Capitolo 6: Guardiano contro Guardiano

"Shinran Shin", esclamò Ko di Baku, definitosi un Portatore di Luce, mentre il suo attacco s’insinuava nel terreno dove erano sepolti i passati Goshasei scotendolo dalle fondamenta, finché questo non si ruppe all’altezza di una tomba.

Dal terreno emerse il corpo ferito e privo di vita, che era stato di una parigrado di Joen del Pavone, e l’ultimo dei Guardiani sacri ad Era fu stupito nel vedersi dinanzi quella che era stata la sua comandante.

"Medea", balbettò, riconoscendo la guerriera dell’Anello sacro ad Era, "No, ragazzo, non è la Guardiana che tu conoscevi, o, ad essere veritiero, questo è sì il suo corpo, ma non vi è più lo spirito della combattente che conoscevi, è quasi del tutto simile all’esercito che poc’anzi ti ha affrontato, solo una differenza vi è nelle due mosse che sto usando", osservò ironico il Portatore di Luce, sorridendo sotto l’elmo a forma di leone deforme.

"Quale?", ringhiò il Goshasei del Pavone, tornando a concentrarsi sul suo nemico, "Che oltre il suo corpo, posso usare anche il cosmo e gli attacchi ad esso correlati", concluse il nemico, mentre l’energia bianca, che tanto aveva alimentato Medea durante la sua unica battaglia contro Leda, il titano, stava risvegliandosi.

Schegge di diamanti si andarono a disporre sulle mani di colei che era stata una guerriera di Era, prendendo velocemente la forma di due dischi brillanti, "Diamond Chakras", balbettò Joen, riconoscendo il colpo della sua comandante, prima ancora che i due dischi si lanciassero contro di lui.

"High Green Wall", esclamò prontamente il Guardiano, sollevando una barriera d’energia luminosa che si dispose attorno al suo corpo, difendendolo come un muro di smeraldo; quanto più i dischi si muovevano verso Joen, tanto il muro sembrava scosso e portato ad incrinarsi, cosa di cui lo stesso Ko si accorse prontamente, "Sembra che questa tua sorprendente barriera sia, alla fine, una misera tecnica che, con l’avanzare del tempo, non fa altro che indebolirsi. Si vede che il tuo cosmo ha dei seri limiti in fatto di resistenza e questo sarà il motivo primo della mia vittoria, poiché l’energia che consumo è minima, mentre brucio tutte le forze delle stelle che ho saputo risvegliare dal cadavere della tua parigrado, forze che mi hanno indicato tutti i suoi colpi", concluse sorridendo, mentre i due chakra andavano a conficcarsi nel terreno.

Joen era più che cosciente di aver consumato la maggior parte delle sue forze nel bloccare lo schieramento di cadaveri cartaginesi senza doverli distruggere, non aveva molte altre frecce al suo arco e considerando di chi si faceva scudo il nemico che aveva dinanzi, non molte possibilità di combatterlo frontalmente gli erano proposte, né sapeva cosa questi avrebbe elaborato per colpirlo.

Grande fu poi lo stupore, unito al disprezzo per Ko, quando vide il corpo di Medea emanare il cosmo necessario per eseguire la tecnica migliore della Goshasei dell’Anello, la medesima tecnica che già altre volte aveva visto: la "Multiplication", con cui il cadavere della sua comandante si divise in tre corpi distinti, ma tutti e tre reali.

Il primo di questi corpi scattò veloce verso i chakra di diamante, impugnandoli prontamente, mentre un secondo corpo utilizzava la tecnica "Bukujutsu", che in pochi guerrieri conoscevano, librandosi a mezz’aria, dietro Joen ed in parallelo con l’altro corpo, che si pose dinanzi al Guardiano del Pavone, mentre solo la terza copia di Medea rimaneva immobile, controllata dal filo d’energia cosmica del Portatore di Luce.

