Capitolo 47: La forza di un uomo

Nella grotta in cui Amaterasu aveva celato la propria presenza al mondo, la figura di Dorton del Cinghiale, Runouni di Giada alleato dei cavalieri durante la battaglia contro gli Horsemen, si stagliava sicura fra coloro che era andato a soccorrere e la creatura che li aveva assaliti.

"Uno dei dodici guerrieri di Giada?", esclamò stupita Lihat del Falco Rosso, "Sì, questi è Dorton, nostro compagno nella passata battaglia ed amico", lo presentò prontamente Ryo di Libra, "guerriero degno d’alta fiducia che ci sarà di certo di supporto in questa battaglia." , concluse il santo d’oro.

"Dici bene, figlio di Shiryu, sono giunto proprio per esservi d’aiuto, vincendo questo nemico che vi ostacola la ritirata." , spiegò il guerriero dello zodiaco cinese, "Ma come hai saputo di questa battaglia?", domandò allora Esmeria di Suzaku, prima che i passi del loro nemico interrompessero le domande.

Ora, finalmente, Ortro si manifestava nella sua forma umana, rivelandosi come un alto e snello guerriero dall’elmo bifronte, rappresentante le due facce ringhianti di un cane, i cui colli costituivano le spalliere, mentre la spessa pelle della belva, ricostruita dalle nere vestigia, ricopriva il corpo di chi era dominato da si fatta fiera mitologica. Il viso era celato dalle due mezze facce, che si congiungevano sull’asse verticale dell’uomo, mentre le zanne ringhianti erano poste sui lati della nuca; solo gli occhi rossi si distinguevano in quella tetra maschera, che metteva in risalto i profili delle due teste di cane.

"Un nuovo uomo è giunto a fare da preda al guardiano dei pascoli di Gerione, a me, Ortro, figlio di Tifone ed Echidna!", esclamò con furia, dettata di certo dal precedente colpo che l’aveva costretto ad indietreggiare, il mostro mitologico.

"So bene di chi sei figlio, creatura ancestrale, noi, che giungiamo come seconda ondata, in soccorso dei guerrieri che hanno vinto Amaterasu ed Erebo siamo stati avvisati del nuovo pericolo risvegliato dopo la sconfitta degli Horsemen. Non sperare che le tue mitologiche origini mi siano di sorpresa alcuna!", minacciò Dorton, sollevando con determinazione le zanne sull’avambraccio destro, per poi scattare con fermezza contro l’avversario.

Le lame sul braccio sinistro del Runouni cozzarono con violenza con l’arto destro del nemico, che, incurante della ferita subita, scagliò un violentissimo gancio destro al volto del guerriero di Giada, il quale, investito da una forza quasi indescrivibile, indietreggiò di pochi passi, lasciando la presa sull’arto ferito.

Il cosmo sulle braccia d’Ortro brillò di un duplice colore, in parte accecante, in parte scuro come la notte senza stelle, quell’energia circondò gli arti della belva mitologica che subito si scagliò in una veloce serie di ganci allo stomaco del suo mortale avversario, il quale, calando le Saber Horns a difesa dell’addome, fu comunque costretto ad indietreggiare di alcuni passi dinanzi alla violenza dei colpi nemici. La ritirata non fu però la strategia che il Runouni continuò ad utilizzare, infatti, dopo una prima serie di pugni, il cosmo luminoso e color dello smeraldo del guerriero d’Oriente esplose, quasi abbagliando tutti i presenti, mentre veloci le zanne del Cinghiale andavano in ricerca del loro nemico, dapprima spazzando l’aria fra i due con l’arto sinistro, che produsse una lieve onda d’urto, facendo barcollare Ortro, per poi colpirlo con violenza con un montante destro, capace di sollevare da terra la mitologica belva e scagliarlo al suolo, a diversi passi di distanza.

