Capitolo 19: Asceta e Negromante

Kiten di Kitsune era appoggiato ad una parete della sua sala, la più ampia dell’intero castello, dopo quella di Amaterasu stessa, di cui era l’anticamera.

"Sciocco è stato quel cavaliere di Atena nel farsi ingannare dalla facilità con cui aveva sconfitto Ko di Baku, le sue ultime parole erano un chiaro monito, segno dell'attacco finale, il più terribile fra i colpi del negromante, il colpo della Trasmigrazione. Ora, pagherà con la vita questo errore, vita che sarà un ottimo espediente per la tattica del Nibi", affermò ironico fra se il comandante dei Nove Portatori di Luce.

Nella sala del Leone dell’Incubo, Kano del Pavone osservava stupefatto quello che era stato il suo maestro Kaor ed ora indossava le vestigia di Baku, scrutandolo con la medesima volontà assassina che aveva percepito in Ko.

"Maestro, ma come è possibile?", balbettò il cavaliere d’argento, che dall’investitura non aveva più rivisto l’asceta, e solo da Tok’ra, Adtula e Obbuan era venuto a sapere che il loro nobile insegnante era altresì uno dei Quattro Beast Keeper; morto poi, più di un anno prima, per mano del sesto discepolo di Shaka, Hyunkel del Cavallo, uno dei Runouni.

L’uomo, che nei ricordi di Kano aveva uno sguardo impassibile, ma in qualche modo amichevole verso i suoi allievi, sorrise malignamente al santo di Atena prima di raggiungerlo con un potente pugno all’addome, gettandolo indietro, ferito più nello spirito che nel corpo dolorante.

"Ancora non capisci, cavaliere di Atena? Eppure ti facevo più intelligente", lo schernì una voce che non sembrava appartenere al suo maestro, prima che questi gli fosse addosso, colpendolo ripetutamente al volto ed al corpo con dei pugni carichi d’energia cosmica, che danneggiavano l’armatura del Pavone e ferivano il corpo del santo d’argento.

"Il mio ultimo colpo, quello che ho pronunciato proprio mentre mi colpivi con la sfera d’energia, quello è il motivo di tutto ciò", spiegò l’uomo che appariva come Kaor, mentre continuava a colpire il santo di Atena con decine di pugni scatenati alla velocità della luce, "quella è la forma ultima dell’arte del Supremo Negromante Ko di Baku", concluse, convogliando l’energia cosmica fra le mani e lasciandola esplodere in una sfera d’energia, così da utilizzare su Kano la tecnica base dell’Om che Shaka aveva trasmesso a tutti i suoi allievi.

Il santo d’argento fu travolto da quell’attacco a lui tanto familiare, volando contro una parete e cadendo su alcuni dei cadaveri che poco prima aveva liberato dalla presa del Portatore di Luce; le vestigia del Pavone erano danneggiate in più punti all’altezza del tronco, una crepa, nel punto colpito dalla sfera energetica, lasciava scivolare fuori il sangue da una ferita apertasi al di sotto, mentre il cavaliere di Atena cercava di rialzarsi a fatica.

"Shinten…", balbettò Kano, memore delle parole, cui non aveva dato peso, che poco prima aveva sentito dire da Ko di Baku, "Esatto", replicò prontamente il suo nemico, raggiungendolo con un calcio al volto che lo lasciò ricadere al suolo, "Shintenshin", affermò con tono quieto, guardando il santo di Atena, alzarsi a fatica da terra.

"Una goccia del mio cosmo lega fra loro decine di cadaveri, tramutandoli in una muraglia distruttrice, una quantità ancora maggiore mi arma di marionette ricche di colpi che la loro memoria cosmica mantiene, seppur non ne conosco pienamente la natura; ma se trasmetto ad un corpo senza vita l’intera energia vitale che possiedo, allora ottengo questo: la Trasmigrazione. Certo non conosco ciò che sapeva il mio attuale ospite, né i nomi dei suoi attacchi, ma posso utilizzarli comunque, inoltre questo mi concede una più che completa immortalità mentre mi trovo nella sala del Leone dell’Incubo, poiché, se anche tu distruggessi questo corpo, ne avrei a decine da poter utilizzare ancora", spiegò con soddisfazione colui che altri non era, se non Ko di Baku.

