Capitolo 11: Morte nella terra degli Hayoka

Big Bear era stato sorpreso dalla folata di vento che lo aveva gettato al suolo, non s’aspettava una tale rapidità d’attacco, né avrebbe creduto qualcuno capace di osare una simile azione contro le terre che proteggeva da anni, però, ciò non fermò il suo corpo: non provava timore alcuno, gli era stato da tempo spiegato che la paura non doveva far parte dei pensieri di un Hayoka.

L’avversario che dinanzi a lui ora si ergeva silenzioso era un guerriero chiaramente asiatico, i lineamenti erano duri e sottili al medesimo tempo, come se fossero stati formati da una lama precisa; indossava magnifiche vestigia color oro ed argento, che rappresentavano, ad un primo sguardo, qualcosa di simile ad una donnola. La testa dell’animale era l’elmo del guerriero, mentre braccia e gambe erano coperte dalle zampe dello stesso ed il tronco era adornato dalle vestigia del medesimo essere, che si confondevano con la coda all’altezza della cinta. Sull’armatura era rappresentato un grande sole, proprio sui gambali, mentre il tronco era adornato da un ideogramma asiatico e dall’immagine di una nuvola.

"Chi sei tu, che dai lineamenti sembri uno dei Portatori di Luce? E perché attacchi questo luogo sacro?", esclamò il maestoso pellerossa, rialzandosi in piedi, "Come ti ho già detto, mio avversario, per te sono la morte, che arriva cavalcando il vento", sentenziò prontamente il nemico, sollevando dinanzi a se le braccia, "ma se proprio vuoi conoscere il nome di chi farà rotolare la tua testa priva di vita, ebbene sappi che sono Hyui del Kamaitachi, seguace della Luce", concluse, mentre dagli avambracci dell’armatura fuoriuscivano due lame ricurve, simili a falci.

"Ebbene, Portatore di Luce, se veramente la battaglia reclami, sei giunto dal nemico più appropriato", sentenziò subito dopo Big Bear, lanciandosi con tutta la furia del proprio corpo contro l’avversario, ma questi non si fece sorprendere e, spostandosi ad una velocità inconcepibile per l’Hayoka, lo raggiunse alle spalle, gettandolo di nuovo al suolo con un veloce calcio alla schiena.

"Devi risvegliare il tuo cosmo, misero guerriero pellerossa, se speri di potermi fronteggiare", affermò con tono secco il guerriero asiatico, mentre con un ruggito di furia l’Hayoka si rialzò, "Se è ciò che desideri, mio avversario, ebbene, te ne farò dono, affronterai la potenza degli Artigli dell’Orso", sentenziò il Custode dell’Estate.

Maestoso apparve il cosmo rosso che circondò, come fiamma di vita, l’arto destro del pellerossa, sembrava quasi che il sangue fosse fuoriuscito dal corpo ed ora, sotto forma liquida, si fosse disposto attorno al braccio, risplendendo di luce propria, "Bear Claws", tuonò subito dopo l’Hayoka dell’Orso, calando furente la zampata verso l’avversario.

Dei solchi profondi si aprirono nel terreno avanzando rapidi verso Hyui del Kamaitachi, che impassibile, osservava con le vuote pupille prive d’iridi la zampata energetica correre verso di lui, come furia nel terreno.

Le divinità pellerossa, assieme ai cavalieri olimpici ed agli Hayoka rimasti sul luogo, avevano percepito l’inizio della battaglia, ma, allo stesso tempo, il cosmo di Amaterasu, ancora presente nella grande vallata, impediva di comprendere se, oltre quel primo nemico, anche altri si fossero introdotti nel sacro luogo.

"Non abbiamo certezza che solo Big Bear sia soggetto ad assalto da parte dei nostri nemici, quindi, Hayoka, ed anche voi, nobili cavalieri nostri alleati, vi preghiamo di dirigervi anche agli altri tre punti di difesa del territorio a noi consacrato", esordì dopo alcuni attimi di pausa Shandowse, "inoltre, tu, nobile santo della Lira, te ne prego, raggiungi Peckend, che è andato a soccorrere l’amico dell’Orso", concluse la divinità dell’Autunno.