Il cane a due teste, però, non crollò rovinosamente al suolo, bensì, sostenendosi con le mani, arrivando persino a spezzarsi alcune dita per l’attrito della caduta, si scagliò contro il nemico con tutto il peso del proprio corpo, tanto da gettare a terra Dorton, una volta investitolo.

Ortro era ora sopra il suo nemico, bloccandone i movimenti con il peso del proprio corpo, iniziò ad investirlo con violentissimi pugni all’elmo, colpi carichi di un’energia simile a quella che già poc’anzi aveva dimostrato, una forza che combinava insieme luce ed ombra.

Quando ormai le vestigia di giada attorno al capo del guerriero d’Oriente stavano iniziando a cedere, Dorton conficcò le zanne dell’arto destro nell’addome del nemico e mentre questi, incurante della ferita continuava a colpirlo, il Runouni lasciò esplodere il proprio cosmo attraverso l’avambraccio, producendo un’ondata d’energia tale da scagliare la mitologica belva a diversi passi di distanza, fino a farlo schiantare contro la parete di pietra che segnava l’entrata nella grotta.

"Quale violenza…", balbettò stupita Lihat del Falco Rosso, mentre ormai il gruppo di guerrieri che aveva combattuto contro i Portatori di Luce di Amaterasu si era riunito per osservare lo scontro di chi era giunto in loro soccorso.

"E’ vero, Lihat, uno scontro così impetuoso è difficile da immaginare, ma da una parte vi è un mostro dalle mitologiche origini, un figlio della Bestia, che sfruttando un corpo umano, di cui nulla gli interessa, va avanti assalendo con forza l’avversario, mentre dall’altra parte uno dei dodici seguaci dell’Imperatore di Giada usa tutta la sua determinazione e forza d’uomo mortale per vincere un mitologico essere." , analizzò Peckend, che scrutava preoccupato il susseguirsi dello scontro.

"Dici bene, Hayoka del Picchio, questi che ci supporta non è di certo un membro della Folgore Bianca, bensì un guerriero dell’esercito che l’Imperatore di Giada creò ad immagine e somiglianza di quella forma divina per difendere il mondo dagli Horsemen…", spiegò Hornwer, mentre tutti osservavano incuriositi quel dialogo fra i tre pellerossa.

"Folgore Bianca?", ripeté perplessa Esmeria, come se quelle parole non le fossero del tutto ignote, "Voi sapete degli originali da cui furono copiate le nostre vestigia?", ebbe appena il tempo di chiedere Dorton, prima che il cosmo del suo nemico si facesse di nuovo presente, feroce e più determinato che mai, contro di lui.

"Il tempo delle schermaglie è finito, sciocco mortale, fin troppo mi hai fatto dilungare in questa nostra battaglia!", avvisò la voce di Ortro, prima ancora che la sua figura si distinguesse con chiarezza, "Non sperare che la tua misera capacità di guerriero ti permette di troneggiare nel mito vicino ad Eracle, unico essere, poiché figlio di divinità, che riuscì a battermi", tagliò corto il mitologico nemico, mentre già il cosmo intorno a lui brillava in un accecante luce, che ormai lo circondava del tutto.

L’energia cosmica, però, d’un tratto si ridusse, diventando una piccola ed incandescente sfera nel suo palmo sinistro, "Forza, vieni avanti!", ringhiò la belva; parole che Dorton non gli diede il tempo di ripetere, espandendo al massimo il proprio cosmo e scagliandosi all’assalto alla velocità della luce.

"Cinghiale Furente!", tuonò il Runouni, mentre già una striscia di scintille verdi smeraldo restava dietro il guerriero in carica, pronto a scagliarsi con tutto il peso del suo corpo disposto sulla spalliera sinistra contro il proprio avversario.

"Immaginavo avessi un colpo del genere, voi miseri uomini siete così ovvi…", sbeffeggiò con un filo di voce l’essere mitologico, mentre il globo di luce si disponeva sulle mani di Ortro, quasi rendendole incandescenti, producendo dei danni sulla pelle stesse dell’uomo che lo ospitava contro la sua stessa volontà.

