Platinum Saints: I Cavalieri dello Zodiaco Cinese

Una fanfic di Andromeda La Notte

Chapter 19 In equilibrio tra corpo, mente e spirito…

Sorrento era fermo ad aspettare trepidante un gesto di Julian che scrutava attentamente le pagine dell’antico manoscritto, un segno che potesse suggerire che il suo protetto fosse finalmente venuto a capo del mistero sospettato dal Dio dei Mari. Ma, alzati i bellissimi occhi turchesi in direzione di quelli del suo generale, Julian, quasi senza ostentare alcuna espressione facciale, gli disse:

Un nuovo ostacolo si era dunque interposto tra i nostri eroi e la soluzione dell’arcano…

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Proprio nel mezzo della raduna che ospitava il letto della piccola cascata, Ikki e Lao Hen stavano fermi l’uno dinnanzi all’altro, il primo fremente di curiosità, il secondo come ad aspettare il momento topico per iniziare il suo racconto.

Iniziammo così un dialogo poiché, anche senza far sfoggio della conoscenza di cui ero padrone, avendo una maggiore conoscenza dello spirito di quanto potessero mai auspicare i vari asceti o adepti di quel tempio, riuscii a stupire tutti coloro con cui presi parola; tanto che, non era neppure passato un giorno dal mio arrivo al tempio, che già Shaka anelava dialogare con me.

Quando mi presentai a lui, poiché grande era la possenza del suo cosmo, cercai di non rivelargli minimamente la natura divina del mio essere, annullando fino allo stremo il cosmo… In realta’, volevo che questi mi parlasse con la sincerità che avrebbe rivolto ad un allievo desideroso di apprendere e non con fare saccente di chi vuole duellare in saggezza con un suo pari; ma ben presto, dovetti rendermi conto che in lui la sincerità e la saccenza erano spesso due facce della medesima medaglia….

Con queste parole mi rispose, parole ricche di saggezza innegabile, ma che fin da subito mi misero a conoscenza di un aspetto profondo del suo carattere: l’egocentrismo su cui basava il suo studio dello spirito; temendo che quindi tutto il sapere che aveva appreso finisse per restare arenato tra gli scogli dell’ego, continuai a parlargli, per mostrare lui i difetti del ragionamento che portava avanti:

Ma fu proprio allora che Shaka s’alzo in piedi…

Decisi di mostrare parte delle mie vere virtù dinanzi a Shaka, sviluppando intorno a me il nocciolo di luce del Quadrante Celeste che, come già hai potuto notare, è difesa insuperabile per colpi di così misera fattura.

Superfluo descriverti la natura di quel colpo, come suppongo sia superfluo dirti che, data la mia natura divina, un invito nelle valli dell’Ade non poteva certo limitare la mia essenza a quella cupa vallata.

Questo dato di fatto fu accolto con sgomento da Shaka, ma servì anche a rivelargli la mia natura celeste…

Shaka scatenò il colpo Sacro alla Vergine di Athena, con tutta la potenza del dorato sguardo ed il bagliore accecante del tesoro d’oriente mi travolse, colpendo prima l’olfatto, per stordirmi, quindi il tatto, per bloccarmi, poi la vista, per disorientarmi, quindi il gusto, per ammutolirmi… Ma Shaka si fermò volutamente per lasciarmi l’udito, poiché prima di concludere voleva che io potessi sentire le sue parole…

Così parlò Lao Hen, interrompendosi per osservare le reazioni di Ikki; il cavaliere infatti parve stupito nel sentire il racconto della Tigre di Platino.

"Infatti, con grande stupore del cavaliere d’oro, io mi mossi, non appena lui concluse il suo attacco e subito espansi il cosmo maestoso del Quadrante d’Oriente:

Shaka non emise suono alcuno, ai monaci presenti però, proprio come a me e lui, fu subito chiaro l’esito del mio attacco, quando il cosmo del mio potente interlocutore crollò improvvisamente d’intensità, diventando pari a quello che tu stesso hai percepito al Grande Tempio di Atene.

Con queste parole, dette con tono più rappacificante e sereno, lo abbandonai, lasciandolo solo, in mezzo a schiere di asceti che avevano osservato con stupore l’epico scontro fra di noi.