"Io?", domandò sorpreso Real, "Sì, siamo certi che solo tu possa essere d’aiuto al giovane guerriero del Picchio se sarà costretto alla battaglia", concordò anche Wabun, chinando il capo, come fece lo stesso santo d’argento correndo subito verso il luogo in cui si stava combattendo la battaglia fra Big Bear ed il Portatore suo nemico, lo stesso verso cui si era diretto Peckend; allo stesso tempo, anche altri guerrieri partirono per le restanti postazioni di guardia, mentre i cavalieri d’oro, assieme ad Ash e Shiqo, restavano come supporto alle divinità, di guardia alle Quattro Chiavi.

L’attacco di Big Bear sembrò andare a buon fine, il colpo devastante del guerriero dell’Orso raggiunse qualcosa, producendo una devastante ondata distruttrice all’impatto, ma una risata indicò subito al guerriero pellerossa che non era Hyui ciò che aveva raggiunto.

"Com’è possibile?", esclamò l’Hayoka, mentre le ceneri si diradavano, mostrando che ciò che lui aveva colpito altro non era che il suolo stesso, come se una barriera invisibile ed inaspettata fosse apparsa dinanzi agli occhi del guerriero pellerossa, ingannandolo: infatti il suo asiatico nemico si trovava ora alla sua destra.

"Come puoi pensare di abbattermi con simili colpi?", domandò ironico il Portatore di Luce, "Se vuoi veramente vedere un colpo dal potenziale devastante, ebbene, te ne farò dono, ti mostrerò tutta la furia delle falci del Kamaitachi", avvisò subito dopo, mentre il cosmo di Hyui si espandeva per la prima volta in modo minaccioso.

Un vortice d’aria scosse in quel momento il corpo di Big Bear, che si trovò d’improvviso impossibilitato ad ogni movimento, mentre l’aria che adesso lo circondava sembrava essere attirata verso l’avambraccio destro del suo nemico, su cui la lama a semiluna brillava luminosa e potente.

"KenKaze", esclamò allora Hyui, prima di spostare in avanti, con semplicità, ma incredibile maestosità ed eleganza, il proprio braccio destro, disegnando un semicerchio davanti a se ed aprendovi così una serie di sottocorrenti dinanzi al vento che lo gli correva incontro. Le lame volarono furenti verso l’Hayoka che, incapace di difendersi, ne fu travolto, volando al suolo con diverse ferite sul corpo e tagli profondi in tutta l’armatura.

"Inutile è ogni controverso tentativo di rialzarsi e combattere, inutile anche solo la speranza di potermi battere, non con colpi miseri come i tuoi cadrà Hyui del Kamaitachi", avvisò con tono secco e perentorio il Portatore di luce, mentre il suo avversario si rialzava in piedi.

"Non saranno le minacce a fermarmi, né ferite di tal genere, ho un debito troppo grande da ripagare verso Wabun e gli altri eccelsi dei che mi comandano", affermò, reggendosi a malapena in piedi il pellerossa, "ero niente prima di essere scelto come Hayoka, un indiano disprezzato dagli altri, troppo minaccioso nel mio massiccio aspetto e troppo diverso per essere accettato da qualcuno, ma l’Aquila Rossa dell’Estate ha riconosciuto in me quel potere che solo i Custodi delle Stagioni hanno, il potere dell’Orso", affermò rimettendosi in piedi Big Bear.

"Forse gli artigli della Fiera dei boschi americani non sono temibili per te, ma adesso vedrai quanto pericolose sono le sue zanne", ringhiò con decisione il nativo americano, sporgendo in avanti la spalliera sinistra, mentre adesso tutto il corpo era ricoperto del medesimo cosmo rosso brillante.

Nell’area occidentale del Territorio consacrato agli Hayoka, Kela aveva percepito il potente cosmo di Amaterasu manifestarsi, ma subito dopo quella stessa presenza aveva stordito, come una luce accecante che abbaglia gli occhi, le percezioni della giovane sciamana, che non aveva avuto modo di comprendere se dei nemici si fossero avvicinati ai territori da lei difesi, solo l’arrivo di Vake del Serpente e Daidaros di Cefeo le fu chiaro, in quel caos di percezioni.