"Palmi del Sole!", esclamò con incredibile determinazione il figlio di Tifone, mentre, gettando in avanti le mani, bloccò con incredibile facilità un basito Dorton, la cui spalliera sinistra, parve quasi sciogliersi prima che la forza della presa nemica la frantumasse, per poi produrre, al contatto con la pelle del Runouni, delle profonde ustioni.

Urla di dolore proruppero dalla bocca del guerriero di Giada, mentre con un veloce movimento cercava di allontanare il nemico, danneggiandogli la maschera con le zanne del braccio destro, gesto inutile, poiché bastò un semplice movimento dell’avambraccio sinistro di Ortro, perché il Runouni fermasse il proprio attacco, perché ustionato anche a quel braccio.

"La forza della Luce, il calore che essa genera, brilla attraverso le zampe anteriori di Ortro, guardiano delle pascoli di Gerione, che in se congiunge il dualismo del giorno e della notte. Non puoi sperare di liberarti, puoi solo accettare di ardere all’abbagliante calore del mattino!", esclamò con determinazione il mitico nemico, mentre già avvicinava la mano sinistra al volto del guerriero di Giada.

Incapace di liberarsi mediante l’uso delle Saber Horns, Dorton decise di compiere l’unico gesto che, in quel momento, sembrava concedergli una certa possibilità di muoversi ed allontanarsi, così, con un movimento portato alla velocità della luce, sollevò dal suolo la gamba destra, sferrando un veloce calcio al ginocchio del nemico con una violenza tale da romperglielo.

Malgrado il Cane a Due teste fosse incurante del dolore prodottogli dalle ferite del nemico, non poté lo stesso impedire che, per il colpo subito, il suo corpo crollasse all’indietro, privo dell’equilibrio che la stabilità sulle gambe gli concedeva; così, fu costretto a lasciare la presa sul nemico che, gravemente ustionato alla spalla sinistra, compì due veloci balzi indietro, per allontanarsi dal mitologico essere.

"Non devi ferirlo oltre!", esclamò Lihat, all’indirizzo del guerriero di Giada, "Il corpo contro cui stai combattendo è quello di un semplice mortale, condannato ad essere strumento di morte nelle mani di una belva maligna! Non ha colpe alcune, non puoi ferirlo ed ucciderlo!", urlò la nativa americana.

"Facile a dirsi, alleata dei cavalieri di Atene, ma non altrettanto a farsi…", ammonì, dolorante, Dorton, "non posso permettermi di subire i suoi continui assalti, né posso convincerlo alla resa con le parole, poiché in lui di certo non vi è la logica propria degli uomini, né apertura al dialogo verso i propri nemici", spiegò con tono serio il Runouni, mentre già Ortro si risollevava, facendo peso sulla gamba gravemente danneggiata, incurante della ferita.

Il cosmo del Cane a due teste, in quel momento, cambiò, da luminoso e caldo, divenne nero e carico di morte, quasi come una tetra notte d’inverno in cui soffia il vento gelido del nord, così anche l’aria che circondava la mitologica belva avrebbe rabbrividito il più coraggioso degli uomini che lo avesse visto e gli fosse passato vicino.

"Sta preparando un nuovo attacco…", analizzò Dorton, espandendo il cosmo luminoso attorno a se, "non mi farò trovare impreparato", concluse, già pronto ad attaccare.

I guerrieri tutti osservavano lo scontro, finché, d’improvviso, Lihat non fece un passo in avanti, "Dove vai, guerriera Hayoka?", domandò d’un tratto Ryo, intenzionato a fermarla, se non altro con le parole.

"Aiuterò il vostro compagno, egli non può uccidere in questo modo un semplice essere umano privo di colpa alcuna; so bene, però, che da solo non può nemmeno vincere, per questo gli sarò di supporto." , spiegò la guerriera del Falco Rosso, pronta ad oltrepassare il cavaliere d’oro.

