Capitolo 41: Doppio scontro

Nella zona centrale dell’accampamento Hayoka, Steno, la Gorgone, camminava con impressionante calma fra i diversi nemici paralizzati, finché non si fermò dinanzi ad una delle tende.

"Mudjekwis, sei l’unico rimasto, mostrati a noi, oppure attendi, mentre i miei alleati massacrano le vostre guardie ai confini. Li senti, non è vero divinità pellerossa? Senti i cosmi di coloro che si trovano sui versanti Occidentale, Meridionale ed Orientale, stanno tutti combattendo, mentre quel povero sciocco della zona Nord sta correndo qui, verso la sua stessa fine", affermò il mostro antico, "Forza, divinità pellerossa. Mi è stato assicurato che voi combattete sempre per il bene dei vostri fedeli, allora avanti, affrontami", sfidò con fare sfrontato la Gorgone, mentre il grigio cosmo lasciava ondulare come serpenti i suoi capelli.

Passarono alcuni attimi di silenzio, nessuno dei cavalieri riusciva ormai più ad emettere un suono per effetto dell’Incanto della Sfinge, ma alla fine la tenda si spalancò, la divinità apparve, nella sua forma umana, dietro Mudjekwis, disposte a croce, vi erano le quattro Chiavi, ancora poggiate al suolo.

"Ti ho concesso di vederle, mostro, ma non avrai mai modo di usarle per risvegliare la Bestia", avvisò il dio pellerossa, mentre il cosmo s’espandeva vasto e pronto alla lotta, come lo era anche un altro, ben più umano, al confine Orientale.

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Taimap del Castoro osservava con stupore la maestosa bestia che si trovava davanti: un cane gigantesco, dalla nera pelle ed ornato da tre teste ringhianti, "Non so chi tu sia, mostro, né quale inferno ti abbia rigettato, ma sappi che non avrai possibilità di vittoria sul versante orientale dei sacri confini Hayoka, poiché sarò io a fermarti", minacciò con tono sicuro di se il pellerossa.

Il cosmo bianco del nativo americano circondò l’avambraccio destro, mentre questi attendeva una qualsiasi risposta dal mostro nemico, risposta che non giunse, "Bene, creatura infernale, se l’azione che cerchi, hai trovato qualcuno che anela alla medesima esperienza", continuò, quasi in un monologo, il Guardiano della Primavera, prima di scatenare il proprio attacco.

"Great Anvil", urlò Taimap, mentre gli incisivi sul bracciale destro, ora molto più simili alle lame di un'incudine, si lanciavano con furia contro il gigantesco bersaglio oscuro, trapassandolo da parte a parte.

L’Hayoka vide la belva colpita, ma né sangue, né ferita si sviluppò sul suo corpo, solo allora il nativo americano comprese che quella era un’illusione ottica, ma non riuscì a capire che sotto quello strato d’energia cosmica si trovava il nemico.

"Ti nascondi dunque, codardo? Pensavo di trovarmi di fronte ad un impavido mostro, mentre sembra che invece vi sia solo un insulso uomo ad affrontarmi", ringhiò con rabbia il pellerossa, "Non ci nascondiamo, nostro stupido avversario", ribatté una secca voce dall’interno del cane a tre teste, "quella che vedi è la nostra mitologia forma, ma non avrai modo di vedere quella attuale, perché cadrai adesso", continuò il nemico, mentre un potente cosmo s’espandeva dal lato destro della belva energetica.

"Zampata devastante", tuonò la voce avversa, prima che dal fianco destro del cane partisse un’onda d’urto dalla potenza tale da sollevare Taimap da terra e schiantarlo a decine di passi di distanza, con l’armatura distrutta in più punti.

"Ti ringrazio", sussurrò l’Hayoka, "di avermi indicato da dove colpire", continuò, mentre le due lame dell’incudine, che ancora non avevano fatto ritorno sul braccio, si mossero, quasi spinte da una volontà propria, dirigendosi verso il fianco destro della belva d’energia.

"Zampata devastante", fu l’unica replica a quell’attacco, tanto violenta da annullarlo, prima di correre nuovamente verso il guerriero del Castoro, ancora a terra, ferito.