"Cosa hai intenzione di fare?", tuonò il Goshasei, osservando i due corpi fermi intorno a lui, ma rivolgendosi a Ko di Baku, che non gli offrì alcuna risposta, se non le azioni delle due Medea che iniziarono una veloce e violenta danza, passandosi le diamantifere lame l’un l’altra, mentre si spostavano attorno alla loro preda.

Joen non era in difficoltà, poiché, per quanto velocemente si muovessero le due, il suo cosmo poteva difenderlo, seppur ciò significava consumare ancora energie che gli sarebbero poi state utili nella fase dell’attacco e, proprio per evitare un rischio del genere, il Guardiano del Pavone si scagliò prontamente verso la prima Medea, quella che si trovava a terra.

"Lighting Waves", esclamò il figlio di Tige, emettendo le onde di luce verde che spesso gli erano state compagne in battaglia e che, in questo caso, utilizzò per travolgere quella che si rivelò essere solo una copia del cadavere di Medea, poiché, dopo aver ricevuto diversi colpi, cadde al suolo, scomparendo in una sottile ondata d’energia cosmica.

Proprio mentre la prima copia scompariva, un cerchio di diamante sfiorò il capo di Joen, che prontamente si voltò per vedere giungere su di lui l’altra Medea, in una veloce picchiata, intenta a caricarlo con l’altro chakra nelle sue mani; il Guardiano sacro ad Era alzò immediatamente l’avambraccio destro, così che il cosmo smeraldino lo difendesse, prima che eseguisse anche contro questa seconda copia il "Lighting Waves", con cui la travolse, disperdendo l’energia cosmica che l’aveva creata.

Erano di nuovo tre i guerrieri su quel campo di battaglia, Joen, Ko di Baku e Medea dell’Anello, il cui cadavere era sfruttato dal malefico Portatore di Luce; "Rinuncia a qualsiasi cosa tu voglia da questo Sacro Regno, guerriero straniero, abbandona il dominio sul corpo della mia defunta compagna e lascerò che la tua sleale persona lasci questa Sacra Terra senza ferita alcuna", ammonì allora il Goshasei del Pavone, ma un maligno sorriso si dipinse sul suo avversario: "Sembri dimenticare l’ultima tecnica della tua comandante, quella che in questo luogo sarà la più efficace", replicò prontamente l’asiatico avversario, mentre il cosmo di Medea esplodeva di bianchi riflessi ed il terreno si scuoteva ai suoi piedi. "Neka Yuri Ken, le Anime della Natura", osservò il figlio di Tige, "Esatto, guerriero", replicò il suo nemico, prima che un gigantesco muro di pietra si alzasse dal suolo, pronto a cadere sul Goshasei.

Mentre questi avvenimenti aumentavano il fragore della battaglia a Cartagine, Daidaros di Cefeo aveva ormai raggiunto le terre sacre al dio Ra e la sua maestosa piramide Nera, lì aveva trovato ad attenderlo, avvisati dal suo argenteo cosmo, Kano del Pavone, suo parigrado fra i santi d’Atena, e Sekhmet di Bastet, ultima Pharaons sacra agli dei egizi ancora viva.

"Cosa ti porta in queste terre, Daidaros? È forse giunto qualche nuovo nemico a minare la pace di Atene?", incalzò prontamente il santo del Pavone, vedendo il compagno ed amico, "Non ad Atene, bensì a Cartagine, ma, da ciò che ci hanno detto degli improvvisi soccorritori, il pericolo è ben più vasto e già la minaccia si allarga, come una macchia, sul Santuario ed il resto del mondo", spiegò il figlio di Shun.

"E questo come dovrebbe interessare il divino Ra?", domandò allora Sekhmet, splendida nelle scure vestigia di granito, "un affare per voi santi d’Atena è questo, non per me che dell’Egitto sono l’ultima difesa", concluse, pronta ad abbandonare alla nuova minaccia i due, quando, d’improvviso, un cosmo, amichevole ma nuovo a quelle terre, apparve dal nulla, rivelando una figura, la stessa che accompagnava Lihat del Falco Rosso a Cartagine.