"No, Lihat, non puoi intrometterti nella sua battaglia, nessuno di noi può, come nessuno di noi si è intromesso nella tua." , furono le semplici parole con cui Hornwer si oppose alla sua iniziativa.

"Ma comandante!", sbottò la ragazza, "Costui è un uomo e sta combattendo contro un essere mitologico… egli non è uno dei membri della Folgore Bianca, non è che il discendente delle loro copie mortali, un esempio sbiadito del loro potere, come può reggere il confronto con un figlio della Bestia senza dovergli procurare delle ferite mortali? No, devo intervenire nella battaglia, per salvare l’innocente che rischia la vita a causa di un mostro!", sbottò l’Hayoka.

"Stupidaggini…", fu la semplice, quanto inaspettata, risposta di Ryo, mentre tutti gli altri osservavano in silenzio i tre discutere ed i due contendenti caricare i propri cosmi.

"Ti sembra forse che Dorton voglia fare del male a quell’uomo? Egli comprende il pericolo di uccidere un innocente, ma sa anche che, in questa situazione, siamo tutti in pericolo all’interno di questa grotta, poiché tutti stremati, mentre quella belva che ci è avversa è ancora al massimo delle sue forze; se potrà, di certo il Runouni cercherà di salvare la vita di quella vittima ignara, ma non mettendo a rischio le nostre, o la sua.

Inoltre, giovane Hayoka, non consideri l’importanza che questa battaglia ha per lui, non comprendi quanto ardente sia la volontà di rivelare le proprie virtù in un guerriero che ha scelto, anche se per motivi diversi dai nostri, di seguire la via delle battaglie come seguace dell’esercito di Giada." , spiegò il figlio di Shiryu, voltandosi verso il Runouni e sorridendo nell’immaginare quali motivo lo guidassero in battaglia.

"Non conosco questi guerrieri della Folgore Bianca di cui parlate, Hayoka, ma posso dirvi che, anche se con maggiori difficoltà rispetto a chi ha sangue divino, anche gli uomini possono vincere le forze del Mito, mio padre ed i suoi compagni lo hanno dimostrato, noi stessi abbiamo avuto modo di dar prova di ciò in diverse occasioni." , concluse, dopo una breve pausa, il custode della Settima casa, riprendendo ad osservare l’evolversi dello scontro.

Il cosmo tetro che circondava Ortro aveva ormai raggiunto dimensioni innaturali, diventando vasto quanto l’intero antro ed altresì ben più scuro, "Non so quali convinzioni tu avessi quando sei sceso in campo contro di me, piccolo mortale, ma ora svanirà tutto, perdendosi nelle tenebre della notte eterna a cui ti condurrò!", minacciò il mostro, "Cadrai, stolto uomo, per aver osato sfidare un discendente del grande Urano, un figlio di Tifone; che solo Eracle, semidio e possente guerriero, ben superiore a quanto mai potrà essere un semplice mortale, riuscì a vincere. Mai errore più grande fu fatto da un uomo se non quello di sperare di vincere contro chi ha sangue divino! Ora cadrai ed in quel momento soltanto comprenderai a pieno la vastità del tuo fallimento!", tuonò ancora una volta il Cane a due Teste.

Un sorriso sul volto dolorante di Dorton, però, bloccò l’assalto prima ancora che avesse inizio, "Cosa c’è? Cosa ti diverte tanto, stolto uomo?", domandò infuriato Ortro, che ancora manteneva in stasi il proprio assalto.

La risposta del Runouni di Giada non tardò a farsi palese: "Divertente, in questo scontro, è il modo in cui tutti valutano la superiorità di un essere divino dinanzi ad uno mortale. La guerriera pellerossa stava poc’anzi suggerendo di aiutarmi, poiché non divina e la mia natura e la forza che mi muove; lo stesso dici tu, che mi paragoni di continuo a chi, nell’era del mito ti vinse.

