggero tra le insenature giù per essa, confluendo poi in uno splendido specchio d’acqua alla base del quale nuotava, incurante, una frotta scomposta di carpe dalle rosate sfumature. Ikki si guardò intorno, disorientato; d’un tempio dello Zodiaco Cinese, neanche l’ombra, d’un cosmo avverso tanto meno. I ricordi annebbiati dal teletrasporto, il dolore ancora acceso provocato dal calcio di Bellerofonte ed il disorientamento furono però presto soppiantati da un sentimento più pressante: "Shun, fratello!" si preoccupò Ikki. "A cosa alludeva Corinto quando ti voleva sulla strada prossima allo scontro più difficile della tua vita? Cosa può esser ancora peggiore di dover combattere interiormente l’oscuro Hades che in te s’era annidato??"

Dall’alto della piccola cascata, una figura, celata ad Ikki da un raggio di sole, iniziò placidamente a discendere i gradini d’una scalinata d’aria; l’essere, la cui pienezza cilestrina quasi lo ammantava d’etere iperscutrutabile, sebbene ormai alla luce, agli occhi di Ikki risultava ancora distante, quasi posto via da lui a distanza siderale..

Phoenix era basito. Questa creatura, che si professava amica di Virgo, aveva una virtù cosmica ed un’aura per nulla inferiori allo storico avversario della sesta casa. C’era in lui, a dirla tutta, un qualcosa di più divino, d’ancor più perfetto.

- Ancora una volta, ti chiedo di rivelarti, chiunque tu sia!

Il bagliore che velava di splendore la figura si diradò all’improvviso, spaccandosi in due come un frutto troppo maturo, aprendosi come una conchiglia di luce: da essa venne fuori un uomo in abiti cinesi. Le vesti marziali non celavano la corporatura snella e la muscolatura perfettamente definita; la vita stretta ingaggiava un armonico gioco di proporzioni con i pettorali e le large spalle, le gambe e le ginocchia semi-piegate gli donavano una postura maestosa di felino. Frange di capelli neri gli cadevano sulle tempie mentre una spessa treccia raccoglieva dietro le spalle il resto della capigliatura.

Il portamento, il cosmo, l’aspetto… Tutto in Lao Hen faceva pensare ad un radiante e clemente dio guerriero dell’antica Cina. Che fosse quindi avversario insormontabile? Di fronte a tale dubbio, Ikki non si scoraggiò affatto, anzi trovò quasi rinnovato vigore… Dopotutto, non era di certo la priva volta che si trovava a dover fronteggiare un Dio.

Una cosa però proprio non convinceva il cavaliere d’Athena. Perché questo nuovo avversario si era presentato in campo… senza indossare le vestigia? Un tal dubbio non poté che attanagliare la mente di Ikki nel sospetto. D’altra parte, come non aspettarsi nulla d’insolito da un amico di Shaka…?

Ikki non poté non sgranare gli occhi. Se effettivamente Lao Hen padroneggiava una tecnica difensiva della statura dell’"Om", il suo dubbio che Lao Hen fosse fin troppo simile a Virgo era dunque fondato. Questo certo non era di buon auspicio; Shaka non era stato solo il più arduo dei suoi avversari: no, non solo... Era il cavaliere che Athena stessa aveva scelto per farsi accompagnare nell’Ade nella battaglia contro Hades, il primo Gold Saint ad acquisire l’Ottavo Senso… In breve, il piu’ potente santo posto a difesa della sua Dea.. E se Lao Hen gli fosse stato addirittura superiore?

Forse, si disse Ikki, era il momento di metterlo alla prova. Così pensando, si gettò sul nemico gridando:

Decine di strali d’energia fiammeggiante proruppero dai pugni di Ikki, ma ognuno d’essi andò ad infrangersi miseramente sulla noce luminosa che ricrebbe attorno a Lao Hen. Con fare impassibile, questi rivolse lo sguardo penetrante ad Ikki: gli occhi del cavaliere di platino lo fissavano adesso come quelli di un felino in agguato, provocandogli gelidi brividi lungo la spina dorsale.

Mirando al volto dell’avversario, Ikki tentò di assestare un destro deciso ma il suo pugno fu bloccato dai polsi intrecciati di Lao Hen che, facendo presa sulle gambe semipiegate a cavaliera, lo fece ribaltare alle sue spalle. Ikki riuscì a rimettersi in assetto di combattimento ma, in un rapido voltarsi, ricevette un attacco di gambe sottomento, che lo fece capitombolare indietro e schiantare contro un albero alle sue spalle. Rialzandosi dolorante, il cavaliere d’Athena si rese conto di trovarsi di fronte un avversario davvero formidabile, ed a suo modo insolito.