Questo pellerossa era un giovane di media statura dai corti capelli castani che ben si confondevano con le vestigia marrone e grigie. Al centro della cinta aveva stilizzato il volto di un castoro, lo stesso animali della cui coda erano composte le spalliere, mentre il resto dell’armatura, costituita in maggioranza da striature grigie su sfondo marrone, non aveva particolari decorazioni, priva persino delle zampe dell’animale, eccetto che per la presenza dei due incisivi del Castoro che simili a lame erano posizionati sull’avambraccio destro del guerriero.

"Chiedo scusa per la mia intrusione", esordì il nuovo giunto, "sono Taimap del Castoro, uno dei Hayoka consacrati ai Guardiani delle Stagioni pellerossa", affermò presentandosi, "Ma questo non è un motivo sufficiente perché io ti risparmi, a causa della tua invasione alle terre sacre d’Egitto", replicò prontamente Sekhmet.

"Al contrario, vorrei che unissi la tua forza, ultima seguace di Ra, a quella dei Santi di Atena e di tutti gli altri che con voi hanno sconfitto le minacce che insidiose si sono fatte avanti in questi anni, da Urano fino ai Quattro Horsemen, poiché i Generali Oscuri ed i Portatori di Luce si sono alleati con una terza forza, pronti a far resuscitare la Bestia", spiegò prontamente il giovane pellerossa, osservando i tre con i suoi sottili occhi castani.

"I Portatori di Luce? Anche loro sono fra i nostri attuali nemici?", domandò subito dopo l’ultima dei Pharaons, "Sì", replicò semplicemente l’altro, "Allora anch’io ho il dovere di unirmi a voi in questa battaglia, per il volere del divino Ra, che alla Regina di costoro è avversario", spiegò prontamente la guerriera egizia, rivolgendosi a Kano e Daidaros ed allontanandosi poi con loro e Taimap, diretti nuovamente a Cartagine.

Nel frattempo la roccia stava calando inesorabile contro Joen, pronto alla difesa, che fu prontamente anticipata da un’energia cosmica, mentre una figura si pose fra la muraglia di pietra ed il Guardiano di Era.

"Aspetta a scatenare il tuo cosmo, guerriero di Cartagine, lascia che ti aiuti, rivelando la lealtà di noi Hayoka verso di voi, eroi che avete sconfitto Urano e le minacce a lui seguite", affermò la figura, mentre un cosmo quieto e pacifico sembrava alimentare il terreno stesso.

Un’esplosione sottile d’energia dilaniò in parte la roccia, lasciando illesi i due guerrieri alleati, mentre il resto del terreno cadeva attorno a loro; solo in quel momento Joen poté focalizzare la figura del suo salvatore: un giovane dai lunghi capelli chiari color del mare, indossava un’armatura in parte blu in parte smeraldo, che ricopriva per intero il corpo, dalle spalle fino alle gambe; dei corni, simili a quelli di un cervo, ne costituivano le spalliere, che si abbassavano minacciose fino al petto, adornando il tronco della corazza, mentre gli zoccoli dell’animale erano posti sulle ginocchia ed all’altezza delle caviglie, come limiti per i gambali, il volto stesso della bestia era posto alla base del collo, quasi a formare una collana fra le maestose corna che adornava l’armatura. Costui aveva profondi occhi verdi, che osservavano con fare quieto i presenti.

"Chi sei tu?", ringhiò sorpreso Ko, "Hornwer del Cervo, Hayoka che comanda sui custodi della Primavera, al servizio dei Guardiani delle Stagione", affermò presentandosi con un lieve gesto del capo.

"Non so perché voi, guerrieri pellerossa, siate scesi in campo, ma le tue arti, qualunque siano, non avranno effetto sul portentoso potere che la Sovrana della Luce mi ha offerto", avvisò il Portatore, pronto a muovere di nuovo Medea verso i nemici.