Ebbene, ammetto che la forza di un essere mitologico è di molto superiore a quella di un uomo, ma non è la forza la vera matrice del cosmo, bensì la determinazione che lo rende splendente; questo ho appreso dai compagni caduti e le battaglie vissute!", esclamò Dorton, mentre, in un ruggito, il suo avversario si gettava di nuovo contro di lui.

"Ora vedremo quanto questa tua forza dettata dalla volontà sia grande, misero mortale!!", urlò con tutta la furia che aveva in corpo, il mostro mitologico, "Globo notturno!", tuonò infine, mentre la sfera nelle sue mani prorompeva verso l’avversario, come una piccola valanga di tenebre che, avvicinandosi, diventava sempre più vasta.

"Sia, demone, ti mostrerò con i fatti di cosa sono capace!", replicò con altrettanto accanimento il guerriero del Cinghiale, mentre già dalla sua mano scaturivano decine di fasci di luce, "Lighting Impact!", esclamò, scatenando l’attacco tanto simile al Lighting Plasma del cavaliere del Leone.

La sfera nera volò verso il reticolo di luce verde, ma, per quanto fitto quest’ultimo fosse, il globo oscuro non ebbe difficoltà ad attraversarlo, avendo ragione della rete che cercava di bloccarne l’avanzata, scagliandosi con incredibile violenza verso Dorton.

In quello stesso momento, fra le vaste zone desertiche della Cina, il pianto di un bambino echeggiava solitario in una piccola capanna, celata fra le vette sempiterne d’Oriente.

Una figura vestita d’abiti smeraldi apparve al fianco della culla da cui proveniva quel pianto, esili braccia sollevarono il bambino che stava piangendo, avvicinandolo al viso che a lui era noto.

"Non piangere, piccolo Fei-Ye", sussurrò la voce di Mamiya, "ben presto anche tuo padre sarà di ritorno,", continuò, "so che anche in te il microcosmo è ben sviluppato, perché figlio di due Runouni, ma non avvilirti per le prime percezioni che hai del mondo e delle sue battaglie… abbi fiducia, per il giorno in cui dovrai decidere se seguire le orme dei tuoi genitori, indossando le vestigia del Gallo, o meno, riuscirai anche a vedere la luce della speranza, quella che i nostri compagni cercavano di toglierci un tempo." , sussurrò colei che era la guerriera del Topo di Giada.

Mentre così parlava la madre al figlio, alla mente di lei tornarono i passati momenti vissuti con Dorton, sia in Grecia, quando lui era uno degli ebri e lei una vestale, sia quando partirono per l’Asia, dove, con l’inganno, rubandogli per lungo tempo la gioia di vivere, Ryoga della Lepre li aveva convinti ad unirsi ai Runouni di Giada.

Erano ormai ricordi lontani quelli, come lo erano le battaglie contro i guerrieri delle divinità olimpiche e la guerra contro gli Horsemen, avvenimenti vecchi di un anno, ma già allontanati dalla mente di Mamiya per la gioia della famiglia costruitasi, una gioia ora interrotta da questa nuova minaccia, che aveva spinto Dorton a scendere da solo in battaglia.

A quel pensiero, per un attimo, Mamiya fu presa dal dubbio: il suo sposo era un guerriero coraggioso, ma mai gli aveva visto vincere una battaglia, né contro il Berseker di Ares, né contro gli Horsemen; sapeva che spesso Dorton attaccava senza alcuna volontà di sopravvivere, semplicemente per vincere il nemico, lo aveva visto combattere in questo modo in più casi… un veloce strattone, dato dalla piccola manina del figlio, fece però rinascere il sorriso sul viso della Runouni del Topo, "Hai ragione, Fei-Ye, è inutile crucciarsi, tuo padre ha una grande forza, sono più che certa che la userà", concluse, parlando più a se stessa che al figlio, Mamiya.

I guerrieri riuniti nella grotta di Amaterasu osservarono incapaci la sfera oscura scagliarsi contro il Runouni, mentre la rete di luce che questi aveva generato per fermarla aveva fallito il suo intento.

