Capitolo 9: L’Alleanza con gli Hayoka

Botan di Cancer, Lorgash di Capricorn e Real della Lira condussero per le dodici case dello Zodiaco l’amazzone loro alleata ed i tre Hayoka giunti in loro soccorso.

Sorpassarono la prima Casa, dove riposavano le vestigia dell’Ariete, che tanti abili fabbri avevano indossato, fin da prima di Sion, Mur e Kiki; oltrepassarono il tempio del Toro che trovarono vuoto di custode e d’armatura, quindi varcarono le stanze dei Gemelli, il cui ultimo custode era caduto per sconfiggere Urano.

Fu quindi il tempo della casa di Cancer, custodita da Botan, ed ormai priva di quelle orrende teste che la adornavano quando Deathmask n’era il custode; venne poi il tempo della Casa del Leone, dove le ceneri dorate della fiera di Grecia riposavano, segno immemore dell’immane sacrificio di Odeon di Leo, che per uccidere Adam, la Morte, si era spento in alte fiamme di smeraldo. Medesimo ricordo di un supremo sacrificio si palesò nel Tempio di Virgo, dove i resti delle vestigia che erano appartenute ad uomini del valore di Shaka e Tok’ra, erano l’unico cimelio dell’eroica battaglia combattuta da colui che sconfisse, a costo della propria vita, Kronos, la Guerra.

Il tempio di Libra fu sorpassato poi senza trovarvi né custode né armature, mentre le vestigia dello Scorpione d’oro riposavano nell’Ottava Casa da quando il loro ultimo custode, Gallio, era caduto presso il Santuario di Venere a Cipro.

Fu poi il tempo di attraversare la Nona Casa, quella del Sagittario, dove i resti della magnifica armatura alata erano segno immemore di come i diversi custodi di quel tempio erano da sempre cari ad Atena ed a lei fedelissimi; medesimo segnale di fedeltà fu la statua che si trovava nelle Sale del Capricorno, di cui Lorgash era il custode attuale e che furono passate altrettanto celermente.

Velocemente fu sorpassato anche il vuoto tempio dell’Acquario, il cui custode era assente, proprio come quello della Bilancia; infine fu sorpassato anche il tempio dei Pesci, dove le vestigia dorate, appartenute ad abili guerrieri quali Aphrodite e Alcyone, riposavano nella attesa di un nuovo custode.

Sorpassati i dodici templi, il gruppo varcò le porte della Tredicesima casa e lì trovo, maestoso e quieto nel suo bianco abito da Sommo Sacerdote, Golia, cavaliere del Toro, seduto sul trono dell’Oracolo di Atena, che li attendeva con viso quieto, come silenziose restavano le sue vestigia, riposte dietro il suo seggio.

Alla destra del Sommo Sacerdote stava Ryo di Libra, figlio di Shiryu, con indosso la dorata armatura, mentre alla sinistra vi era Camus dell’Acquario, figlio di Hyoga, anch’egli bardato della sacra corazza.

Subito i tre santi di Atene e l’Amazzone si inginocchiarono e poco dopo anche i tre pellerossa li seguirono in quel gesto, "Ti salutiamo, Sommo Sacerdote di Atena", esordì Ash, "noi siamo Ash del Corvo, Vake del Serpente e Kela dell’Alce, Sciamani Hayoka e Custodi dell’Autunno", affermò, presentando se stesso ed i compagni.

"Sciamani Hayoka?", ripeté stupito Golia, mentre i due santi d’oro al suo fianco si guardavano altrettanto perplessi, "Questo è dunque il vostro titolo? E che ordine è mai il vostro?", chiese subito l’Oracolo di Atena, "Siamo custodi della Pace, di norma non saremmo adibiti a combattere, ma il pericolo ed il vostro numero, indebolito dalle passate battaglie, ci ha spinto a soccorrere sia Atene che gli altri luoghi assaliti dagli alleati della Bestia", spiegò prontamente lo sciamano del Corvo.

"Quali altri luoghi?", lo interruppe Camus, "Cartagine, Asgard ed il Regno dei Mari sono stati assaliti proprio come Atene, poiché in questi luoghi si trovavano le chiavi per liberare la Bestia", rispose prontamente, con gelido distacco, Ash, "Che chiave vi è mai qui? E chi è la Bestia di cui parlate?", domandò secco Golia, "Se permettete, Sommo Sacerdote, alla prima domanda potrò rispondere io", affermò Vake, intromettendosi nel dialogo e mostrando un ilare sorriso.