Solo anni dopo venni a sapere che tramite una continua meditazione ed un’ascesi che lo portava ad estraniarsi dalla vista a vantaggio di una maggiore percezione del cosmo, Shaka riusciva a liberare di nuovo il potere del Tesoro d’Oriente. -, concluse Lao Hen.

-Ora, Ikki della Fenice, che hai saputo dei miei controversi rapporti con Shaka di Virgo, è tempo che concludiamo il nostro scontro. - affermò poi il Cavaliere di Platino, sollevando le braccia dinanzi al petto e ponendosi in una guardia vagamente felina.

 

Nel tempio del Cavallo Bianco, Bellerofonte roteava fra le proprie dita un girasole dai brillanti colori.

"Corinto della Capra, pensi davvero che i tuoi trucchi e le manovre sottili che hai portato avanti aiutando quei cavalieri ad avvicinarsi al mio tempio ti abbiano salvato la vita? Ho il dovere di difendere il mio magnifico giardino, ma ciò non impedirà che la collera che hai osato scatenare in me ti raggiunga." avvisò il Colonnello, guardando verso i templi inferiori e lasciando volar via dalle sue mani il girasole.

Il fiore, però, non cadde sulla lunga scalinata ma, avvolto dal cosmo di Bellerofonte, iniziò a roteare vorticoso, iniziando a brillare, quasi che rubasse la luce dal sole stesso che, d’improvviso, parve brillare meno intensamente. I raggi del sole, al suo passare, sembravano venir inclinati dalla sua azione attrattiva.

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"Un cosmo vasto e minaccioso si é esteso dal Tempio del Cavallo in direzione di un'altra casa dello zodiaco… E’ già il secondo formidabile attacco a distanza sprigionato da un cavaliere di platino.. Quali terribili avversari ci troviamo davanti?" pensò Milo nell’avvertire un sinistro boato seguito dal rapido passaggio sopra il suo capo di un’immensa massa luminescenza, qualcosa che rubava luce dal sole stesso.

"Un attacco a distanza diretto dal luogo verso il quale si stanno recando Camus e Aphrodite all’estremo Est di questo tempio.. Che cosa vorrà mai dire?" si chiese Aiolia, che aveva quasi raggiunto le rovine della casa della Lepre.

Molto più avanti, Shaina stava ormai varcando le soglie del Tempio del Mastino e trasalì nel comprendere istintivamente dove quel distruttivo globo di luce fosse diretto…

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Corinto, nel proprio tempio, non poté non notare il maestoso fiore che, malgrado l’esile figura, sembrava adesso gigantesco dati i raggi di luce solare che lo avvolgevano, mentre entrava nel tempio dal foro creato da Carola della Lepre, piantandosi nel suolo dello stesso.

Corinto vide soltanto delle radici di luce solare frantumare il terreno stesso ed avvinghiarsi, come folte rampicanti, su tutte le mura del tempio, mentre diversi petali di luce si disperdevano attorno al girasole, che ormai brillava più del sole in cielo, quasi sorridendo beffardo all’astro celeste contro cui primeggiava per splendore.

Flegias, che si era spostato all’entrata del proprio tempio; Manola, che, dopo la sconfitta di Shaina, si era allontanata lungo la scalinata che conduceva ai resti del santuario della Lepre; i cavalieri tutti che si trovavano sulle diverse scalinate, si fermarono perché abbagliati dalla luce nata dalla casa della Capra e, quando tutto ciò finì, di quel luogo non v’era rimasto altro che polveri e ceneri.

Ikki e Lao Hen, del tutto non curanti degli avvenimenti esterni, avevano ricominciato la lotta corpo a corpo.

Era stato il santo di Atena il primo a lanciarsi in un veloce calcio laterale, spostandosi all’ultimo, con una secca spazzata aerea, sulla sinistra del Colonnello del Mekar, il quale, con sorprendente velocità, aveva fermato con le mani il colpo, utilizzando la stessa velocità rotatoria del suo avversario per rilanciarlo indietro.