Kano si era ormai rialzato in piedi ed alto si espandeva attorno al lui il cosmo argenteo del Pavone sacro ad Atena, "Tu, cosa sei? Forse un mostro?", tuonò infuriato il cavaliere, lanciandosi all’attacco ad una velocità che solcava quella della Luce.

"Ruota del Pavone", esclamò il santo d’argento, sferrando la veloce serie di pugni che, però, furono facilmente evitati da colui che possedeva il corpo di Kaor l’asceta. "Un colpo già visto è inutile contro di me, per di più, ora il mio cosmo è unito ad un corpo incredibilmente atletico", affermò con tono soddisfatto il nemico, mentre l’energia spirituale andava a circondare le braccia, per poi liberarsi in una coppia di lame dorate, la cui forma cambiò repentinamente in due zampe di tigre che investirono con spaventosa furia Kano, travolgendolo e distruggendo in più punti l’armatura del Pavone.

"Dovrò ricordarmi di questo corpo, una volta completata la battaglia qui, presso la mia sovrana Amaterasu", esclamò ironico il guerriero, osservando il santo d’argento al suolo, ferito.

"Che cosa vuoi dire? Riprenderai il tuo corpo alla fine di questa battaglia?", domandò Kano, rialzandosi a fatica, ma una risata fu la prima risposta che ricevette, "Ora è certo, cavaliere, avevo sopravvalutato la tua intelligenza", affermò poco dopo il Portatore di Luce.

"Pensaci, santo d’argento, quale potrebbe essere l’incubo a cui sottoporre i tuoi compagni se non quello di essere uccisi, lentamente, da qualcuno che consideravano un alleato, anche un amico probabilmente?", domandò Ko, con un folle sguardo che non apparteneva a Kaor, "Sono certo che il santo d’oro, e come lui la guerriera egizia, non si aspetterebbe mai un attacco da te, specialmente se apparissi privo d’armatura, così potrei ucciderli con facilità", spiegò con gioia irrefrenabile il malefico nemico.

"Di certo En ucciderà la guerriera egizia e l’altra Beast Keeper, lasciando passare il santo d’oro e l’altro Pavone, è molto volubile da questo punto di vista, ma imbattibile in battaglia. Poi, insieme, raggiungeremo le sale del Rapace che danza fra dei e demoni dove uccideremo i restanti tuoi compagni. Per fortuna fra i tuoi compagni non vi sono degli Hayoka, né altri manipolatori dell’Energia Spirituale, nessuno noterà prontamente la differenza, per questo ho scelto te come mio avversario, perché sono abbastanza simili i cosmi che utilizzano la medesima impronta energetica", concluse Ko di Baku, allontanandosi di qualche passo dal nemico.

"Ora addio, cavaliere, cerca di non rovinare troppo il tuo corpo, mentre muori", sentenziò con tono sarcastico il Portatore di Luce, scatenando di nuovo il colpo che fu di Kaor, gli "Artigli luminosi furenti", che con rapidità volò contro il santo d’argento.

La corsa dei quattro cavalieri diretti verso la sala successiva a quella del Leone dell’Incubo, la sala della Bestia Sanguinaria, consisteva in una lunga scalinata che li avrebbe portati al secondo piano del Castello di Amaterasu, proprio come accadeva lungo la via opposto ai quattro Hayoka; ma fra i quattro che correvano lungo quelle scale, vi era chi mostrava titubanza nell’avanzare: Sekhmet di Bastet.

Più di una volta la Pharaon sacra a Ra si fermò lungo le scale, sia quando aveva percepito lo scontro animarsi, sia quando il cosmo del nemico di Kano pareva scomparso ed infine adesso che sentiva chiaramente la furia con cui il Portatore di Luce stava travolgendo l’alleato fin troppo quieto.

"Capisco la tua preoccupazione, guerriera egizia, anch’io percepisco il cosmo di Kano indebolirsi per i continui attacchi, ma non puoi fermarti, né tornare indietro a soccorrerlo", esordì allora Ryo di Libra, "Perché non posso? Sei forse tu ad impedirmelo, cavaliere d’oro?", sbottò irata Sekhmet, "Non io, ma ciò che entrambi sappiamo del santo del Pavone e del suo modo di combattere, del tutto simile a quello di Tok’ra e degli altri discepoli di Kaor l’asceta, uno stile che non si basava su una furia predominante nell’assalire di continuo, ma sul concentrarsi per meglio colpire al momento opportuno. Inoltre, guerriera egizia, sai bene che una promessa lega il santo d’argento alla vita, quella che fece un anno fa a Tok’ra", concluse il figlio di Shiryu, invitando con un gesto la guerriera ad avanzare con lui ed i due guerrieri cartaginesi.