"Attento, utilizza il corpo della mia defunta comandante come suo strumento", esclamò Joen, mettendosi nuovamente in posizione di guardia, ma un gesto del nuovo giunto lo fermò.

"So bene quale infimo stile di lotta usi costui, ho percepito l’insinuarsi del suo cosmo nelle povere spoglie di alcuni cadaveri, per questo non provo alcun rispetto per questo nemico", esordì Hornwer, avanzando, prima di guardarsi intorno. "Non trovate bellissimo questo ambiente? Nonostante il deserto, che spesso è sinonimo di arida morte, questa città cresce prosperosa e piena di vita; né Urano, né gli Horsemen hanno saputo distruggere questa vita e come pensi di poterlo fare tu, Portatore?", incalzò, rivolgendosi a Ko, "Io stesso mi sono allenato per decenni in una zona desertica dell’America e lì ho appreso che vi è bellezza persino nell’arida sabbia, la bellezza per ciò che vi cresce, questi fiori", concluse l’Hayoka, mostrando un fiore del deserto fra le sue dita.

"Belle parole, ma ti saranno inutili, perché non fermeranno l’arma che sto usando", avvisò allora il Portatore, "Non a lei infatti io punto", replicò sorridente il pellerossa, mentre il cosmo brillava sul fiore che questi aveva in mano, prima di farne sorgere diversi dal suolo fra i tre combattenti.

"Winds of Pollen", esordì prontamente lo sciamano, mentre una folta nebulosa di polline dorato volteggiava diretto verso Ko.

"Tu usi i cadaveri come armi? Ebbene, ecco qualcosa che non può danneggiare le armi, ma direttamente chi le usa: il polline che ben presto inizierai ad ispirare, scoprendone il letale sapore", ammonì Hornwer, mentre già il Portatore indietreggiava abbandonando il controllo su Medea.

"Eccoti dunque dinanzi ad un’ardua scelta, servitore di malefica Luce, continuare la battaglia a tuo rischio e pericolo, o rinunciare alla chiave che libererà la Bestia? Chiave che, tra l’altro, i miei compagni avranno già recuperato assieme alla Regina di questa Città, a cui sono andati a presentarsi", concluse allora l’Hayoka, mentre il Portatore si fermava dal suo indietreggiare.

"Mi dichiaro sconfitto in questa battaglia, dagli eventi più che dalla forza dei nemici, non potendo più prendere ciò che la mia Sovrana anela, abbandono questo cimitero, ma, se rincontrerò voi, o qualche vostro alleato, sarò ben pronto ad unirlo alla schiera di cadaveri che uso per armi", affermò Ko di Baku, prima che un bagliore lo circondasse, facendolo sparire nella luce, la stessa in cui era giunto.

"Ti ringrazio per il tuo aiuto, guerriero pellerossa; non so come avrei potuto risparmiare il corpo di Medea dal rischio di essere attacca senza di te", esordì subito dopo Joen, chinando il capo in segno di riconoscenza, "Non di questo devi preoccuparti, Goshasei, per noi Hayoka è altrettanto un onore poterci unire a voi in questa nuova battaglia, poiché silenziose si sono mosse le forze che anelano a risvegliare la Bestia. Per questo, ora, una volta raggiunta la tua Regina, spero che vorrete seguirci verso le terre a noi sacre, lì, insieme ad altri alleati, parleremo del pericolo che si muove fra Luce ed Oscurità", affermò in tutta risposta Hornwer, invitando il Guardiano di Era a seguirlo.

I due lasciarono il cimitero di Cartagine e, raggiunte le sale del trono di Esmeria, si riunirono con tutti i compagni lì trovatisi per poi spostarsi rapidamente verso un altro luogo, lo stesso dove gli altri sciamani pellerossa avevano condotto Kain e la gente di Asgard.