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La divinità pellerossa, intanto, non proferì parola alcuna dinanzi a Steno, ma si lanciò subito all’attacco con i maestosi artigli che portava sugli avambracci, calandoli con furiosa ira sul capo della Gorgone, che parve sorridere, per come s’incresparono le piccole iridi simili a quelle di un serpente.

"Misero attacco questo", ebbe il tempo di commentare la creatura, prima di sollevare gli avambracci e bloccare con quelli gli artigli di Mudjekewis, "ben poca cosa sono per me questi attacchi", lo ammonì Steno, mentre con una prova di forza inimmaginabile dalla sua esile figura, rigettò indietro con estrema facilità il corpo della divinità, come si sarebbe fatto con una semplice mosca fastidiosa.

Il dio rappresentante un Grizzly, però, non cadde al suolo, riuscì anzi a sostenersi in piedi con estrema abilità, "Non ti concederò un altro colpo fortunato, invasore", tuonò Mudjekewis, mentre con due fendenti solcava l’aria, scatenando delle ondate d’energia cosmica contro l’avversario.

Il mostro proruppe in una smorfia divertita per il colpo lanciatogli contro, "Questa miseria non può sconfiggermi", spiegò con tono divertito il mostro, prima che il cosmo intorno a lei disperdesse quello del divino nemico, frantumando due alberi ai suoi lati, "patetica divinità minore", osservò con un filo di voce l’apparentemente invincibile avversaria, provocando il dio pellerossa.

Mudjekewis fu facilmente intrappolato dalle parole di derisione del suo avversario e come un vero e proprio Grizzly si lanciò contro di lui, menando potentissimi fendenti con ambo le mani, che produssero diverse ondate d’energia, antecedenti al vero assalto della divinità.

Ogni ondata d’energia, però, andò persa dinanzi al cosmo della mitologica creatura, poi, quest’ultima, con estrema facilità spostò con il solo braccio destro l’intero corpo della divinità, e quindi, avvicinatosi oltre lo spazio minimo che vi era fra i due, ne bloccò le gambe con un veloce movimento del suo arto inferiore sinistro, per far perdere al dio l’equilibrio e lo colpì infine con un potente diretto al ventre, frantumando le sue celesti vestigia e gettandolo al suolo, a diversi passi di distanza.

"Credevi forse che l’ultima delle Gorgoni fosse una debole creatura? La tua semplice forza bruta, dio pellerossa, niente potrà contro Steno, la più forte delle tre, inferiore per intelligenza a Medusa, e di certo incapace di volare come Euriale, ma dall’era del mito io sono sempre stata Steno, colei dal pugno più potente", spiegò la creatura mostruosa, mentre i lunghi capelli verdi iniziavano ad ondulare, come se in possesso di una vita propria.

Mudjekewis parve immobilizzato, d’improvviso il suo cosmo si paralizzò, come se qualcosa avesse avuto sopravvento sulla sua volontà e la Gorgone ne approfittò, iniziando a colpire ripetutamente con violenti pugni l’armatura divina, mandandola in frantumi e lasciando che il sangue della divinità bagnasse le sue vestigia, mentre alte risate di soddisfazione prorompevano da sotto la sua maschera.

La furia dei pugni scatenati da Steno fu interrotta solo dal sopraggiungere di alcuni passi: Shiqo della Lontra era ormai giunto sul campo di battaglia centrale.

"Sfinge, lascialo a me, in fondo questa divinità non mi ancora dato alcuna soddisfazione", sussurrò la Gorgone, allontanandosi dalla preda, che rimase stesa al suolo, sanguinante e voltandosi verso l’Hayoka che correva verso il gruppo di alleati.

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L’attacco devastante del nero cane a Tre teste si era schiantato contro Taimap del Castoro, ma questi aveva sussurrato delle parole che, inizialmente si persero nel vento, parole che indicavano la sua difesa; la stessa che, il suo vero avversario, poté notare non appena la polvere dell’attacco si diradò. L’Hayoka del Castoro aveva preso uno scudo, ma non uno scudo qualsiasi, bensì un’arma dalla forma di croce, i cui rami sembravano essere le zampe del suo animale guida, circondate da delle placche metalliche, così da renderla una protezione dinanzi agli attacchi nemici.