"Guerriero cinese!", urlò Lihat, pronta ad intervenire in battaglia, ma nuovamente fermata da Ryo e Hornwer, "Osserva….", fu l’unica parola che l’Hayoka del Cervo disse all’altra pellerossa, mentre già qualcosa si delineava dentro la sfera oscura, disperdendola: erano due grandi ali rosse.

Una gigantesca aquila d’energia luminosa si era infatti disposta intorno a Dorton, coprendolo con la vastità del proprio corpo, "Divino Wabun", esclamò sorpresa l’Hayoka del Falco Rosso, osservando come la divinità aveva difeso il Runouni, per poi allontanarsi dal campo di battaglia.

Lo stesso Ortro apparve sbalordito da quell’inaspettato intervento, ma subito la calma e la sicurezza ripreso il figlio di Tifone, che anzi non tardò a sbeffeggiare il suo nemico: "Visto, misero uomo? Hai avuto bisogno dell’aiuto di una divinità minore come quel dio pellerossa, per difenderti dal mio attacco!", tuonò il Cane a due teste.

"Dici il vero", analizzò con distacco Dorton, "solo l’aiuto di una divinità mi ha salvato dalla potenza del tuo attacco, ma, probabilmente, anche tu avresti avuto bisogno di un supporto divino per evitare che il mio attacco ti raggiungesse." , concluse con un sorriso beffardo il Cinghiale di Giada, indicando i copribraccia del nemico.

Un bagliore color smeraldo, infatti, circondava gli avambracci del nemico prima che, in un lampo luminoso, questi andassero in pezzi, rivelando delle ferite sulle zone del corpo coperte dalla corazza.

"Che cosa?!", riuscì appena a tuonare il figlio di Tifone, "Non dovresti sorprenderti, mostro, in fondo ho visto ben più grandi miracoli durante il periodo in cui ho combattuto: ho potuto infatti osservare guerrieri di ogni credo unirsi e vincere, grazie alla loro forza di volontà, diverse divinità nemiche, ho anche ammirato l’estrema forza di due santi di Atena, capaci di sacrificare la loro esistenza mortale per ottenere la vittoria sugli Horsemen più potenti. Credi forse che io non sia pronto a fare lo stesso? A vincerti? Ebbene ti sbagli in questo! Ho ottenuto la volontà, ma più di quello ho ciò che tu mai avrai, mostro, una fonte di forza tale da permettermi di schiacciarti!", concluse Dorton, lanciandosi alla carica malgrado le ferite che aveva sul corpo.

"Se questo pensi, piccolo uomo, allora ti strapperò via quella forza che tanto declami di avere assieme alla vita!", ringhiò di rimando Ortro, caricando anch’egli il nemico.

Le zanne destre di Dorton si catapultarono verso il nemico, che, però, sollevò con prontezza il braccio sinistro, carico d’energia oscura, deviando il colpo e portandosi alla carica con la mano destra, che raggiunse con il taglio la spalliera del Cinghiale, distruggendola e producendo una ferita alla base del collo del Runouni, il quale, comunque, non si fermò, spostando con un montante al gomito il braccio di Ortro, così da aprirsi un valico nella difesa nemica, che prontamente perforò con la zanna sinistra, che, subito dopo aver allontanato il braccio, calò verso l’addome, danneggiando ancora di più le vestigia del Cane a due Teste, che subito s’allontanò.

Dorton, però, non lasciò un attimo di pausa al nemico, caricandolo con una spallata, ma Ortro fu ben più lesto, bloccando il braccio destro del nemico, e con questo l’intero suo corpo, con ambo le mani, sollevandolo da terra e schiacciando, con la forza del suo cosmo, le vestigia sull’arto destro, mentre già il sangue cadeva copioso lì dove le dita del figlio di Tifone premevano. Il Runouni, però, trattenendo le urla di dolore, approfittò della posizione per sferrare un violento calcio alla gola del nemico, che, preso alla sprovvista, fu costretto a chinarsi per il danno subito alla maschera, lasciando così la presa sul guerriero cinese.