"Cos’è accaduto? Ho sentito un cosmo maestoso e simile ad un sole giungere in questi luoghi", esclamò la giovane, roteando l’ascia nella mano destra, "Amaterasu si è mostrata a tutti noi e ha promesso ritorsioni per l’alleanza stretta con i cavalieri olimpici, per questo siamo giunti fin qui, da te, per controllare che nessuno sopraggiunga da questo versante", affermò l’Hayoka del Serpente, voltandosi verso Daidaros, "No, io non percepisco alcuna presenza in questo luogo", replicò prontamente il santo d’argento di Cefeo, "né la mia catena, che fino a poc’anzi era scossa dal potente cosmo della divinità a noi avversa", concluse, osservando le sue armi argentee.

"Perché fare ciò? Perché concentrare in un solo punto i loro attacchi? Con la distorsione percettiva che il cosmo della divinità giapponese crea, potrebbero facilmente colpirci contemporaneamente in più punti", osservò stupita Kela, "Solo due possono essere le motivazioni per non tentare niente del genere: o cercheranno di prendere le Quattro Chiavi, in vano poiché i cavalieri d’oro e con loro anche i nostri comandanti, sono fermi a sorvegliarle, oppure Amaterasu vuole semplicemente dimostrarci quanto minaccioso è il suo cosmo", rispose con voce quieta Vake del Serpente, riflettendo in modo chiaro su tutte le eventualità possibili.

Nella zona settentrionale ed in quella orientale, giunsero anche coppie di guerrieri: Zadra, seguita da Firon del Puma raggiunse la zona su cui sorvegliava Whinga dell’Oca Polare e lì nessun nemico si fece presente; medesima cosa avvenne nell’area sorvegliata da Taimap del Castoro, che fu raggiunto da Lihat del Falco Rosso e Joen del Pavone sacro ad Era. Ambo i gruppi attesero in vano dei possibili nemici, mentre ancora infuriava la battaglia fra Big Bear ed il suo avversario.

Le parole dell’Hayoka dell’Orso erano state, infatti, sentore della furia che aveva deciso di utilizzare nel suo prossimo attacco e questa medesima furia si palesò dopo non molto con una carica che ben poco aveva da invidiare, nell’aspetto, a quella di Golia del Toro, seppur era ben più debole per potenza distruttiva.

"Bear Fangs", tuonava il nativo americano, avanzando a grandi spazzate verso l’avversario e distruggendo il terreno che si frapponeva fra loro, lasciando solo profondi solchi ad ogni suo passo; tutta questa potenza, però, fu nulla contro Hyui del Kamaitachi, che sollevò semplicemente una mano contro il suo avversario e da questa partì una corrente d’aria spaventosamente potente, che nuovamente avvolse lo sciamano, bloccandone la carica.

"La potenza devastante dei tuoi colpi, guerriero pellerossa, è innegabile, ma per te sono il peggiore dei nemici: non mi avvalgo di tecniche ravvicinate, né ho bisogno del contatto con il nemico per vincerlo, mi basta il vento, anche il più sottile soffio, la brezza più debole, mi sono alleate in battaglia e tramite loro la vittoria mi è certa, come è certo che ora le fauci e le zanne dell’Orso smetteranno d’agitarsi", concluse il Portatore di Luce, stringendo il pugno.

L’aria, che era controllata dal cosmo di Hyui, si strinse sulla spalla del suo avversario, pressandovi con una forza tale da distruggere le vestigia e schiacciare la pelle, di cui rimase solo una deforme massa sanguinante al posto della massiccia carne; mentre ciò avveniva, inoltre, il Portatore sollevò il braccio sinistro, caricando nuovamente il cosmo nell’affilata lama di falce, "KenKaze", sentenziò.

Ancora una volta la corrente tagliente travolse il guerriero pellerossa, gettandolo al suolo, ma con ferite ben più profonde su tutti e quattro gli arti.

"Ora, Hayoka, non ti resta altro che cedere il passo e la vita, non più è il tempo delle schermaglie, ma che il Kamaitachi concluda il suo ultimo volo in queste terre riscaldate da un sole straniero. Arrenditi e cadi, Hayoka dell’Orso!", esclamò con voce decisa Hyui, mentre il cosmo prorompeva in una spirale di correnti d’aria.