"Paws Shield", esordì subito Taimap, "le zampe del Castoro, che sono perfetta difesa come altrettanto potenti sono i denti del sacro animale, ottima arma offensiva", spiegò con voce serena l’Hayoka, mostrando con orgoglio le proprie armi, "quando però i denti non servono all’offensiva, allora è tempo che la difesa si unisca all’offesa", avvisò ancora il pellerossa, "ora ti mostrerò la vera abilità di questo scudo", concluse il guerriero.

Solo una risata proruppe dalla belva nera, che pareva non intimorirsi per così poco, "Se vuoi batterci, sciocco pellerossa, dovrai fare di meglio, ma, soprattutto, dovrai prima trovarci", avvisò il misterioso avversario, sottolineando la propria sicurezza con quelle parole.

"Non sottovalutarmi oltre, mio nemico", ribatté con tono serio Taimap, in cui la foga guerriera pareva aver lasciato il posto ad una nuova ed inattesa calma, "è vero ciò che dice il mio comandante: troppo spesso il sangue mi va alla testa, impedendomi di ragionare, ma i colpi che hai portato a segno mi hanno aperto gli occhi", avvisò il guerriero pellerossa, "non con assalti illogici potrò vincerti, bensì utilizzando tutte le mie abilità, fra cui questo scudo brillante", concluse, lanciando l’arma difensiva verso la belva nera.

Lo scudo roteò verso il maestoso cane a tre Teste, perdendosi al suo interno, "Fai sempre lo stesso errore", lo ammonì il misterioso nemico, con sarcastica soddisfazione, ma stavolta Taimap non lo ascoltava, stavolta il guerriero era intento a seguire qualcosa di diverso, i suoi occhi erano chiusi e la sua mente concentrata in ben altre azioni.

La figura celata all’interno del proprio cosmo vide lo scudo oltrepassare quell’illusione all’altezza di una delle tre teste, ma non se ne preoccupò, anzi derise il nemico con sicurezza mal celata, finché, inaspettatamente, l’arma composta dalle zampe del Castoro iniziò a roteare su se stessa, aumentando la propria velocità di rotazione: non stava colpendo alcun oggetto, né era intenta in qualche tipo d’assalto, bensì era ferma, roteava solo sul proprio asse, come intenta a guardarsi intorno.

Qualcosa di esterno alla volontà di quell’invasore lo portò a capire: "Energia psichica", sussurrò il misterioso individuo, "ma non basterà contro la Forza Fisica", concluse ridacchiando.

"La prima delle tue affermazioni è esatta, mio avversario", esordì allora Taimap, sempre immobile nella propria posizione, "il mio vero potere sta nella mente, come mi ripete sempre Hornwer, per quanto non sia solito usarlo; la rotazione dello scudo sviluppa una vibrazione nell’aria e la mia mente, aprendosi all’intera vastità di questa zona, riesce a percepire dove finisce il tuo cosmo ed inizia la persona", spiegò il guerriero pellerossa, "sai, pensavo fossi più alto", ridacchiò l’Hayoka.

"Ora, però, basta parlare, come ti avevo detto, solo la prima delle tue affermazioni era giusta, la seconda è sbagliata: non basterà la forza fisica per fermare il mio attacco", affermò il nativo americano del Castoro, "Paws shield", tuonò di nuovo, mentre l’arma si gettava, carica d’energia cosmica, contro il proprio bersaglio.

"Lo vedremo", ringhiò di rimando il nemico, il cui tono della voce era ora esaltato dalla sfida e le mani, massicce, si gettarono contro lo scudo del Castoro, bloccandone la rotazione e contrastandone, con l’energia cosmica che le circondava, l’assalto.

Devastante fu l’impatto fra le due forze: quella della mente di Taimap e quella fisica del suo nemico, tanto che la belva d’energia cosmica si diradò, ma, prima che l’Hayoka potesse vedere il volto del suo avversario, un’esplosione d’energia lo accecò per alcuni secondi, pareva quasi che ora l’invasore avesse deciso di combattere in modo diverso, si doveva solo vedere quale.