Ponendosi in guardia, piegando la gambe in avanti ed il busto all’indietro, il cavaliere di platino assunse una posizione il cui improbabile baricentro s’addiceva più ad una fiera che non ad un umano. Le mani di Lao Hen presero la forma di minacciose zanne di tigre, le nocche delle dita quasi a disegnare il volto del feroce animale. Le pupille del cavaliere, poi, non avevano più nulla d’umano: ora Lao Hen, agli occhi di Phoenix, appariva come una maestosa tigre da battaglia..

Il colpo lanciato dal Colonnello aggredì Ikki ad una velocità incalcolabile. Ciò che al cavaliere di Phoenix sembrò di distinguere, fu la figura rifulgente di una tigre siberiana che s’avventava contro di lui, abbracciandolo nella luce più intensa. Poi nulla più che un sibilo. Senonché, nell’arco di alcuni secondi Ikki si ritrovò in piedi, ed assolutamente illeso.

Ikki pensò fra se che non era nemmeno la grande abilità con la quale Lao Hen aveva portato il suo colpo ad averlo così sorpreso e trovato impreparato. No, era piuttosto la velocità alla quale si muoveva il suo avversario che, sebbene suonasse irreale, era di certo superiore a quella della luce… Che la natura del luogo nella quale si trovava potesse aver reso possibile ciò che la fisica stessa proibiva??

La leggendaria tecnica di Phoenix scatenò un inferno rosso contro il cavaliere di platino, apparentemente soprendendolo e avvolgendolo nel calore. Proprio nel momento in cui Ikki accennava un sorriso però, la verità si palesò sconcertante ai suoi occhi: Lao Hen era in piedi di fronte a lui, non un centimetro più in là da dove lo aveva lasciato; lingue di fuoco vorticavano compostamente intorno a lui, danzando per ricongiungersi all’altezza delle sue braccia liddove… No, ciò che adesso era reale, non aveva precedenti, né nella storia, né nel mito! Fu un momento, poi Ikki dovette riprendersi dallo sbalordimento. E vide… vide Lao Hen sorridere ad una mansueta creatura che si era appollaiata sul suo polso sinistro, mentre con il palmo della mano destra ne accarezzava dolcemente il capo: e si trattava proprio la sua Fenice! Lo spirito del suo animale-guida, finora solo apparso per portare distruzione per poi rispiccare il volo, si era materializzato, fermato un attimo a ricevere le carezze di costui, costui che sembrava essere in grado di addomesticare perfino il leggendario volatile simbolo dell’immortalità… Mentre ancora Ikki cercava di barcamenarsi nello stupore, Lao Hen, come un falconiere professionista, inarcò elegantemente il braccio per poi rialzarlo rapidamente, facendo così volare via l’uccello fiammeggiante, che disparve nella luce del sole appena levatosi.

Ikki notò la grande tranquillità con la quale Lao Hen aveva proferito quella sua breve ma esauriente spiegazione, i suoi occhi color miele avevano ora le pupille dilatate e quasi umane. Quella compostezza così paradivina, si rese conto Phoenix, gli ricordava molto quella di Shaka…

Ikki, ancora una volta, era in preda allo stupore. Molta era la somiglianza di Lao Hen nel cosmo, nel portamento, nell’operare a Virgo, è vero… Eppure nel cavaliere della Tigre, risiedeva un ego ancor più ineccepibile, inafferrabile, pieno di celeste armonia. Semmai, ciò rendeva imperfetto Shaka, in Lao Hen invece abbondava: pietá e comprensione di fronte ai sentimenti mondani, lui che pure non era nemmeno un essere umano, o non del tutto... Fu proprio in quel momento che Ikki realizzò il perché Corinto lo aveva recato proprio al cospetto di quest’uomo grandioso. Ed insieme a siffatta consapevolezza, ne realizzò un’altra: il Capitano della Capra era effettivamente un suo alleato.