L’Hayoka del Serpente si alzò in piedi, chiuse gli occhi e sembrò che scrutasse l’intera sala, in cerca di qualcosa, finché, dopo alcuni secondi passati a girare il capo, si fermò, indicando con la mano destra un punto, precisamente sotto il trono di Golia.

Il cosmo di Vake si espanse nella sala, mentre questi apriva la mano, ma all’istintiva posizione di guardia presa da Camus e Ryo, subentrò una quiete inaspettata, dettata propria dall’impronta, del tutto innocua, del pellerossa. Non passarono poi che pochi secondi prima che quel cosmo si quietasse e da sotto il trono apparisse una sfera, attirata dall’aura di Vake, che si portò sulla sua mano.

"Questa è una delle quattro Chiavi, che il sommo Zeus, signore dell’Olimpo, fece celare alla propria figlia prediletta, Atena, come le altre tre furono date a suo fratello Nettuno, alla sposa Era ed al fedele alleato di allora: Odino", spiegò l’Hayoka, avvicinandosi tanto da mostrare l’oggetto.

Era una sfera, niente di più sembrava, se non per ciò che vi era rappresentato: un serpente stretto fra due fulmini, che ne perforavano la testa, così da stilizzare una Tau, segno greco corrispondente alla T.

"Questa sarebbe la chiave?", domandò Golia, "Sì, ma", rispose Ash, prima di una piccola pausa, "vi chiediamo di continuare questa discussione presso il nostro Santuario, l’accampamento Hayoka, dove già si dovrebbero trovare i vostri compagni delle passate battaglie", suggerì subito lo Sciamano dalle scure vestigia.

I cavalieri di Atene rimasero un po’ stupiti dalla richiesta, ma nessuno parlò, si voltarono tutti verso il Sommo Sacerdote: "Ci proponete di seguirvi. Di certo avete dimostrato di non esserci nemici, mostrandoci la vostra lealtà spiegandoci cosa fosse ciò che chi ci invadeva cercava ed aiutandoci proprio contro questi invasori, ma ad ogni modo chiedete noi di seguirvi verso luoghi ignoti, in cui, però, ritroveremo i passati compagni e combatteremo di certo una nuova guerra", osservò Golia, alzandosi in piedi, "ebbene, niente più di questo attendevo da tempo, la possibilità di combattere di nuovo", sentenziò, togliendosi l’ampia sopraveste bianca ed espandendo il dorato cosmo, che richiamò a lui le vestigia del Toro.

"Andiamo, Hayoka, vi seguiremo", sentenziò il Custode della Seconda Casa, prima che il gruppo abbandonasse Atene.

Negli abissi marini, al di sotto della superficie dei mari, in un luogo ignoto persino ai Generali dei Mari più potenti delle ere passate, lì, quasi nel ventre della Terra, un’ombra attendeva alle basi di una costruzione celata nell’oscurità, finché la luce invase quel luogo, affogando nella notte, ma brillando unico in essa.

"Bene, dunque i nostri alleati sono tornati", sussurrò la figura che attendevano nell’ombra, "ma come i miei guerrieri, anche voi non avete ottenuto le Chiavi che libereranno il Mostro, così da non dare altri problemi ai soldati che guido in nome del mio padrone", osservò poco dopo, mentre alcune armature oscure brillavano nell’oscurità.

"Invero, dei nemici inaspettati hanno soccorso i diversi guerrieri a guardia delle chiavi, come di certo avrai saputo, nemici che la mia Sovrana aveva avvisato di non intromettersi", affermò la figura avvolta nella luce, "Bene, Portatore, allora dicci, non indugiare, chi sarebbero costoro e come hanno soccorso i custodi delle Chiavi?", domandò l’interlocutrice, "Sono gli Hayoka, provengono dalle lontane Terre Americane, sembra che abbiano soccorso i diversi gruppi prendendo poi loro la custodia delle quattro Chiavi", rispose prontamente l’altro, "Gli stessi che avreste dovuto rabbonire e rendere alleati proprio come noi?", esclamò l’oscuro individuo, con chiaro tono ironico.

Il silenzio calò allora sulla sala, finché nuovamente il cosmo, luminoso e maestoso, si fece strada, "Non vantarti così contro un servitore della mia Sovrana, Generale Oscuro, il tuo padrone è mosso dalla vendetta, e questo spinge le tue azioni all’esasperazione, ma non preoccuparti, già è stato sancito che la nostra Sovrana, con uno dei Portatori, andrà a chiedere ragione di tali atti nel territorio degli Hayoka", sentenziò per nulla intimorito il nuovo giunto, "Bene, dunque tutto va secondo i patti", replicò l’individuo oscuro, prima che la presenza di luce abbandonasse il territorio sottomarino.