"Mai!", urlò Big Bear, sollevandosi sulle ginocchia, con il corpo grondante sangue dalle varie ferite, "Non cederò la vita che il grande Bisonte Bianco ed i suoi compagni mi hanno donato, una vita superiore alla mediocrità a cui ero condannato", esclamò, mentre ancora una volta l’aura a lui circostante si tingeva di rosso, prendendo le forme di un Orso maestoso alle sue spalle, "Se l’Orso dei boschi non può più combattere con zanne ed artigli, allora userà le proprie urla per allontanare i fastidiosi nemici", sentenziò, mentre cosmica alle sue spalle s’increspava, come superficie d’acqua scossa da un sasso.

"Bear Roar", echeggiò una voce che non sembrava nemmeno essere quella del gigantesco Hayoka, prima che le increspature nel cosmo rosso si tramutassero in un’ondata d’energia che si scagliò simile ad un tuono contro il proprio bersaglio.

Peckend correva a più non posso, esasperato dalla preoccupazione per il compagno d’arme, il giovane pellerossa non aveva nemmeno notato il santo della Lira che lo seguiva a breve distanza, ma i suoi passi si quietarono quando nell’aere riecheggiò un’ondata d’energia simile ad un ruggito d’orso, "Big Bear", poté appena ripetere il ragazzo pellerossa, correndo verso il luogo in cui si stava svolgendo la battaglia e lì vide cosa stava accadendo.

La visuale di Big Bear era distorta dalle macerie e dai sassi che lui stesso aveva sollevato, non riusciva a distinguere dove fossero finiti i resti dell’avversario che era certo di aver travolto con l’urlo d’energia, né era capace di rialzarsi in piedi date le ferite riportate durante quello scontro, l’unica cosa che, in tutta quella pioggia di macerie, gli fu chiara era una voce amica che lo chiamava; a stento l’Hayoka girò la testa, notando con la coda dell’occhio il giovane Peckend che urlava delle parole poco chiare verso di lui, indicando qualcosa alle sue spalle.

Fu un momento, il tempo di voltarsi ed osservare come la distruzione del territorio sacro non avesse lasciato resti del corpo di Hyui del Kamaitachi, poi un urlo solo: "Kaze no Yaiba" e quindi niente più, solo il sibilare di una lama ed un forte dolore al collo, quella fu l’ultima sensazione di Big Bear dell’Orso, Hayoka consacrato alla giustizia ed alla pace, che in se aveva saputo quietare il male prodotto da diverse entità oscure, come gli Horsemen, ma non vincere lo scontro con un Portatore di Luce.

Peckend vide una figura alzarsi in cielo, mentre le macerie e la polvere avvolgevano il territorio attorno a Big Bear, poi un urlo, una tecnica d’origine asiatica e niente più, solo una figura dorata che saettava sul corpo dell’amico Hayoka decapitandolo e lasciando cadere al suolo la testa senza più un corpo a cui essere unita.

"Impossibile è salvarsi dall’Esplosione di Vento, paralizza la preda mentre la Donnola Volante si getta su di lei con furia e veloce distruttiva", affermò con tono secco Hyui, osservando il corpo senza vita del nemico e portandosi una mano alla guancia, che trovò sorprendentemente ferita.

"Ti faccio le mie lodi, giovane Hayoka, sei stato debole come avversario, ma temerario quanto bastava per ferirmi", affermò con tono secco il Portatore di Luce, prima di voltarsi verso Peckend, il cui cosmo fremeva di rabbia, mentre il volto era rigato da calde lacrime di dolore.

Le vestigia del Picchio, costituite da piume intorno alla cinta, si mossero, e quelle che dovevano essere le ali del volatile si piegarono su se stesse, con estrema velocità delle placche metalliche si posero alla base ed all’estremità superiore di quei due cilindri, rivelando dei rossi tamburi fatti di pure piume metalliche; "Anche lui è un musico", osservò Real, appena giunto sul luogo dello scontro.

"Quieta la tua ira, giovane Hayoka, pensa piuttosto ad onorare questo defunto, la tua morte per mia mano, se proprio la cercherai, avverrà in altro luogo e con ben diverso spirito per entrambi", affermò semplicemente Hyui del Kamaitachi, prima che una corrente di vento lo circondasse, unendosi ad un improvviso e potente bagliore di luce.

Dopo alcuni attimi, però, niente rimase di tutto ciò: il cosmo del Portatore scomparve e con esso anche quello della sua Sovrana, che finora aleggiava costante sul territorio pellerossa.