Ikki si aspettava però tanta prontezza di riflessi e velocità dal padre delle Arti Marziali tutte, quindi era già pronto ad una contromossa e, mentre ancora si trovava in volo verso il suolo, appoggiò le mani sullo stesso per darsi una spinta che lo portasse a sferrare un veloce calcio contro il lato destro di Lao Hen.

Questa volta la reazione fu meno decisa, probabilmente perché il colpo di Ikki parve al suo nemico meno minaccioso, poiché il braccio destro appena rallentò la foga della Fenice olimpica e servì una completa rotazione del tronco della Tigre di Platino perché il palmo sinistro imprimesse sul petto dell’avversario una potenza tale da sbalzarlo al suolo.

Qualcosa però insospettì il cavaliere della Fenice che, inaspettatamente, non si lanciò in una nuova carica, anzi osservò in silenzio il suo avversario, che ricambiò tale attimo di stasi finché, brillante del fiammeggiante cosmo che gli era proprio, Ikki si lanciò in un assalto portato alla velocità della luce.

Malgrado fosse cosciente che tale velocità era irrisoria per il suo avversario, il protetto di Atena si mosse con rapidità per spostarsi sulla destra di Lao Hen ed ancora una volta la difesa avversaria fu inaspettata nel palesarsi troppo approssimativa; tanto che Ikki riuscì a sferrare un calcio verso il lato destro del volto del suo nemico e solo pochi attimi prima dell’impatto questi si abbassò. La controffensiva non fu altresì veloce ed immediata, poiché il Colonnello di Platino non rispose con la mano destra bensì, con una leggera rotazione, che in uno scontro fra pari guerrieri sarebbe di certo stato una distrazione mortale. Lao Hen raggiunse il capo di Ikki con la mano sinistra, stringendola in una morsa d’acciaio prima di eseguire una perfetta proiezione di judo, che scaraventò il custode di bronzo al suolo.

Con uno scatto portentoso, il cavaliere di Atena si portò sulla destra di Lao Hen, che ancora una volta si mosse lentamente nei confronti del proprio avversario, ma stavolta, la spazzata difensiva portata dal braccio destro e seguita dal sinistro fu inutile, poiché il santo della Fenice si trovava poco sotto il mento, a destra del Colonnello, che parve non vederlo per alcuni attimi, proprio prima che un diretto allo sterno investisse il guerriero di Platino, lanciandolo al suolo.

Le vestigia della Tigre si poggiarono sul corpo del loro padrone con magnifica eleganza, un’eleganza che combinava azione ed armonia semplicemente nell’indossarsi, poiché grande era il timore che sapeva incutere la feroce fiera di platino indosso al proprio custode anche in una posizione di quieta guardia.

Lampante esempio di tale equilibrio era lo scudo posto sull’avambraccio destro che, come ben presto avrebbe scoperto Ikki, rappresentava quell’equilibrio nei fatti oltre che in ciò che vi era inciso: il simbolo del Tao, lo Ying e lo Yiang, il bene ed il male, la stasi e l’azione, la pace e la battaglia, i dualismi tutti che si combinavano alla perfezione.

Il cosmo di Ikki si accese di fiamme maestose, quando il cavaliere si lanciò all’assalto, senza più indugi legati a parole e scommesse, ma il Colonnello di Platino si spostò con prontezza a quello che non apparve nemmeno un attacco a lui indirizzato, bensì una semplice corsa contro di lui, per poi evitarlo.

Quando Lao Hen, dopo aver evitato il cavaliere, si voltò, non vide più il santo della Fenice, bensì Shaka, avvolto nelle dorate vestigia di Virgo.

Un sorriso si dipinse sul volto del Sacerdote del Mekar:

Solo allora Ikki si accorse di essere lui la figura che osservava Shaka e che era quest’ultimo a parlargli, il suo stesso colpo gli era stato rivolto contro, come già era avvenuto alla Sesta Casa dello Zodiaco.

Il corpo del santo di Virgo, però, d’improvviso s’illuminò di bianco, diventando Lao Hen, il cui scudo brillava del medesimo candido cosmo.