"Ora dovrò avvisare il mio padrone che la sua alleata sta agendo secondo i piani decisi", furono le uniche parole dell’individuo oscuro, rientrando nel nero palazzo.

I cavalieri del Grande Tempio seguirono i loro nuovi alleati fino alla meta sancita e quando vi arrivarono si resero conto di trovarsi in una vasta pianura americana; il luogo era ampio quanto il Santuario stesso, ma pianeggiante, costellato da qualche collina ogni tanto e circondato, in lontananza, da dodici capanne pellerossa disposte in posizioni distinte attorno a quel punto centrale. Sembrava quasi che diversi climi si unissero in quella vasta area, dove delle aree desertiche convivevano con zone pianeggianti bagnate da acque brillanti e sbalorditivo era il fatto che nessuno si fosse mai accorto di quel luogo; seppur, dopo solo pochi attimi, i santi si resero conto che un maestoso cosmo, unione probabilmente di più auree, circondava quella zona, proprio come la volontà di Atena celava il Santuario ai più e quella di Odino il Sacro Regno di Asgard.

"Camus", esordì allora una voce, mentre solo in quel momento i cavalieri, abbandonando lo stupore per il luogo in cui si trovavano, notavano i diversi vecchi alleati già presenti: Freiyr e Bifrost, accompagnati da Helyss e Zadra; Kain; Esmeria e Joen di Cartagine con Daidaros e Kano, accompagnati da Sekhmet, ultima guerriera sacra a Ra e, oltre questi antichi compagni, vi erano anche altri nove Hayoka.

"Lieto di vedere che anche voi, nobili cavalieri di Atene, siete fin qui giunti", esordì un pellerossa, chinando il capo in segno di saluto, "io sono Shiqo della Lontra", si presentò colui che aveva guidato il gruppo diretto nel Regno dei Mari

Il pellerossa osservò i suoi parigrado, "Lo avete riportato?", chiese poi, scrutando tutti con fare preoccupato, "Certo, Shiqo", replicò con tono gelido Ash, mentre porgeva al compagno la Chiave, che fu appoggiata in terra, vicino alle altre tre, simili nei colori e nella raffigurazione, a quella che già Golia aveva osservato.

"Ora, se volete spiegazioni, nobili cavalieri, potrete parlare tutti con i Quattro Divini Guardiani che ci comandano", propose un secondo Hayoka, lo stesso che aveva soccorso Joen a Cartagine: Hornwer del Cervo.

"Sì, è vero", concordò Shiqo, "Kela, Vake, chi di voi andrà a guardia del varco d’Occidente?", domandò allora lo sciamano della Lontra, "Andrò io", propose prontamente la giovane pellerossa, volgendosi poi verso i santi d’Atena: "Chiedo scusa, ma un altro compito mi attende, avremo però modo di rivederci, spero", affermò, chinando il capo dinanzi ai presenti, per poi allontanarsi, diretta verso Ovest.

"Big Bear, Whinga, Taimap, andate anche voi", propose allora Hornwer, rivolgendosi ad altri tre fra gli Hayoka, che si diressero verso Est, Nord e Sud rispettivamente.

"Che succede?", domandò allora Ryo, "La nostra barriera che difende questo luogo sacro di norma è potenziata dal volere delle divinità, ma quando è necessario che i nostri divini signori si assentino dalla guardia, sono quattro fra noi ad andare ai limiti della Terra Sacra. In questo caso, siccome ciò di cui si parlerà ora è particolarmente rilevante, nessuno dei quattro comandanti è stato inviato", spiegò una fanciulla dalle vestigia rosse e dorate, sconosciuta al santo d’oro.

"Lihat", la chiamò allora Hornwer, "forse sarebbe saggio riprendere le cure del ferito", propose, indicando Bifrost, che chiaramente non era ancora pienamente in forze, "Sì, Hornwer, scusa", affermò la giovane, sorridendo quietamente, prima di invitare il God warrior, e Helyss che lo sosteneva, a seguirla.