La caduta di Dorton non fu però facile, infatti subito il nemico gli fu addosso, colpendolo con violenza alla schiena con i pugni congiunti, danneggiando ancora di più le vestigia di Giada. Il Runouni, però, non si lasciò cadere al suolo, anzi, portando il peso del corpo in avanti, poggiò sulle mani, compiendo una rotazione sul proprio asse verticale per atterrare sulle ginocchia davanti al suo nemico, che, non appena il primo piede toccò terra, subito caricò con le zanne del Cinghiale, o con ciò che ne restava.

Profondi tagli si aprirono sulla corazza nera, all’altezza dell’addome, mentre nuovamente Dorton si faceva avanti per completare questo affondo con ambo le mani, ma, Ortro si dimostrò ancora una volta più veloce, stringendo le mani del nemico alle proprie e sollevandole, mentre rapidamente le avvicinava.

"Addio, piccolo mortale, in fondo mi sono divertito a misurarmi con te, ma ormai non potrai più salvarti dalla furia del mio colpo più potente, quello che unisce la luce dei Palmi Solari alle tenebre del Globo notturno!", ridacchiò il figlio di Tifone, mentre l’energia nelle sue mani prendeva dei riflessi intermittenti, dorati e neri.

"Nemmeno tu avrai scampo dinanzi allo zoccolo duro della Cupa Furia", ribatté con altrettanta sicurezza Dorton, mentre anche le sue mani iniziavano a brillare della verde luce che lo distingueva.

Per un attimo si poté leggere terrore e stupore negli occhi scarlatti del Cane a Due Teste, poi tutto ciò lasciò il posto alla sicurezza, mentre scatenava il suo attacco.

"Eclissi delle due Teste!", tuonò Ortro, "Light Zoof", fu la risposta del Runouni, nel liberare il suo potente colpo.

Dalle mani di entrambi s’alzarono due muri d’energia, uno compatto, simile allo zoccolo di un cinghiale che voleva gettarsi per schiacciare la propria preda, l’altro, quasi più simile ad un sole oscurato dalla luna che ad una vera e propria muraglia, un colpo energetico d’incredibile bellezza estetica e potenza.

La devastante esplosione dei due colpi non raggiunse nessuno dei cavalieri alle loro spalle, sembrò quasi che ognuno dei due colpi, oltre che scatenarsi sull’altro, avesse contenuto la potenza di quello nemico.

La conclusione che però appariva agli occhi di tutti, lasciò persino Ryo e Hornwer sbalorditi, tanto che Lihat fu finalmente libera di avanzare verso il punto, ancora circondato da bagliori e macerie, in cui i due si erano scontrati pochi attimi prima; ma, quando l’Hayoka fu più vicina, lei stessa si fermò, sentendo un chiaro rumore metallico.

"Ritorna fra i tuoi compagni, Lihat", ordinò allora una voce, prima che la guerriera del Falco Rosso si voltasse, vedendo dinanzi a se la forma umana di Wabun, che la invitava ad indietreggiare, mentre la luce si diradava, permettendo di osservare l’incredibile: Dorton e Ortro stavano ancora combattendo.

Le vestigia d’entrambi erano notevolmente danneggiate, i loro corpi erano pieni di ferite e lasciavano sgorgare sangue copiosamente ad ogni pugno sferrato, ma non per questo si fermavano, anzi sembrava quasi che fossero entrati in uno stato di simbiosi, tanto che ogni movimento del primo era perfettamente seguito dalla difesa e contrattacco dell’altro.

"Il muro di Dorton non ha avuto effetti offensivi, egli stesso lo ha sviluppato più per difendersi che per attaccare, proprio come avrei fatto io…", analizzò Joen del Pavone sacro ad Era, osservando la battaglia, "Non ha pensato a colpire l’avversario, bensì a contenere l’effetto dell’attacco di questi, per difendere se stesso, noi, ed il corpo che è dominato da Ortro", continuò a spiegare Peckend, osservando anch’egli la battaglia.