Fu allora che alla sua mente tornarono i giorni in cui aveva indirettamente servito Arles a comando dei cavalieri neri… Le sue azione spietate, il macabro piacere nel infliggere dolore al prossimo, la sua anima pervasa dal male ed annegata nell’ambizione.. Quasi si sentì in preda a quanto di più si celava ancora nel suo cuore… Ma proprio in quel momento, Ikki avvertì un dolore atroce prendere parte al suo rimuginare finché, d’un tratto, non si rese conto che la sua stessa pelle stava diventando lentamente nera.

Il corpo di Phoenix, infatti, era ancora fermo nel tempio della Tigre, circondato da quattro Tao di luce che, in quel momento, erano avvolti da un’aura oscura, mentre lentamente lo Ying veniva assorbito dallo Yiang. La colorazione in evoluzione dei Tao lo dimostrava…

Allora Ikki si fermò a riflettere: sapeva di trovarsi in un’illusione ma, se lo spirito offensivo avvelenava il suo corpo, vi era solo un altro modo per salvarsi, in quella prova così estenuante per corpo, mente e spirito.

Allo scopo di riequilibrare l’ago della bilancia, Phoenix raccolse e passò in rassegna tutte le ragioni positive che lo spingevano a lottare, tutto ciò che di buono c’era in lui… Quasi si abbandono al pensiero dell’amore verso Esmeralda, dell’affetto per il fratello, dell’amicizia con gli altri Cavalieri dello Zodiaco, della fede che riponeneva in Atena e nella giustizia… Per tutto ciò era pronto a dare la vita, ad abbandorare le armi, al sacrificio più estremo.. Così penso, mentre un senso di profonda pace lo avvolse, donandogli tranquillità e sollievo… Ma fu solo per un attimo.

Nuovamente, però, la pelle di Ikki fu scossa da un fremito, stavolta la luce la circondava, creando delle crepe su braccia e gambe, da cui sembrava volesse prorompere un bagliore simile a quello del sole.

Il cavaliere della Fenice era titubante: ogni sua azione portava nuovo dolore al corpo, ma solo di una cosa gli importava: doveva vincere quella tortura, doveva sopravvivere per portare soccorso ai cavalieri di Atena e soprattuto al fratello. Fu proprio ciò che, dopo una lunga ed angusta riflessione, lo riportò alle parole di Corinto sulla potenza attuale e la prova a cui era costretto Shun, risuonarono nella sua mente, assieme al monito di Shaka:

Era tempo che Ikki accettasse il cambiamento del fratello, la forza che Shun aveva saputo risvegliare grazie al Capitano della Capra, la stessa forza che lui doveva ora trovare, accettando l’equilibrio fra attacco e difesa, fra spirito guerriero e di sacrificio, fra il suo Ying ed il suo Yiang; il dannato dualismo che lo aveva accompagnato fin dall’inizio dell’addestramento in terra maledetta doveva concludersi. Basta coi sensi di colpa, basta con l’autocommiserazione! Era ormai tempo di tornare a nuova vita, di rinascere sulle ali della Fenice ad un livello superiore! Così Ikki oltrepassò le indecisioni, tornando a sfidandare con lo sguardo più draconiano della sua vita.

Il cosmo della Tigre di Platino brillò, rivelando la fiera bestia alle spalle di Lao Hen,

La Tigre di Platino sembrò d’improvviso cambiare d’aspetto dinanzi ad uno stupefatto Ikki, che non capiva cosa avesse fatto turbare tanto il suo avversario, malgrado sentisse in se stesso un cambiamento. La fiera d’energia cosmica improvvisamente perse le striature nere che ne segnavano la pelle, per guadagnarne di dorate, mentre dalla mano sinistra di Lao Hen proruppe una devastante zampata d’energia: un colpo maestoso, che sembrò avvolgere l’intero spazio fra Ikki ed il suo avversario, mentre profondi solchi si creavano sul terreno, correndo rapidi contro il santo di Atena.

Il cosmo della Fenice sacra ad Atena si fece di nuovo presente, sormontato dalla figura del Mitico Volatile del Cielo Meridionale, ma quando le alte fiamme d’energia presero forma per volontà di Ikki, Suzaku sembrò chiudere le proprie ali fiammeggianti sul suo simile più piccolo.