"Sì, la promessa che per un anno si è preparato ad adempiere", ricordò fra se Sekhmet, accennando un sorriso speranzoso, prima di correre in avanti con i tre alleati, verso la sala della Bestia Sanguinaria.

Il colpo di Ko di Baku era andato a segno sul santo d’argento, il cui corpo era volato al suolo a diversi passi di distanza, "Incredibile", aveva esclamato poi il Portatore di Luce, "hai ricevuto per ben due volte questo attacco, eppure non sei ancora morto? Sei coriaceo e stupido quindi?", lo schernì il nemico, "Vuoi proprio che sprechi molte mie energie per ricomporre i lembi del tuo corpo distrutto?", continuò, avanzando verso il nemico ferito.

"Non ho intenzione di morire in questa battaglia", replicò il santo d’argento, rialzandosi in piedi, "Nobile decisione, ma le ferite sul tuo corpo indicano il contrario", affermò allora Ko di Baku, notando che lo sguardo del suo avversario era adesso ben più calmo, privo dell’ira e dello stupore che fino a poco prima vi erano infusi.

"Non il corpo è la fonte di vero potere in un discepolo di Kaor l’asceta, l’ultimo allievo di Virgo, colui che ci trasmise antiche conoscenze, vecchie di millenni, le stesse che ora ti mostrerò, quelle con cui ti vincerò per adempiere, alla fine di questa guerra, alla promessa che feci al più caro nobile dei cavalieri", sentenziò il santo di Atena, espandendo il cosmo argenteo, "Soul’s eye", affermò poco dopo, mentre sulla sua fronte si apriva il terzo occhio.

"Che cosa?", domandò sorpreso Ko di Baku, notando la luminescenza proveniente dalla fronte del suo avversario diventare un occhio dalla rossa pupilla, "Tu non potresti mai capire quale potere risiede in ciò che ho sulla fronte, una forza che può derivare solo da una massima concentrazione e, l’averlo dovuto usare così palesemente, mi dimostra come ancora non sia pronto per adempiere alla promessa fatta a Tok’ra, ancora non sono ai livelli del mio maestro, non sono un asceta completo", spiegò con tono secco il santo d’argento, guardando con viso impassibile il nemico.

"Taci, stolto", tuonò allora il Portatore di Luce, lasciando convogliare il cosmo fra le mani, prima di lanciare una sfera d’energia luminosa contro il nemico, "Abbraccio dell’Oriente", fu l’unica replica di Kano, che scagliò il medesimo attacco contro quello di Ko, annullandoli a vicenda.

"Che cosa?", esclamò il guerriero di Baku, "I tuoi colpi sono ben misera cosa dinanzi ai veri attacchi del mio maestro, non hai la medesima concentrazione e mai potresti raggiungere la devastante potenza dell’Om che lo stesso Shaka di Virgo trasmise a Kaor l’asceta", affermò con tono quieto Kano, espandendo ancora una volta il proprio cosmo.

"Adesso è tempo di concludere lo scontro, Portatore di Luce, che l’energia del Pavone Sacro ad Atena ti travolga", affermò il santo d’argento, "Eye Power", concluse poi, mentre una sfera di pura forza spirituale scaturiva dal suo volto, travolgendo in pieno Ko di Baku ed il corpo di Kaor in cui era presente.

L’attacco non bastò a finire il nemico, ma il corpo di Kaor fu comunque travolto e gettato contro una parete, schiantandosi contro un chiodo, che, trovando danneggiate le vestigia di Baku dall’attacco, si conficcò nell’avambraccio destro, bloccando così il Portatore di Luce al muro.