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Shiqo della Lontra avvertiva il cosmo del guerriero del Castoro affaticarsi e sentiva anche Vake combattere contro un nemico di certo a lui superiore per potenza, ma in quel momento nessuna di quelle due sensazioni lo preoccupava, neppure sapere Bow e Daidaros intenti in una terza battaglia e l’invasore della zona settentrionale dirigersi verso l’Hayoka del Serpente lo interessava; tutto ciò che la mente del Primo Guardiano dell’Inverno focalizzava era l’immagine di Waboose e Golia, paralizzati, e di Mudjekewis, sanguinante a terra, quella scena rese ancora più cieca la mente del nativo americano che si lanciò ancora di più in una corsa senza sosta.

Il cosmo dell’Hayoka pareva brillare di molteplici colori, ma era chiaramente scosso, fin troppo privo di quella necessaria per focalizzare un attacco.

"Così, divinità pellerossa, questi sarebbero i vostri guerrieri? Non ho nemmeno bisogno di sporcarmi le mani contro una nullità del genere", ammonì Steno, osservando la preda che si avvicinava, "anzi, non dovrò neppure toccarlo", aggiunse ironica, staccandosi un verde capello e lanciandolo verso l’Hayoka, ancora distante.

Quel sottile e verde capello, però, non cadde al suolo, bensì, carico d’energia cosmica, divenne un serpente dalle argentee squame, che volò con rapidità contro il suo bersaglio, roteando su se stesso, come un anello rotante.

"Che cosa?", esclamò Shiqo, non appena s’avvide dell’attacco che era stato scatenato contro di lui, già pronto alla battaglia, ma, quando sferrò un pugno, ricolmo d’energia cosmica, per deviare quella serpe, l’animale lo evitò, cingendone l’addome e legando la propria coda al braccio destro, mentre già ne paralizzava il sinistro con la testa.

Un urlo di dolore proruppe allora dalle labbra dell’Hayoka della Lontra, mentre la presa della serpe si faceva sempre più stretta, costringendo alla paralisi la preda, che cadde al suolo, incapace di liberarsi.

"Resta pure immobile, piccolo mortale, ed osserva la fine che fa chi si oppone alla Nera Imperatrice ed alla liberazione di colui che ci guiderà!", urlò con tono beffardo Steno, voltandosi verso Waboose.

"Noi sfruttavamo i Portatori di Luce ed i Generali Oscuri, ma almeno i figli della mia Imperatrice, coloro che lei ha voluto tenere per l’attacco finale, sono per certo migliori di queste misere difese che voi, sciocche divinità pellerossa, avete approntato: un gruppetto di cavalieri che sono stati ingannati dalla Sfinge e quattro guardiani? Per di più, di questi guardiani, uno ha abbandonato il suo posto, due stanno combattendo battaglie che non potranno vincere e l’ultimo rifiuta lo scontro nascondendosi dietro una barriera difensiva", concluse ironica la Gorgone, prima che il rumore dei passi di Mudjekewis che si rialzava non la riportasse al suo compito primario.

"Sei pronto a morire, divinità pellerossa?", domandò la creatura mitologica, "No, tu cadrai, invasore delle terre a noi care, per la forza maestosa del mio Artiglio", avvisò la divinità, mentre l’intero braccio destro brillava d’energia, prima di schiantarsi al suolo.

Con un urlo dagli antichi significati, il colpo di Mudjekewis si scatenò con furia, sollevando parte del terreno intorno a lui. Intere rocce sembrarono quasi animarsi, insieme alle immense radici della vegetazione che li circondava e questa furia, proveniente dal terreno, aprì un giganteschi canyon intorno alla Gorgone, preannunciando con quale furia la natura si sarebbe schiantata contro di lei.

Quella furia fu però celata dall’altissima cenere e dalla polvere che quel terremoto celeste provocarono, cenere che, solo quando si sarebbe diradata, avrebbe rivelato l’esito dell’attacco.

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Taimap non ci mise molto ad abituarsi a quella luce: ormai la calma che lo aveva conquistato aveva fatto sì che non si basasse più sulla furia dei sensi per attaccare, bensì su quieti ragionamenti.