Passarono pochi attimi prima che delle due fenici non ne rimanesse che una, grande quasi quanto la ferie mitologica d’oriente, ma simile, per piumaggio al suo simile olimpico, se non per delle sottili piume verdi che si alzavano sul petto.

Ricco di questo cosmo, che grazie al ritrovato equilibrio aveva consentito di attingere alla forza di Suzaku, Ikki scatenò il suo colpo più amato in un’innovativa e maestosa versione.

L’impatto fra i due colpi fu devastante, l’intera verdeggiante zona ne fu scossa, lo stesso Ikki fu travolto e gettato al suolo, con le vestigia della Fenice ormai frantumate in più punti.

Il Colonnello della Tigre fu travolto dal volo in ascensione della Fenice ma riuscì al suolo, atterrandovi però con un balzo felino, ma quando si rimise in posizione eretta, notò una crepa sulla spalliera sinistra. Subito dopo, si accorse che, nonostante le vestigia, era rimasto ferito in più punti e copiosa linfa vitale fuorisciva da queste..

- Ho visto giusto nel lasciare che la Fenice raggiungesse il proprio potenziale massimo contro di te, Colonnello della Tigre. – esordì allora una voce, mentre un cosmo si palesava nel secondo centro Spirituale del Mekar.

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Bellerofonte attendeva pacatamente l’arrivo dei due nemici di cui aveva percepito il cosmo nel tempio del Cavallo Bianco, quando, all’improvviso, un cosmo riempì l’aria all’interno del magnifico giardino, per poi convogliarsi sulla fontana.

Il Colonnello si voltò prontamente verso la fonte zampillante d’acqua e vi vide nascere non più cristallini getti, ma spruzzi rossastri e quasi infetti: qualcosa stava insozzando il suo giardino, qualcosa che al Colonnello era ben noto, mentre questi muoveva furioso i suoi passi verso la fontana.

Un ghigno sembrò prendere forma sullo specchio delle vermiglie acque, anziché riflettere lo stupendo viso del Colonnello.

Non arrivo nessuna risposta, ma nell’acqua della fontana si rivide la scena dell’esplosione del Tempio della Capra, scena in cui Bellerofonte poté notare come, prima che l’esplosione di luce avesse esito, un bianco e sottile bagliore aveva circondato Corinto, permettendogli la fuga con il teletrasporto.

Il cosmo del Cavallo Bianco nitrì attorno al suo padrone, prima che, in un’ultima folata di veleno lucente, la presenza di Eden del Serpente lasciasse il tempio di Bellerofonte.

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Mentre i due Sacerdoti del Mekar discutevano del destino che lo avrebbe atteso, nella mente di Ikki ciò che prima era successo prendeva infine forma: il suo corpo era stato un mezzo per esprimere la potenza dello spirito della Fenice fusasi con quello di Suzaku; il Divino Uccello del Cielo meridionale era diventato un tutto con il cosmo da lui sprigionato e solo ora la mente raggiungeva l’equilibrio necessario per comprendere e maturare a pieno un tale potere.

Non più stanchezza o dolore, niente di ciò sentiva Phoenix, mentre il suo cosmo, riscaldato dal caldo battito del cuore di Suzaku, divampava attorno a lui, rendendolo ancora più potente e guarendo le ferite del corpo, che lasciavano solo sottili ceneri dove un tempo vi erano tagli e lividi.

Subito il santo di Atena si rimise in piedi e sollevò la propria guardia.

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Nel frattempo, nel Tempio del Cavallo, Bellerofonte accomodava ciò che era rimasto della ciocca corrosa dall’intervento di Eden.

"Caro il mio Vice-Generale… ti ringrazio per il cordiale avviso ed il gradito pensiero.. Ebbene, ho anch’io qualcosa per te… Non vedo l’ora di consegnartelo!" pensava con gli occhi ignettati dalla rabbia, mentre già mille idee di rivendicazione prendevano forma nella sua mente, rendendolo quasi brutto dentro, pur a dispetto di tanta bellezza esteriore…

 

Ó Andromeda La Notte per tutti i personaggi inediti

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