"Dunque voi due siete fra i comandanti di questo esercito?", domandò Golia, mentre già Camus chiedeva delucidazioni a Freiyr e Zadra sugli avvenimenti di Asgard e Lorgash faceva altrettanto con Daidaros e Kano, lasciando Esmeria e Kain con Botan; "Sì, io sono Hornwer del Cervo e lui, come già detto, è Shiqo della Lontra", esordì il guerriero pellerossa, presentandosi, "la giovane che sta curando il vostro compagno è Lihat del Falco Rosso che con me e Taimap, colui che si è diretto a Sud, costituiscono i Custodi della Primavera", iniziò a spiegare. "Costoro invece sono Bow dello Storione e Peckend del Picchio, che con il gigante allontanatosi, Big Bear, formano i Custodi dell’Estate; infine, Shiqo, assieme a Firon e Whinga, il quarto ad essersi allontanato, sono i Custodi dell’Inverno", concluse l’Hayoka, presentando tutti i propri compagni.

"Piacere di conoscere tutti voi, io sono Golia del Toro, Sommo Sacerdote di Atene", esordì l’Oracolo della dea, "e loro sono…", ma le presentazioni furono interrotte da quattro cosmi divini, ricchi di una quiete e pace senza pari, "Sappiamo bene chi siete, nobili cavalieri, le vostre gesta, insieme all’eco dei vostri nomi, hanno sorpassato i limiti dell’Atlantico, giungendo fino a noi", spiegò un’entità bianca, mentre le quattro figure prendevano d’improvviso forma.

Il primo ad apparire aveva un cosmo marrone, che lentamente svelò la sua figura, di maestoso pellerossa, alto più di due metri e parecchio possente nel corpo, su cui rapide si disposero delle vestigia a forma d’orso: l’animale aveva uno sguardo minaccioso, rappresentato nell’elmo che calava sul volto simile ad una maschera, mentre il resto del corpo della bestia si congiungeva al tronco del dio come una seconda pelle, esaltandone i grandi muscoli e finendo, sui quattro arti, in giganteschi artigli, affilati come lame.

Fu poi una seconda energia cosmica a dissolversi, mostrando un esile figura di guerriero dai lunghi capelli d’argento e dai sottili occhi azzurri, era un uomo dall’armatura brillante e chiara, rappresentante un coyote che con eleganza copriva il corpo dell’individuo: gambali e braccia ne erano le zampe, la coda si avvolgeva silenziosa alla cinta, mentre la testa dell’animale copriva per intero il volto, nascondendolo nel feroce muso della bestia desertica, così come la pelliccia d’argento ricopriva il tronco della divinità.

Quindi un terzo si rivelò, lasciando quietarsi il cosmo rosso come il fuoco e mostrando la snella ed elegante figura di fanciullo di un pellerossa le cui vestigia a forma di Aquila ricoprivano per intero il corpo, aprendosi in maestose ali dietro la schiena, congiunte alle mani, e diventando delle zampe artigliati nei gambali, mentre il corpo era protetto da un tronco di magnifiche piume ed il capo celato nel volto del maestoso volatile.

Giunse infine il tempo in cui l’entità bianca si rivelò, mostrandosi alta quasi quanto l’altro dio dalle vestigia d’orso, ma, nel suo sguardo dorato, vi era un’eleganza mille volte superiore persino a quella degli altri tre esseri divini lì presenti: questo guerriero era muscoloso, ma allo stesso tempo garbato nel portamento delle bianche vestigia che lo circondavano, coprendone per intero il corpo con la pelle di un Bisonte, mentre gli zoccoli costituivano gambali e bracciali ed il viso era celato nel volto stilizzato dell’animale.

"Lode a voi, potenti cavalieri che avete sconfitto gli Ancestrali dei dell’Olimpo e fermato gli Horsemen, io sono Mudjekewis, il Grizzly, Guardiano della Primavera", esordì il primo gigante; "Alle sue parole amiche si uniscano le mie, valenti guerrieri che in più battaglie avete saputo risvegliare le vostre virtù maggiori, sono Shandowse, il Coyote d’Argento, Guardiano dell’Autunno", continuò il secondo; "Parole d’alleanza giungono anche da me, che dei quattro sono forse il più giovane, ma conosco bene quanto ardue sono state per voi queste battaglie, in cui tanti amici avete perso, il mio nome è Wabun, l’Aquila dell’Estate", si presentò poi il terzo.

"Per ultime giungono le mie parole, che ora vi saranno anche risposta nei dubbi sorti in questo giorno di invasioni ed incontri, sia lode a tutti, che ancora una volta avete saputo dimostrare quanto potere vi è in ogni uomo e come questo sappia usarlo nel momento del bisogno, sono Waboose, il Bisonte Bianco, Guardiano dell’Inverno e Primo fra le quattro divinità pellerossa", concluse l’entità dalle bianche vestigia.

Nuove risposte e sfide stavano per giungere ai cavalieri olimpici.