"Coraggio e prontezza a rischiare se stesso per la vittoria di tutti, il Runouni del Cinghiale è un guerriero degno d’ogni lode." , affermò poi Hornwer, mentre Ryo concordava con un gesto del capo.

"Ora, però, sta per giungere alla conclusione questo scontro…", aggiunse poco dopo Esmeria, mentre tutti tornavano a focalizzarsi sulla battaglia.

Un nuovo pugno di Ortro, infatti, era andato a segno, danneggiando l’armatura del Cinghiale all’altezza dello stomaco, ma già Dorton aveva bloccato il braccio destro del nemico nella propria morsa, fu allora che il figlio di Tifone tentò un nuovo assalto con la sinistra, prontamente fermato anch’esso nella morsa del Runouni; "Cosa intendi fare adesso? Siamo ormai in una fase di stallo, non hai speranza di vincermi, il dolore ti sta dilaniando la mente, lo sento, io, invece, sono ancora fresco e sicuro delle mie forze!", lo ammonì l’essere mitologico, ma il guerriero cinese non rispose, bensì accennò un sorriso, mentre, tirando indietro il capo, si scagliò in una violenta testata contro il capo nemico.

L’impatto fu tale da distruggere ambo le coperture del viso e mutare in una maschera di sangue la testa di Ortro che, una volta che Dorton abbandonò la presa sulle sue mani, ricadde al suolo, incapace di alzarsi.

"Maledetto, dammi qualche minuto e ti finirò…", ringhiò il mostro, incapace di rimettersi in piedi, "Non puoi, figlio della Bestia, ormai ho vinto", avvisò, stremato, il Runouni, "Come può, un misero uomo, sperare di aver avuto ragione di me? Della stirpe di Urano?", ruggì Ortro.

"Non sono le origini a decretare la forza di un essere, bensì le motivazioni che lo spingono a combattere: è vero, non sono potente come uno dei guerrieri della Folgore Bianca, né ho le loro mistiche origini, ma, per battere te, che sei mosso solo dalla volontà di distruggere gli esseri viventi, perché sicuro della superiorità della tua genesi rispetto alla nostra, basta anche una misera copia quale io sono… un uomo che combatte per un fine ben più grande del tuo: la propria famiglia. In tutto questo tempo non ti ho attaccato per sconfiggerti, bensì per rivedere al più presto la mia sposa e nostro figlio, che la stessa esistenza nel mondo di voi, figli della Bestia, mette in pericolo…", concluse il Runouni, incapace di terminare il proprio discorso per le cospicue ferite.

Dorton, però, non cadde a terra, poiché subito Wabun lo sorresse, "Meriti l’aiuto di una divinità quale io sono, guerriero cinese, che grande onore fai ai tuoi compagni morti per seguire Gea", si complimentò il dio pellerossa, mentre già Lihat eseguiva su Ortro il rito per espellere lo spirito della creatura mitologica dall’uomo. Dorton, però, non vide l’esito positivo del rito, poiché svenne poco prima, stremato dalla lunga battaglia.

"Ha combattuto con dignità ed attenzione, nessun organo vitale di quest’uomo è ferito mortalmente", spiegò Lihat, analizzando con il semplice sguardo il giovane che era stato al servizio di Ortro contro la sua volontà; "Bene, ora è tempo che tutti raggiungiamo la sua casa, per lasciarlo dalla sposa che tanto desiderava rivedere e per avere informazioni riguardo cosa è successo mentre combattevano in questa caverna", concluse allora Wabun, mentre la sua forma umana lasciava il posto a quella divina e le ampie ali rosse d’energia avvolgevano i presenti, scomparendo con questi dal luogo dove s’era svolta la battaglia con i Portatori di Luce.