L’Hayoka sapeva di trovarsi dinanzi ad un nemico potente, ciò lo eccitava, proprio come aveva esaltato il suo avversario poc’anzi; ormai, anche se fosse caduto in quella battaglia, il suo spirito era in pace con se stesso: aveva avuto il suo scontro, uno scontro che, per quanto breve, stava rivelandosi per lui una continua sorpresa, era quello il duello che aveva sognato per i lunghi anni di meditazioni, percependo i guerrieri di Atena combattere contro Urano, Pontos, Gea, gli Horsemen, tutti nemici contro cui aveva potuto agire solo dopo che la loro furia aveva portato morte e distruzione, nemici che non aveva potuto affrontare.

L’avversario dinanzi all’Hayoka pareva anch’egli diverso da prima: non vi era più sarcasmo ed esaltazione nel suo portamento, ma un’eleganza che poc’anzi il pellerossa non aveva percepito, l’eleganza di un vero guerriero.

"Ti facciamo i nostri complimenti", esordì il nemico, di cui Taimap non riusciva a distinguere l’immagine, ma conosceva la posizione, "non pensavamo che una misera creatura umana avrebbe trovato il modo per costringerci a rivelare questa parte di noi", continuò l’invasore, "in cambio di tale, ulteriore, fatica, ti concediamo di sapere il nostro nome, un nome che ha origine nel mito, da cui anche i nostri famigliari provengono: Cerbero", si presentò l’avversario.

"Cerbero, la belva a guardia degli Inferi, un nome degno di un essere che si nasconde dietro un’immagine del genere e che parla di se stesso al plurale", si congratulò l’Hayoka, "Quanto poco, alla fin fine sembri aver capito", lo ammonì allora l’altro, espandendo di nuovo il proprio cosmo.

In quell’emanazione energetica, Taimap avvertì la furia guerriera del nemico, "La battaglia deve giungere al termine, guerriero, con la nostra vittoria, o sconfitta", esordì Cerbero, "attaccaci con il tuo colpo migliore, noi ti risponderemo con altrettanta veemenza", concluse, mentre la sua figura univa le mani dinanzi agli appannati occhi del pellerossa.

"Non mi serve vederti a pieno per scatenare il mio assalto contro di te", avvisò allora il guardiano della Primavera; "Tail Impact", continuò subito dopo, mentre il taglio della mano segnava il suolo, creando una gigantesca onda d’energia psichica, simile alla gigantesca coda dell’animale, che si lanciava con furente precisione contro il bersaglio, come un maglio dalla potenza devastante.

L’urlo di Taimap sovrastò quello del nemico, impedendo di sentire il nome del suo attacco, ma non altrettanto fece il maglio d’energia psichica, che fu facilmente annullato da un’ondata d’energia spirituale, che, trapassato l’attacco, investì con spaventosa veemenza il pellerossa, perforandone l’armatura e lo sterno e gettando il corpo contro una parete rocciosa, prima che anche questa cadesse in briciole.

"Questa è la forza di una creatura del Mito, nostro giovane avversario", esordì allora la figura, avvicinandosi al moribondo Hayoka, "non la furia del cosmo, né la calma della mente, se mal equilibrate, potranno mai fermarla. Mi dispiace per te, giovane ed insulso uomo, ma la tua misera vita è finita nel momento stesso in cui il Fato ha deciso che voi ci foste nemici, anticipando la fine che toccherà all’intera vostra misera razza umana, non appena il nostro Messaggero si risveglierà", concluse Cerbero, osservando Taimap spirare, con un sorriso soddisfatto sul volto, per l’impetuosa battaglia combattuta.

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La cenere si diradò nella zona centrale dell’accampamento Hayoka, proprio mentre il cosmo dell’Hayoka del Castoro si spegneva e quello di Vake, si era ormai da tempo smorzato per l’attacco a tradimento del Nero Leone.

"Due nostri guerrieri sono caduti, ma in loro onore ho spento la vile creatura che guidava questi invasori", sussurrò Mudjekewis, mentre il terreno frantumato dinanzi a lui rivelava l’assenza della carcassa di Steno.

"Che cosa? Dove può essere andata?", esclamò il dio pellerossa, prima che una figura apparisse dal terreno alle sue spalle, colpendolo con una violenza tale alla schiena da frantumare l’armatura e produrre il sordo rumore di ossa che si spezzava lungo la spina dorsale.