"Sei davvero potente, non mi aspettavo tanta forza in te, penso che terrò il tuo corpo, dopotutto", affermò ironico Ko di Baku, mentre Kano avanzava verso di lui, "mi pare di avertelo già detto, cavaliere di Atena, in questa sala io sono immortale!", tuonò poi, espandendo il proprio cosmo, "No, l’immortalità non è per l’uomo, né il tuo spirito è così potente come credi, fin troppo sei legato alla mera potenza del cosmo, non sai nemmeno cosa sia il vero legame con la vita, solo ai vizi sei unito", affermò con tono distaccato il santo d’argento. "Ho meditato più e più volte con Tok’ra durante gli anni d’addestramento ed il periodo delle battaglie, da lui ho appreso che la vera forza sta nel legarsi alle emozioni più pure, abbandonando il desiderio di morte e distruzione, dal mio maestro Kaor ho potuto conoscere la potenza dello spirito e poi, in quest’ultimo anno, mi sono addestrato da solo per raggiungere un grado d’ascesi che potesse sfiorare appena quello che loro avevano ottenuto, ma tu mi hai mostrato quanto ancora sia legato all’ira; questo però non cambia il destino che ti aspetta, mediante un colpo che non mi appartiene, ma che saprò ben usare contro di te", concluse il cavaliere del Pavone.

Il Portatore di Luce guardò il suo avversario avvicinare le braccia ai lati del corpo e sollevare il palmo destro verso l’alto, mentre il sinistro si abbassava verso il basso, "Questo attacco non fu mai usato da qualcuno che non era un cavaliere d’oro di Virgo, se non da Jango di Virgo Oscuro, che lo scagliò contro di me, ma in teoria sia il mio maestro Kaor, sia Hyunkel, suo compagno d’addestramento, avevano appreso tale attacco osservando il loro venerabile mentore Shaka, così anche io, subendolo una volta ed osservandone gli effetti più volte per mano di Tok’ra, posso osare tanto, sfruttando questa mossa per portare il tuo spirito direttamente nel mondo dell’Ade. Non sarà la versione perfetta di questo attacco, ma contro chi non possiede immortali ali su cui viaggiare, né conosce il vero potere dello Spirito, basterà", tagliò corto Kano del Pavone, mentre il cosmo attorno a lui diventava dorato, come già accaduto un anno prima nella battaglia in India, "Rikkudo Rinne", sentenziò semplicemente il santo di Atena, utilizzando il colpo noto come la "Volta di Minosse" su uno stupefatto nemico.

"Shintenshin", cercò di esclamare Ko di Baku, mentre già le vestigia del Leone dell’Incubo abbandonavano il corpo di Kaor, ma fu troppo tardi: mentre il suo spirito cercava di abbandonare il cadavere dell’asceta, fu risucchiato dal potente invito al mondo dei morti, dove si perse, assieme all’energia cosmica che tanto oscuramente lo caratterizzava.

La battaglia era finita ed il cosmo di Kano si quietò, mentre questi sollevava con delicatezza il cadavere del maestro, portandolo al centro dell’ampia sala e coprendolo, il meglio possibile, con parte del tappeto che si trovava sotto i suoi piedi, "Perdonatemi, maestro, se non posso già ora riportarvi al vostro sepolcro, ma ancora la battaglia attende i miei compagni nelle sale superiori, quindi non posso lasciarli soli allo scontro, sarò lì, a dar loro man forte, per quanto mi sia possibile date le ferite", sussurrò appena il cavaliere d’argento, chinando il capo in segno di saluto e voltandosi poi verso la scalinata che i compagni avevano percorso, così da avanzare verso le stanze della Bestia Sanguinaria, dove avrebbe raggiunto gli alleati.

Lungo la strada di destra, intanto, mentre ancora la battaglia fra Kano ed il suo avversario infuriava, i quattro sciamani pellerossa raggiunsero l’entrata della seconda sala, quella della Donnola Volante.

"Ecco dunque il nostro primo nemico, Hayoka, un nemico che già ben conosciamo però, colui che ha invaso le nostre terre ed ucciso un compagno sciamano", esordì Hornwer del Cervo, entrando per primo nella sala.

"Vi aspettavo, sciamani, per aggiungere anche le vostre teste alla mia collezione", affermò con tono deciso una voce, mentre il gruppo di guerrieri s’introduceva in un’ampia vallata, simile più ad un deserto che ad una vera sala, al cui centro si trovava Hyui del Kamaitachi.

"Lui è mio", esclamò in uno scatto d’ira Peckend del Picchio, facendosi avanti con incredibile rapidità, pronto ad iniziare fin da subito la battaglia.