Lao Hen si spostò però rapidamente sul lato destro di Phoenix e gli assestò una gomitata in viso che ruppe ad Ikki il setto nasale. A dispetto del dolore, questi saltò contro una sequoia di fronte a lui e, spingendosi con le gambe, volò ancora una volta contro il nemico, pronto ad assestargli un affondo di destro; purtroppo per lui, anche questa volta l’avversario riuscì a schivare il colpo, chinandosi e raggiungendolo all’addome con un singolo dito, la cui pressione fu sufficiente per farlo capitombolare in aria e poi schiantare rocambolescamente al suolo. Combattendo il dolore lancinante, Phoenix si rimise nuovamente in piedi, per trovarsi di fronte Lao Hen che galleggiava a mezz’aria, a pochi passi dal suolo.

Ikki pendeva ormai dalle labbra del gentile cavaliere di platino, le orecchie tese, la salivazione azzerata. Finalmente avrebbe compreso quali misteri si celavano dietro la divina virtù guerriera di Lao Hen e soprattutto dietro il menzionato rapporto col cavaliere d’oro custode della sesta casa.

Il giovane erede dei Solo non sapeva d’essere ormai così prossimo alla chiave di una verità destinata ad alterare profondamente il senso degli eventi, in particolare quelli della corrente battaglia nei meandri di Mekar… Sin da quando l’essenza di Nettuno, oramai libera dall’influenza di Athena, s’era risvegliata in lui durante la battaglia di Hades, la sua coscienza umana conviveva con quella divina con grande incostanza: Poseidone sembrava rivelarsi solo quando ve ne era un preciso motivo, per poi lasciare a Julian la possibilità di continuare il suo viaggio di redenzione in compagnia di Sorrento, l’unico Generale degli Abissi ad essersi salvato dalla battaglia nel limbo d’Atlandite. Il flauto di Sorrento e le provvigioni fornite generosamente dal giovane magnate avevano ormai per anni allietato le sofferenze dei bambini più poveri del mondo. Adesso però a Julian il fato richiedeva un tuffo nel passato, nella persona dello spirito di Nettuno che a lui aveva chiesto di recarsi in Cina per ricercare un tesoro di cui si dice che, sin dalla notte dei tempi, sussurino le Nereidi site nella costa occidentale dell’Oceano Pacifico, nei loro echeggianti racconti...

Ed è così che Julian Solo si trovava ora presso un tratto angusto e sospettosamente desolato delle scogliere di Qutang, presso lo Yangtze,, in attesa di avere tra le mani la chiave del mistero che tanto affliggeva la sua controparte olimpica. D’un tratto, una vocina stridula richiamò la sua attenzione, accompagnata da una prorompente esplosione cosmica.

Alle spalle della Donna, sembrò disegnarsi la figura minacciosa d’un drago dalle luminescenze color cobalto.

Proprio un secondo prima che Yang Li liberasse il suo attacco contro Nettuno, un’incantevole quanto triste melodia di flauto risuonò leggiadra tra le insenature della scogliera. Sul piccolo promontorio, apparve la figura di un bellissimo guerriero rivestito da una corazza in scaglie d’oro.

La Draghessa si rese conto di essere quasi paralizzata; i suoi riflessi erano molto rallentati e si sentiva d’avere in corpo migliaia di sottilissimi aghi. Ma proprio mentre Sorrento bruciava il suo cosmo, pronto a portare l’attacco decisivo, il cielo s’oscuro all’improvviso; una forte raffica di pioggia energetica aggredì il generale e Julian, borbardandoli con una tale veemenza da lasciarli entrambi al suolo e lasciando Yang Li libera dagli effetti della melodia di requiem. Un volto di uomo si disegnò sulle oscure nubi che ora li sovrastavano e, come per incanto, parlò in lingua cinese con la Draghessa, appena ripresasi. Questa gli rispose con tono di voce ubbediente e subito dopo il volto dell’essere che l’aveva salvata disparve con i cumuli grigiastri che ne avevano accompagnato l’apparizione.

Così dicendo, si inabissò nelle acque sottostanti con un’elegante avvitamento. Il cielo tornò in breve a farsi sereno. Julian, rimasto quasi illeso dalla grandine di energia in virtù della sua natura divina, corse subito a soccorrere Sorrento, che invece aveva riportato gravi danni alle vestigia in scaglie d’oro, che erano rimaste forate in ogni punto.

Gli occhi di Julian insidiarono quelli di Sorrento: nei lunghi anni passati insieme a girare per il mondo, il rapporto che li legava si era evoluto da semplice patto di fiducia-devozione tra un dio e il suo protetto, a qualcosa di più profondo e, se vogliamo, più mondano…

 

Ó Andromeda La Notte per tutti i personaggi inediti

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