"Bel colpo, Mudjekewis, hai dimostrato che, in fondo, anche tu eri padrone di una certa forza, forza che ora sarà libagione per i miei fedeli cuccioli", sussurrò la Gorgone, mentre la verde chioma si sollevava, prendendo la forma di centinaia di serpenti che, all’unisono, morsero con famelica furia il corpo del dio Grizzly, sollevandolo da terra.

Per degli interminabili secondi tutti osservarono inorriditi la scena: i serpenti parevano succhiare la vita dal corpo di Mudjekewis, ma, in cambio, stavano lasciando un siero ben più mortale in lui, un siero che ne pietrificava le carni, finché, alla fine del gustoso pasto, il corpo di pietra della divinità ricadde sordo al suolo.

"Ora che il pasto è compiuto, non resta che un’ultima missione da compiere", aggiunse divertita Steno, voltandosi verso la tenda da cui era uscita l’ormai defunta divinità ed entrandovi pochi attimi dopo.

La Gorgone uscì subito dopo con le quattro Chiavi fra le mani, "Possiamo andare, Sfinge, non abbiamo più niente da temere da costoro, ci vorranno alcuni minuti prima che riescano a liberarsi del tuo incanto e quel loro compagno non si libererà di certo da solo del mio cucciolo. È tempo che Egli venga risvegliato", concluse Steno, scomparendo dal campo di battaglia assieme all’altra creatura mitologica e portando con loro le quattro chiavi.

Cerbero, che da poco aveva concluso la propria battaglia con l’Hayoka del Castoro, non appena sentì scomparire i cosmi nella zona centrale, abbandonò il confine orientale del territorio pellerossa, lasciando il dilaniato cadavere del suo avversario al suolo, mentre di nuovo la maestosa figura del cane a Tre teste ne nascondeva la figura.

Il Leone Nero, che aveva da poco abbandonato il confine occidentale, lasciando il moribondo e stordito Vake al suolo, fermò il suo passo, quando ormai era prossimo al campo di battaglia meridionale e, in un nero bagliore, scomparve dall’accampamento Hayoka, come già Cerbero, non appena sentì sparire i due cosmi nella zona centrale.

Bow dello Storione e Daidaros di Cefeo avevano seguito con stupore l’evolversi degli scontri ed un’immensa tristezza si era dipinta sul volto del primo non appena aveva avvertito spegnersi il cosmo della divinità Grizzly.

"Stanno abbandonando l’accampamento", osservò allora il figlio di Shun, mentre già la scarlatta serpe pareva aver interrotto i suoi assalti alla barriera difensiva, "anche i nostri nemici sembrano desiderosi di lasciare questa battaglia senza una conclusione specifica", concluse.

"Certo, la loro funzione era solo quella di distrarci: io sono stato uno sciocco a cadere nella loro trappola! Ho lasciato che Vake e Taimap cadessero, che il divino Mudjekewis fosse ucciso! Come potrò mai perdonarmi tutto ciò", sussurrò con le lacrime agli occhi l’Hayoka dello Storione, mentre il mostro a loro anteposto scompariva, lasciando il campo di battaglia meridionale.

Pochi attimi dopo, la goccia di colore si scompose intorno al pellerossa ed al Silver saint; Daidaros non sapeva se poteva lasciare in quelle condizioni l’alleato, che ora pareva spiritualmente abbattuto, ma fu proprio Bow il primo a parlare: "Non preoccuparti per me, cavaliere d’argento, non sarà per così poco che la mia mente crollerà. Oggi ho capito che con la sola difesa non si può ottenere la vittoria, ora dovrò dimostrare il valore di questa lezione nella mia prossima battaglia, in onore dei compagni caduti"; così parlò l’Hayoka, più rivolto a se stesso che al figlio di Shun.

"Ti prego di una cosa, Daidaros, vai sul confine Occidentale e recupera il corpo di Vake, poi raggiungimi nella zona centrale, lì aiuteremo i nostri compagni e ci organizzeremo per l’ultima battaglia", continuò dopo una lunga pausa Bow, "Sì, va bene, tu, però, dove andrai?", chiese allora il cavaliere d’argento, "A prendere il corpo di Taimap", rispose semplicemente e tristemente l’altro, prima che i due abbandonassero il confine meridionale.

Una battaglia era stata persa, ma la guerra doveva ancora finire in quel lungo giorno.